Pubblicato il 24 Agosto 2023
La semisconosciuta opera di Pietro Mascagni in scena con successo alla Terrazza di Livorno
Un Silvano da rivalutare servizio di Simone Tomei

20230824_Li_00_Silvano_MarcoMiglietta_phBaldanziLIVORNO - Talune realtà che incontriamo hanno tra i grandi pregi quello di metterci davanti alla nostra ignoranza stimolando allo studio e all’approfondimento. Per quello che mi riguarda lo scontro con il Festival Mascagni 2023 è stato un “colpo allo stomaco” in quanto mi ha messo di fronte ad un buco nero riguardo alle mie reali conoscenze dei componimenti proprio di Pietro Mascagni, cui è intitolato il festival livornese. Tra i vari eventi in programma della recente stagione estiva è andata in scena l'opera Silvano della quale oltre il nome non avevo mai sentito una nota.
L'ascolto primordiale in preparazione alla serata è stato un “amore a primo orecchio”: mi sono entusiasmato subito di quelle melodie a me sconosciute, ho apprezzato l'impianto orchestrale, le armonie, i contrasti e le sonorità forse non proprio comode ad un primo approccio, ma senz'altro da approfondire; e così ho fatto. Ho cercato tutte le incisioni passate disponibili, le ho passate tutte in rassegna appassionandomi ancor più a questo componimento ed ho avuto il piacere di ascoltarlo per la prima volta dal vivo la sera del 23 agosto 2023 nella suggestiva cornice della Terrazza Mascagni sul lungomare livornese.
Curiosando qua e là non ho letto né da studiosi del compositore né da altri testi, grandi elogi per quest'opera; ciascuno trae i suoi giudizi - sicuramente più approfonditi dei miei ragionamenti di pancia - ma in talune situazioni non mi sono trovato perfettamente in linea con quanto letto. Concordo sul fatto che non si possa considerare il Silvano l'alter ego di Cavalleria Rusticana nonostante anche qui emerga con forza il triangolo amoroso, la gelosia, le corna ed alla fine un omicidio; le considero - come altri - due cose completamente diverse anche in merito alla loro genesi.

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Nel componimento più famoso la vicenda prende vita in luoghi bucolici della Sicilia del tutto estranei ai luoghi marittimi dell'altro dramma: l'antefatto è diverso, i sentimenti e le relazioni tra i protagonisti pure; questi ultimi addirittura trovano una diversa delineazione all'interno del dramma e nel Silvano sono senza dubbio meno sviluppati da un punto di vista psicologico. Inoltre le genesi delle composizioni sono del tutto diverse.
Silvano seguiva l'esperienza milanese del Guglielmo Ratcliff che andò in scena un mese prima sempre al Teatro alla Scala – stesso luogo del debutto del Silvano che doveva essere unito al precedente per formare un dittico - dalla quale emergeva un'idea precisa del teatro e dell'evoluzione della tecnica compositiva mascagnana.

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Con Silvano si ha come un ritorno alle origini da parte di Mascagni forse dettato dalle immediate esigenze finanziarie che lo stavano attanagliando. In questo stato di cose è noto come lo stesso compositore abbia voluto quasi obliare questo componimento tanto da non considerarlo tra le sue creazioni più felici; la critica inoltre ci mise ulteriormente del suo ed è significativo un passo di Giannotto Bastianelli nel quale il giudizio fu ancora più demolente: «... ma quello che dà più malessere in quest’opera insignificante, ne è la vecchiezza delle modulazioni, l’insipidezza dell’armonia. C’è la falsa eloquenza dell’agile improvvisator di preludi pianistici per mettere in tono un coretto d’educande. Si osservino poi i recitativi. Essi non sono come nella Cavalleria e nel Fritz quasi la forma musicale che sorgendo ed espandendosi investe e beve le parole, assimilandosele. Essi son fatti come musicando pezzetto per pezzetto, parola per parola il libretto, onde resultano sconclusionati ed incerti. Gli spunti melodici poi riescono odiosi per la ricerca quasi a tentoni della frase che non vuol venire. L’autoretorica vi trionfa: son come frammenti di intuizioni precedenti legati alla meglio. Se mai il Silvano può avere un valore, sarà quello di aver dimostrato al Mascagni tutto il suo dovere di rinnovarsi. Ormai le belle formule melodiche della Cavalleria, gli universali fantastici del suo stile giovanile, non gli dicono più nulla, sono strizzati fino ad aver versato tutto il loro succo. Bisogna ch’egli cessi di strascicare dietro a sé i cadaveri d’una fraseologia che un giorno fu viva; bisogna che immergendosi in un silenzio fecondo, ritrovi nel suo segreto la sua limpida vena, che non s’è seccata, ma solo, non coltivata gelosamente, s’è perduta nel suolo.»
Tornando alla serata livornese, il tema marinaresco è ben delineato dalla regia di Carmelo Alù che ci fa immergere nella cittadina pugliese di Manfredonia per coglierne sapori e odori. Tutto il palco è adorno di reti, di attrezzi in uso dei pescatori (scene a cura di Marina Conti) ed anche i costumi (a cura della Sartoria Teatrale Bianchi) si inseriscono perfettamente nel contesto scenico. Non ci sono trovate registiche esasperate o campate in aria, ma funzionali ad esplicitare i dettami della storia con incursioni e idee molto appropriate. Anche il lungo pontile che si staglia fin sul fondo della scena possiede a mio avviso un suo preciso significato: è l'unica via di fuga per i due amanti Silvano e Matilde vittime dei pregiudizi del popolo. L'uno per essere stato un contrabbandiere a fin di bene per sfamare la famiglia, l'altra - di lui innamorata -che durante il periodo di detenzione dell’amato ha ceduto alle lusinghe di un terzo uomo (Renzo) e per questo giudicata e reietta dalla società.

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Musicalmente ho apprezzato la direzione del M° Lorenzo Tazzieri - alla guida dell'Orchestra del Teatro Goldoni di Livorno - che ha saputo trarre appieno dalle pagine mascagnane quei sapori poc'anzi richiamati. Una lettura asciutta, lineare con agogiche ben definite e con un trasporto emozionale molto intenso. I colori si sono rivelati nitidi e cristallini e non è mancato quel senso di frenesia che ben si coglie nelle ultime pagine. Del pari taluni suoni orchestrali sono risultati talvolta un po’ gracchianti a causa di un’amplificazione non proprio ottimale; nonostante ciò il lavoro di cesello non è stato vanificato, ma sicuramente avremmo potuto godere ancor più delle sfumature sonore in un ambiente puramente acustico.
Ottimo debutto per il tenore Marco Miglietta nel title-role; una voce che cresce in volume e corpo contraddistingue l’evoluzione professionale di questo artista. Il ruolo è impervio da inizio a fine e soprattutto sempre sul filo del “passaggio”. Nonostante ciò sia il duetto del primo atto che la grande Aria del sogno del secondo hanno potuto ammantarsi di luce, colore e ottimo squillo con acuti ben piazzati e un senso di pathos davvero encomiabile.
Un gradino sotto l’interprete femminile (Rosaria) impersonata dal soprano Laura Stella; la voce non è affatto male, ma il senso di canto a servizio della parola scenica ancora latita. La troppa attenzione al gesto del direttore e la poca empatia con il personaggio hanno reso la sua performance molto superficiale alla stregua di un mero solfeggio cantato. Poco ficcante anche negli accenti che, a mio avviso, hanno bisogno di più drammatica incisività.
Buono il Renzo di Tomohiro Nomachi; un fraseggio accurato ed uno squillo notevole hanno reso la sua prova molto piacevole, al netto di qualche problema di pronuncia che non è proprio accettabile.
La voce bronzea e rotonda di Mariangela Zito ha dato vita al marginale ruolo della madre (Rosa) ed in quelle poche battute del dialogo con il figlio è emerso un timbro di preziosa fattura ed un’ars scenica invidiabile.
Il Coro del Teatro Goldoni di Livorno ben preparato e diretto dal M° Maurizio Preziosi si è degnamente incastonato nel costrutto drammaturgico al netto di sonore mende della sezione tenorile che risulta alquanto sgraziata ed a tratti ai limiti della stonatura.

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Prima dell’inizio dell’opera sono stati eseguiti l’inno nazionale (Il canto degli italiani, ossia Inno di Mameli) ed una selezione della composizione mascagnana The eternal city, terminata nel 1902 per i teatri di Londra e New York; per tanto tempo ritenuta scomparsa, testimonia ulteriormente i fondamenti della straordinaria capacità melodica e compositiva di Pietro Mascagni, che tanta influenza hanno avuto nel Teatro musicale tra la fine dell’Ottocento e buona parte del Novecento.
Grandi ovazioni al termine per tutti gli artisti che, assieme agli astanti, hanno goduto del bacio dei raggi della luna crescente che si stagliava sul Mar Tirreno.
(la recensione si riferisce alla recita di mercoledì 23 agosto 2023)

Crediti fotografici: Foto Emanuele Baldanzi per il Festival Mascagni di Livorno
Nella miniatura in alto: il tenore Marco Miglietta (Silvano)
Sotto, in sequenza: Laura Stella (Rosaria); Marco Miglietta; Tomohiro Nomachi (Renzo); Mariangela Zito (Rosa) con Marco Miglietta
Al centro in sequenza: il direttore Lorenzo Tazzieri sul podio dell'Orchestra del Teatro Goldoni; scena con Laura Stella, Marco Miglietta e (di spalle) Lorenzo Tazzieri; campo lungo sull'allestimento; i saluti finali di tutto il cast
In fondo: una stupenda panoramica notturna della Terrazza di Livorno





Pubblicato il 17 Luglio 2023
Il secondo titolo in cartellone del Festival Puccini 2023 non ha bissato il buon risultato del 2021
Turandot un po' dimessa servizio di Athos Tromboni

20230717_TorreDelLago_00_Turandot_SandraJanusaiteTORRE DEL LAGO (LU) - Ripescaggio dell'allestimento 2021 per il secondo titolo del Festival Puccini 2023: Turandot. Nel Gran teatro all'aperto sul Lago di Massaciuccoli è stato riproposto infatti l'allestimento curato da Daniele Abbado, regista di fama internazionale, riconosciuto per la capacità di sviluppare progetti innovativi nel campo del teatro musicale; per lui era un ritorno in Turandot e così l'impianto scenico “contemporaneo” simbolico e minimale disegnato da Angelo Linzalata, ha fatto seguito la sera dopo a La bohème contestatissima che ha generato il licenziamento del direttore musicale del Festival Puccini, Alberto Veronesi (qui la nostra cronaca di ieri).
In questo lavoro "collaudato" della coppia Abbado/Linzalata sul palcoscenico a cielo aperto ci sono grandi torri mobili, parallelepipede, che vengono trascinate, girate e ruotate a scena aperta, sulle quali e/o dentro le quali si collocano via via i cantanti, il coro, i mimi e i figuranti; così come sono stati inventati dei corpi luminosi innovativi nel segno della ricerca che Linzalata ha sperimentato nei suoi lavori degli ultimi anni. Giova qui ricordare che si tratta di un progetto al quale lo staff creativo (scenografo, regista, costumista) ha lavorato in sinergia. Colorati, moderni e adeguati allo stile i costumi di Giovanna Buzzi e gradevoli le coreografie di Simona Bucci.
Sul podio dell'Orchestra del Festival Puccini era il maestro Roberto Trevino che ha condotto una mogia compagine strumentale ad una esecuzione in cui i tempi slentati di arie e duetti non hanno, a nostro avviso, reso giustizia all'immensa e magnifica partitura del Maestro Puccini, perché hanno tolto mordente all'azione scenica. Scelta sopportabile e tutto sommato godibile (sempre a nostro avviso) in una esecuzione in forma di concerto dove gli elementi sinfonici possono prevalere sull'azione drammatica: noiosi in una messa in scena dove il dinamismo è sempre connaturato all'azione, anche nei tempi larghi e lenti.
Corretto il Coro del Festival Puccini, preparato da Roberto Ardigò e apprezzabile anche il Coro di voci bianche istruito da Chiara Mariani.

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Nel cast vocale ha dominato su tutti il tenore Amadi Lagha nel ruolo del principe Calaf; buono il Timur di Antonio Di Matteo; bravissimi i tre cantanti impegnati nei ruoli delle maschere (Simone Del Savio come Ping, Andrea Giovannini come Pang  e Marco Miglietta come Pong); mentre ci saremmo aspettati qualcosa di più da Emanuela Sgarlata (Liù) che fu magnifica nelle recite del 2021 e questa volta è partita in sordina (molto in sordina, sembrava impacciata all'apparire in scena insieme a quell'omone che è Antonio Di Matteo), quasi inudibile, per rinfrancarsi poi nel corso della recita e affrontare l'aria più bella dell'opera, "Tu che di gel sei cinta", con caratterizzazione e vocalità da applausi.
A Torre del Lago si esibiva per la prima volta, nel ruolo di Turandot, Sandra Janusaite: voce interessante, ma la sua dizione italiana è da perfezionare molto, molto, molto; e tutto sommato dobbiamo dire che la sua performance non ha raggiunto le vette di altre brave Turandot  viste e udite nel passato al Festival Puccini. 
Completavano il cast Francesco Auriemma (Un Mandarino), Maria Cristina Napoli e Sara Guidi (Ancelle) e Marco Montagna (il Principe di Persia).
Applausi da un pubblico che non ha fatto registrare l'esaurito.

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Crediti fotografici: Ufficio stampa del Festival Puccini di Torre del Lago
Nella miniatura in alto: il soprano Sandra Janusaite (Turandot)
Al centro in sequenza: Amadi Lagha (Calaf) e Emanuela Sgarlata (Liù); Antonio Di Matteo (Timur) con Emanuela Sgarlata e il Coro
Sotto: campo lungo su scenografia e costumi di Turandot





Pubblicato il 23 Giugno 2023
Ripresa al Maggio Fiorentino dell'allestimento 2021 per l'opera comica di Giuseppe Verdi
E Falstaff sostituisce i Maestri servizio di Nicola Barsanti

20230623_Fi_00_Falstaff_DanieleGattiFIRENZE - La terza rappresentazione del Falstaff al Teatro del Maggio Musicale Fiorentino si apre nel silenzio: golfo mistico vuoto, a dominare la scena un violoncello adagiato su una scranna al centro del palco. Momento riflessivo presto interrotto da un’esaustiva spiegazione da parte della direzione del teatro che ha voluto ricordare al suo pubblico la grave situazione finanziaria in cui stanno versando, ribadendo che se qualcosa non sarà fatto quel silenzio assordante è l’unico spettacolo cui sarà possibile assistere.
Annuncio doveroso, anche se crediamo che in parte fosse destinato a giustificare il repentino cambio di cartellone che ha visto la cancellazione dei costosi e impegnativi Meistersinger Wagneriani con la regia di Damiano Michieletto in favore della ripresa dell’ultimo capolavoro Verdiano già andato in scena nel 2021.
La già acclamata produzione firmata dal regista Sven-Eric-Bechtolf e qui ripresa da Stefania Grazioli, (che non aggiunge niente di nuovo) si adatta perfettamente alle esigenze del libretto di Arrigo Boito.
L’impianto scenico è fisso, costituito da grandi strutture legnose che accompagnano chi assiste dall'inizio fino alla fine della recita, se non con qualche variazione di scena nel corso del secondo quadro del secondo atto e nel corso del terzo dove si fa protagonista la grande quercia di Herne attorno alla quale si svolgono le note vicende di sir John Falstaff.
Scene di Julian Crouch, costumi di Kevin Pollard e luci di Alex Brok, riprese da Valerio Tiberi.

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Venendo al cast, spicca senza dubbio la bella vocalità del baritono Michael Volle nel ruolo del titolo, il quale consegue una recita di gusto contraddistinta dalla giusta dose di humor inglese che conferiscono al personaggio grande veridicità e vicinanza al Falstaff ideato da Shakespeare.
Molto bene per Ford, altro ruolo baritonale, interpretato da Markus Werba talmente chiaro e preciso da poter assimilare la sua vocalità a quella tenorile, ottima la presenza scenica.
Non male anche per Christian Collia, che si conferma un buon Dottor Cajus.
Delude invece, seppur con buone intenzioni, l’emissione del tenore Matthew Swensen (Fenton) il cui canto peculiare non trova giusto spazio nella tessitura della partitura.
Bravi invece i comprimari Bardolfo di Oronzo D’Urso e Pistola di Tigran Martirossian.
L’unica gemma fra le voci femminili si riscontra nella dolce emissione del giovane soprano Rosalia Cíd, la quale interpreta una Nannetta di gusto mai scontata, deliziando il pubblico con ottimi filati messi appunto nel suo unico momento solistico: “Sul fil d’un soffio etesio”.
Seppur non stonando, la mancata proiezione nella vocalità del soprano Irina Longu le impedisce di esaltare lo spiccato ruolo di Alice che, al contrario, richiederebbe una vocalità squillante e gioiosa. Tuttavia, rimangono di pregio gli sforzi interpretativi attribuibili all’ottimo physique du rôle.
Stessa sorte accomuna Claudia Huckle nel ruolo di Meg e Adriana di Paola in quello di Quickly che però riesce a distinguersi per la marcata presenza scenica.
Giungendo all’aspetto musicale, la precisa e puntuale direzione del maestro Daniele Gatti conferisce alla partitura un temperamento tipicamente italiano specialmente alla fine del primo e del terzo atto nel famoso fugato in Do maggiore in cui sta racchiuso tutto il gioioso nichilismo di Verdi.
Infine, seppur questa composizione lasci poco spazio alle parti corali, là dove presenti, sono eseguite alla perfezione sotto la sapiente guida del maestro Lorenzo Fratini.
La serata si conclude con un inaspettato coup-de-théâtre con il quale tutte le luci di sala si accendono come per sottolineare quello che viene riconosciuto come il testamento di Giuseppe Verdi che fino alla fine mette la musica al servizio delle parole, rimarcando in modo estremamente efficace la sua morale: «Siamo tutti gabbati!»
(la recensione si riferisce alla recita di mercoledì 21 giugno 2023)

Crediti fotografici: Ufficio stampa del Maggio Musicale Fiorentino
Nella miniatura in alto: il diirettore Daniele Gatti
Al centro: panoramica su costumi e allestimento
Sotto: i saluti finali del cast






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Abbiamo la Turandot dei prossimi 20 anni
intervento di Athos Tromboni FREE

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Ma partiamo dalla prima nota saliente: il finale di Berio. È talmente bello musicalmente che meriterebbe di essere “espunto” dall’opera per costituire un brano a sé, di Puccini-Berio se proprio lo si dovesse cointestare. Fior di musicologi hanno spiegato e scritto perché Berio abbia rispettato più di Alfano gli appunti lasciati da Puccini morto prima di concludere l’opera.
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La Euyo prende residenza a Ferrara e Roma

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20230702_00_SanFranciscoSymphony_AdrianaMater_PeterSellarsSAN FRANCISCO (USA) - Davies Symphony Hall, 10 giugno 2023. Adriana Mater, opera in due atti e sette scene su libretto in francese, è la seconda opera lirica della compositrice finlandese Kaija Saariaho, il cui libretto è stato scritto dal suo collaboratore, lo scrittore e giornalista franco-libanese Amin Maalouf . L'opera, che fu rappresentata
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Opera dal Nord-Est
Orfeo all'inferno nel night club
servizio di Rossana Poletti FREE

20230701_Ts_00_OrfeoAllInferno_DanielaMazzucatoTRIESTE - Teatro Lirico “Giuseppe Verdi”. L’operetta nacque in Francia con il compositore Jacques Offenbach. Alcuni sostengono che già Mozart con il singspiel potesse essere considerato l’iniziatore del genere, ma sarà bene seguire l’idea diffusa che affida ad Offenbach tale onore. Siamo a metà dell’Ottocento e Parigi vive il Secondo Impero di
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Eventi
Al via Emilia Romagna Festival 2023
redatto da Athos Tromboni FREE

20230629_Imola_00_XXIIIERFestival_MassimoMercelli_phGBernabiniIMOLA - Emilia Romagna Festival 2023, dopo le due anteprime (21 giugno nel Giardino storico del Palazzo Vescovile di Imola, con il duo padre e figlio Fulvio e Gabriele Fiorio, il cui ricavato è andato a favore del Museo Carlo Zauli di Faenza gravemente danneggiato dall’alluvione del 17 maggio; e 26 giugno al Chiostro di Francesco di Cesena
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Opera dall Estero
L'ultimo sogno di Frida e Diego
servizio di Ramón Jacques FREE

20230629_00_SanFrancisco_FridaEDiego_DanielaMack_phCoryWeaverSAN FRANCISCO (USA) - War Memorial Opera House, 13 giugno 2023. Come ultimo titolo della sua stagione del centenario, la San Francisco Opera ha offerto la prima locale di El Último sueño de Frida y Diego (L'ultimo sogno di Frida e Diego) un'opera in due atti della compositrice Gabriela Lena Frank, su libretto del drammaturgo cubano Nilo Cruz,
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Opera dall Estero
Successo per Die Frau ohne Schatten
servizio di Ramón Jacques FREE

20230628_00_SanFranciscoOpera-Usa_DieFrauOhneSchatten_DonaldRunniclesSAN FRANCISCO (USA) - War Memorial Opera House (10 giugno 2023). Die Frau ohne Schatten, opera in tre atti di Richard Strauss (1864-1949) su libretto di Hugo von Hofmannsthal, è indubbiamente un grande capolavoro del repertorio operistico, che viene però raramente rappresentata nei teatri non europei; ma la San Francisco Opera l'ha
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Classica
Quartetto e Quintetto a Casa Romei
servizio di Athos Tromboni FREE

20230627_Fe_00_FerraraMusicaACasaRomei_ClaudioPelleritoFERRARA - Se la lettera pubblicata da Arrigo Boito sul giornale «il Pungolo» il 21 maggio 1868 in polemica con l'allora Ministro dell'Istruzione Pubblica, fosse indirizzata oggi da un musicista qualunque al nostro Ministro dell' Istruzione, o a quello della Università e Ricerca, o a quello della Cultura, sembrerebbe scritta nel 2023 e non 155
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Approfondimenti
Solo un Canto
servizio di Barbara Gasperoni Lanconelli FREE

20230626_Approfondimenti_00_PellegrinoRussoBOLOGNA - La melodia vive e respira solo se scorre nel tempo e trova spazio per diventare memorabile. Il tema del canto per memorizzare è trasversale in più discipline. Mettere a memoria un testo teatrale complesso è un’attività di processo che richiede tempo e pazienza. Suonare senza partitura un brano musicale può essere difficilissimo
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Echi dal Territorio
Ravel secondo Bartoli
FREE

20230625_Ge_00_CinziaBartoliSuonaRavel~GENOVA - Organizzata dagli Amici del Teatro Carlo Felice e del Conservatorio N.Paganini si è tenuta a Palazzo Spinola il 23 giugno 2023 la presentazione del compact-disc di Cinzia Bartoli con l’incisione integrale delle musiche pianistiche di Maurice Ravel. La prestigiosa sala nobile del museo ha accolto non molti spettatori (il pomeriggio
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