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Pubblicato il 18 Ottobre 2025
Il Teatro Sociale di Rovigo ha inaugurato la stagione lirica con una bella edizione dell'opera di Mozart
Cosė fan tutte di successo
servizio di Athos Tromboni
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ROVIGO - Zeus e le sue metamorfosi alla caccia delle femmine: così lo scenografo e costumista Milo Manara (al suo debutto sulle scene dell'opera) ha illustrato Così fa tutte di Wolfgang Amadeus Mozart per l'inaugurazione della 210.ma stagione lirica del Teatro Sociale di Rovigo, venerdì 17 ottobre 2025. L'allestimento si è rivelato giocoso, colorato e vagamente licenzioso, sulla falsariga della grammatica “antica” delle scene dipinte: boccascena armato, quinte e fondali coloratissimi, porte a scomparsa e piccoli ingegni di macchineria hanno caratterizzato il lavoro di Manara.
Ne è scaturito un gioco scenografico che ha intrecciato con naturalezza la comicità con la tragedia, la malinconia con l'erotismo, la filosofia con le passioni umane. Tutto affidato ai colori pastello di scene e costumi che riportano alle tendenze pittoriche di un Settecento immaginato. «Se c’è un’opera che si presta ad una scenografia tutta dipinta è proprio questa - ha detto Milo Manara - dove, come nelle Metamorfosi di Ovidio, spopolano e trionfano i travestimenti a scopo di seduzione; e proprio in Così fan tutte, alla fine, i personaggi a furia di travestirsi, perdono la percezione della propria identità.» Buon gioco dello scenografo, che ha ispirato anche la regia, bella, spumeggiante, ironica "anzi che no", ma anche malinconica e crepuscolare di Stefano Vizioli: «... il finale dell'opera non ha nulla di consolatorio - scrive Vizioli nelle sue note di regia - e i personaggi sono poveri esseri umani lasciati alla deriva, ognuno chiuso nella propria solitudine e frustrazione; un finale dove nessuno è vincitore ma sono tutti sconfitti, compreso Don Alfonso, il filosofo che tiene le fila delle marionette.» Belle le luci di Nevio Cavina. Questo Così fan tutte ha riunito in una coproduzione i teatri di Rovigo, Treviso e Padova, ed ha usufruito dell'allestimento della Fondazione Pergolesi Spontini di Jesi, già in scena nelle passate stagioni del Teatro Verdi di Pisa, del Comunale di Modena e dell' Opéra-Théâtre de l’Eurométropole di Metz. La recita di Rovigo, della durata di 2 ore e 50 minuti, ha attuato i consueti tagli del duetto del primo atto fra Ferrando e Guglielmo ("Non farmi anima mia questi infausti presagi") e l'aria di Ferrando del secondo atto ("Ah! lo vedo quell'anima bella al mio pianto resister non sa"): una scelta che conferma il travaglio di quest'opera di Mozart, la più bistrattata nel tempo, perché soltanto dopo il primo trentennio del Novecento si cominciò a ripulire Così fan tutte dalle spurie manipolazioni ottocentesche, e ciò partendo dal lavoro fatto dal compositore Richard Strauss e dal direttore d'orchestra Karl Böhm che avviarono quella che diventerà una vera e propria riscoperta filologica dell'originale.
  Un'ultima considerazione prima di passare alla cronaca della serata: soltanto dopo la riappropriazione della partitura originale di Mozart da parte del mondo musicale del secondo Novecento si pose la giusta attenzione al troppo dimenticato sottotitolo dato dal Da Ponte all'opera, O sia, la scuola degli amanti: in quel sottotitolo sta la natura drammaturgica della vicenda narrata; in un periodo storico che vede l'affermarsi dell'illuminismo in tutta Europa, con l'espandersi delle idee socialisteggianti di Liberté, Égalité, Fraternité indotte dalla rivoluzione francese del 1789 (anno di composizione dell'opera), elementi come il cinismo di Don Alfonso, la spregiudicatezza di Despina, la disponibilità dei due cavalieri a prestarsi all'imbroglio del "filosofo" e le sostanziali ingenuità e arrendevolezze delle due dame ferraresi, fanno apparire l'opera come una grandiosa commedia della menzogna. E la menzogna può albergare in ogni censo: nella nobiltà, nella emergente borghesia e nelle classi subalterne. E può fare scuola in ogni tempo, grazie al cinismo, alle scelte spregiudicate, alle ingenuità con cui si accolgono come vere anche le cose false qualora insistite e reiterate più e più volte. Passando all'analisi della parte musicale, molto bella la concertazione di Jordi Bernàcer sul podio dell'Orchestra di Padova e del Veneto: il direttore ha restituito un Mozart trasparente e peculiare, eccellente nelle parti d'assieme, dove ha adottato tempi congrui con l'azione scenica e con le delizie del finissimo contrappunto mozartiano, mentre nelle arie e nei duetti ha saputo rispettare le voci grazie ad un equilibrio dei volumi che ha messo d'accordo il palco con la buca d'orchestra. Proprio bravo, Bernàcer. Bravi anche i giovani coristi di A.Li.Ve. preparati da Paolo Facincani, che si sono esibiti non nei costumi di scena, ma in abito da concerto cantando nei pressi del proscenio, posizionati sul primo e secondo ordine di palchi. Buono, quando non eccellente, il cast vocale: primo fra tutti e sopra a tutti il Don Alfonso di Maurizio Muraro, un basso di comprovata esperienza nel repertorio classico e belcantista: chiarezza di dizione, bella intonazione, gesto scenico convincente e fraseggio coinvolgente hanno caratterizzato la sua prestazione.



Anche le altre due voci maschili hanno reso grazia a Mozart: il tenore Andrew Kim (Ferrando) ha cantato con voce morbida, legato eccellente, passaggi di registro molto buoni. Ottima anche la prestazione di Biagio Pizzuti (Guglielmo), un baritono dal colore chiaro della voce, con felici approfondimenti anche nel registro del basso cantante, e buona musicalità del fraseggio. Irina Lungu, tornando a Mozart dopo esperienze di soprano lirico e drammatico, ha interpretato una Fiordiligi autorevole e sicura vocalmente: la sua grande aria "Come scoglio immoto resta" è stata il clou della serata dove salti d'ottava e legato suadente hanno consentito alla cantante di farsi meritatamente onore. Meno favorevoli le considerazioni del vostro cronista verso il mezzosoprano Francesca Di Sauro: bello il timbro, ma ha mostrato difficoltà nei passaggi di registro e poca propensione a cantare legato; ottima come attrice, questa giovane professionista è già (e lo sarà presumibilmente ancor più in carriera) una bravissima interprete delle figure di carattere; e vista la naturalezza con cui sa recitare, potrebbe imporsi anche nei ruoli seri e drammatici del melodramma. Infine la vivacissima e bravissima Paola Gardina nelle vesti di un'indiavolata Despina: è stato uno spasso vederla in scena. Probabilmente il regista, conoscendo le qualità attoriali di questa straordinaria mezzosoprano, ha spinto la caratterizzazione fino allo stremo: ne è uscita una serva delle due padroncine ferraresi - e sodale del "filosofo" Don Alfonso - caricata di una comicità ai limiti della farsa. Vocalmente perfetta per la parte, ha riscosso i più calorosi applausi della serata, proprio dal suo pubblico di Rovigo e del Polesine.

Platea e palchi gremiti per questa apertura di stagione del Teatro Sociale, con pubblico lungamente plaudente all'indirizzo di tutto il cast. (la recensione si riferisce alla recita di venerdì 17 ottobre 2025)
Crediti fotografici: Federico Guglielmo per il Teatro Sociale di Rovigo Nella miniatura in alto: lo scenografo e costumista Milo Manara Sotto, a destra: due pannelli dipinti da Manara per Così fan tutte Sotto, a sinistra: il direttore Jordi Bernàcer e il basso Maurizio Muraro (Don Alfonso) Al centro, in sequenza: Irina Lungu (Fiordiligi) e Francesca Di Sauro (Dorabella); ancora la Di Sauro e la Lungu con Paola Gardina (Despina); la duplice coppia Andrew Kim (Ferrando) con Francesca Di Sauro e Irina Lungu con Biagio Pizzuti (Guglielmo); ancora Paola Gardina in un atteggiamento molto espressivo; foto panoramica di Federico Guglielmo per la scena del pranzo nuziale Sotto: scatto istantaneo sui ringraziamenti del cast per gli interminabili applausi del pubblico
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Pubblicato il 14 Agosto 2025
Arena di Verona - Diamo conto di una ''prima'' e due repliche dei rispettivi titoli vediani
Rigoletto, Nabucco e Aida
servizio di Nicola Barsanti
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VERONA - L’anfiteatro Arena, con i suoi duemila anni di storia e le gradinate che custodiscono memoria e suggestione, si conferma il più imponente palcoscenico a cielo aperto dedicato all’opera lirica. Ogni estate l’antico anfiteatro romano si trasforma in una cassa armonica naturale, dove le note dei grandi compositori si fondono con l’energia collettiva di migliaia di spettatori, dando vita a un’esperienza unica. In questa recensione ci soffermeremo sulle repliche di tre capolavori verdiani che incarnano l’essenza del melodramma italiano: Rigoletto, Nabucco e Aida, opere in cui si intrecciano passione, conflitto, destino e catarsi.
Rigoletto Tra i titoli più amati del repertorio verdiano, Rigoletto approda ancora una volta sul palcoscenico dell’Arena di Verona, suggellando il cartellone del 102° Opera Festival con la forza drammatica e musicale di un’opera che da sempre divide, emoziona e sorprende. La sera dell'8 agosto è stata la "prima" di una "ripresa"per questo titolo. Ecco com'è andata: Quando Verdi riceve nel 1850 la commissione di un nuovo lavoro per il Teatro La Fenice di Venezia, la scelta del soggetto si rivela subito problematica. Il librettista Francesco Maria Piave propone infatti di trarre ispirazione dal dramma di Victor Hugo "Le roi s’amuse", che racconta le vicende del buffone di corte Triboulet e del suo signore dissoluto, Francesco I di Francia. La censura austriaca, che domina i teatri del Lombardo-Veneto, vede con sospetto ogni accenno a figure regali screditate e a passioni dirompenti, imponendo a Verdi e Piave un fitto lavoro di adattamento. Nasce così Rigoletto, ambientato a Mantova e non più alla corte di Francia: un “buffone di corte” deforme e tragico che, dietro il sorriso amaro, cela l’angoscia di un padre e l’impotenza dell’uomo di fronte al destino.

La regia di Ivo Guerra riprende la storica messinscena concepita nel 1928 da Ettore Fagiuoli, che firmò il debutto areniano del tenore Giacomo Lauri Volpi, sotto la direzione artistica di Giovacchino Forzano. Ivo Guerra già nel 2003 ne aveva curato la ripresa, e oggi la ripropone con lievi adattamenti, conservandone però lo spirito originario. Il pubblico è così trasportato in un impianto scenico che esalta i canoni della tradizione: quinte dipinte e architetture di gusto rinascimentale, che evocano con immediatezza i luoghi del libretto - dal palazzo del Duca di Mantova alla locanda di Sparafucile - senza cedere a eccessi modernizzanti. L’Arena si trasforma così in un immenso teatro all’antica, dove lo spazio monumentale amplifica l’efficacia della narrazione. La mano di Raffaele Del Savio rende le scene vive e suggestive, arricchite dai costumi sontuosi di Carla Galleri e dalle luci di Claudio Schmid, efficacissime soprattutto nella tempesta del quarto atto: il buio squarciato dai lampi trasforma il dramma in una vera apocalisse visiva e sonora. La scelta di una regia tradizionale dunque, fedele all’ambientazione rinascimentale voluta da Verdi, restituisce al dramma la sua forza visiva ed emotiva senza sovrastrutture concettuali. Le scene fastose, i costumi sontuosi e la chiarezza narrativa creano un’atmosfera che conquista immediatamente il pubblico. Critici e spettatori concordano: questa produzione dimostra come la tradizione, quando è realizzata con rigore e qualità, sappia ancora entusiasmare. I commenti positivi si moltiplicano, sottolineando la capacità dell’allestimento di restituire la potenza teatrale di Verdi e la suggestione unica di un anfiteatro che, sotto le stelle, continua a trasformarsi nel più grande tempio dell’opera lirica. Venendo al cast, il Duca di Mantova vede il debutto areniano di Pene Pati, artista dalla bella presenza scenica che riesce a tratteggiare un duca affascinante, ma dalla resa vocale altalenante. Nei centri la voce è ampia e corposa, mentre gli acuti - in particolare in "Parmi veder le lagrime" e "La donna è mobile" - risultano faticosi e poco fluidi. Una prova non memorabile, che tuttavia lascia intravedere potenzialità per il futuro. Ludovic Tézier, subentrato al previsto Amartuvshin Enkhbat, si conferma ancora una volta una grande voce verdiana. Lo smalto brunito e il timbro omogeneo in tutta la gamma, uniscono potenza e duttilità espressiva: l’emissione è sempre piena e controllata, il fraseggio scolpito con eleganza e il dominio stilistico ineccepibile. Il risultato è un Rigoletto di vibrante ambiguità, in bilico costante tra sarcasmo amaro, fragilità paterna e furia vendicativa. Nel duetto con Gilda, “Figlia! Mio padre!”, Tézier plasma la linea vocale con morbidezza e accenti di struggente tenerezza, restituendo tutta la dimensione umana di un uomo diviso fra l’amore per la figlia e l’odio per la società che lo schiaccia. Diversamente, nell’invocazione finale “Ah, la maledizione!”, la voce si fa cupa, metallica, quasi lacerata, sottolineando il precipitare del destino e imprimendo al finale un carattere di tragica inevitabilità. Nina Minasyan (Gilda), affronta con coraggio l’immensità dell’Arena. Il suo strumento, lirico e non troppo ampio, riesce comunque a emergere con eleganza: "Caro nome" è intonato con grazia e precisione, mentre i momenti drammatici - dal rapimento al sacrificio finale - la vedono intensa e credibile. Gianluca Buratto offre uno Sparafucile da manuale: la sua voce cavernosa e profondamente proiettata domina ogni intervento, in particolare il duetto con Rigoletto, "Quel vecchio maledivami!", e la scena finale, dove il suo timbro scuro rende palpabile il presagio di morte. Martina Belli, al debutto areniano, veste i panni di Maddalena con freschezza scenica e sensualità marcata: la sua voce calda si integra perfettamente nel celebre quartetto £Bella figlia dell'amore", in cui ogni linea melodica si intreccia in un equilibrio mirabile. Di rilievo anche i comprimari: Agostina Smimmero (Giovanna) accompagna con sensibilità, Abramo Rosalen presta nobile dignità al Conte di Monterone, Nicolò Ceriani (Marullo) e Matteo Macchioni (Borsa) donano vivacità alle scene di corte. Francesca Maionchi impreziosisce la parte della Contessa di Ceprano, mentre Ramaz Chikviladze e Elisabetta Zizzo completano con professionalità il quadro nei ruoli dell’ Usciere e del Paggio. Sul podio il giovane direttore Michele Spotti si distingue per energia e chiarezza. La sua lettura è incalzante ma mai eccessiva, capace di far emergere i contrasti della partitura: dalla tensione drammatica del preludio alla delicatezza dei duetti. L’orchestra risponde con compattezza e dinamiche sempre equilibrate, senza mai soverchiare le voci. L’esecuzione si mantiene dunque in piena coerenza con l’impostazione tradizionale di regia e scene, rinunciando al consueto acuto di tradizione (il Si bemolle) che Rigoletto spesso esegue alla fine del duetto con Sparafucile, in chiusura del primo quadro del primo atto. Fondamentale, come di consueto, il contributo del Coro dell’Arena, preparato ottimamente dal maestro Roberto Gabbiani, che dà vita a masse sonore coese e penetranti. Il risultato è uno spettacolo che emoziona e convince, suggellato dagli applausi convinti di un pubblico che, sotto le stelle di Verona, continua a vivere il melodramma come un rito collettivo e senza tempo.
Nabucco L’unica differenza rispetto alla serata inaugurale riguarda un problema tecnico: le semisfere presenti sul palco, concepite per muoversi e unirsi nel finale, rimangono statiche, limitandosi a illuminarsi senza compiere la prevista trasformazione scenica. Per la regia e le scene si rinvia alla cronaca della serata inaugurale che potete trovare qui; ciò che in questa sede merita rilievo è la dimensione musicale ed esecutiva, capace di imprimere ancora una volta un segno profondo. Luca Salsi, affronta il ruolo del titolo con una vocalità salda e proiettata, appoggiata su una colonna d’aria costante che gli consente un legato nobile e un fraseggio terso nelle sezioni declamatorie dei primi atti. La linea resta sempre ben “coperta” in zona di passaggio, con centri corposi e acuti messi con sicurezza, senza mai forzare la maschera. Nella grande pagina del quarto atto, “Dio di Giuda!”, il controllo rimane esemplare (fiati misurati, smorzature a fuoco, dinamiche calibrate), ma l’accento non si abbandona mai davvero al lato contemplativo e lacerato della preghiera: l’eloquenza è impeccabile, l’emozione arriva filtrata. Ne risulta un Nabucco regale, scolpito e stilisticamente pulito, cui giova però un surplus di rischio espressivo per trasformare la supplica in autentica ferita sonora. Francesco Meli, nel ruolo di Ismaele beneficia di una scrittura centrale comoda che ne valorizza il timbro luminoso. Nel duettino del I atto con Fenena e nelle successive pagine d’assieme, la linea di canto scorre sul fiato con naturalezza, il passaggio è elegantemente mascherato e gli attacchi sono sempre nitidi. Il tenore predilige un’emissione “in avanti” di cristallina chiarezza, evitando ogni enfasi verista: l’accento resta cavalleresco ma lirico, con legature morbide e puntuali appoggi sulle parole chiave (senza sforzo né spinta). Nei concertati, l’impostazione resta esemplare: proiezione omogenea, intonazione salda, squillo misurato quando serve emergere dal coro e dall’orchestra.

Alexander Vinogradov impersona il pontefice ebreo Zaccaria dando prova di possedere uno strumento autenticamente 'sacrale'. Nella sortita “D’Egitto là sui lidi” scolpisce arcate ampie, sostenute da un appoggio granitico e da un grave risonante, mai opaco; il registro centrale è omogeneo, tornito, e la proiezione si espande senza sforzo nello spazio areniano. In “Tu sul labbro de’ veggenti” la tavolozza dinamica si fa più sottile: smorzature ben timbrate, mezzevoci a fuoco, autorevolezza mantenuta anche nel piano. L’articolazione sillabica resta chiara (ottima dizione), il fraseggio assume quell’autorevolezza profetica che Verdi intende al cuore della drammaturgia, e le cabalette sono condotte con saldo senso del ritmo, senza secchezza. Olga Maslova (Abigaille) sorprende per l’assetto tecnico completo richiesto da un ruolo 'ibrido' tra drammatico d’agilità e spinto; in “Anch’io dischiuso un giorno” dosa con intelligenza la morbidezza del cantabile (filati ben sospesi, legature pulite) e una gestione del registro di petto sempre connessa al centro, mai scollata, mai gridata. Nella cabaletta “Salgo già del trono aurato” sfoggia agilità sillabate nette, salti intervallari messi con precisione e acuti estremi centrati a pieno fuoco, senza perdere qualità timbrica. Nel finale, “Su me… morente esanime”, il colore si fa crepuscolare: la cantante lima il metallo dell’emissione, lavora di mezzevoci e smorzature che restituiscono una donna vinta e finalmente umana. È una lettura che rifiuta lo strillo e le sgrammaticature espressive: il carattere è feroce ma scolpito nel canto, non nel gesto. Anna Werle offre una Fenena di velluto: centri rotondi, risonanze calde, una linea che predilige il legato 'sul fiato'. Nel terzettino del primo atto la voce si incastra con eleganza nelle trame orchestrali senza perdere presenza; nell’aria “Oh dischiuso è il firmamento” costruisce un arco espressivo coerente, con dinamiche ben sfumate, puntuali portamenti e apici sonori controllati (mai spinti). Il personaggio guadagna una dimensione di pietas sincera e musicale, sostenuta da un’emissione sempre pulita e da un fraseggio sobrio ma partecipe. Completano con professionalità Gabriele Sagona (Gran Sacerdote di Belo), Matteo Macchioni (Abdallo) ed Elena Borin (Anna). L’equilibrata direzione del maestro Pinchas Steinberg imposta tempi sostenuti ma mai vertiginosi, arie e cabalette respirate con naturalezza, e un rapporto buca/palco in cui la tessitura vocale rimane costantemente rispettata. Il coro, ben preparato dal maestro Roberto Gabbiani - quando irrompe con “Va, pensiero” - trova terreno ideale: sostegno orchestrale morbido, tappeto armonico compatto e parola scolpita, così che le voci soliste possano emergere e rientrare con plasticità musicale. Tuttavia, proprio in questo celeberrimo brano si avverte una certa sobrietà di approccio: l’esecuzione rimane impeccabile e disciplinata, ma priva di quel soffio emozionale capace di trasformare il coro in un momento collettivo di sospensione lirica. Non stupisce dunque che il pubblico, pur attento e partecipe, non abbia invocato il tradizionale bis: segno che la resa, pur corretta e levigata, non ha travalicato il piano dell’esecuzione per approdare a quello dell’emozione condivisa.
Aida Chiude questa triade verdiana Aida, riproposta nella visione di Stefano Poda, già inaugurale del 2023 (qui la recensione). Venendo subito al cast, dopo il forfait di Anna Netrebko è Maria José Siri a interpretare Aida, imponendosi come protagonista di grande presenza scenica e solidità vocale. La sua voce, di natura lirico-spinta, si adatta con naturalezza alla scrittura verdiana: gli acuti sono sicuri e luminosi, il registro centrale ha corpo e omogeneità, mentre i pianissimi svelano un controllo raffinato che dona poesia al personaggio. In “O patria mia” emerge la parte più intima del suo canto, fatto di mezzevoci delicate e linee scolpite con cura, capaci di restituire la malinconia e la nostalgia dell’eroina etiope. La sua Aida è insieme fiera e vulnerabile, mai sopra le righe: Siri preferisce un fraseggio sobrio, senza eccessi, riuscendo così a delineare una figura credibile e complessa, divisa tra amore e destino.

Yusif Eyvazov (Radamès) apre la serata con un “Celeste Aida” risolto con correttezza tecnica: l’attacco non concede smagliature, l’emissione è sostenuta con solidità, e la salita all’acuto, pur non smaltata nel timbro, si impone per sicurezza e proiezione. Il suo timbro, ruvido e personale, divide inevitabilmente i gusti, ma possiede una riconoscibile identità che dà colore al personaggio. Nei duetti con Aida si apprezza una linea di canto convincente, capace di flettersi alle necessità drammatiche, e la sua presenza scenica, virile e tormentata, rende credibile il dissidio del condottiero lacerato tra onore e amore. Nel ruolo di Amonasro, Youngjun Park scolpisce un ritratto autorevole, basato su un fraseggio cesellato e su un legato di grande precisione. La sua voce baritonale, pur priva di eccessi roboanti, è sempre centrata e ben timbrata, con accenti che restituiscono la fierezza paterna senza indulgere nella declamazione sopra le righe. Nell’incontro con Aida “Rivedrai le foreste imbalsamate” emerge un equilibrio ammirevole: l’autorevolezza del padre non cancella la sfumatura affettiva, creando una tensione emotiva tanto più intensa quanto più trattenuta. Simon Lim (Ramfis) impone la sua presenza fin dal primo ingresso: il registro grave, sonoro e ben proiettato, conferisce al gran sacerdote un’aura imponente, quasi ieratica. A completare il cast, Riccardo Rados presta al Messaggero una vocalità chiara e ben timbrata, con dizione nitida che lo rende incisivo anche nella breve parte, mentre Francesca Maionchi, nella Sacerdotessa, illumina la scena con il suo timbro luminoso e una linea di canto pulita, capace di dare rilievo a un ruolo spesso trascurato, ma che qui acquisisce presenza e dignità scenica. Sul podio, il maestro Daniel Oren guida l’orchestra con gesto sicuro e saldo nel solco della tradizione. Il suo approccio mira alla chiarezza e alla scorrevolezza: i grandi blocchi sonori si dispiegano senza forzature, i concertati sono bilanciati con attenzione alla parola e al respiro dei cantanti. Non ricerca effetti spettacolari o personalismi interpretativi, ma esalta la solidità del dettato verdiano, mantenendo costante equilibrio tra buca e palco. Nelle grandi pagine corali - "Gloria all’Egitto” e il finale del secondo atto - l’orchestra si apre in tutta la sua potenza, senza mai sovrastare le voci, mentre il Coro guidato da Roberto Gabbiani conferma ancora una volta compattezza, precisione e varietà di colori, trasformando i momenti corali in autentiche epifanie sonore.ù
Possiamo dunque affermare che Il Festival 2025 conferma l’Arena come luogo unico al mondo, dove la potenza della musica verdiana incontra lo spazio monumentale di un anfiteatro romano. Rigoletto rinnova la tradizione con eleganza, Nabucco stimola riflessioni sul tempo e sul potere attraverso immagini simboliche, Aida fonde intimità e grandiosità con forza visiva e musicale. Tre serate che celebrano l’opera come patrimonio culturale e identitario dell’Italia, suggellate da applausi convinti e da un pubblico che gremisce le gradinate in un rito collettivo che, dopo oltre un secolo, non smette di emozionare. Viva l’Italia, viva l’opera, viva Verdi! (Le recensioni si riferiscono rispettivamente alle recite del 8, 9 e 10 agosto 2025)
Nella miniatura in alto: _ Sotto, in sequenza, belle immagini di Ennevi Foto sugli spettacoli qui recensiti
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Pubblicato il 31 Luglio 2025
Arena Opera Festival 2025 ecco il resoconto delle attese repliche dentro l'anfiteatro veronese
Nabucco Carmen La traviata
servizio di Angela Bosetto
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VERONA – Anna Netrebko, Anita Rachvelishvili e Rosa Feola, ovvero Abigaille, Carmen e Violetta Valéry. Sono loro le tre grazie musicali che, dal 17 al 19 luglio 2025, hanno acceso l’Arena, rendendo ciascuna rappresentazione meritevole di grande interesse in virtù della propria peculiarità. Per il soprano russo si trattava del debutto italiano come figlia adottiva di Nabucco (ruolo affrontato in forma di concerto al Festival Internazionale di Maggio di Wiesbaden nel 2023 e in versione scenica alla Staatsoper Unter den Linden di Berlino nel 2024); per il mezzosoprano georgiano dell’unica recita stagionale nei panni della celebre sigaraia (che l’ha lanciata in tutto il mondo sin dall’esordio scaligero, datato 2009); e per il soprano casertano della prima Traviata areniana, a sessant’anni esatti dalla prima Violetta veronese di Renata Scotto, che di Rosa Feola è stata maestra e mentore.
NABUCCO – 17 luglio In omaggio alla venuta della Diva, l’unica differenza che l’allestimento di Stefano Poda presenta rispetto all’inaugurazione (qui la recensione) è il costume di Abigaille. “L’umil schiava” (che diventerà, seppur per poco, regina) sfoggia dunque la stessa mise delle amazzoni (un po’ ancelle, un po’ guardie, un po’ proiezioni del personaggio stesso) che la accompagnano, completa di frusta, tacchi vertiginosi, cappuccio (adorno prima di cotta di maglia e poi di un’aureola in stile Tron), lunghi guanti e corsetto a metà fra il sadomaso e il fantascientifico. Per quanto l’effetto Mortal Kombat sia dietro l’angolo, Anna Netrebko è Anna Netrebko e – al momento – non c’è mise che possa metterla in difficoltà. Entra in scena come una leonessa (“Prode guerrier!”), domina il terzetto (“Io t’amava”), svetta con ferocia nel concertato che chiude la prima parte (“Questo popol maledetto”), dipana un filo rosso fra Abigaille e Lady Macbeth (“Salgo già del trono aurato”) e ribatte colpo su colpo nel duetto con il padre (dove, per capire la caratura artistica del soprano, basterebbe soffermarsi sul disprezzo distillato nella frase “Perfida! Si diede al falso Dio!”).
  

Tuttavia, i momenti in cui la sua Abigaille tocca davvero il cuore sono quelli più commoventi, dal languore di “Anch’io dischiuso un giorno” (sul passaggio “Chi del perduto incanto/Mi torna un giorno sol?” la sua voce è galleggiata sopra l’Arena come una piuma) alla supplica “Su me morente, esanime”, intonata indossando la stessa candida veste che (accordandosi a quella delle bimbe legate ai ricordi passati) ne sancisce il ritorno a una sorta di infantile innocenza. Su Amartuvshin Enkhbat (Nabucco) si rischia di diventare ripetitivi perché pare che, baritonalmente parlando, non abbia limite. Se la regia gli fa salire e ridiscendere l’intera parete dell’anfiteatro prima ancora di iniziare a cantare, lui lo fa e, appena arrivato sul palco, attacca “Di Dio che parli?” come se fosse appena uscito dal camerino. Macina recite su recite, eppure la bellezza del colore, la nobiltà del timbro e la cura del fraseggio non ne risentono. Non si capisce come faccia o che patto soprannaturale abbia firmato, ma, qualunque divinità sia coinvolta, che ce lo conservi. Se con Abigaille/Netrebko il palleggio è alla pari e la coppia innamorata (Galeano Salas/Ismaele e Francesca Di Sauro/Fenena) si difende onorevolmente in virtù di due voci fresche ed eleganti, a uscire malconcio dal confronto con il re babilonese è lo Zaccaria di Christian Van Horn, avaro di sfumature e carente nella zona grave.

Puntuali gli interventi di Gabriele Sagona (Gran Sacerdote di Belo), Carlo Bosi (Abdallo) e Daniela Cappiello (Anna). Fin troppo misurata la direzione di Pinchas Steinberg: sostanzialmente corretta e votata alla dimensione cantabile, ma priva di picchi emotivi e autentici palpiti. Palpiti che, invece, non mancano certo al Coro, preparato da Roberto Gabbiani. Applausi per tutti e prevedibile ovazione per Anna Netrebko, l’ultima vera diva del melodramma.
CARMEN – 18 luglio Orgogliosamente in scena da trent’anni, l’allestimento di Franco Zeffirelli (sapientemente vestito dalla fedele Anna Anni) è divenuto sinonimo areniano dell’opera di Georges Bizet. Quest’estate, inoltre, al “compleanno” dello spettacolo (che, nel luglio 1995, segnò il debutto nell’anfiteatro veronese del regista e scenografo fiorentino) si unisce il centocinquantesimo anniversario di Carmen, rappresentata per la prima volta all’Opéra-Comique di Parigi il 3 marzo 1875. Per quanto, a ogni edizione del festival lirico estivo, si versino fiumi d’inchiostro (anche se ora forse sarebbe più corretto dire “si producano giga di materiale”) per sottolineare quanto questo allestimento sia “vetusto, polveroso, superato, ecc”, la Carmen zeffirelliana (irrobustita dalla presenza della Compañía Antonio Gades) resta una di quelle proposte in grado di riempire ed entusiasmare sempre l’anfiteatro. Sul podio, Francesco Ivan Ciampa garantisce la giusta combinazione di energia, lirismo e raffinatezza, al pari del Coro, diretto da Roberto Gabbiani. Menzione doverosa anche alle Voci Bianche A.Li.Ve., istruite da Paolo Facincani, che (a meno di non essere Erode) è difficile non trovare adorabili.
   

Il comprimariato areniano continua a mantenersi su alti livelli, a partire dall’eccellente Moralès di Giulio Mastrototaro, che si fa ricordare a dispetto del poco tempo concessogli dalla partitura dell'opera. Solido e affidabile lo Zuniga di Gabriele Sagona, ben affiatato e musicalmente adeguato il quartetto fuorilegge, composto da Daniela Cappiello (Frasquita), Sofia Koberidze (Mercédès), Carlo Bosi (Remendado) e Jan Anten (Dancairo). Alexander Vinogradov è un Escamillo stentoreo e sicuro di sé, forse poco guascone ma comunque autorevole. Diciamo più un capitano del popolo che uno sfrontato idolo delle folle. Per lucentezza timbrica, accorato lirismo e sensibilità interpretativa, Mariangela Sicilia può iscriversi senza dubbio fra le interpreti ideali di Micaela, ruolo che la accompagna con meritato successo da anni. Convocato per una sostituzione last minute, Freddie De Tommaso delinea un Don José d’altri tempi, confermando la grande bellezza del proprio strumento e la propensione per una resa interpretativa “all’antica”, molto apprezzata in una culla di tradizione come l’Arena. Arrivati a Carmen, tagliamo la testa al toro (giusto per restare in tema corride): Anita Rachvelishvili è una grande artista e l’anfiteatro la festeggia giustamente come tale. Se da un lato non si può obiettare sul fatto che sappia tratteggiare sempre la gitana in modo ammirevole, dall’altro bisogna anche riconoscere che la sua attuale vocalità la sta portando verso una direzione più drammatica. Pubblico entusiasta e particolarmente generoso nel dispensare applausi ai vari interpreti.
LA TRAVIATA – 19 luglio Salvo una piccola pausa per alcune gocce di pioggia, La traviata secondo Hugo De Ana, ancora una volta, fila spedita verso il suo tragico finale, rapendo il pubblico areniano e spingendo altre generazioni di spettatori a esclamare “Mi si sono aggrovigliate le budella” (il film Pretty Woman docet). L’ultima recita diretta da Speranza Scappucci (che regala al pubblico una concertazione ancora più morbida, delicata e intima) schiera un cast di comprimari quasi invariato rispetto alla prima del 27 giugno scorso (qui la recensione) e quindi implica una ripetizione di giudizio. L’unico cambiamento “di spalla” è l’arrivo di Nicolò Ceriani (veterano Barone Douphol) e il passaggio di Gabriele Sagona a Dottor Grenvil. A sorpresa, torna, nel ruolo di Alfredo Germont, il tenore Galeano Salas, il quale sostituisce all’ultimo momento l’annunciato (e indisposto) Dmitry Korchak e porta a casa la recita con apprezzabile professionalità, al netto di una comprensibile stanchezza, che lo rende meno estroverso e gli fa pasticciare l’inizio di “Parigi, o cara”.
  

Nei panni di Giorgio Germont, il baritono Luca Salsi sa come offrire un’autentica lezione di canto sulla parola, modellando accenti e intenzioni con tutta l’esperienza da verdiano di razza. Ma la regina della serata (e potrebbe essere altrimenti?) è la fulgida e applauditissima Violetta Valéry di Rosa Feola. Filati e colorature impeccabili, espressività emozionante, intelligenza recitativa e scavo psicologico del personaggio da manuale: da qualche parte, Renata Scotto sta sorridendo.
Crediti fotografici: Ennevi Foto per la Fondazione Arena di Verona Nella miniatura in alto: il regista Stefano Poda Nella miniatura per Nabucco: Amartuvshin Enkhbat Sotto, in sequenza: Anna Netrebko (Abigaille) tre pose, tre costumi, tre situazioni; Christian van Horn (Zaccaria) Anna Netrebko e Francesca Di Sauro (Fenena); Anna Netrebko e il Coro di Voci bianche Nella miniatura per Carmen: Anita Rachvelishvili Sotto, in sequenza: Freddie De Tommaso (Don José); Mariangela Sicilia (Micaela); Anita Rachvelishvili (Carmen): Daniela Cappiello (Frasquita), Alexander Vinogradov (Escamillo), Sofia Koberidze (Mercédès); saluti finali del cast di Carmen Nella miniatura per La traviata: la direttrice d'orchestra Speranza Scappucci Sotto, in sequenza; Galeano Salas (Alfredo Germont), Rosa Feola (Violetta Valéry), Luca Salsi (Giorgio Germont); Luca Salsi e Rosa Feola; Galeano Salas e Rosa Feola; Rosa Feola durante il "Brindisi"
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Parliamone
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Otello l'incoerenza č di scena
intervento di Simone Tomei FREE
PARMA - Esiste un patto segreto, antico e nobilissimo, tra il palcoscenico e la platea. È un atto di fede: lo spettatore si affida alla visione degli artisti, promettendo in cambio sospensione dell'incredulità e apertura del cuore. Aprire il sipario sull' Otello al Teatro Regio di Parma, nel cuore del Festival Verdi 2025, avrebbe dovuto significare rinnovare questo patto, immergendosi nel gorgo della più compiuta tragedia shakespeariana in musica. E, in effetti, la partitura di Verdi ha mantenuto fede al suo compito: un fiume in piena, potente e inesorabile, che dal golfo mistico ha continuato a scorrere, travolgente e commovente. Il problema, ahimè, è sorto quando ho alzato gli occhi perché ciò che si vedeva apparteneva a un altro pianeta drammaturgico, a un universo visivo che con il fiume verdiano dialogava poco o punto. Le note di regia di Federico Tiezzi, un denso manifesto intriso di Freud, Welles, Dostoevskij e Pasolini, promettevano una discesa negli inferi della psiche.
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Classica
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Taverna per Prokofiev
servizio di Athos Tromboni FREE
FERRARA - Il corpus dei cinque concerti per pianoforte e orchestra e delle nove sonate per pianoforte, oltre a vari pezzi minori, testimonia l'impegno di Sergej Prokofiev per i tasti bianconeri. Tutti i più grandi pianisti si sono cimentati (e continuano a cimentarsi) nei concerti per pianoforte di Prokofiev, con assoluta predominanza - almeno
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Ballo and Bello
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Centenario di Dietrich Fischer-Dieskau
servizio di Athos Tromboni FREE
ROVIGO - In occasione del centenario della nascita di Dietrich Fischer-Dieskau, prestigioso baritono e raffinato interprete della grande tradizione Liederistica e operistica internazionale, Rovigo ha dedicato una masterclass presso il conservatorio cittadino e una giornata speciale al suo lascito musicale e intellettuale, con eventi di altissimo profilo
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Eventi
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Donizetti Opera apre il sipario
redatto da Athos Tromboni FREE
BERGAMO - Quella che qui presentiamo è la prima edizione del Donizetti Opera 2025 firmata dal direttore d'orchestra Riccardo Frizza, nella doppia veste di direttore artistico e musicale. È un festival da tempo riconosciuto a livello internazionale come irrinunciabille appuntamento annuale dedicato al celebre compositore bergamasco Gaetano
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Opera dal Centro-Nord
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Macbeth ancestrale e misterico
servizio di Angela Bosetto FREE
BUSSETO (PR) – «Penso che l’attrazione di Verdi per Shakespeare fosse legata più alla sua convinzione di poter trasformare in musica la grande letteratura che non ad affinità personali. Sicuramente aveva un istinto formidabile per l’Arte con la a maiuscola. Ma se oggi, come allora, nessuno sa nulla della vita di Shakespeare, è innegabile che Verdi
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Eventi
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Bologna va 'Verso Itaca'
redatto da Athos Tromboni FREE
ROMA - La stagione di Opera, Danza e Concerti 2006 firmata dalla nuova sovrintendente del Teatro Comunale di Bologna, Elisabetta Riva e dal direttore artistico Pierangelo Conte si chiama “Verso Itaca”: è un appellativo che racconta metaforicamente l’ultima tappa del viaggio della fondazione lirico-sinfonica felsinea verso il rientro
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Opera dal Nord-Ovest
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Francesca da Rimini tra forza e fragilitā
servizio di Simone Tomei FREE
TORINO - C’è un destino che sembra non conoscere oblio: quello di Francesca da Rimini, eroina sospesa tra colpa e innocenza, tra desiderio e condanna, che continua a esercitare il suo fascino attraverso i secoli e i linguaggi. Quando il sipario del Teatro Regio di Torino si alza sull’opera di Riccardo Zandonai, aprendo la stagione lirica 2025/2026, non
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Opera dal Nord-Est
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Cosė fan tutte di successo
servizio di Athos Tromboni FREE
ROVIGO - Zeus e le sue metamorfosi alla caccia delle femmine: così lo scenografo e costumista Milo Manara (al suo debutto sulle scene dell'opera) ha illustrato Così fa tutte di Wolfgang Amadeus Mozart per l'inaugurazione della 210.ma stagione lirica del Teatro Sociale di Rovigo, venerdì 17 ottobre 2025. L'allestimento si è rivelato giocoso,
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Dischi in Redazione
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Disco che celebra un grande Autore
recensione di Simone Tomei FREE
Ennio Porrino I Canti dell'esilio (Songs of Exile) Angela Nisi soprano - Enrica Ruggiero pianoforte Brilliant Classics 2025 Il compositore sardo Ennio Porrino (1910-1959) appare oggi come un autore al tempo stesso elegante e complesso, il cui percorso creativo è segnato dalla tensione fra la ricerca delle radici identitarie
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Opera dal Nord-Ovest
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Don Giovanni claustrofobico
servizio di Simone Tomei FREE
GENOVA - C’è qualcosa di emblematico nel vedere il Don Giovanni di W.A. Mozart intrappolato in un labirinto di pareti rotanti; forse è il destino stesso di certe regie nate come provocazione e finite per diventare autocitazione. Al Teatro Carlo Felice di Genova, l’allestimento firmato da Damiano Michieletto (produzione della Fenice di Venezia datata
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Classica
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Gibboni e Mariotti bella accoppiata
servizio di Athos Tromboni FREE
FERRARA - Brahms presentato (le sue Sinfonie), Brahms eseguito (la Sinfonia n.4): così si è aperta lunedì 6 ottobre la stagione 2025/2026 di Ferrara Musica nel Teatro Comunale "Claudio Abbado", dopo l'anteprima del 14 settembre scorso dell'Ensemble Nova Ars Cantandi presso la Pinacoteca Nazionale di Palazzo Diamanti. Per approfondire la
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Jazz Pop Rock Etno
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Ferrara in Jazz primo week-end
servizio di Athos Tromboni FREE
FERRARA - Il 3 ottobre scorso il Jazz Club Ferrara ha dato avvio alla prima parte dei concerti della nuova stagione "Ferrara in Jazz" che si svolgerà ogni fine settimana (il venerdì, il sabato e la domenica) fino al 21 dicembre 2025. L'appuntamento d'apertura, nel Torrione San Giovanni, ha visto in pedana il sassofonista Piero Bittolo Bon con Alessandro
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Eventi
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Partenza con le canzoni di Guccini
servizio di Francesco Franchella FREE
FERRARA - Alla volta dei primi freddi (o freschi) settembrini, il mondo si divide: chi si dà già ai pranzi autunnali vestendosi come se fosse il 1° di gennaio; chi ogni weekend, nostalgico del caldo, chiede al coniuge di fare “l’ultima” gita al mare; chi guarda in continuazione le mail, per sapere quando inizieranno le prime serate della stagione
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Personaggi
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Porto in scena le parole che non scrisse
servizio di Ludovica Zambelli FREE
FERRARA - Al Teatro Abbado andrà in scena lo spettacolo Concerto a due per Puccini, con Alessio Boni e Alessandro Quarta, regia di Boni stesso e Francesco Niccolini ("prima" lunedì 29 settembre, replica sabato 30 settembre 2025 ore 20,30); è uno spettacolo con parole e musica, che si incontrano per restituire la complessità di un compositore che
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Echi dal Territorio
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Ferrara in Jazz si parte!
redatto da Athos Tromboni FREE
FERRARA - È giunta alla 27.esima edizione la stagione del Jazz Club Ferrara, presso il Torrione San Giovanni di via Rampari di Belfiore incrocio di via Porta Mare: a partire da venerdì 3 ottobre 2025, proprio il Torrione riapre le porte di Ferrara in Jazz con il programma della prima parte di stagione (ottobre-dicembre 2025), dove sono in calendario
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Classica
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Saccon-Genot e fanno tre
servizio di Athos Tromboni FREE
FERRARA - Il Comitato per i Grandi Maestri fondato e presieduto da Gianluca La Villa ha organizzato un concerto cameristico a Palazzo Roverella, sede del Circolo Negozianti di Ferrara, in memoria del prof. Luigi Costato: protagonisti del concerto sono stati due musicisti già noti e molto apprezzati nella città estense, il violinista Christian Joseph
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Ballo and Bello
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Ecco le Stanze della Danza
FREE
ROVIGO - Per due giorni, sabato 27 e domenica 28 settembre 2025, Rovigo diventa una finestra sul panorama della danza contemporanea. È stato presentato il 19 settembre scorso allo spazio Fs del Censer, in conferenza stampa, la prima edizione del festival Le stanze della Danza, un itinerario di performance che si inaugurerà alle ore 17,00 di
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Opera dal Centro-Nord
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Una perla i Pescatori di perle
servizio di Simone Tomei FREE
FIRENZE - La perfezione, si sa, non è di questo mondo. Eppure l’arte, nei suoi momenti più ispirati, ci consente di sfiorarne il mistero, in quella rara alchimia che fa dialogare la forza arcana della musica, la purezza del canto e la poesia della scena. È questa, precisamente, la sensazione che ho provato uscendo dal Teatro del Maggio Musicale
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Pagina Aperta
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Un luogo dove il cuore rimane giovane
redatto da Athos Tromboni FREE
ROVIGO - La platea del Teatro Sociale per la prima volta si è trasferita in piazza Giuseppe Garibaldi: l’evento dal titolo Sotto il cielo di Rovigo – Cult dove il cuore rimane giovane, a cura della regista Anna Cuocolo, ha voluto essere un incontro speciale della autorità locali e del management del teatro con il pubblico, per celebrare insieme a tutta la città,
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Echi dal Territorio
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Lucca nuova stagione d'Opera
redatto da Simone Tomei FREE
LUCCA - È stata presentata il 17 settembre 2025, nel Ridotto del Teatro del Giglio "Giacomo Puccini", la Stagione lirica 2025-2026 della quale vi portiamo a conoscenza attraverso il comunicato stampa dell’ente lucchese. La Stagione Lirica del Teatro del Giglio "Giacomo Puccini" si presenta, per il 2025-2026, come un’autentica celebrazione del
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Vocale
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Concerto degli allievi di Magiera
FREE
FERRARA - La presentazione della Stagione di Opera & Danza 2025/2026 del Teatro Comunale "Claudio Abbado" - avvenuta nella mattinata di martedì 16 settembre - ha avuto il suo epilogo alle ore 20,00 con un concerto lirico nel Ridotto del teatro, dove si sono esibiti i giovani allievi del corso di perfezionamento tenuto dal maestro Leone Magiera
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Eventi
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Ferrara nuova stagione d'Opera e Danza
redatto da Athos Tromboni FREE
FERRARA - Un "Concerto a due per Puccini" e dodici spettacoli di opera, danza, musical, sono la dote della Stagione d'Opera & Danza 2025/2026 del Teatro Comunale "Claudio Abbado" che si aprirà il prossimo 29 settembre per concludersi il 24 maggio del prossimo anno.
La conferenza-stampa
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Opera dal Centro-Nord
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L'amico Fritz fra sostenitori e detrattori
servizio di Simone Tomei FREE
LIVORNO - Dopo l’esplosione dirompente del successo di Cavalleria rusticana (1890), Pietro Mascagni si trovò davanti a una sfida tutt’altro che semplice: dimostrare di non essere l’autore “di un’opera sola”, consacrato dalla fortuna di un libretto tratto da Verga. Ed è in questo clima che nacque L’amico Fritz, andato in scena per la prima volta al
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Personaggi
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Cantami o Diva gli intrighi...
intervista a cura di Athos Tromboni FREE
Massimo Crispi è un tenore particolare, ribelle per molte cose e dal repertorio quanto mai vario. Vive una parte dell'anno a Palermo e l'altra parte dell'anno a Firenze. Vario - si diceva - il suo repertorio, ma varia è anche la sua maniera di essere artista. Da sempre ha infatti coltivato la scrittura, in ogni campo, e, oggi, non frequentando più
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Echi dal Territorio
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Frescobaldi Day a Palazzo Schifanoia
FREE
FERRARA - Marina De Liso, mezzosoprano e docente di musica antica nel Conservatorio "Girolamo Frescobaldi" nonché coordinatrice del "Concentus Musicus Fe' Antica" ha presentato ieri nella bella e confortevole sala pubblica di Palazzo Schifanoia il primo concerto della stagione 2025/26 di Ferrara Musica: quest'anno l'associazione concertistica
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Vocale
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Dalla romanza alla canzone napoletana
servizio di Simone Tomei FREE
PONTE A MORIANO (LU) - La serata del 12 settembre 2025 al Teatro Idelfonso Nieri di Ponte a Moriano si è chiusa l’edizione di "Un Teatro Sempre Aperto", confermando ancora una volta la qualità e la coerenza di una rassegna che, pur in assenza della storica sala cittadina del Teatro del Giglio, ha saputo mantenere viva la propria presenza sul
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Opera dall Estero
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Una Traviata trasposta nel Novecento
servizio di Ramón Jacques FREE
BOGOTÀ (Colombia) - 24 agosto 2025, Teatro Mayor Julio Mario Santo Domingo. In occasione della quindicesima stagione del Teatro Mayor Julio Mario Santo Domingo, attualmente il palcoscenico più importante della Colombia, si è tenuta una nuova rappresentazione di La traviata. L’opera,
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Opera dal Centro-Nord
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Ode a Leopardi e Medium prova generale
servizio di Simone Tomei FREE
LIVORNO – In un Mascagni Festival sempre più attento al dialogo fra memoria storica e ricerca espressiva, la serata del dittico Ode a Leopardi di Pietro Mascagni e The Medium di Gian Carlo Menotti, presentata agli Hangar Creativi, ha offerto un accostamento insolito ma fecondo tra due poetiche distanti eppure unite dalla tensione verso il mistero
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Eventi
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ROF bilancio 2025 e programma 2026
redatto da Athos Tromboni FREE
PESARO - A Pesaro si dichiarano soddisfatti per i risultati non solo artistici del Rossini Opera Festival 2025. Ecco qui sotto, in sintesi, la valutazioni che illustrano sommariamente gli obiettivi raggiunti e anche le anticipazioni per l'edizione 2026.
I numeri che contano
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Opera dal Centro-Nord
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Manon Lescaut fra le sculture blu
servizio di Simone Tomei FREE
TORRE DEL LAGO (LU) - Il 71° Festival Puccini si avvia alla conclusione con l’ultimo debutto operistico della stagione in una serata di fine agosto molto suggestiva: Manon Lescaut è tornata al Gran Teatro sulle sponde del Massaciuccoli nella produzione di Igor Mitoraj del 2003, ripresa con cura nella regia di Daniele De Plano, scene di Luca Pizzi
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Classica
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SummerFest grande musica da camera
servizio di Ramón Jacques FREE
SAN DIEGO (USA) - SummerFest 2025, The Baker-Baum Concert Hall. Il festival di musica da camera SummerFest, che si tiene ogni estate a San Diego, California dal 1986 ed è organizzato dall'associazione musicale locale La Jolla Musical Society (LJMS), è diventato un appuntamento imperdibile per gli amanti della musica cameristica (nel sud
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Vocale
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Giovane Scuola al Mascagni Festival
servizio di Simone Tomei FREE
LIVORNO - Il Mascagni Festival 2025, nell’anno dell’ottantesimo della scomparsa del compositore, si conferma laboratorio vivo di idee più che semplice contenitore di eventi: una geografia del suono disseminata tra Livorno, la provincia e luoghi simbolici d’Italia e del mondo, capace di intrecciare concerti, opere, letture sceniche e creazioni originali
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Opera dal Centro-Nord
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Sepe una delicata Butterfly
servizio di Nicola Barsanti FREE
TORRE DEL LAGO (LU) – Diamo conto ai nostri lettori della replica del quarto titolo in cartellone nell’ambito del 71° Festival Puccini: Madama Butterfly. Per regia, scene e costumi rimandiamo alla recensione della prima rappresentazione che potete consultare qui . La principale differenza rispetto al debutto riguarda il ruolo
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Eventi
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Turandot e le altre
redatto da Athos Tromboni FREE
TORRE DEL LAGO (LU) - Questa volta si parte in largo anticipo: è ormai definitivo - infatti - il programma della 72.esima edizione del Festival Puccini di Torre del Lago (Viareggio) che si svolgerà nel Gran Teatro all’aperto sul Lago di Massaciuccoli nell’estate 2026 e che era stato anticipato nella conferenza stampa dello scorso maggio dal presidente
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Opera dal Centro-Nord
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Alina Tkachuk la rivelazione
servizio di Nicola Barsanti FREE
TORRE DEL LAGO (LU) - La rappresentazione di Turandot al Gran Teatro Giacomo Puccini, nell’ambito del 71° Festival Puccini, propone una lettura scenica affidata alla regia di Alfonso Signorini, la cui impronta visiva rimanda all’articolo della prima rappresentazione che potete trovare qui. L’allestimento conferma la forza visiva e simbolica dell’opera, ma
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Opera dal Nord-Est
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Rigoletto, Nabucco e Aida
servizio di Nicola Barsanti FREE
VERONA - L’anfiteatro Arena, con i suoi duemila anni di storia e le gradinate che custodiscono memoria e suggestione, si conferma il più imponente palcoscenico a cielo aperto dedicato all’opera lirica. Ogni estate l’antico anfiteatro romano si trasforma in una cassa armonica naturale, dove le note dei grandi compositori si fondono con l’energia collettiva
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Opera dal Centro-Nord
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Butterfly e la simbologia degli alberi
servizio di Simone Tomei FREE
TORRE DEL LAGO (LU) - Madama Butterfly di Giacomo Puccini è il quarto titolo a susseguirsi sul palcoscenico del Festival Puccini di quest’anno. Per la sua 71ª edizione, la rassegna ha affidato la regia a Manu Lalli, che propone una lettura capace di andare oltre la mera rappresentazione scenica, trasformando il linguaggio visivo e simbolico in un elemento
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Opera dal Centro-Nord
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La bohčme disegnata da Scola
servizio di Simone Tomei FREE
TORRE DEL LAGO (LU) - Tra i capolavori pucciniani La Bohème occupa un posto di privilegio per la sua capacità di fondere realismo e poesia, leggerezza giovanile e dramma struggente. Dal debutto del 1º febbraio 1896 al Teatro Regio di Torino, sotto la bacchetta di un giovane Arturo Toscanini, questo dramma lirico in quattro quadri - tratto dalle
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Jazz Pop Rock Etno
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Ferrara Film Orchestra e la bacchetta di Ambra
servizio di Athos Tromboni FREE
FERRARA - La prima serata della rassegna Giardino per tutti organizzata ai piedi del grattacielo dal Comune di Ferrara con la collaborazione del Teatro Comunale "Claudio Abbado", dentro il Parco Coletta, ha fatto l'en-plein. Era in pedana la Ferrara Film Orchestra capitanata dalla bacchetta di Ambra Bianchi
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Opera dal Centro-Nord
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Buratto bel debutto in Tosca
servizio di Simone Tomei FREE
TORRE DEL LAGO PUCCINI (LU) - Nel terzo fine settimana del 71° Festival Puccini di Torre del Lago, la seconda recita di Tosca ha riproposto uno degli allestimenti più attesi di questa edizione. La produzione, firmata da Alfonso Signorini in veste di regista e costumista, si è presentata con una veste visiva marcatamente simbolica, ricca di richiami
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Opera dal Nord-Est
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Nabucco Carmen La traviata
servizio di Angela Bosetto FREE
VERONA – Anna Netrebko, Anita Rachvelishvili e Rosa Feola, ovvero Abigaille, Carmen e Violetta Valéry. Sono loro le tre grazie musicali che, dal 17 al 19 luglio 2025, hanno acceso l’Arena, rendendo ciascuna rappresentazione meritevole di grande interesse in virtù della propria peculiarità. Per il soprano russo si trattava del debutto italiano come figlia
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Jazz Pop Rock Etno
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Verdi e il jazz un dialogo
servizio di Simone Tomei FREE
FABBIANO, Borgonovo Val Tidone (PC) - Nella serata di sabato 26 luglio 2025, un angolo a me ancora misconosciuto della Val Tidone, la suggestiva piazzetta di Fabbiano, frazione di Borgonovo Val Tidone, si è trasformato in un crocevia di sublime audacia musicale. Il Valtidone Festival, giunto alla sua 27ª edizione e promosso dalla
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