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Una bella regia di Manu Lalli ha caratterizzato il secondo titolo in programma al Festival Puccini 2020 |
Madama Butterfly contigua e non inane |
servizio di Athos Tromboni |
Pubblicato il 09 Agosto 2020 |
TORRE DEL LAGO PUCCINI (LU) - Benvenuta Manu Lalli. Che poi una recensione non si inizia mai così. Eppure stavolta bisogna ammettere l'eccezione alla regola... sì, perché la regia di Lalli, per la Madama Butterfly di Giacomo Puccini al Gran Teatro all'Aperto di Torre del Lago, ha restituito all'Opera (non a quest'opera, ma all'Opera) quel soffio di poesia che tante regie innovatrici e provocatorie hanno tolto e stanno togliendo. Cosa fa Manu Lalli a Torre del Lago? Apre il fondale al centro, di modo che le luci dell'altra riva del lago di Massaciuccoli entrino nella scenografia; poi mette sullo sfondo e a mezzo del palcoscenico, in ordine degradante, piante vive, verdi e lussureggianti nel primo atto e spoglie e rinsecchite nei due atti successivi (i due atti successivi sono stati ricondotti ad unicum, senza intervallo dopo il coro a bocca chiusa e l'intermezzo strumentale, come fu la sera della prima esecuzione assoluta nel 1904, quella fischiata alla Scala). In mezzo alla boscura, magicamente illuminata dal tecnico delle luci Valerio Alfieri, si muovono i coristi, i figuranti e i mimi, con movimenti dall'incedere danzante, a distribuire fiori e ornamenti colorati, rosso, giallo, verde brillante, ocra. Mimi e coristi indossano abiti rossi nel primo atto e bianchi successivamente, in un bel contrasto con la boscura, mentre i solisti indossano costumi scuri, sia quando si tratta di abiti di foggia orientale, sia quando si tratta di abiti occidentali. Unica eccezione, il vestito di Sharpless, il console, che è di colore chiaro, ma non bianco. Un tentativo (meditato? casuale?) di attribuire all'abito la purezza rappresentata (in occidente) dal bianco... sì, perché a ben vedere Sharpless è l'unico personaggio "pulito" dell'opera, fa il suo mestiere senza arroganza, non ha nulla da nascondere, è mosso a pietà e prevede il dramma quando ancora lo spavaldo F.B. Pinkerton è giulivo perché sta sposando Cio Cio San alla maniera giapponese per 999 anni "salvo prosciogliermi ogni mese" alla cafonesca maniera yankee. Poi Manu Lalli fa recitare tutti, coristi, figuranti, mimi, protagonisti e comprimari, con mano leggera ma autorevole; e così tutta questa Madama Butterfly fluisce come una corrente impetuosa e tranquilla, traslitterando dal canto e dallo strumentale quell'armonia che Puccini non ha messo in partitura, preso più dal fluire melodico della sua musica e dal "colore locale" orientaleggiante (le scale esatoniche e pentatoniche) che non dal resto. Oltre la regia, Manu Lalli ha disegnato anche scene e costumi, cosicché il team creativo dell'allestimento si è ridotto, oltre a lei e ad Alfieri, al solo Luca Ramacciotti in funzione di aiuto regista. E tutto questo, in tempo di pandemia e di limitazione delle risorse, dimostra che veramente si possono anche far nozze con pane e fichi secchi, o con pane e noci se si preferisce, e risultare comunque (le nozze) poetiche, felici, saporite, gioiose, uniche, originali, indimenticabili.
Certo, anche lei, la Manu Lalli, abbonda di metafore extratestuali, inventate per questo allestimento, quindi dal valore simbolico che travalica (o travolge) la nuda e cruda verità testuale del libretto di Luigi Illica e Giuseppe Giacosa (e della storia resa celebre dal commediografo portoghese David Belasco, ispiratore del libretto); ma lo fa con coerenza rispetto proprio al testo. Cioè interpreta; e non modifica. Abbiamo già detto dell'abito chiaro di Sharpless; ma possiamo citare anche le vesti rosse di Cio Cio San e dei parenti invitati alle nozze (nel primo atto) segno di ebbrezza e felicità; oppure a quelle bianche della stessa protagonista e dei figuranti e dei coristi (il bianco, in Giappone, è il colore del lutto) quando la commedia si trasforma in tragedia; oppure il gesto di restituzione dell'abito rosso alla geisha giapponese che l'americana Kate Pinkerton fa al termine dell'opera; abito rosso che si imbeve di lacrime tardive e colpevoli nelle mani di suo marito F.B. Pinkerton quando il destino di Cio Cio San è tragicamente compiuto. Poi gli alberi, pieni di foglie e fiori al momento del matrimonio, quando l'amore è rigoglioso tanto da alimentare la boscura (o esserne alimentato); e infine rinsecchiti e spogli, come solo la trascuratezza, l'abbandono e la morte incipiente possono ridurre la bios aristotelica (la vita, nella sua essenza attiva, vegetativa, sensitiva). Ma possiamo citare anche la scelta di un ragazzo (al posto del bambino di tre anni) per la figura silente e fondamentale di Dolore, figlio di Cio Cio San e Pinkerton. E in questo caso cerchiamo di indovinare i pensieri della regista: qual è il giusto compromesso fra necessità espressive e verità testuali? Ebbene, è quello che conduce ad una narrazione non altra ma contigua a quel dato momento drammaturgico: il piccolo Dolore ha mostrato di essere affascinato dai giochi con le barchette di carta, come ogni bambino nell'età puerile; ma ha anche doppiato i gesti rituali che preludono al suicidio catartico di sua madre («... con onor muore chi non può serbar vita con onore ...»), cosa decisamente problematica da ottenere con un infante in scena. Ecco la narrazione che non sostituisce ma si fa contigua alla drammaturgia, ecco il giusto compromesso, ecco l'alterità di una scelta che non è provocatoria inanità. In simbiosi con quanto raccontato sopra, la concertazione di Enrico Calesso sul podio dell'Orchestra del Festival Puccini, è stata attenta e coinvolgente: ha diretto alla grande, con ammirevole equilibrio dinamico fra canto e strumentale, senza coprire mai le voci, adottando tempi giusti per una esecuzione musicale narrante. Anche le pause di silenzio e i rallenty dei momenti più angoscianti (e angosciati di Cio Cio San) non sono sembrati una licenza interpretativa, quanto piuttosto una coerenza stilistica adottata per esaltare quell' armonia non presente nella partitura ma ben traslitterata nelle scelte della regista. Ottima l'orchestra. Ottimo anche il Coro del Festival Puccini istruito da Roberto Ardigò. Venendo al cast, protagonista assoluta nel ruolo eponimo è stata la giapponese Shoko Okada , applauditissima dal pubblico; indubbiamente brava come attrice, si pregia di una vocalità ben gestita tecnicamente, ricca di armonici e sfumatura nel grave e nel medium del registro sopranile; in zona acuta la voce tende a indurirsi quando deve armonizzare nei passaggi di registro; poi, superato il passaggio, svetta cristallina nell'acuto a voce piena, con fiati ben appoggiati e anche lunghi. E possiamo solo aggiungere che la Okada è comunque una Butterfly d'elezione. Ottima la prestazione del mezzosoprano Annunziata Vestri (Suzuky) della quale ricordavamo con favore la presenza nell'allestimento torrelaghese di Madama Butterfly nel 2016, quando fu chiamata all'ultimo momento per sostituire la titolare del ruolo che aveva dato forfait; nel frattempo, rispetto al ruolo, ci è sembrata cresciuta assai, sia nella vocalità (merito suo per l'applicazione costante e lo studio, presumibilmente) che nel gesto scenico (e qui il merito va sicuramente alla regia della Lalli). Bravo il tenore Raffaele Abete che pur trattandosi di un lirico puro ha saputo scalare con onore i picchi della vocalità spinta, propria del ruolo di F.B. Pinkerton. Bella prova anche del baritono Alessandro Luongo (Sharpless) che ha saputo rivaleggiare ottimamente nel duetto spinto con il tenore (America forever! del primo atto) e in quello espressivo e straziante dell'ultimo atto (Addio fiorito asil / Vel dissi, vi ricorda? E fui profeta allor). Assolutamente centrato e vocalmente ben impostato il Goro di Francesco Napoleoni; e un plauso va anche a tutti i comprimari, rivelatisi all'altezza dei rispettivi ruoli: Roberto Accurso (il Principe Yamadori); Davide Mura (lo Zio Bonzo); Luca Bruno (il Commissario Imperiale); Alberto Petricca (l' Ufficiale del Registro); Anna Russo (Kate Pinkerton); e il ragazzino (non citato in locandina) che ha ben interpretato il Dolore.
Serata dal clima piacevole per la "prima" di sabato 8 agosto 2020, e teatro pieno; l'unica replica in cartellone è per il prossimo 21 agosto. Vale proprio la pena. Lo diciamo per chi si sia già procurato il biglietto, non per chi non lo abbia ancora acquistato; infatti è tutto esaurito da tempo (chissà perché ormai impera l'inglesismo sold-out, anziché il ben più musicale 'tutto esaurito' della nostra lingua patria...)
Crediti fotografici: Ufficio stampa del Festival Puccini di Torre del Lago Nella miniatura in alto: il direttore Enrico Calesso Sotto in sequenza: Alessandro Luongo (Sharpless); Shoko Okada (Cio Cio San); Raffaele Abete (F.B. Pinkerton); una panoramica sull'ultimo quadro dell'ultimo atto; Annunziata Vestri (Suzuky) e la Okada nel momento più tragico dell'ultimo atto Sotto: panoramica sul primo atto della Madama Butterfly di Torre del Lago Puccini
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Orlando nelle trame di Alcina
intervento di Athos Tromboni FREE
FERRARA - Ottima messa in scena nel Teatro "Claudio Abbado" dell' Orlando Furioso di Antonio Vivaldi nella edizione critica curata da Federico Maria Sardelli e Alessandro Borin. Il maestro Sardelli era anche sul podio della brava Orchestra Barocca Accademia dello Spirito Santo di Ferrara. Quindi tre atti, così come Vivaldi ideò per la premiere al Teatro Sant'Angelo di Venezia nell'autunno del 1727. Ottima messa in scena, oltre che per la comprovata efficacia di Sardelli nell'esecuzione del repertorio barocco, soprattutto per la visionaria regia di Marco Bellussi, coadiuvato da Fabio Massimo Iaquone (ideazione e regia video), Matteo Paoletti Franzato (scene), Elisa Cobello (costumi) e Marco Cazzola (luci). La visionaria regia ci trasporta nel poema ariostesco (o quantomeno in ciò che del poema dell'Ariosto utilizzò a suo tempo il librettista Grazio Braccioli) dove tutto è fantascientifico
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Una Tempesta molto gradevole
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Xtra per tre
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FIRENZE - Quello che è stato ritorna dicevano sempre i nostri vecchi. Ed è proprio così: in un momento non facile per il Teatro del Maggio, l’idea di rispolverare una vecchia produzione di Don Pasquale di Gaetano Donizetti si è rivelata una scelta molto azzeccata che ha riportato indietro nel tempo i più veterani melomani. La riproposizione dello spettacolo
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VERONA - Fu così che per la prima volta in assoluto Il Campiello di Ermanno Wolf-Ferrari andò in scena nel Teatro Filarmonico di Verona. E fu così che alla "prima" venne accolto da un pubblico numeroso con molti minuti di applausi a fine recita e con vere ovazioni per alcuni protagonisti di quella commedia musicale. Chissà se le cronache del futuro, parlando del
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Un Trovatore quasi disastro
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LUCCA – Il trovatore di Giuseppe Verdi chiude la stagione lirica 2023/2024 del Teatro del Giglio di Lucca. Si tratta di una coproduzione che vede come attori - oltre l’Istituzione lucchese - la Fondazione Teatri di Piacenza, la Fondazione Teatro Comunale di Modena, la Fondazione Teatro Goldoni di Livorno il Teatro dell’Opera Giocosa di Savona.
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LUCCA – Al Teatro del Giglio approda con grande apprezzamento del pubblico la versione bresciana di Madama Butterfly di Giacomo Puccini (datata 28 maggio 1904) dopo che il clamoroso fiasco del Teatro alla Scala di qualche mese prima, indusse il compositore a rimettere le mani sulla partitura. La scelta dell’adattamento bresciano per il Teatro del
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FERRARA - Il 100° anniversario dalla morte di Giacomo Puccini rappresenta un’occasione per commemorare e ripercorrere la vita e la carriera di uno dei più grandi musicisti italiani. Le sue Opere, ancora oggi, continuano a essere rappresentate sui palcoscenici più prestigiosi del mondo, celebrando lo straordinario valore artistico delle composizioni
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Jazz e altro allo Spirito
redatto da Athos Tromboni FREE
FERRARA - Varato il calendario dei concerti "Tutte le Direzioni in Winter&Springtime 2024", organizzata da Il Gruppo dei 10 con qualche novità e collaborazione in più rispetto ai precedenti. La location è (quasi sempre) la stessa: il ristorante lo Spirito di Vigarano Mainarda (Ferrara), nell’intimo tepore delle sue suggestive sale, immerso nella
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FERRARA - Suggestivo l'allestimento di La bohème di Giacomo Puccini curato da Cristina Mazzavillani Muti per il Teatro Alighieri di Ravenna, approdato ieri sera al Comunale "Claudio Abbado" di Ferrara. Pubblico della grandi occasioni ("sold-out" si dice oggi, con un inglesismo ormai sostitutivo di "tutto esaurito" d'italiana fattura); pubblico
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TORINO - Il titolo designato per l’inaugurazione del cartellone d’opera 2024 del Teatro Regio di Torino è il Don Pasquale di Gaetano Donizetti. Qui riproposto nel fortunato allestimento della fine degli anni '90 del Novecento, firmato da uno dei maestri della drammaturgia musicale italiana: il regista, scrittore e giornalista Ugo Gregoretti, la cui regia
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Jazz Club Ferrara 45 concerti
redatto da Athos Tromboni FREE
FERRARA - Dal 26 gennaio 2024, prende il via al Torrione San Giovanni la seconda parte della 25.ma stagione di Ferrara in Jazz. Grandi nomi del jazz internazionale e largo spazio ai giovani, per complessivi 45 concerti accompagnati da eventi culturali collaterali, realizzati con il contributo del Ministero della Cultura, Regione Emilia-Romagna, Comune
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Barbiere di Siviglia stratosferico
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