Pubblicato il 12 Ottobre 2024
L'opera giapponese di Giacomo Puccini applauditissima nel nuovo allestimento del Teatro Sociale
Butterfly piccina mogliettina servizio di Athos Tromboni

20241012_Ro_00_MadamaButterfly_FrancescaDotto_phNicolaBoschettiROVIGO - Il Teatro Sociale ha inaugurato la propria stagione d'opera con l'attesa nuova produzione di Madama Butterfly coprodotta con il Teatro Verdi di Padova e il Teatro "Mario Del Monaco" di Treviso. Tutto affidato alle risorse locali venete, che vanno dal regista Filippo Tonon al direttore d'orchestra Francesco Rosa, alla costumista Carla Galleri (sarda di nascita, ma veneziana di formazione), all'Orchestra di Padova e del Veneto, al Coro Lirico Veneto istruito dal veronese Matteo Valbusa.
Fin dall'aprirsi del sipario si capisce immediatamente che il regista ha la mano pratica (e convincente) per dare a Giacomo Puccini ciò che è di Puccini: fedeltà al testo dei librettisti Illica e Giacosa e rispetto di quanto il compositore lucchese aveva studiato e realizzato per la sua "opera esotica" scritta tra il 1901 e il 1904; fedeltà al punto da mettere in scena (da parte di Tonon) non l'harakiri di Cio-Cio-San (cioè lo sventramento suicida che è entrato nell'immaginario collettivo quando si parla di rituali dei samurai), ma bensì il taglio della carotide che era il rituale del suicidio d'onore per le donne, passato nella letteratura documentaria con il termine jigai.
Quindi Madama Butterfly, a Rovigo, si sgozza in scena (non dietro il paravento come nelle tante rappresentazioni del Novecento che abbiamo visto nei filmati), offrendo un impatto emotivo pertinente rispetto a quella che era con ogni probabilità la scelta drammaturgica preferita da Giacomo Puccini, non si sa quanto rispettata dagli allestimenti del suo tempo...

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Per questo bisogna dire "bravo!" a Tonon in questa circostanza. Ma non solo questo: per il regista la "casa a soffietto" è veramente tale, la geisha che danza durante il famoso coro a bocca chiusa porta l'obi (cioè la cintura a fiocco legata in vita nel kimono) dietro la schiena e non sul davanti... e non ha il viso dipinto di bianco (caratteristica delle prostitute giapponesi che le distingueva dalla geishe le quali erano musiciste, danzatrici e intrattenitrici, non puttane); poi i costumi e l'impianto scenico stupendamente essenziale fanno respirare l'aria delle giapponeserie che erano di moda a fine Ottocento, quando il Giappone da paese misterioso si aprì ai traffici commerciali e alla cultura dell'occidente facendo conoscere le sue tradizioni.
Queste insistite puntualizzazioni del recensore, fatte commentando la regia, hanno un significato: la casa a soffietto deve avere le ante che scorrono, le geishe non lavorano nei postriboli, lo jigai è un suicidio con la lama che squarcia al gola e non un colpo di pistola alla tempia, lo zio Bonzo è un officiante (sacerdote?) della tradizione religiosa giapponese non un nazista che perseguita tutte le culture che differiscono dalla "splendida" cultura ariana, Suzuki è dama di compagnia integrata nei costumi della sua nazione e non una servetta in minigonna e traversina ricamata.
Se noi, ad ogni livello, volessimo affidare a strumenti e travestimenti - fatti simbolo della rappresentazione - la funzione di una "realtà aumentata" (si dice così oggigiorno di ogni realtà che interpreta non l'oggettività delle cose, quindi le cose stesse, ma l'interpretazione fantasiosa e fuorviante della loro natura effettiva) finiremmo col tradire non solo l'oggettività delle cose, ma anche il significato del messaggio.
Altroché "realtà aumentata"! Sarebbe la invece una bugia approfondita. Sia detto con tutto il rispetto (eventualmente lo meritasse) per le innovazioni registiche con spostamenti di epoche, costumi e ambientazioni: e a proposito della modernità e della volontà di "rinnovare l'opera"... quanto è bello che l'opera rimanga quel che è, cioè una testimonianza del proprio tempo, e non diventi un'interpretazione filosofica forzata e nichilisticamente barattata come "libertà d'espressione".

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Dunque la Madama Butterfly di Rovigo è nel senso della tradizione. Anche per questo a fine recita la rappresentazione si è guadagnata più di 10 minuti di applausi e ovazioni da parte del pubblico di provincia che non ha la puzza sotto il naso e vive con spontaneità le proprie emozioni.
E veniamo alle considerazioni sull'esecuzione: Francesco Rosa dal podio rallenta i tempi forse un po' troppo sia nel recitativo che nelle arie: personalmente non condividiamo la sua scelta. All'apprezzamento per la regia di Tonon e per i costumi disegnati dal regista in collaborazione con Carla Galleri, si è unita in noi la delusione per una Butterfly precisa ma slentata.
Anche il Coro Lirico Veneto non ha brillato: impreciso negli attacchi, ha soddisfatto il recensore solo durante l'esecuzione del coro a bocca chiusa; l'impressione, sentendolo eseguire la parte che gli compete, era di poche prove fatte.
Buono invece il cast, con una Francesca Dotto musicalissima nel ruolo del titolo; non ha usato la veemenza che le riconosciamo e che non avrebbe guastato in alcuni passaggi vocali, forse perché era in scena col pancione ben manifesto della gravidanza. Forse. Comunque è stata una perfetta "piccina mogliettina" per Pinkerton, con piena identificazione nel phisique du role.
Affidabile come sempre nei ruoli spinti il tenore Fabio Sartori (F.B. Pinkerton) che ha avuto l'applauso più lungo a fine serata, quando è comparso sul proscenio. Sartori ha offerto una mezza voce stupenda, in maschera, nella parte solistica particolarmente impegnativa del duetto di fine primo atto.
Ottimo il baritono Biagio Pizzuti (il console Sharpless) dotato di un magnifico velluto quando ammorbidisce il canto e di una solida lama quando lo rinforza.
Eccellente la Suzuki di Francesca Di Sauro capace di cantare e muoversi con sicurezza e credibilità nella parte di dama di compagnia della protagonista Dotto.
Bravo anche Roberto Covatta nella parte del sensale Goro e di buon livello le prestazioni dei comprimari: William Corrò (Principe Yamadori), Cristian Saitta (Zio Bonzo), Aleksandra Meteleva (Kate Pinkerton), Francesco Milanese (Commissario Imperiale), Francesco Toso (Ufficiale del Registro) e il piccolo Federico Rosa in scena nel ruolo del figlioletto soprannominato Dolore. Replica domenica alle ore 16.
(la recensione si riferisce alla recita di venerdì 11 ottobre 2024)

Crediti fotografici: Nicola Boschetti per il Teatro Sociale di Rovigo
Nella miniatura in alto: il soprano Francesca Dotto (Cio-Cio-San)
Sotto, panoramica sul secondo atto: da sinistra Francesca Dotto, Biagio Pizzuti (Sharpless), Roberto Covatta (Goro) e William Corrò (Yamadori)
Al centro in sequenza: Francesco Rosa e Francesca Dotto; Fabio Sartori (Pinkerton); Francesca Di Sauro (Suzuki)
In fondo: panoramica sui costumi del Coro e saluti finali





Pubblicato il 23 Settembre 2024
La Compagnia Artemis Danza di Monica Casadei porta in scena quattro eroine di Giacomo Puccini
Voci di donne e suoni dissonanti intervento di Athos Tromboni

20240923_Fe_00_MonicaCasadei-PucciniSOperaFERRARA - Dopo il successo di pubblico della rassegna estiva Interno Verde Danza il Teatro Comunale "Claudio Abbado" ha aperto la rassegna del Festival di danza contemporanea con la prima esecuzione mondiale di Puccini's Opera - Voci di donne della coreografa e regista Monica Casadei. Prima dello spettacolo, fissato per le ore 18 di ieri, uno sciopero/presidio davanti all'ingresso del Teatro Abbado, indetto dalla Cgil, ha ritardato fino alle 18,30 la prima mondiale di Puccini's Opera della Casadei. Lo sciopero/presidio si è svolto pacificamente, con slogan e interventi degli attivisti del sindacato, e non si è reso necessario l'intervento della Polizia di Stato e dei Carabinieri che sorvegliavano molto discretamente la manifestazione.
In un volantino diffuso ai numerosi presenti in attesa dell'ingresso a teatro si legge: «La collega Morena dell'Ufficio Comunicazione, con contratto a tempo determinato, non è stata confermata dopo 30 anni di lavoro; siamo qui per testimoniare la nostra solidarietà alla collega che da 18 anni è anche la nostra rappresentante sindacale Slc-Cgil. Vi chiediamo comprensione e di stare con noi dalla parte della nostra collega e di tutti i lavoratori della Fondazione Teatro Comunale di Ferrara e dell'Associazione Ferrara Musica.»
La mobilitazione sindacale della Cgil non si esaurirà con lo sciopero/presidio di ieri: un bel grattacapo per il neo-dirigente della Fondazione Teatro Comunale, avvocato Carlo Bergamasco, che ha lasciato la vicepresidenza ricoperta nel quinquennio 2019/2024 per assumere l'incarico di direttore generale del Teatro Abbado, subentrando a Moni Ovadia.

Ma torniamo a Puccini's Opera - Voci di donne: "prima della prima" mondiale, Monica Casadei ha incontrato il pubblico nel Ridotto del teatro: intervistata dal critico di danza Carmelo Zapparrata ha spiegato perché ha scelto le quattro eroine pucciniane (Mimì della Bohème, Turandot, Cio-Cio-San della Madama Butterfly e Tosca) per rappresentare quattro aspetti diversi del rapporto donna/uomo, donna/amore e donna/sopruso, affidando i quattro "quadri" del lavoro alla sua Compagnia Artemis Danza (18 danzatori/danzatrici) rimpinguata da otto giovani danzatori/danzatrici della locale scuola Jazz Studio Dance fondata e diretta da Silvia Bottoni.

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Ecco in sintesi quanto spiegato nella pubblicistica dello spettacolo e nelle parole della coreografa/regista:
«... in Puccini’s Opera - Voci di donne, ritroviamo la mia lettura personale sul tema del femminile posto al centro di un processo di reinterpretazione coreografica, visiva e musicale. Le protagoniste di Puccini’s Opera sono donne tanto diverse quanto legate da un fil-rouge di storie attuali e senza tempo.
In La bohème il tema della morte viene esplorato attraverso un approccio quasi installativo in cui i danzatori incarnano un corpo smembrato e fatto a pezzi. La rivisitazione in chiave contemporanea dell’aria più celebre dell'opera accentua l'intimità e il dolore di questo cameo, creando un tableaux malinconico ed evocativo.
Con Turandot il tema della violenza viene affrontato con struggente lucidità tramite le coreografie ispirate a tecniche di combattimento e training marziale di ispirazione orientale. Una storia di abuso e rivendicazione, in cui i danzatori esprimono il tumulto interiore e la resilienza della protagonista attraverso movimenti potenti e schemi complessi.
In Madama Butterfly domina il tema dell’attesa, un’atmosfera sospesa intrisa di desiderio e struggimento che anticipa l’inevitabile, tragico finale in un mondo inquieto dove ogni attimo sembra eterno.
Il rapporto tra vittima e carnefice in Tosca è rappresentato con crudezza e profondità emotiva. Le dinamiche di potere e sottomissione sono messe in scena attraverso movimenti energici e drammatici, mentre un gioco di luci e ombre ne amplifica il conflitto emotivo ...»
Monica Casadei, oltre a coreografare il lavoro, ha curato anche regia, luci e costumi.
Il pamphlet musicale dello spettacolo si compone di parti tratte dalle quattro opere di Giacomo Puccini, a cui si affiancano le tracce elettroniche di Luca Vianini per Madama Butterfly e Tosca; e di Fabio Fiandrini per La bohème e Turandot. Uno spettacolo nello spettacolo, perché i due compositori contemporanei hanno saputo trovare le note e le percussioni, i sibili e le lamentazioni strazianti, capaci di creare uno spazio sonoro avvolgente e a tratti apocalittico; a nostro avviso, la partitura inventata da Fiandrini per La bohème (tutta giocata sullo spezzettamento-ricomposizione dei versi di Giuseppe Giacosa, "Che gelida manina se la lasci riscaldar") e quella di Vianini per gli interludi dissonanti che uniscono senza soluzione di continuità le melodie e le parti originali delle arie di Tosca, sono decisamente musiche belle e coinvolgenti, dal deciso sapore emotivo, più futuristico che contemporaneo; tanto che potrebbero reggersi da sole come suite di musica per Puccini' Opera, voci di donne e suoni dissonanti in un tutt'uno.
Eccellente la performance della Compagnia Artemis Danza; il gesto negli assolo delle quattro protagoniste e dei relativi partner maschili e il movimento del tutti sono condotti su dinamiche e tempi sostenuti: non c'è pausa riflessiva, c'è energia cinetica che corrobora i sentimenti e le situazioni; molto bello il frequente effetto di congiunzione-disgiunzione del tutti con le danzatrici impegnate nelle parti solistiche; molto emozionanti i passi di coppia (un tempo, nella danza classica, era l'attese passo-a-due; che si è rinnovato nella danza contemporanea rimanendo pietra angolare dell'intera costruzione coreografica).   
Bravissimi i giovani artisti della scuola Jazz Studio Dance che hanno avuto spazi pensati per loro, oltre che essere a volte partecipi al tutti.

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Puccini's Opera - Voci di donne è uno spettacolo della durata di 80 minuti che va visto e meditato. Uno spettacolo che - come altri lavori della Casadei - lascerà il segno nel panorama della danza d'inizio Terzo Millennio.
Osannante il pubblico al termine, prodigo di prolungati applausi e ovazioni all'indirizzo soprattutto della coreografa e regista al suo apparire sul proscenio.
(la recensione si riferisce allo spettacolo di Domenica 22 settembre 2024)

Crediti fotografici: Fototeca gli Amici della Musica Uncalm e Ufficio stampa Artemis Danza
Nella miniatura in alto: Monica Casadei durante la presentazione di Puccini's Opera nel Ridotto del Teatro Comunale "Claudio Abbado" di Ferrara
Sotto, in sequenza: cinque gesti significativi della coreografia creata dalla Casadei per le eroine pucciniane





Pubblicato il 04 Luglio 2024
L'opera contemporanea della finlandese Kaija Saariaho affronta con coraggio un argomento spinoso
Innocence debutta a San Francisco intervento di Ramón Jacques

20240704_SanFrancisco_00_Innocence_KaijaSaariahoSAN FRANCISCO (USA) - War Memorial Opera House, 18 giugno 2024. Per il secondo anno consecutivo, il pubblico di San Francisco ha potuto apprezzare un'altro titolo operistico della compositrice finlandese Kaija Saariaho, morta all'età di settant'anni nel giugno 2023, curiosamente pochi giorni prima della rappresentazione della sua seconda opera Adriana Mater da parte della San Francisco Symphony Orchestra. Quest'estate l'Opera di San Francisco ha offerto la prima esecuzione americana dell'ultima opera in cinque atti della Saariaho, intitolata Innocence, la cui prima assoluta è avvenuta nell'estate del 2021 al festival di Aix-en- Provence in Francia. Per circa due ore di durata e senza interruzioni, l'opera della compositrice finlandese affronta un tema attuale, tragico, anche se nuovo per la scena operistica, quello dell’uso delle armi e della conseguente tragedia accaduta in una scuola dove si verificò un massacro con la morte e il ferimento di diversi studenti. La storia fittizia si svolge nella nativa Finlandia, ma all’opera viene conferito un carattere universale, riferendosi ad una situazione che non è specifica di un singolo paese, città o regione, e che purtroppo si può verificare ovunque nel mondo turbolento in cui viviamo proprio per la facile acquisizione di armi, per l’aumento della violenza, così come per la mancanza di attenzione alle questioni legate alla salute mentale da parte delle società.

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Guardando quest'opera mi sono ricordato di ciò che aveva detto una volta il regista spagnolo Calixto Bieito, il quale, a proposito delle sue messe in scena controverse una volta fece notare «... che affrontare temi forti su un palco d'opera potrebbe causare disagio o disgusto, quando in realtà basta accendere la tv per vedere le tragedie che accadono quotidianamente nel mondo reale», argomentazione che mi trova d'accordo, ma al quale aggiungerei che non è possibile misurare l'emozione e la commozione che uno spettacolo teatrale può trasmettere e provocare anche perché associato all'intensità della musica, e la conferma l’ho avuta in questa stessa performance con la presenza di una donna anziana che, seduta accanto a me, ha singhiozzato durante l'intera esecuzione.
Un altro dettaglio che ha dato un tocco universale alla vicenda era che i personaggi dell'ampio cast si esprimevano in varie lingue, cantando e parlando in inglese, finlandese, rumeno, francese, svedese, tedesco, ceco, greco e anche spagnolo.
Il libretto originale di Sofi Oksanen è in lingua finlandese, anche se è stato successivamente adattato ad un testo multilingue, che è quello ascoltato in questa rappresentazione americana, di cui era responsabile Aleksi Barrière.
Questa varietà di linguaggi tocca indirettamente un’altra questione, quella dell’immigrazione, persone che si spostano per ragioni economiche, politiche, di studio e familiari, e che hanno arricchito altre società con i loro costumi, visione e modo di concepire la vita, o che sono arrivati invece a pervertirla generando tensioni sociali e razziali, cosa oggi molto attuale.

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In scena si è visto l'allestimento originale utilizzato nella première dell'opera in Francia, ideato da Chloe Lamford, che ha creato un cubo a due livelli, posto al centro del palco, e che ruotava durante tutta la rappresentazione, mostrando diverse scene, come un elegante ristorante, un'aula scolastica, la cucina e un salone delle feste, o anche l'ingresso e i corridoi della scuola, con i costumi eleganti e moderni di Mel Page. La regia è stata curata da Simon Stone, e le luci a tratti buie, cupe e in toni bianchi intensi e luminosi curate da James Farncombe, hanno contribuito a creare un'atmosfera di tensione e di ansia.  La regia di Simon Stone, qui ripresa da Luoise Baker, mostra l'angoscia dei personaggi, a tratti un po' esagerata, perché sebbene il motivo sia noto, il tema che pervade la storia sembra a tratti molto ripetitivo, e alcune scene, come gli studenti massacrati, sembrano a volte molto grafiche, ma alla fine si capisce che non è una questione facile da affrontare sul palcoscenico.
La storia inizia con un matrimonio, nella tranquillità di Helsinki, tra Tuomas, un giovane finlandese, interpretato con intensità ed eloquenza dal tenore americano Miles Mykkannen con la giovane rumena Stela, conosciuta durante la sua vacanza in Romania, e che è stata impersonata in modo eccezionale dal soprano olandese Lilian Farahni, che si è mostrata coinvolta scenicamente, rendendo il suo personaggio credibile, con un timbro intenso, morbido e vivace e con acuti energici.
Alle nozze partecipano Henrik, il padre di Tuomas, interpretato con esperienza e abilità dal baritono americano Rod Grilfry, sua madre Patricia, interpretata con eleganza, grazia, e angoscia e inquietudine convincenti, e con timbro penetrante, dal soprano canadese Claire de Sévigné, e il prete interpretato dal basso islandese Krisin Sigmundsson. Finché non entra in scena la cameriera ceca Patrizia, alla quale ha dato vita con buona interpretazione recitativa e vocale il mezzosoprano rumeno Ruxandra Donose, che riconosce in Henrik e Patrizia i genitori dell'assassino di sua figlia Markéta, uccisa dieci anni prima alla scuola internazionale che frequentava a Helsinki.
È così che si svolge la storia, con gli studenti assassinati e l’insegnante della classe, che compaiono, vagando, impersonati da un nutrito cast di noti cantanti e attori, I personaggi, morti, appaiono in scena per rivivere il tragico momento che hanno vissuto, descrivono i loro traumi, i danni fisici e psicologici che l'evento ha causato a chi è sopravvissuto, e i sogni troncati di chi è morto tragicamente.
Una svolta nella storia narrata nel libretto, avviene con l'apparizione di Iris, una studentessa francese, interpretata da Julie Hega, la quale rivela che oltre ad essere stata complice dell'assassino, anche il fratello Tuomas, è stato complice dell'evento sapendo delle sue intenzioni, e facendo proprio il desiderio di Patrizia di smascherarlo, porta Tuomas a confessare a Stela la verità che angoscia lei e i suoi genitori.
I momenti visivamente più sorprendenti per il pubblico sono il ricordo degli studenti che scappavano per salvarsi la vita e poi la visione dei corpi crivellati e insanguinati. In nessun istante si è vista la presenza dell'assassino sulla scena, ma quanto è stato inscenato ha creato un vero sentimento di angoscia e preoccupazione nel pubblico, il che è un merito artistico della regia, incluso l’uso delle luci e di alcuni suoni amplificati da Timo Kurkikangas.
Vale la pena menzionare l’impegno del soprano Vilma Jää nel ruolo di Markéta, un personaggio-spettro la cui presenza in scena era a perenne ricordo della tragedia e dell'impotenza che permea la vicenda, e che ha eseguito canzoni popolari finlandesi arrangiate appositamente per questo ruolo dalla compositrice.
Degni di menzione sono stati gli studenti come il soprano norvegese Beate Mordel nel ruolo di Lilly, il tenore colombiano Camilo Diaz Delgado nel ruolo di Jerónimo, il soprano Marina Dumont nel ruolo di Alexia e il soprano Lucy Shelton nel personaggio della maestra Cecilia, ruolo più parlato che cantato, e gli altri attori muti in palco, oltre a Rowan Kievits nei panni dello studente tedesco.
Buono il contributo del coro, composto per l'occasione da quaranta elementi, che ha cantato con intensità e uniformità, ai lati del palco fuori dalla vista del pubblico e nell'oscurità, sotto la direzione del suo maestro titolare John Keene.
Con a disposizione un'orchestra composta da una varietà di strumenti tipici dell'opera contemporanea, sessantaquattro in totale, principalmente ottoni, strumenti a fiato (flauti, oboi, clarinetti, trombe) percussioni, arpa, pianoforte, celesta, la partitura suonava musicale, sonora, compatta, a volte come se fosse una colonna sonora cinematografica, creando momenti di intensità con il ricorso anche alla atonalità con impeto, ardore e rigore, cosa che catturava l'attenzione del pubblico assorbito dalla storia e dalla resa orchestrale.

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Il direttore d'orchestra francese Clément Mao-Takacs, che aveva già concertato ed eseguito l'opera altre volte, ha mostrato gusto e conoscenza della musica contemporanea e lo ha fatto con notevole cura, con una direzione di scena diretta, entusiasta, ed energica quando richiesto. In definitiva si può riassumere come una produzione unica e particolare, con un cast internazionale di artisti provenienti da ogni parte del mondo. Dopo la sua prima mondiale al festival di Aix-en- Provence in Francia, l'opera è stata vista nei teatri d'opera di Helsinki, Amsterdam e Londra, e dopo il debutto americano, come annunciato, sarà presto all'Adelaide Australia Opera e al Metropolitan di New York, un'altra delle compagnie che, insieme alle precedenti, hanno commissionato il progetto.

Crediti fotografici: Cory Weaver / San Francisco Opera
Nella miniatura in alto: la compositrice finlandese Kaija Saariaho
Sotto in sequenza: belle immagini d'assieme di Cory Weaver dell'allestimento californiano






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Butterfly piccina mogliettina
servizio di Athos Tromboni FREE

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20240721_Fi_00_IlBarbiereDiSiviglia_HaeKang_phMicheleBorzoniFIRENZE - La Cavea del Teatro del Maggio si accende, avvolta dalle suggestive luci della magica Firenze. Basta salire qualche gradino per essere accolti da uno straordinario panorama della città: da sinistra verso destra sembra possibile toccare con un dito la cupola del Brunelleschi, il campanile di Giotto e il Palazzo della Signoria. Il numeroso
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