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Pubblicato il 07 Ottobre 2025
Il capolavoro del Maestro trasformato in una wunderkammer per il Festiva Verdi
Otello l'incoerenza č di scena
intervento di Simone Tomei
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PARMA - Esiste un patto segreto, antico e nobilissimo, tra il palcoscenico e la platea. È un atto di fede: lo spettatore si affida alla visione degli artisti, promettendo in cambio sospensione dell'incredulità e apertura del cuore. Aprire il sipario sull' Otello al Teatro Regio di Parma, nel cuore del Festival Verdi 2025, avrebbe dovuto significare rinnovare questo patto, immergendosi nel gorgo della più compiuta tragedia shakespeariana in musica. E, in effetti, la partitura di Verdi ha mantenuto fede al suo compito: un fiume in piena, potente e inesorabile, che dal golfo mistico ha continuato a scorrere, travolgente e commovente. Il problema, ahimè, è sorto quando ho alzato gli occhi perché ciò che si vedeva apparteneva a un altro pianeta drammaturgico, a un universo visivo che con il fiume verdiano dialogava poco o punto. Le note di regia di Federico Tiezzi, un denso manifesto intriso di Freud, Welles, Dostoevskij e Pasolini, promettevano una discesa negli inferi della psiche. Ciò che ho visto è stato, con garbato dissenso, un bazar di stimoli estetici. Cominciamo dall'elemento più immediato: il vestiario di Giovanna Buzzi. Come non provare un senso di tenero smarrimento di fronte a una Desdemona trasformata in diva da night club, con una silhouette da cartoon che della sua purezza musicale sembrava un'ironica parodia?

  

Dall'altra parte un Jago in abito talare che pareva più consono a un sagrestano di provincia che al "filosofo del male" descritto a parole. Il paradosso, con un pizzico d'ironia involontaria, toccava il suo apice con i soldati di Otello, trasformati in una solerte squadra di idraulici in tuta blu. Un'immagine che ha strappato più di un sorriso al pubblico, banalizzando quella gerarchia militare che è cardine della tragedia. Se i costumi disorientavano, le scene di Margherita Pallì completavano l'opera di frantumazione dello sguardo. L'idea di uno spazio che fosse la "scatola cranica" di Otello o il "nero magmatico dell'inconscio" è, in teoria, affascinante. Nella pratica, si è tradotta in un accumulo di oggetti eterogenei: teche con animali impagliati, elementi circensi, piattaforme isolate. Ogni pezzo, preso a sé, poteva avere una sua potenzialità simbolica; l'insieme, privo di una grammatica che ne regolasse le relazioni, assumeva l'aspetto di una wunderkammer, di una collezione di curiosità più che di un ambiente drammaturgico. La stanza della tortura psicologica è rimasta un'astrazione, un deposito statico dove i cantanti si muovevano tra gli oggetti, non dentro un mondo. In un tale contesto le luci di Gianni Pollini avrebbero potuto essere il "Filo di Arianna" per uscire dal labirinto. E invece, purtroppo, hanno seguito la deriva generale dell'incoerenza. Alternanze brusche tra buio pesto e luce violenta, spesso non motivate dalla partitura; un'incapacità di modellare i volti dei cantanti, lasciando in ombra quei particolari essenziali per trasmettere il conflitto interiore. Il citato nero magmatico è risultato, troppo spesso, un semplice fondale nero e piatto. La luce, che avrebbe dovuto essere il bisturi per sezionare le coscienze, si è limitata a fare l'interruttore, accendendo e spegnendo ambienti senza carattere. Ma se il dispositivo scenico è apparso così fragoroso nel suo silenzio drammaturgico, è alla forza della musica e dei suoi interpreti che dobbiamo volgere lo sguardo, anzi l’orecchio, con rinnovata riconoscenza. In questa recita, il ruolo titolare è stato sostenuto da Yusif Eyvazov, chiamato a sostituire all’ultimo momento un Fabio Sartori colpito da improvvisa indisposizione. Il tenore azero, al suo debutto al Festival Verdi e al Teatro Regio di Parma, ha affrontato la titanica parte del Moro con impeto generoso e un’indubbia presenza scenica, elaborando anche un notevole scavo interpretativo. La voce, sempre a fuoco e di solida proiezione, si è rivelata sicura negli acuti, veri fendenti di acciaio, e pienamente a suo agio nelle mezze voci che accompagnano i momenti più intimi e sensuali del dramma. Un’interpretazione di temperamento che ha saputo unire vigore eroico e introspezione psicologica. Accanto a lui, Ariunbaatar Ganbaatar ha incarnato un Jago di voce scura, corposa, dotata di volume e di un timbro di forte personalità. Tuttavia a tanta potenza vocale è sembrato talora mancare quel fraseggio capace di tradurre le pieghe più sottili della perfidia del personaggio. Le note, si sa, non bastano: è nel senso e nell’intenzione che il male jaghiano si rivela. Il suo "Credo in un Dio crudel" è risultato un manifesto di nichilismo più sonoro che concettuale, restituendo solo in parte la lucida e matematica malvagità pensata da Verdi e Arrigo Boito. Mariangela Sicilia, al contrario, ha delineato una Desdemona di commovente purezza vocale; il suo canto, sempre elegante e controllato, ha toccato vette di struggente lirismo nella "Canzone del Salice" e nella successiva "Ave Maria", dove la voce, morbida e argentea, sembrava incarnare un’innocenza predestinata al sacrificio. La Sicilia ha saputo dar vita a un personaggio coerente con le intenzioni verdiane, curando con finezza il fraseggio e mantenendo un perfetto equilibrio tra dolcezza e dramma; nel registro acuto il timbro ha brillato per luminosità con ottime messa di voce e filati sopraffini, mentre nei gravi e nel medio ha rivelato un saldo controllo tecnico. Completavano il quadro un Cassio luminoso e ben timbrato, quello di Davide Tuscano, la cui voce nitida e intonata ha restituito con efficacia la giovanile fragilità del personaggio, e un’Emilia intensamente partecipe, quella di Natalia Gavrilan, che ha saputo unire spessore vocale e forza scenica nel finale denso di pathos. Eccellenti prove anche per Francesco Pittari (Roderigo), Francesco Leone (Lodovico), Alessio Verna (Montano) e Cesare Lana (Araldo), tutti puntuali e ben inseriti nel disegno complessivo della rappresentazione. Sul versante musicale, la Filarmonica Arturo Toscanini, guidata dal M° Roberto Abbado, ha dato prova di grande compattezza e sensibilità timbrica. La direzione del maestro, sempre lucida e teatralmente ispirata, ha saputo trarre il meglio dagli strumentisti che hanno risposto magistralmente a una lettura attenta, coerente e appassionata. Il fragore iniziale dell’accordo di undicesima, vero fulmine nel buio, ha introdotto un percorso orchestrale di rigorosa chiarezza e di intensa partecipazione emotiva. Il primo atto, dominato dalla tempesta, è divenuto metafora del tumulto interiore dei personaggi, sfociando in un "Fuoco di gioia" esplosivo e trascinante. Il secondo, più raccolto e insinuante, ha trovato nei colori orchestrali la perfetta traduzione della trama di inganni tessuta da Jago, mentre il quarto si è aperto su una dimensione quasi metafisica, sospesa e rarefatta: il corno inglese nella "Canzone del Salice" e l’intimo respiro degli archi nella successiva "Ave Maria" hanno conferito a queste pagine un pathos struggente, di dolente spiritualità. La concertazione di Abbado è stata intima e infuocata al tempo stesso, capace di sfruttare pittoricamente ogni suggerimento delle note per disegnare un affresco sonoro di sorprendente vividezza. Senza mai travalicare le voci, ma esaltandone il respiro e la parola, ha costruito un equilibrio mirabile tra dramma e bellezza, tensione e lirismo. Così il duetto del primo atto, "Già nella notte densa", si è fatto quasi evanescente, sospeso sul velluto dei violoncelli, mentre il "Credo" di Jago è divenuto almeno in musica il manifesto del male e la conclusione un compendio di sublime tragedia musicale.0000000000000000Straordinaria anche la prova del Coro del Teatro Regio di Parma, preparato dal M° Martino Faggiani, che ha messo in campo una pasta e un amalgama vocali di gran pregio, dimostrando al contempo personalità interpretativa e duttilità rispetto alle diverse esigenze della partitura. Se "Fuoco di gioia" è stato un primo, brillante assaggio di compattezza e vigore, ancor più notevole è apparsa la scena concertante del secondo atto: qui il coro ha saputo sprigionare un vero caleidoscopio di coloriture timbriche, con un fraseggio vivido e teatralmente incisivo. Commovente anche l’intervento del Coro di voci bianche del Teatro Regio di Parma, istruito dal M° Massimo Fiocchi Malaspina, che ha portato un tocco di purezza quasi angelica, aggiungendo un contrappunto di innocenza e luce al destino oscuro dei protagonisti.




Alla fine, il vero dramma (e non nel senso teatrale del termine) di questo Otello è stato quello di una regia che ha parlato due lingue diverse: una, colta e complessa, sulle note di sala; l'altra, confusa e approssimativa, sulla scena. Con il dovuto garbo, ma con la chiarezza che mi sarei aspettato, non posso che prendere atto di un cortocircuito progettuale. L'innovazione è sempre benvenuta in teatro, anzi è necessaria. Ma deve nascere da un dialogo profondo, rispettoso e umile con la musica. Quando questo dialogo si interrompe, ciò che resta non è la modernità agognata, ma un semplice, e purtroppo sterile, rumore di fondo. Il magnifico fiume di Verdi, quella corrente di cui parlava il regista, ha continuato a scorrere, potente e commovente, nonostante gli argini visivi che il team di Tiezzi, Buzzi, Pallì e Pollini ha cercato di costruirgli attorno. A me, in platea, non è rimasto che affidarmi ciecamente a esso, e alla generosa dedizione di un cast chiamato a lottare, suo malgrado, non solo contro i propri demoni interiori, ma anche contro un'idea di teatro che purtroppo ha finito per oscurarne il valore. Teatro gremito in ogni ordine e grado ed ovazioni per tutti. (La recensione si riferisce alla recita del 5 ottobre 2025)
Crediti fotografici: Roberto Ricci per il Festival Verdi - Teatro Regio Parma Nella miniatura in alto: il tenore Yusif Eyvazov (Otello) Sotto: Natalia Gavrilan (Emilia), Mariangela Sicilia (Desdemona), Yusif Eyvazov Al centro, in sequenza: Mariangela Sicilia con Yusif Eyvazov; Yusif Eyvazov con Ariunbaatar Ganbaatar (Jago); Ariunbaatar Ganbaatar con Natalia Gavrilan; due belle foto panoramiche di Roberto Ricci sul coro In fondo, in sequenza: il finale dell' Otello con il femminicidio di Desdemona
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Pubblicato il 22 Settembre 2025
Nella Sala dei Giganti di Palazzo Liviano la divertente rappresentazione del capolavoro buffo di Puccini
Uno Schicchi tutto di corsa
intervento di Athos Tromboni
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PADOVA - Un Gianni Schicchi di Puccini veramente godibile. È stato quello messo in scena in Sala dei Giganti di Palazzo Liviano (una sala bellissima, di rappresentanza, con affreschi cinquecenteschi) dal Circolo della Lirica di Padova come risultato finale dell'Accademia Lirica presso lo stesso circolo diretta da Carlos Natale. Lo Schicchi è la terza opera del Trittico, andato in scena al Metropolitan di New York il 14 dicembre 1918 (insieme a Il tabarro e Suor Angelica) ed è un lavoro di complessa polifonia dove le arie solistiche si riducono a pochi e brevi momenti lirici, il recitativo cantabile è ridotto all'osso, quel che conta è l'effetto d'insieme - polifonico, appunto - che Puccini ideò per rappresentare la concitazione, l'esaltazione, la delusione, la rabbia dei parenti del defunto Buoso Donati nel contendersi l'eredità e nello scagliarsi contro Gianni Schicchi che, fingendosi di fronte al notaio un Buoso moribondo anziché morto (il morto era stato nascosto dai parenti perché Gianni Schicchi ne prendesse il posto a letto) potesse "dettare" un testamento falso ma a loro favorevole. Lo spettacolo era patrocinato dalla Regione Veneto e dalle locali istituzioni patavine, sponsor eccellente la Fondazione Ferrari Salimbeni.
Prima dell'inizio della recita, la presidente del circolo, Nicoletta Scalzotto, aveva spiegato ad una sala gremita all'inverosimile (400 posti a sedere) come si era arrivati a quello spettacolo, coinvolgendo il regista Pablo Maritano e il direttore d'orchestra Nicola Simoni. È stato detto anche che durante la preparazione vocale dei giovani artisti, sotto la guida di Carlos Natale, i cantanti avevano avuto modo di incontrare e ascoltare professionisti come Stefano Poda, Paolo Giani, Alessandro Trebeschi e Marco Zelaya. L'ambiente di questa rappresentazione, partiamo proprio da qui: la Sala dei Giganti, per quanto riguarda l'acustica, sconta il suo ruolo di ambiente di rappresentanza, quindi non adatta ad accogliere suoni e armoniche di strumenti musicali e canto. Sicuramente il direttore Simoni e il regista Maritano hanno tenuto conto di questo, sia nell'immaginare l'azione scenica, sia nella concertazione. Va detto che la partitura usata da Nicola Simoni - sul podio della Venice Chamber Orchestra - è quella approntata Mathias Weigmann per orchestra da camera, ma questo non ha tolto nulla alla sostanza della musica pucciniana, anzi in quell'ambiente è risultata la più funzionale. Simoni ha diretto con piglio ed energia, sposando i tempi teatrali di Maritano; ma ha anche dato il senso di una propria concezione del lirismo quando nelle arie (soprattutto quella del tenore "Firenze è come un albero fiorito" e del soprano "O mio babbino caro") ha respirato insieme ai cantanti al punto che proprio queste due arie sono risultate le più applaudite dal pubblico. Pablo Maritano, per scelta, ha trasformato la corsa per un "novello testamento" di Buoso dettato da Schicchi, in una corsa vera e propria degli interpreti, con sconfinamenti dal palco al pubblico e viceversa; e con un'effervescenza scenica che ha decuplicato il "buffo" che c'è in quest'opera di Puccini: un "buffo" che si potrebbe definire "alla Maritano": rispettoso delle indicazioni caratteriali dei personaggi del libretto di Giovacchino Forzano ma contagioso per il pubblico che non ha mancato di ridere alle scene paradossali della trama che il regista ha amplificato proprio giocando sul paradosso. Ecco le note di regia di Maritano: «Il dinamismo scenico accompagna i giochi d'inganno e le tensioni familiari con precisione coreografica e una forte componente fisica, accentuando le crepe comiche che si aprono all'interno della famiglia di Buoso Donati. Gianni Schicchi emerge come figura centrale e attivissima: la sua intelligenza e la capacità di leggere le persone diventano strumenti di potere e fonte di irresistibile umorismo.

Ogni gesto e sguardo contribuisce a smascherare l'avidità e l'ipocrisia degli altri personaggi.» Il vostro cronista - in questa recensione - non avrebbe potuto descrivere in maniera migliore il movimento e la sua forza centripeta nella messinscena a Palazzo Liviano. Anche i costumi hanno contribuito a "identificare" il profilo psicologico dei personaggi: spostata l'epoca dal Trecento agli anni '80 del Novecento, il che ha reso moderno l'allestimento, ogni cantante è stato vestito fuori per come era effettivamente dentro di sé il personaggio, nel senso più letterale e non provocatorio del termine "moderno"; e questo lo si è capito durante la recita: dall'eleganza furba e arguta di Schicchi all'eleganza sobria e giovanile di Rinuccio e Gherardo, all'eleganza salottiera di Zita, all'eleganza semplice di Lauretta, e via di questo passo. E adesso veniamo agli interpreti: il baritono coreano Juneyeon Yoon (Gianni Schicchi) ha catturato la scena fin da suo apparire: la spavalderia e la furbizia del personaggio protagonista hanno trovato nella prestanza fisica e nella vocalità di questo baritono le chiavi per la buona simbiosi fra persona e personaggio. Il ruolo Yoon se l'è fatto proprio e visto che le qualità della voce e la preparazione vocale sono apparse ottime non fatichiamo a pronosticargli successi in carriera. Ottima anche la Zita la vecchia di Elena Antonini: è parso chiaro che questa cantante aveva precedenti esperienze artistiche, non era cioè al debutto; sicurezza del gesto scenico, bella presenza, e non una vecchia come dice il libretto, ma una rampante manager magari uscita - nella visione registica di questa messinscena - dalla Bocconi o da altra prestigiosa istituzione di scuola superiore. Sulla vocalità, solo apprezzamenti: bel timbro e morbidezza dell'emissione sono parsi, in quel contesto della Sala dei Giganti, le virtù canore più apprezzabili. Bravo anche il tenore Manuel Amati (Rinuccio), altro componente del cast che può vantare esperienza professionale ben manifestata: voce di tenore lirico, sa ammorbidire il canto quando necessario e spingersi all'acuto senza problemi apparenti: la sua aria "Firenze è come un albero fiorito" ha riscosso meritatissimi applausi.


Ma gli applausi forse più convinti e prolungati se li è presi a scena aperta il soprano Iris Kwon che ha saputo tratteggiare una Lauretta finta ingenua e furbetta quanto papà Schicchi, affidando l'effetto a una bella intonazione e a un fraseggio morbido e carezzevole, così "O mio babbino caro" ha rispettato il suo ruolo di grande aria senza eccessi ma dalla splendida melodia, per cui - in ogni Gianni Schicchi visto da chi scrive - gli applausi più copiosi sono sempre riservati a questa aria e alla sua interprete, quando cantata bene. Michele Giaquinto (nei panni di Simone) appartiene a quella schiera di bassibaritoni a cui affidare con fiducia le parti di carattere nell'opera buffa (pensiamo a un Donizetti buffo, se non addirittura a un Rossini, a Cimarosa, poi Mozart) perché la chiarezza di dizione, la perspicacia scenica e il bel timbro sono le doti di questo cantante. Buona anche la prestazione dell'altro tenore in scena, Ling Nie, nei panni di Gerardo. Tutti bravi comunque, e meritevoli di citazione: Yuka Wada (Nella), Davide Bellemo (Gherardino), Giulio Alessandro Bocchi (Betto di Signa), Yuerui Cheng (Marco), Dora Egerland (La Ciesca), Tommaso Quanilli (Maestro Spinelloccio e Ser Antonio di Nicolao), Luca Fanasca (Pinellino), Xianzhi Wang (Guccio), e - in veste di mimo - Salla Syrjälä a cui era affidato il compito di essere a letto come un Buoso Donati morto... e di solito il morto, nelle rappresentazioni viste altrove, era nient'altro che un manichino... e qui la trovata di Maritano è stata geniale. Pubblico, come si diceva, molto divertito, assai coinvolto dalla recita e a lungo plaudente al termine dello spettacolo. Ultima considerazione: siamo volentieri a teatro dove seguiamo le prestazioni e molto spesso il debutto dei giovani in teatri importanti come quello di Bologna, di Ferrara, quelli del circuito lombardo dei Pomeriggi Musicali, quelli dell'Accademia della Scala quando si esibiscono in provincia, quelli dei tre teatri toscani di tradizione, Lucca, Pisa, Livorno, per non parlare delle produzioni di importanti Conservatori di Musica. Dobbiamo dire che i cantanti che seguono le masterclass vocali organizzate dal Circolo della Lirica di Padova (e lo diciamo non solo sulla base di quanto visto quest'anno, ma anche per gli anni precedenti dove sono state allestite opere di fine corso sempre meritevoli di segnalazione e applausi) non hanno nulla da invidiare a nessuno, anzi sono equiparabili alle tante accademie e master proprio di quei teatri importanti. (la recensione si riferisce alla recita di sabato 20 settembre 2025)


Crediti fotografici: Ufficio stampa del Circolo della Lirica di Padova Nella miniatura in alto: il direttore Nicola Simoni Al centro, a destra: il baritono Juneyeon Yoon (Gianni Schicchi) Sotto, in sequenza, momenti caratteristici del Gianni Schicchi disegnato da Pablo Maritano
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Pubblicato il 10 Agosto 2025
Il Teatro ''A. Belli'' di Spoleto ha aperto la settantanovesima stagione lirica con una prima assoluta
Il matto Nanof e l'altro
intervento di Athos Tromboni
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SPOLETO - Morbus sine materia. È una forma letterale medica per definire quelle patologie che non manifestano degenerazioni organiche di una parte del corpo colpito dalla malattia. La pazzia, per esempio, è un morbo senza materia: non ci sono riversamenti di sangue, gonfiori, purulenze, catarri, eccetera. Il corpo rimane intonso; la mente no, va per conto proprio "deviando" il comportamento da quello stato che viene definito "normale" verso momenti e anche movimenti a volte inconsueti; e può indurre il corpo a gesti e posture che modellano il "disagio" al punto che esso si ripercuote visivamente negli atteggiamenti. Proprio di questo è stata specchio l'opera in un atto Nanof, l'altro con la quale il Teatro Lirico Sperimentale "A. Belli" ha inaugurato, venerdì 8 agosto la propria settantanovesima stagione lirica nel Teatro Caio Melisso di Piazza del Duomo: musica di Antonio Agostini, libretto di Chiara Serani con la collaborazione di Davide Toschi. Si è trattato di una prima esecuzione assoluta e l'opera è stata presentata alla stampa, nel pomeriggio dell' 8 agosto, dallo stesso Agostini, con interventi della Serani, della direttrice d'orchestra Mimma Campanale e del regista e ideatore della messa in scena, Alessio Pizzech: moderatore il direttore artistico del teatro, il musicologo Enrico Girardi. Il saluto del teatro è stato portato dal presidente dell'istituzione, Roberto Calai: «... la missione del Teatro Lirico Sperimentale di Spoleto - ha detto Calai - prende le mosse dalla volontà di creare uno spazio adatto al perfezionamento e all'avviamento professionale dei giovani cantanti, realizzando un progetto artistico ampio che abbraccia nel contempo la commissione di opere nuove, la riscoperta di titoli di rara rappresentazione, l'approfondimento del repertorio liederistico e la messa in scena di capolavori del teatro musicale di tutti i tempi.»


Erano presenti e sono intervenuti per un saluto anche il sindaco di Volterra, Giacomo Santi e il vicesindaco di Spoleto, Danilo Chiodetti. Perché Volterra? Semplice: la storia narrata nell'opera è quella di "Oreste" Fernando Nannetti (Roma, 1927 - Volterra, 1994) internato nel manicomio di quella città toscana, sezione giudiziaria "Ferri", dal 1958 al 1979 prima che il manicomio venisse chiuso per l'entrata in vigore della Legge Basaglia. Nannetti, che si autodefiniva "Oreste" come nome aggiunto a quello anagrafico, oppure Nanof come pseudonimo o anche N.O.F. 4 (che sta per Nannetti Oreste Fernando, matricola d'internamento 4) probabilmente non avrebbe lasciato traccia di sé, come per altri internati a Volterra, se non avesse inciso con la fibbia di una cintura un muro alto tre metri e lungo centottanta metri con propri graffiti, formule, spezzoni di poesie, disegni e geroglifici immaginari. Quel muro è andato in gran parte distrutto, ma una decina di metri sono stati salvati dal Comune di Volterra e fanno parte del Museo Lombroso voluto dall'amministrazione locale per ricordare non solo e non tanto (ha spiegato il sindaco Giacomo Santi) che la famigerata "sezione giudiziaria Ferri" era il temuto luogo di terapia (tortura) fisica degli internati in quel braccio d'ospedale psichiatrico (elettroshock estremi, camicie di forza, lobotomie, trattamenti sperimentali a fini d'indagine, altri trattamenti coercitivi), quanto per il fatto che il manicomio di Volterra è stato principalmente un ospedale psichiatrico dove molti malati di mente venivano stimolati al lavoro, avviati e poi assistiti nella realizzazione di una oggettistica - spesso di fantasia - creata con le mani... insomma, una fattispecie di anticamera per il "mestiere".


Dunque Nanof, l'altro è la testimonianza che il teatro musicale contemporaneo offre a una vita vissuta e a un fenomeno d'arte (l'incisione del muro con una fibbia) che la storia potrebbe definire e codificare come "Art Brut". L'Art Brut di Nanof, appunto, che è stata lo sfogo di Nannetti e contemporaneamente la sua ragione di sopravvivenza (resilienza, si direbbe oggi). Allo pseudonimo del recluso, facendo il titolo dell'opera, il compositore Agostini ha aggiunta la parola l'altro: per significare - è stato spiegato - che l'altro sarebbe il mondo oltre il muro, dove Nanof avrebbe voluto andare anche se solamente di tanto in tanto; oppure anche gli altri (medici, pazienti, reclusi della sezione "Ferri") che stanno oltre egli stesso, oltre la sua fibbia, il muro da incidere. «Lo psichiatra veneziano Franco Basaglia - spiega la direttrice d'orchestra Mimma Campanale - nel tentativo di eliminare il "soffocante odore di morte" che egli percepisce la prima volta che varca la soglia di un manicomio, rovescia un paradigma: il malato mentale che fa paura diventa il malato mentale che ha paura. Questa inversione di prospettiva segna il suo approccio innovativo che si concretizza nella sperimentazione della "comunità terapeutica" dove la cura nasce attraverso il riconoscimento dell'altro e lo stare con l'altro.» La Campanale spiega con molta cognizione di causa, essendo ella - oltre che direttrice d'orchestra e musicista - anche laureata in psicologia all'Università di Bari. E il regista Alessio Pizzech aggiunge: «... la follia, cioè la capacità di immaginare mondi possibili, la tensione alla creazione di linguaggi nuovi, come insegna Nanof, l'agire con libertà di pensiero, sono oggi visti come aspetti da tacere, silenziare. L'altro inteso come valore, portatore di alterità e quindi arricchimento del singolo e della comunità è vissuto spesso come pericolo anziché ricchezza. Nanof è l'emblema di una forza creatrice che costruisce la propria libertà all'interno del perimetro di un muro; e crea un'opera d'arte capace di parlare a noi. Il lavoro musicato da Antonio Agostini ci invita, invece, a ribaltare il punto di vista: la storia di Nanof è una celebrazione, un canto che va oltre il dolore e porta al riconoscimento quasi sacrale della Diversità come Valore artistico.» La storia di Nannetti è stata ricostruita anche attraverso i suoi scritti (pensieri e parole sulle cartoline che gli venivano date e che lui indirizzava a parenti e amici immaginari; poi le cartoline non erano ovviamente spedite, ma buttate da qualche parte) grazie a un infermiere del manicomio, Aldo Trafeli, l'unico con in quale Nannetti parlasse confidandosi anche; Aldo Trafeli ha raccolto le cartoline, ha annotato in un proprio diario le conversazioni e scritto una memoria su Nanof divenuta un libro dal titolo "N.O.F. 4 - il libro della vita". Né sono trascurabili - per la vera identità della persona - le fotografie di Pier Nello Manoni che hanno consentito l'indagine sulle parole tracciate sul muro, sui disegni, sui geroglifici immaginari; e - infine - molto significativa anche l'analisi "sul campo" dell'artista volterrano Mino Trafeli.
  

Il compositore Antonio Agostini ha impiegato più di dieci anni a completare l'opera Nanof, l'altro essendo questo il suo primo lavoro per il teatro musicale; ma la scrittura si è fatta via via più coinvolgente e convincente a partire dal 2019. Fonti di ispirazione (e confronto, anche) furono gli insegnamenti del suo maestro Giacomo Manzoni (tre accordi per Nanof presi dal Doctor Faustus di Manzoni), ma anche le opere Il prigioniero di Luigi Dallapiccola e il Wozzek di Alban Berg. «L'idea di scrivere un'opera ispirata all'arte e alla vicenda umana di Nanof - spiega Gianluigi Mattietti nel documentato programma di sala del teatro spoletino - si è consolidata in Agostini attraverso una serie di otto studi, per vari organici, anche con elettronica, composti tra il 2021 e il 2023: il "motore" di tutto è stato lì, in questi studi preparatori, ma già con l'idea di arrivare ad un'opera. Pur essendo lavori indipendenti, ciascuno studio prende il titolo da estratti del graffito di Nannetti: il primo per soprano ed elettronica si intitola Dopo la sua seconda apparizione prende sembianze umane; il secondo per chitarra elettrica ed elettronica si intitola Le ombre opprimono e si trasmettono vive sotto il Cosmo; il terzo per sax baritono e percussioni è Fusione 1950 - Stella Uranio; il quarto per sax tenore ed elettronica ...Voci e parole sono delle linee...; il quinto per pianoforte ed elettronica, Stazione magnetica - Prospettiva approssimativa; il sesto per contrabbasso, Solforico - Argo - Cristallo; il settimo per fisarmonica ed ensemble, Le nuvole si trasformano e diventano materia...; l'ottavo per orchestra (con la dedica a Giacomo Manzoni), Ferro - Fusione.» Agostini, già sul "pezzo" con la collaborazione di Davide Toschi, ha poi chiamato la scrittrice e letterata pisana Chiara Serani affidandole la stesura del libretto. Lei ha sviluppato un ottimo libretto su due piani simmetrici: le sue personali parole di librettista e gli scritti tratti dai graffiti e dalle cartoline di Nannetti. E il compositore ha assemblato i suoi otto precedenti studi completandoli musicalmente con interludi strumentali come fossero in metafora (ma non in assonanza) la celeberrima "promenade" di Musorgskij dei Quadri di un'esposizione. La musica si è fatta suono con un linguaggio attinente l'avanguardia novecentesca e oltre (dove oltre sta per musica elettronica e rumori di radioline a transistor accese e posate sulle pelli tese degli strumenti a percussione, sfregamento e sbattimento di sassi fatti giungere da Volterra, altri rumori della quotidianità opportunamente integrati allo strumentale della piccola orchestra di diciotto elementi e al canto declamato delle voci in scena e del coro) per una performance della durata di 65 minuti. Le linee del suono sono vere e proprie superfici sonore, dove le asperità la fanno da padrone, una sorta di descrittivismo che - però - non imita la natura cercando di descriverla (come furono tanti lavori di compositori soprattutto francesi a cavallo fra Ottocento e Novecento): quindi non onomatopee dei suoni della natura, ma onomatopee delle angosce, delle paure, degli stati d'animo del protagonista; in sostanza, questi suoni sono di fatto morbus sine materia. Attentissima la direzione di Mimma Campanale sul podio, che ha saputo condurre la concertazione e l'amalgama con le voci dei solisti e del coro in maniera molto ispirata e coinvolgente. L'opera di Agostini è veramente pregevole, convincente: nuova, per molti aspetti. Al risultato hanno contribuito i giovani cantanti lirici del Teatro di Spoleto, usciti dai concorsi internazionali che si svolgono sulle tavole del Teatro Caio Melisso o del Teatro Nuovo anno dopo anno. Marco Guarini era Nanof; Chiara Latini era Lei 1 (cioè la mamma di Nannetti); Emma Alessi Innocenti era Lei 2 (cioè l'amata immaginaria e immaginifica della donna desiderata da Nannetti); Giuseppe Zema era l'antipatico (nel libretto) Primario del manicomio; Paolo Mascari era l' Infermiere 1 (cioè il quasi perverso operatore parasanitario del manicomio) Dario Sogos era l' Infermiere 2 (cioè, in pratica, l'infermiere dal volto umano Aldo Trafeli); in scena anche i figuranti Giuseppe Lorenzo Badagliacca (il fotografo, alias Pier Nello Manoni), Alessandro Caporali, Raffaele De Vincenzi, Sandro Fiorelli, Tommaso Iachettini e Valentino Pagliei (gli internati). Molto pertinenti le scene di Andrea Stanisci, i costumi di Clelia De Angelis e le luci di Eva Bruno. Coinvolgente la regia di Alessio Pizzech che non ha lesinato le crudezze della visione dal vivo di un elettroshock o di altre angherie subite da Nanof. Ma soprattutto efficace il suo impianto narrativo, focalizzato sulla figura di Nannetti (né poteva essere diversamente, non prestandosi il suono e il canto ad altre interpretazioni che non fosse la realtà vissuta e simulata) con qualche invenzione anche visionaria e/o mistica, come nel finale dell'opera quando le due donne, la Lei 1 e la Lei 2 lavano il corpo seminudo di Nanof steso a terra: l'immagine è mutuata da un "Compianto sul Cristo morto" di tanti scultori d'ogni epoca, immagine anche accompagnata dall'intelligente libretto della Serani che cita alcune frasi del Pianto della Madonna di Jacopone da Todi («... figlio chi t'ha ferito ... figlio amoroso giglio ...» il tutto sotto una scritta declaratoria: «La libertà è terapeutica», a monito dei qualunquismi prevaricatori d'oggigiorno. L'Orchestra Ensemble Calamani e il Coro (preparato da Mauro Presazzi) erano quelli del Teatro Lirico Sperimentale "A. Belli" di Spoleto.

La prima rappresentazione ufficiale è stata preceduta da un'anteprima, giovedì 7 agosto, dove in scena erano Davide Paroni, Lorena Cesaretti, Francesca Lione, Sathya Gangale, Nicola Di Filippo e Stepan Polishchuk, altrettanto bravi quanto i loro colleghi della prima assoluta. I due cast si sono alternati nelle repliche di sabato 9 e domenica 10 agosto. (la recensione si riferisce alla recita di venerdì 8 agosto 2025)
Crediti fotografici: Niccolò Perini per il Teatro Lirico Sperimentale "A. Belli" di Spoleto Nella miniatura in alto: il presidente del Teatro "A. Belli", Roberto Calai Sotto, in sequenza: Marco Guarini (Nanof); Dario Sogos (Infermiere 2), Giuseppe Zema (Primario), Paolo Mascari (Infermiere 1), e Marco Guarini; Nanof con Emma Alessi Innocenti (Lei 2) e Chiara Latini (Lei 1) Al centro, in sequenza: la scena dell'elettroshock con Dario Sogos, Giuseppe Zema, Paolo Mascari e Marco Guarini; la posa per la foto a Nanof con il Primario, l' Infermiere 1 e l' Infermiere 2 Sotto, in sequenza: altre immagini di scena negli scatti di Niccolò Perini In fondo: i saluti del secondo cast protagonista dell'anteprima; sono riconoscibili, da sinistra a destra, Nicola Di Filippo (Infermiere 1), Lorena Cesaretti (Lei 1), Francesca Lione (Lei 2), Davide Peroni (Nanof), Sathya Gangale (Primario) e Stepan Polishchuk (Infermiere 2)
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Parliamone
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Otello l'incoerenza č di scena
intervento di Simone Tomei FREE
PARMA - Esiste un patto segreto, antico e nobilissimo, tra il palcoscenico e la platea. È un atto di fede: lo spettatore si affida alla visione degli artisti, promettendo in cambio sospensione dell'incredulità e apertura del cuore. Aprire il sipario sull' Otello al Teatro Regio di Parma, nel cuore del Festival Verdi 2025, avrebbe dovuto significare rinnovare questo patto, immergendosi nel gorgo della più compiuta tragedia shakespeariana in musica. E, in effetti, la partitura di Verdi ha mantenuto fede al suo compito: un fiume in piena, potente e inesorabile, che dal golfo mistico ha continuato a scorrere, travolgente e commovente. Il problema, ahimè, è sorto quando ho alzato gli occhi perché ciò che si vedeva apparteneva a un altro pianeta drammaturgico, a un universo visivo che con il fiume verdiano dialogava poco o punto. Le note di regia di Federico Tiezzi, un denso manifesto intriso di Freud, Welles, Dostoevskij e Pasolini, promettevano una discesa negli inferi della psiche.
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Classica
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Taverna per Prokofiev
servizio di Athos Tromboni FREE
FERRARA - Il corpus dei cinque concerti per pianoforte e orchestra e delle nove sonate per pianoforte, oltre a vari pezzi minori, testimonia l'impegno di Sergej Prokofiev per i tasti bianconeri. Tutti i più grandi pianisti si sono cimentati (e continuano a cimentarsi) nei concerti per pianoforte di Prokofiev, con assoluta predominanza - almeno
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Ballo and Bello
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Centenario di Dietrich Fischer-Dieskau
servizio di Athos Tromboni FREE
ROVIGO - In occasione del centenario della nascita di Dietrich Fischer-Dieskau, prestigioso baritono e raffinato interprete della grande tradizione Liederistica e operistica internazionale, Rovigo ha dedicato una masterclass presso il conservatorio cittadino e una giornata speciale al suo lascito musicale e intellettuale, con eventi di altissimo profilo
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Eventi
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Donizetti Opera apre il sipario
redatto da Athos Tromboni FREE
BERGAMO - Quella che qui presentiamo è la prima edizione del Donizetti Opera 2025 firmata dal direttore d'orchestra Riccardo Frizza, nella doppia veste di direttore artistico e musicale. È un festival da tempo riconosciuto a livello internazionale come irrinunciabille appuntamento annuale dedicato al celebre compositore bergamasco Gaetano
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Opera dal Centro-Nord
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Macbeth ancestrale e misterico
servizio di Angela Bosetto FREE
BUSSETO (PR) – «Penso che l’attrazione di Verdi per Shakespeare fosse legata più alla sua convinzione di poter trasformare in musica la grande letteratura che non ad affinità personali. Sicuramente aveva un istinto formidabile per l’Arte con la a maiuscola. Ma se oggi, come allora, nessuno sa nulla della vita di Shakespeare, è innegabile che Verdi
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Eventi
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Bologna va 'Verso Itaca'
redatto da Athos Tromboni FREE
ROMA - La stagione di Opera, Danza e Concerti 2006 firmata dalla nuova sovrintendente del Teatro Comunale di Bologna, Elisabetta Riva e dal direttore artistico Pierangelo Conte si chiama “Verso Itaca”: è un appellativo che racconta metaforicamente l’ultima tappa del viaggio della fondazione lirico-sinfonica felsinea verso il rientro
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Opera dal Nord-Ovest
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Francesca da Rimini tra forza e fragilitā
servizio di Simone Tomei FREE
TORINO - C’è un destino che sembra non conoscere oblio: quello di Francesca da Rimini, eroina sospesa tra colpa e innocenza, tra desiderio e condanna, che continua a esercitare il suo fascino attraverso i secoli e i linguaggi. Quando il sipario del Teatro Regio di Torino si alza sull’opera di Riccardo Zandonai, aprendo la stagione lirica 2025/2026, non
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Opera dal Nord-Est
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Cosė fan tutte di successo
servizio di Athos Tromboni FREE
ROVIGO - Zeus e le sue metamorfosi alla caccia delle femmine: così lo scenografo e costumista Milo Manara (al suo debutto sulle scene dell'opera) ha illustrato Così fa tutte di Wolfgang Amadeus Mozart per l'inaugurazione della 210.ma stagione lirica del Teatro Sociale di Rovigo, venerdì 17 ottobre 2025. L'allestimento si è rivelato giocoso,
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Dischi in Redazione
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Disco che celebra un grande Autore
recensione di Simone Tomei FREE
Ennio Porrino I Canti dell'esilio (Songs of Exile) Angela Nisi soprano - Enrica Ruggiero pianoforte Brilliant Classics 2025 Il compositore sardo Ennio Porrino (1910-1959) appare oggi come un autore al tempo stesso elegante e complesso, il cui percorso creativo è segnato dalla tensione fra la ricerca delle radici identitarie
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Opera dal Nord-Ovest
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Don Giovanni claustrofobico
servizio di Simone Tomei FREE
GENOVA - C’è qualcosa di emblematico nel vedere il Don Giovanni di W.A. Mozart intrappolato in un labirinto di pareti rotanti; forse è il destino stesso di certe regie nate come provocazione e finite per diventare autocitazione. Al Teatro Carlo Felice di Genova, l’allestimento firmato da Damiano Michieletto (produzione della Fenice di Venezia datata
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Classica
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Gibboni e Mariotti bella accoppiata
servizio di Athos Tromboni FREE
FERRARA - Brahms presentato (le sue Sinfonie), Brahms eseguito (la Sinfonia n.4): così si è aperta lunedì 6 ottobre la stagione 2025/2026 di Ferrara Musica nel Teatro Comunale "Claudio Abbado", dopo l'anteprima del 14 settembre scorso dell'Ensemble Nova Ars Cantandi presso la Pinacoteca Nazionale di Palazzo Diamanti. Per approfondire la
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Jazz Pop Rock Etno
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Ferrara in Jazz primo week-end
servizio di Athos Tromboni FREE
FERRARA - Il 3 ottobre scorso il Jazz Club Ferrara ha dato avvio alla prima parte dei concerti della nuova stagione "Ferrara in Jazz" che si svolgerà ogni fine settimana (il venerdì, il sabato e la domenica) fino al 21 dicembre 2025. L'appuntamento d'apertura, nel Torrione San Giovanni, ha visto in pedana il sassofonista Piero Bittolo Bon con Alessandro
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Eventi
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Partenza con le canzoni di Guccini
servizio di Francesco Franchella FREE
FERRARA - Alla volta dei primi freddi (o freschi) settembrini, il mondo si divide: chi si dà già ai pranzi autunnali vestendosi come se fosse il 1° di gennaio; chi ogni weekend, nostalgico del caldo, chiede al coniuge di fare “l’ultima” gita al mare; chi guarda in continuazione le mail, per sapere quando inizieranno le prime serate della stagione
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Personaggi
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Porto in scena le parole che non scrisse
servizio di Ludovica Zambelli FREE
FERRARA - Al Teatro Abbado andrà in scena lo spettacolo Concerto a due per Puccini, con Alessio Boni e Alessandro Quarta, regia di Boni stesso e Francesco Niccolini ("prima" lunedì 29 settembre, replica sabato 30 settembre 2025 ore 20,30); è uno spettacolo con parole e musica, che si incontrano per restituire la complessità di un compositore che
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Echi dal Territorio
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Ferrara in Jazz si parte!
redatto da Athos Tromboni FREE
FERRARA - È giunta alla 27.esima edizione la stagione del Jazz Club Ferrara, presso il Torrione San Giovanni di via Rampari di Belfiore incrocio di via Porta Mare: a partire da venerdì 3 ottobre 2025, proprio il Torrione riapre le porte di Ferrara in Jazz con il programma della prima parte di stagione (ottobre-dicembre 2025), dove sono in calendario
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Classica
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Saccon-Genot e fanno tre
servizio di Athos Tromboni FREE
FERRARA - Il Comitato per i Grandi Maestri fondato e presieduto da Gianluca La Villa ha organizzato un concerto cameristico a Palazzo Roverella, sede del Circolo Negozianti di Ferrara, in memoria del prof. Luigi Costato: protagonisti del concerto sono stati due musicisti già noti e molto apprezzati nella città estense, il violinista Christian Joseph
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Ballo and Bello
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Ecco le Stanze della Danza
FREE
ROVIGO - Per due giorni, sabato 27 e domenica 28 settembre 2025, Rovigo diventa una finestra sul panorama della danza contemporanea. È stato presentato il 19 settembre scorso allo spazio Fs del Censer, in conferenza stampa, la prima edizione del festival Le stanze della Danza, un itinerario di performance che si inaugurerà alle ore 17,00 di
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Opera dal Centro-Nord
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Una perla i Pescatori di perle
servizio di Simone Tomei FREE
FIRENZE - La perfezione, si sa, non è di questo mondo. Eppure l’arte, nei suoi momenti più ispirati, ci consente di sfiorarne il mistero, in quella rara alchimia che fa dialogare la forza arcana della musica, la purezza del canto e la poesia della scena. È questa, precisamente, la sensazione che ho provato uscendo dal Teatro del Maggio Musicale
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Pagina Aperta
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Un luogo dove il cuore rimane giovane
redatto da Athos Tromboni FREE
ROVIGO - La platea del Teatro Sociale per la prima volta si è trasferita in piazza Giuseppe Garibaldi: l’evento dal titolo Sotto il cielo di Rovigo – Cult dove il cuore rimane giovane, a cura della regista Anna Cuocolo, ha voluto essere un incontro speciale della autorità locali e del management del teatro con il pubblico, per celebrare insieme a tutta la città,
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Echi dal Territorio
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Lucca nuova stagione d'Opera
redatto da Simone Tomei FREE
LUCCA - È stata presentata il 17 settembre 2025, nel Ridotto del Teatro del Giglio "Giacomo Puccini", la Stagione lirica 2025-2026 della quale vi portiamo a conoscenza attraverso il comunicato stampa dell’ente lucchese. La Stagione Lirica del Teatro del Giglio "Giacomo Puccini" si presenta, per il 2025-2026, come un’autentica celebrazione del
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Vocale
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Concerto degli allievi di Magiera
FREE
FERRARA - La presentazione della Stagione di Opera & Danza 2025/2026 del Teatro Comunale "Claudio Abbado" - avvenuta nella mattinata di martedì 16 settembre - ha avuto il suo epilogo alle ore 20,00 con un concerto lirico nel Ridotto del teatro, dove si sono esibiti i giovani allievi del corso di perfezionamento tenuto dal maestro Leone Magiera
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Eventi
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Ferrara nuova stagione d'Opera e Danza
redatto da Athos Tromboni FREE
FERRARA - Un "Concerto a due per Puccini" e dodici spettacoli di opera, danza, musical, sono la dote della Stagione d'Opera & Danza 2025/2026 del Teatro Comunale "Claudio Abbado" che si aprirà il prossimo 29 settembre per concludersi il 24 maggio del prossimo anno.
La conferenza-stampa
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Opera dal Centro-Nord
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L'amico Fritz fra sostenitori e detrattori
servizio di Simone Tomei FREE
LIVORNO - Dopo l’esplosione dirompente del successo di Cavalleria rusticana (1890), Pietro Mascagni si trovò davanti a una sfida tutt’altro che semplice: dimostrare di non essere l’autore “di un’opera sola”, consacrato dalla fortuna di un libretto tratto da Verga. Ed è in questo clima che nacque L’amico Fritz, andato in scena per la prima volta al
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Personaggi
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Cantami o Diva gli intrighi...
intervista a cura di Athos Tromboni FREE
Massimo Crispi è un tenore particolare, ribelle per molte cose e dal repertorio quanto mai vario. Vive una parte dell'anno a Palermo e l'altra parte dell'anno a Firenze. Vario - si diceva - il suo repertorio, ma varia è anche la sua maniera di essere artista. Da sempre ha infatti coltivato la scrittura, in ogni campo, e, oggi, non frequentando più
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Echi dal Territorio
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Frescobaldi Day a Palazzo Schifanoia
FREE
FERRARA - Marina De Liso, mezzosoprano e docente di musica antica nel Conservatorio "Girolamo Frescobaldi" nonché coordinatrice del "Concentus Musicus Fe' Antica" ha presentato ieri nella bella e confortevole sala pubblica di Palazzo Schifanoia il primo concerto della stagione 2025/26 di Ferrara Musica: quest'anno l'associazione concertistica
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Vocale
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Dalla romanza alla canzone napoletana
servizio di Simone Tomei FREE
PONTE A MORIANO (LU) - La serata del 12 settembre 2025 al Teatro Idelfonso Nieri di Ponte a Moriano si è chiusa l’edizione di "Un Teatro Sempre Aperto", confermando ancora una volta la qualità e la coerenza di una rassegna che, pur in assenza della storica sala cittadina del Teatro del Giglio, ha saputo mantenere viva la propria presenza sul
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Opera dall Estero
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Una Traviata trasposta nel Novecento
servizio di Ramón Jacques FREE
BOGOTÀ (Colombia) - 24 agosto 2025, Teatro Mayor Julio Mario Santo Domingo. In occasione della quindicesima stagione del Teatro Mayor Julio Mario Santo Domingo, attualmente il palcoscenico più importante della Colombia, si è tenuta una nuova rappresentazione di La traviata. L’opera,
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Opera dal Centro-Nord
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Ode a Leopardi e Medium prova generale
servizio di Simone Tomei FREE
LIVORNO – In un Mascagni Festival sempre più attento al dialogo fra memoria storica e ricerca espressiva, la serata del dittico Ode a Leopardi di Pietro Mascagni e The Medium di Gian Carlo Menotti, presentata agli Hangar Creativi, ha offerto un accostamento insolito ma fecondo tra due poetiche distanti eppure unite dalla tensione verso il mistero
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Eventi
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ROF bilancio 2025 e programma 2026
redatto da Athos Tromboni FREE
PESARO - A Pesaro si dichiarano soddisfatti per i risultati non solo artistici del Rossini Opera Festival 2025. Ecco qui sotto, in sintesi, la valutazioni che illustrano sommariamente gli obiettivi raggiunti e anche le anticipazioni per l'edizione 2026.
I numeri che contano
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Opera dal Centro-Nord
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Manon Lescaut fra le sculture blu
servizio di Simone Tomei FREE
TORRE DEL LAGO (LU) - Il 71° Festival Puccini si avvia alla conclusione con l’ultimo debutto operistico della stagione in una serata di fine agosto molto suggestiva: Manon Lescaut è tornata al Gran Teatro sulle sponde del Massaciuccoli nella produzione di Igor Mitoraj del 2003, ripresa con cura nella regia di Daniele De Plano, scene di Luca Pizzi
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Classica
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SummerFest grande musica da camera
servizio di Ramón Jacques FREE
SAN DIEGO (USA) - SummerFest 2025, The Baker-Baum Concert Hall. Il festival di musica da camera SummerFest, che si tiene ogni estate a San Diego, California dal 1986 ed è organizzato dall'associazione musicale locale La Jolla Musical Society (LJMS), è diventato un appuntamento imperdibile per gli amanti della musica cameristica (nel sud
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Vocale
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Giovane Scuola al Mascagni Festival
servizio di Simone Tomei FREE
LIVORNO - Il Mascagni Festival 2025, nell’anno dell’ottantesimo della scomparsa del compositore, si conferma laboratorio vivo di idee più che semplice contenitore di eventi: una geografia del suono disseminata tra Livorno, la provincia e luoghi simbolici d’Italia e del mondo, capace di intrecciare concerti, opere, letture sceniche e creazioni originali
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Opera dal Centro-Nord
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Sepe una delicata Butterfly
servizio di Nicola Barsanti FREE
TORRE DEL LAGO (LU) – Diamo conto ai nostri lettori della replica del quarto titolo in cartellone nell’ambito del 71° Festival Puccini: Madama Butterfly. Per regia, scene e costumi rimandiamo alla recensione della prima rappresentazione che potete consultare qui . La principale differenza rispetto al debutto riguarda il ruolo
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Eventi
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Turandot e le altre
redatto da Athos Tromboni FREE
TORRE DEL LAGO (LU) - Questa volta si parte in largo anticipo: è ormai definitivo - infatti - il programma della 72.esima edizione del Festival Puccini di Torre del Lago (Viareggio) che si svolgerà nel Gran Teatro all’aperto sul Lago di Massaciuccoli nell’estate 2026 e che era stato anticipato nella conferenza stampa dello scorso maggio dal presidente
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Opera dal Centro-Nord
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Alina Tkachuk la rivelazione
servizio di Nicola Barsanti FREE
TORRE DEL LAGO (LU) - La rappresentazione di Turandot al Gran Teatro Giacomo Puccini, nell’ambito del 71° Festival Puccini, propone una lettura scenica affidata alla regia di Alfonso Signorini, la cui impronta visiva rimanda all’articolo della prima rappresentazione che potete trovare qui. L’allestimento conferma la forza visiva e simbolica dell’opera, ma
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Opera dal Nord-Est
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Rigoletto, Nabucco e Aida
servizio di Nicola Barsanti FREE
VERONA - L’anfiteatro Arena, con i suoi duemila anni di storia e le gradinate che custodiscono memoria e suggestione, si conferma il più imponente palcoscenico a cielo aperto dedicato all’opera lirica. Ogni estate l’antico anfiteatro romano si trasforma in una cassa armonica naturale, dove le note dei grandi compositori si fondono con l’energia collettiva
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Opera dal Centro-Nord
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Butterfly e la simbologia degli alberi
servizio di Simone Tomei FREE
TORRE DEL LAGO (LU) - Madama Butterfly di Giacomo Puccini è il quarto titolo a susseguirsi sul palcoscenico del Festival Puccini di quest’anno. Per la sua 71ª edizione, la rassegna ha affidato la regia a Manu Lalli, che propone una lettura capace di andare oltre la mera rappresentazione scenica, trasformando il linguaggio visivo e simbolico in un elemento
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Opera dal Centro-Nord
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La bohčme disegnata da Scola
servizio di Simone Tomei FREE
TORRE DEL LAGO (LU) - Tra i capolavori pucciniani La Bohème occupa un posto di privilegio per la sua capacità di fondere realismo e poesia, leggerezza giovanile e dramma struggente. Dal debutto del 1º febbraio 1896 al Teatro Regio di Torino, sotto la bacchetta di un giovane Arturo Toscanini, questo dramma lirico in quattro quadri - tratto dalle
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Jazz Pop Rock Etno
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Ferrara Film Orchestra e la bacchetta di Ambra
servizio di Athos Tromboni FREE
FERRARA - La prima serata della rassegna Giardino per tutti organizzata ai piedi del grattacielo dal Comune di Ferrara con la collaborazione del Teatro Comunale "Claudio Abbado", dentro il Parco Coletta, ha fatto l'en-plein. Era in pedana la Ferrara Film Orchestra capitanata dalla bacchetta di Ambra Bianchi
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Opera dal Centro-Nord
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Buratto bel debutto in Tosca
servizio di Simone Tomei FREE
TORRE DEL LAGO PUCCINI (LU) - Nel terzo fine settimana del 71° Festival Puccini di Torre del Lago, la seconda recita di Tosca ha riproposto uno degli allestimenti più attesi di questa edizione. La produzione, firmata da Alfonso Signorini in veste di regista e costumista, si è presentata con una veste visiva marcatamente simbolica, ricca di richiami
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Opera dal Nord-Est
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Nabucco Carmen La traviata
servizio di Angela Bosetto FREE
VERONA – Anna Netrebko, Anita Rachvelishvili e Rosa Feola, ovvero Abigaille, Carmen e Violetta Valéry. Sono loro le tre grazie musicali che, dal 17 al 19 luglio 2025, hanno acceso l’Arena, rendendo ciascuna rappresentazione meritevole di grande interesse in virtù della propria peculiarità. Per il soprano russo si trattava del debutto italiano come figlia
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Jazz Pop Rock Etno
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Verdi e il jazz un dialogo
servizio di Simone Tomei FREE
FABBIANO, Borgonovo Val Tidone (PC) - Nella serata di sabato 26 luglio 2025, un angolo a me ancora misconosciuto della Val Tidone, la suggestiva piazzetta di Fabbiano, frazione di Borgonovo Val Tidone, si è trasformato in un crocevia di sublime audacia musicale. Il Valtidone Festival, giunto alla sua 27ª edizione e promosso dalla
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