Pubblicato il 25 Febbraio 2023
Il capolavoro decadentista di Henrik Ibsen in scena nel Teatro Comunale 'Claudio Abbado'
Spettri sul palcoscenico servizio di Athos Tromboni

20230225_Fe_00_Spettri-HenrikIbsen_AndreaJonasson_phSerenaPeaFERRARA - Spettri di Henrik Ibsen è andato in scena nel Teatro Comunale "Claudio Abbado" per la stagione di prosa. Si tratta di una nuova versione del testo del drammaturgo norvegese adattata da Fausto Paravidino e diretta dal regista lituano Rimas Tuminas: «La verità è la cosa più difficile da rivelare - ha detto il regista nel presentare la sua messa in scena - per cui i "fantasmi" non sono altro che illusioni che le persone costruiscono a partire dalle proprie debolezze: glorifichiamo le nostre paure e lodiamo le effigi dei nostri carnefici. I “fantasmi” sono le menzogne che adottiamo e che trasmettiamo ai nostri figli. E  lo spettacolo che io ho diretto è una storia di liberazione da quei fantasmi che ci inseguono. Le illusioni collassano, così le crudeli verità vengono rivelate e l’immagine della famiglia ideale si frantuma rivelando ciascun membro per l’individuo libero qual è. Per la protagonista Helene Alving donna e madre nel dramma, interpretato da Andrea Jonasson, riconquistare la propria indipendenza attraverso il superamento delle illusioni diventa l’unica strada possibile verso la libertà. Sappiamo che i personaggi femminili di Ibsen hanno qualcosa di sbalorditivo e straordinario, e sono tra i più potenti del mondo teatrale; in Spettri siamo di fronte ad una donna che vede chiaramente, agisce con coraggio, svela menzogne ed è infallibile nel suo giudizio. È capace di sacrificare tutto in nome della verità.»
Padrona della scena - prima e più degli altri - è dunque Andrea Jonasson nei panni di Helene, che con questo spettacolo torna sui palcoscenici italiani dopo oltre dieci anni d'assenza.

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Spettri si svolge in uno spazio onirico, molto nella testa della protagonista Helene, la quale, anni dopo la vicenda di cui Ibsen narra, è visitata dai fantasmi di quella vicenda stessa e continua a riviverla. Ciò che avviene sulla scena è un continuo passaggio tra passato e presente in cui personaggi reali e fantasmi si fondono come in un sogno.
Nei 90 minuti (senza intervallo) della messinscena si mescolano incesto, follia, verità terribili dopo anni di menzogne. L’ambientazione è quella di un’allucinata campagna norvegese, resa grigia e stagnante da una pioggia battente; un luogo in cui il sole e il calore arrivano raramente e sempre troppo tardi.
Secondo la critica più accreditata, quello di Ibsen è un realismo che svela l’ipocrisia della morale borghese, fondata sul perbenismo e sulla religiosità di facciata.
Ecco la trama sostanziale: Helene Alving, ricca vedova, rievoca col Pastore Manders la vera e nefanda personalità del marito, alla memoria del quale sarà dedicato l’asilo che si sta per inaugurare nel paese, sito all'interno di un fiordo. Helene era in gioventù fuggita dal marito corrotto per rifugiarsi tra le braccia del Pastore Manders che amava, ma questi l’aveva respinta. Il figlio di Helene, Osvald Alving ignora le terribili verità del passato, egli è appena tornato al fiordo da Parigi, dove ha scoperto di essere ormai destinato alla follia, causa la sifilide ereditata dal padre quando era ancora feto: la madre che gli aveva sempre nascosto il passato, finalmente gli rivela che egli ha ereditato la malattia dalle dissolutezze del padre. Egli apprende ancora dalla madre che Regine Engstrand, la giovane cameriera della quale è innamorato, altri non è che il frutto di una relazione del padre con la precedente cameriera, quindi Regine è la sorellastra di Osvald.
Il falegname Engstrand, zoppo dalla parte sinistra e patrigno di Regine, vuole aprire una Casa del Marinaio al porto del paese: ma sarebbe un bordello contrabbandato per iniziativa meritoria. Regine Engstrand, dopo aver scoperto di essere la sorellastra del suo innamorato, abbandona Osvald e accetta di andare nel bordello del patrigno. Osvald, fa promettere alla madre Helene, qualora fosse colto da una ulteriore crisi di dolore e follia, di essere proprio lei a somministrargli una dose letale di morfina: questo è il finale, con Osvald che muore e la madre che rimane impietrita dal dolore. Ma la verità è infine svelata in tutta la sua crudezza e crudeltà.
Oltre alla Jonasson erano in scena Gianluca Merolli (Osvald Alving, il più bravo di tutti e quello che ha ricevuto l'applauso più lungo a fine recita), Fabio Sartor (Pastore Manders), Giancarlo Previati (Jakob Engstrand, il più centrato nel ruolo e il più convincente nella recita, assieme a Merolli) ed Eleonora Panizzo (Regine Engstrand).
Regia con tempi molto dilatati che, a nostro parere, hanno penalizzato il pathos anziché arricchirlo di umori e attese... per fortuna che nelle lunghe pause di silenzio degli attori (soprattutto nella prima mezz'ora della performance) c'era l'ottima musica di Faustas Latènas e Giedrius Puskunigis (oltre a incursioni in Bizet, Sibelius e Ruggiero Leoncavallo per l'aria Vesti la giubba cantata benissimo senza voce impostata da un delirante Osvald, alias Gianluca Merolli). Scene e costumi di Adornas Jakovskis.

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Pubblico numeroso, plaudente e soddisfatto... Ibsen è sempre Ibsen, un colosso del teatro di parola.
(il servizio si riferisce alla recita di venerdì 24 febbraio 2023)

Crediti fotografici: Serena Pea per Ufficio stampa del Teatro Comunale "Claudio Abbado" di Ferrara
Nella miniatura in alto: Andrea Jonasson (Helene Alving)
Sotto in sequenza: ancora la Jonasson con Fabio Sartor (Pastore Manders)
Al centro: una panoramica di Serena Pea, quasi una metafora della "dilatazione" dei tempi
In fondo: Gianluca Merolli (Osvald Alving) con Andrea Jonasson





Pubblicato il 26 Novembre 2022
Successo per Moni Ovadia che ha portato in scena a Ferrara il suo spettacolo-simbolo
Oylem Goylem dove il mondo č scemo servizio di Athos Tromboni

20221126_Fe_00_OylemGoylem_MoniOvadiaFERRARA – «Dico un sacco di fregnacce sugli ebrei e sull’ebraismo. Non sono né un maestro, né un dotto, anche se qualcuno tenta di farmici passare… io sono solo un saltimbanco, e tale voglio restare.»
La frase si trova nel capitolo introduttivo del primo libro stampato (o forse il secondo libro) di Moni Ovadia, uscito nel 1996 per l’editore Bompiani, dal titolo Perché no? L’ebreo corrosivo.
Trovo il volumetto alla biblioteca “Giorgio Bassani” del Barco, il giorno dopo avere assistito alla recita di Ovadia, Oylem Goylem, nel Teatro Comunale Abbado di Ferrara, in scena per il cartellone di prosa. Guardo i miei appunti scritti sul programma di sala la sera dello spettacolo e trovo queste annotazioni: “ironia corrosiva” e ancora “buffo sì, ma ha l’alea del rito” e ancora “concetti che negano una verità per affermarla” e ancora, di nuovo, “non prendersi sul serio per essere veramente seri”. Potrei continuare.
Ma il succo sta tutto lì, in quelle quattro annotazioni scritte su un cartoncino, nel buio della platea soffuso dalle luci di scena. Perché è proprio così: Moni Ovadia recita, balla, canta, accompagnato dalla sua Stage Orchestra, intrattenendo il pubblico per 125 minuti senza intervallo.
La recita è in lingua italiana, appena strascicata in qualche frase a bella posta; e resa “errante” da qualche parola biascicata con sillabazione e approssimazione straniera («… come tutte le mamme del mondo (la mamma ebrea) è quell’animale feroce che riunisce in sé una contraddizione di natura: tenerezza incontenibile per la sua creatura e senso del possesso assoluto: “So io qvelo che è giusto per te!”. A questo micidiale cocktail, la yiddishe mame ha aggiunto una buona manciata di cinismo: “a causa del esilio – dice lei – abiamo soferto tanto!”»
Le canzoni, invece, sono in lingua yiddish, con melodie e ritmi che “fanno incontrare il canto liturgico con le sonorità zingare”. Tutto converge verso la spettacolarizzazione orale degli abusati luoghi comuni dominanti, affibbiati agli ebrei: per esempio, l’attaccamento ai soldi, la taccagneria, le consuetudini dalle più epidermiche a quelle più profonde come la dedizione alla tradizione religiosa.

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Oylem Goylem – che in altre recite presso altri teatri reca il sottotitolo “il mondo è scemo” – è uno spettacolo che si ripropone e si ripete da oltre trent’anni, sempre con originale carica ironica e rinnovato successo di pubblico.
È proprio l’ironia corrosiva del testo che lascia stupito l’ascoltatore, perché sentire un ebreo che racconta le vicissitudini dell’ebreo errante (quindi l’esilio, la condizione del rifugiato, la timidezza arrendevole dell’osteggiato) senza falsi pudori nella descrizione della figura resa olografica in tante percezioni della pubblica opinione, ottiene l’effetto voluto: far riflettere. O almeno, far riflettere le menti sgombre dai pregiudizi.
Ma c’è un altro elemento fondamentale che rende magnetica l’attenzione in questo spettacolo di Ovadia: il sapore del rito. L’attrazione verso le cose un po’ misteriose e un po’ trascendentali è impulso non soggiogabile dalla volontà razionalista. Così per tanti e tante del pubblico la recita di Oylem Goylem, al di là del proprio apparire, assume proprio il sapore di una partecipazione iniziatica che vale qui e ora e non necessariamente per il dopo o il poco dopo. Il contributo che dà Ovadia per raggiungere questo effetto è quello proprio dell’istrione, qualcosa di diverso e più intrigante di quella autocitazione che egli fa di sé stesso (“io sono un saltimbanco”). E questa è anche la sfera d’influenza entro cui Ovadia spalma giudizi e concetti che negano una verità per affermarla.
«Tra lingua e musica – ha scritto l’attore sul programma di sala – questo è un viaggio nel vissuto di chi, senza patria, erra per il mondo. Sono canti, musiche, storie, aneddoti, tra battute fulminanti e citazioni colte, il tutto arricchito dalla presenza della esecuzione dal vivo. Uno spettacolo che da trent’anni porta in scena un’idea di memoria come progetto per il futuro.»
Questo viaggio corrosivo, istrionico, rituale dell’attore si affida anche ad altri fondamentali: i musicisti in scena, parti inscindibili dell’assieme: essi sono Maurizio Deho’ (violino), Giovanna Famulari (violoncello), Paolo Rocca (clarinetto), Albert Mihai (fisarmonica) e Maryan Serban (cymbalon).
Il suono, curato da Mauro Pagiaro, ha esaltato la perfetta acustica del Teatro Abbado. Le scene e i costumi di Elisa Savi hanno fatto il resto. Pubblico a lungo plaudente fino a strappare due brevi fuori programma improvvisati da Moni Ovadia. L’istrione.
(la recensione si riferisce allo spettacolo di venerdì 25 novembre 2022)

Crediti fotografici: Ufficio stampa del Teatro Comunale “Claudio Abbado” di Ferrara





Pubblicato il 08 Luglio 2022
Maria Paiato in gran forma ha interpretato splendidamente il testo di Katherine Kressmann Taylor
Destinatario sconosciuto ossia la rivalsa servizio di Athos Tromboni

20220707_Fe_00_FerraraOff-MariaPaiatoFERRARA - Quattro modi per scrivere lettere. Quattro appuntamenti nel cortile e nel parco della Biblioteca Ariostea di via Scienze 17. Si tratta di una rassegna teatrale ideata da Ferrara Off, con testi scelti da Giulio Costa, Monica Pavani e Margherita Mauro. In pratica è un modo (riuscito) di fare teatro affidandosi solamente a dialoghi epistolari.
L’appuntamento d’apertura della rassegna è andato in scena il 1° luglio (Troviamo le parole, carteggio fra Ingeborg Bachmann e Paul Celan, interpreti Diana Höbel e Marco Sgarbi); il secondo appuntamento ha visto protagonista Maria Paiato (Destinatario sconosciuto, dal romanzo di Katherine Kressmann Taylor); i successivi “modi per scrivere lettere” saranno Discorsi indiretti liberi (dal carteggio fra Giorgio Bassani e Italo Calvino, interpreti Marco Taddei e Giulio Costa: lunedì 11 luglio 2022 ore 21,15); infine la Lettera a un giovane poeta di Rainer Maria Rilke, interpreti Marco Sgarbi e Monica Pavani (giovedì 14 luglio 2022 ore 21,15).
Ho seguito la lettura di Maria Paiato, Destinatario sconosciuto, dentro il suggestivo cortile dell’Ariostea, insieme a un pubblico numeroso che ha fatto registrare il tutto esaurito.
Il testo è tratto dal breve romanzo della Kressmann Taylor pubblicato per la prima volta negli Stati Uniti nel 1938, poi ignorato fino al 1999 quando, tre anni dopo la morte dell’autrice, divenne un bestseller.
I protagonisti del breve romanzo sono due amici, Martin Schulse, uomo d’affari di “pura razza ariana” e Max Eisenstein, ebreo. I due amici hanno una galleria d’arte in comune a San Francisco. Nel novembre 1932 Martin torna in Germania con la sua famiglia e quindi i due amici si separano, pur rimanendo soci in affari.
Max e Martin, lontani, comunicano scambiandosi lettere; ed è proprio attraverso le diciannove lettere che si scrivono dal novembre 1932 al marzo 1934 che l’autrice racconta la loro storia.
La Germania in cui è tornato Martin è quella uscita dalla prima guerra mondiale, distrutta e poverissima; in questo contesto, Martin Schulse fa amicizie importanti fra i tedeschi che appartengono ai ceti più agiati.
Max Eisenstein, invece, rimane in America e continua a lavorare per mandare avanti gli affari di entrambi. Le prime lettere che i due amici si scambiano parlano della loro quotidianità e, inevitabilmente, anche di un certo Adolf Hitler che sta raccogliendo sempre più seguito in Germania. Max è preoccupato di ciò che si dice del montante fanatismo razziale dei nazisti hitleriani nei confronti degli ebrei; mentre Martin, dopo qualche titubanza iniziale, diventa un grande sostenitore di Hitler.
Fintanto che il nazista neofita Martin decide di interrompere la corrispondenza con Max e di non aiutare l’amico americano nella ricerca della sorella Griselle, attrice ebrea, giunta a Berlino nel 1934 per delle rappresentazioni teatrali e un tempo non lontano sua vecchia fiamma. Griselle infatti non risponde alla corrispondenza di suo fratello Max e l’ultima lettera spedita dall’americano viene restituita con il timbro delle poste tedesche che dice: “destinatario sconosciuto”. Nonostante le suppliche di Max, Martin non fa nulla per cercare Griselle ed in qualche modo aiutarla; e rinnega l’amico di tutta una vita.
«La razza ebraica è un problema scottante per ogni nazione che la ospiti. Io non ho mai odiato un ebreo in particolare; ti ho sempre considerato un amico, ma tu sai che parlo in tutta onestà quando dico che ti ho voluto bene non perché eri ebreo, ma nonostante tu lo fossi» è la frase lapidaria e allucinante con la quale Martin praticamente liquida la sua amicizia con Max.

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Ma quell’ultima lettera del neofito nazista all’ebreo diventa il punto di partenza per un inaspettato rovesciamento delle sorti: nonostante Martin avesse già chiesto all’ex amico ebreo di non scrivergli più, proprio quell’ex amico ebreo comincia a inviargli lettere “innocenti” commisionando quadri e relazionando sugli affari fiorenti della loro galleria d’arte a San Francisco.
È chiaro come il controllo della polizia politica tedesca, le famigerate SS, sulle corrispondenze estere di Martin divenisse alla lunga il capo di accusa di una “compromissione” del puro ariano Martin con l’ebreo americano Max: tutto questo si ritorse contro Martin e le SS non andarono per il sottile: chi aiuta gli ebrei deve essere trattato come un ebreo. E fu così che un giorno arrivò negli Stati Uniti, a Max, un’altra lettera rimandata indietro dalla Germania col timbro “destinatario sconosciuto”: era l’ultima della serie, indirizzata a Martin.
I contenuti delle lettere sono dapprima colloquiali, finanche banali, nei loro contenuti prevalentemente commerciali. Poi il dialogo epistolare decolla sulle emozioni dei corrispondenti, verso i timori e le suppliche di Max e il sempre più crudo e allucinato attegiamento di Martin. Fino al rovesciamento della situazione, già accennato.
La gamma di espressioni necessarie per rendere teatrale quei testi deve esplorare tutti gli stati d’animo, per essere efficace e non banale o - peggio - cantilenante: e Maria Paiato è stata straordinaria nei modi, nell’intonazione e nei tempi scelti per modulare la propria voce: frivolezza, allegria, cameratismo, incredulità, ansia, preoccupazione, dolore, lacrime, paura, ironia e saracasmo grondano da quelle lettere. E l’attrice, da grande protagonista qual è, ha restituito al pubblico frivolezza, allegria, cameratismo, incredulità, ansia, preoccupazione, dolore, lacrime, paura, ironia e saracasmo.
Un testo terribile, quello della Kressmann Taylor, che riesce però a dimostrare che l’intelligenza, pur nel dolore e nell’indignazione, può prevalere sull’infatuazione ideologica. In ogni tempo e in ogni sistema.
Trionfo per Maria Paiato, ovviamente, richiamata più volte al proscenio da applausi calorosi e prolungati.
(La recensione si riferisce alla recita di giovedì 7 luglio 2022)

Crediti fotografici: Fototeca gli Amici della Musica Uncalm
Nella miniatura in alto e sotto: Maria Paiato durante la lettura di Destinatario sconosciuto






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Ballo & Bello Operetta & Musical Musiche di Scena Prosa


Parliamone
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intervento di Athos Tromboni FREE

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La Euyo prende residenza a Ferrara e Roma

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Il "Frescobaldi" a Casa Romei
redatto da Athos Tromboni FREE

20230209_Fe_00_ConcertiConservatorio_StefanoSquarzinaFERRARA - Si apre oggi, giovedì 9 febbraio 2023 ore 17, all’insegna del  barocco tedesco con Stefano Squarzina e Stefano Melloni al flauto dolce e Doralice Minghetti al clavicembalo (Sonate a tre di Gottfried Finger, Händel e Telemann), la ormai consueta rassegna di concerti del  Conservatorio "Girolamo Frescobaldi" nel museo di
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Pagina Aperta
A proposito di Milenkovic
lettera di Gianluca La Villa FREE

20230208_Fe_00_APropositoDiStefanMilenkovicFERRARA - Indubbiamente Stefan Milenkovic è un gran violinista, dal bel suono che egli trae dal suo Guadagnini del 1783. La sua esecuzione del Concerto in re maggiore op.35 di Ciaicovsky proposto nel Teatro Comunale "Claudio Abbado" per Ferrara Musica, martedi 7 febbraio 2023, era armoniosa e levigata. Mancava certamente delle lacrime e
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Opera dal Nord-Est
Una nuova Aida fa partire il 100°
redatto da Athos Tromboni FREE

20230203_00_100ArenaVerona_StefanoPodaROMA - La capitale ha ospitato oggi la conferenza stampa di presentazione del festival estivo dell'Arena di Verona (titoli e cast): «In una rutilante alternanza di cantanti lirici, registi e scenografi, direttori d'orchestra e danzatori - hanno preannunciatato i dirigenti della Fondazione Arena - che renderà ognuna delle serate del Festival 2023 una
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Opera dal Centro-Nord
Raffinata Contessa alle Nozze
servizio di Simone Tomei FREE

20230130_Lu_00_LeNozzeDiFigaro_NicolaZiccardi_phAugustoBizziLUCCA - Dopo gli eventi della pandemia approda anche al Teatro del Giglio di Lucca Le nozze di Figaro di W.A. Mozart; l’opera è stata coprodotta tra i teatri toscani Goldoni di Livorno, Verdi di Pisa, Giglio di Lucca e fuori regione dal Sociale di Rovigo. Ho già parlato di questo allestimento in un articolo datato novembre 2019 (che potete leggere qui)
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Opera dal Nord-Est
Macbeth un gemito funesto
servizio di Rossana Poletti FREE

20230129_Ts_00_Macbeth_GiovanniMeoni_phFabioParenzan_TRIESTE - Teatro Lirico “Giuseppe Verdi”.  L’ouverture dell’opera Macbeth, che il regista Henning Brockhaus e lo scenografo Josef Svoboda propongono in un mondo grigio, una petraia o qualcosa di simile, su cui a tratti compaiono tanti teschi ammassati uno sull’altro e fiumi di sangue vi scorrono sopra, mostra subito il tratto del lavoro
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Opera dal Nord-Est
Le Nozze per giovani
servizio di Angela Bosetto FREE

20230123_Vr_00_LeNozzeDiFigaro_FrancescoOmassini_FotoEnneviVERONA – Titolo inaugurale della Stagione operistica 2023 del Teatro Filarmonico, Le nozze di Figaro riporta a Verona tutta la spigliatezza della prima (felicissima) collaborazione fra la rivoluzionaria musica di Wolfgang Amadeus Mozart (nato 267 anni fa a Salisburgo eppure più moderno che mai) e l’affilata penna di Lorenzo Da Ponte, in
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Opera dal Centro-Nord
Manon Lescaut cresciuta nel tempo
servizio di Athos Tromboni FREE

20230121_Fe_00_ManonLescaut_MarcoGuidarini_phFilippoBrancoliPanteraFERRARA - L'opera Manon Lescaut di Giacomo Puccini ha di fatto inaugurato la stagione lirica 2023 del Teatro Comunale "Claudio Abbado". Le attese non sono andate deluse per quanto riguarda lo spettacolo in sé, ma sono andate deluse invece per quanto riguarda la partecipazione del pubblico: la sera di venerdì 20 gennaio il teatro era
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Vocale
Ottimo il Requiem verdiano
servizio di Nicola Barsanti FREE

20230110_To_00_VerdiRequiem_AndreaBattistoniTORINO - Il più sublime degli elogi funebri dedicati ad Alessandro Manzoni si compie nella Messa da Requiem di Giuseppe Verdi, capolavoro sinfonico  corale designato dal nuovo sovrintendente Mathieu Jouvin per l’inaugurazione della stagione concertistica 2023 del Teatro Regio di Torino.  Volendo brevemente contestualizzare quello
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Ballo and Bello
Il Lago dei cigni incanta Ferrara
servizio di Athos Tromboni FREE

20230108_Fe_00_IlLagoDeiCigniFERRARA - Anche quest'anno, come fu per l'8 gennaio 2022, il Russian Classical Ballet ha fatto riempire il Teatro Comunale "Claudio Abbado" di spettatori, intere famiglie con figlioletti al seguito per il più classico dei balletti, quel Lago dei cigni che l'autore delle musiche, Piotr Ilic Chajkovskij, non ebbe il privilegio di veder trionfare sulle scene, egli
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Opera dal Nord-Est
Bohčmiens ai tempi della rivoluzione
servizio di Valentina Anzani FREE

20230104_Vr_00_LaBoheme_JonathanTetelman _EnneviFotoVERONA, 31 dicembre 2022 – La Bohème di Giacomo Puccini, messa in scena dalla Fondazione Arena di Verona al Teatro Filarmonico, ha visto sul palcoscenico un nuovo allestimento di Stefano Trespidi, rappresentato per le prime quattro repliche di inizio dicembre con cast diverso da quello della recita di Gala straordinaria del 31 dicembre
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Opera dal Nord-Ovest
Il Pipistrello incorona Julia Knecht
servizio di Simone Tomei FREE

20230103_Ge_00_DieFledermaus_GENOVA - «Le passioni possono far musica. Ma soltanto musica senza parole. Perciò lopera è un assurdo… Nelloperetta, invece, lassurdità è sottintesa« (Karl Kraus, Detti e contraddetti). Apertura d’anno con il botto al Teatro Carlo Felice di Genova dove una spumeggiante produzione de Die Fledermaus di Johann Strauss ha dato il via al nuovo anno
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Opera dal Centro-Nord
Il Pipistrello vola nell'assurdo
servizio di Athos Tromboni FREE

20221231_Fe_00_IlPipistrelloFERRARA - Nella presentazione di Il Pipistrello, operetta di Johann Strauss figlio su libretto di Carl Haffner e Richard Genée (tratta da “Le Réveillon” di Henri Meilhac e Ludovic Halévy) rappresentata per la prima volta a Vienna nel 1874, il regista e cantante Corrado Abbati, animatore della compagnia che porta da sempre il suo nome, adopera
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Echi dal Territorio
Eleonora Buratto e il 200° anniversario del Sociale
servizio di Laura Gatti FREE

20221229_Mn_00_EleonoraBurattoMANTOVA - Grande ritorno dei melomani la sera del 26 dicembre 2022 al Teatro Sociale per i festeggiamenti del 200° anniversario della fondazione del teatro cittadino, inaugurato il 26 dicembre 1822. Ospite d’eccezione il soprano di Sustinente, Eleonora Buratto, cantante affermata in tutto il mondo
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