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Pubblicato il 21 Aprile 2025
Il maestro James Conlon ha diretto un allestimento moderno ideato dallo scomparso Michael Cavanagh
Cosė fan tutte alti e bassi
servizio di Ramón Jacques
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LOS ANGELES CA, USA, Dorothy Chandler Pavilion - Le nuove e più dinamiche programmazioni dei teatri americani, che si concentrano sulla messa in scena di opere contemporanee, prevalentemente di compositori americani e di alcuni stranieri (il prossimo titolo in programma sarà Ainadamar del compositore argentino Osvaldo Golijov - 1960), nonché di musical, gala d’opera e recital, al fine di raggiungere e interessare un pubblico più ampio, hanno nel tempo messo gradualmente da parte titoli come Così fan tutte, opera nota per far parte della trilogia Mozart-Da Ponte. Quest’opera, sebbene non sia considerata una delle più note del repertorio operistico tradizionale, gode dell’interesse del pubblico e molti teatri internazionali la programmano regolarmente. L’opera mozartiana era rimasta fuori dal repertorio della compagnia Los Angeles Opera, ma è stato uno dei titoli scelti dal direttore James Conlon. L’anno prossimo Conlon concluderà la sua gestione di vent’anni come direttore musicale del teatro, coincidendo con il 40° anniversario della fondazione della compagnia angelina. Inizialmente chiamata Los Angeles Music Center Opera, la compagnia prendeva il nome dalla sua sede, il vecchio teatro Dorothy Chandler Pavilion. Il complesso del Los Angeles Music Center comprende anche la sala da concerto Walt Disney Concert Hall sede della Los Angeles Philharmonic, dall’altra parte della strada, e alcuni altri teatri. L’ultima esecuzione di Così fan tutte di Mozart, in questa sede risale alla stagione 2011/2012, quando fu scelta per l’apertura. Il cast annoverava la allora poco nota Aleksandra Kurzak nel ruolo di Fiordiligi, Ruxandra Donose come Dorabella, Roxana Constantinescu come Despina, Ildebrando D’Arcangelo come Guglielmo, Lorenzo Regazzo come Don Alfonso e il tenore Saimir Pirgu, di origine albanese (e che interpretava un personaggio travestito da albanese) nel ruolo di Ferrando. In quell’occasione l’orchestra fu sempre diretta dal Maestro Colon. Tredici anni e mezzo dopo, e sebbene la Los Angeles Philharmonic abbia presentato la sua versione scenica nel 2014 diretta da Gustavo Dudamel, l’opera è tornata protagonista a Los Angeles, precisamente sul palco del Dorothy Chandler. Durante questo periodo le cose sono cambiate e per questa nuova produzione si è formato un buon cast di cantanti che univa la giovinezza e il talento di alcuni con l’esperienza di altri. Tra questi spiccava il tenore Anthony León, originario della regione, che ha mostrato qualità interessanti fin dai tempi in cui era membro dell’accademia del teatro, specialmente due stagioni fa nella sua primaproduzione importante nei panni di Don Ottavio nel Don Giovanni. Considerato un ottimo tenore di grazia dalla voce duttile e gradevole, León ha interpretato il ruolo di Ferrando con entusiasmo, arricchendo la sua performance vocale di ampi colori e sfumature.


Analogamente, il baritono Justin Austin ha dimostrato sicurezza, chiarezza ed eleganza scenica e vocale nell’interpretazione di Guglielmo. Tuttavia, un aspetto che ha penalizzato entrambi gli interpreti è stata la mancanza di corpo e spessore nelle rispettive voci, compromettendo la proiezione. Se non fosse stato per l’esperienza che il maestro Conlon ha messo nella sua lettura, i personaggi sarebbero stati poco udibili in diversi passaggi dell’opera. Il soprano Erica Petrocelli, anche lei ex allieva dello studio teatrale, ha offerto un’interpretazione apprezzabile del personaggio di Fiordiligi. Il suo sviluppo scenico è stato naturale e spontaneo, arricchito da un temperamento vocale di tutto rispetto e dalla nitidezza e musicalità della sua voce, cosa che è emersa positivamente nelle arie. Anche il mezzosoprano canadese Rihab Chaieb ha incarnato degnamente il personaggio di Dorabella, alla quale ha prestato una voce scura, soffice, dolce e morbida. Il baritono Rod Gilfry ha fornito un’esperienza interpretativa di buon livello nel ruolo del vecchio Don Alfonso, e sebbene la sua voce sia ferma e sicura, non si è distinto principalmente per questo, quanto per la sua performance attoriale, sebbene a volte abbia dato l’impressione di una certa stanchezza. Lo stesso si può dire del soprano Ana María Martínez, che ha portato avanti il suo personaggio in modo plausibile grazie alle sue ancora notevoli qualità canore, ma che, per il suo repertorio, non ha sviluppato una verve comica nella sua carriera, quindi la sua Despina è risultata un po’ stereotipata e priva dello spirito di animazione, vivacità e malizia che il personaggio richiede. Si evidenzia che nella versione ascoltata in questa produzione, per scelta di James Conlon, sono state reinserite arie solitamente omesse sulla scena, al fine di presentare una versione più completa e fedele alla partitura originale. Tra queste, l’aria del secondo atto di Ferrando (“Ah, lo veggio!” e “Tradito, schernito”), l’aria del secondo atto di Dorabella (“È amore un ladroncello”) e la meno nota aria di Guglielmo (“Rivolgete a lui lo sguardo”), tutte ben interpretate dai rispettivi cantanti. La parte scenica è stata egregiamente curata nell’appariscente allestimento ideato dal regista canadese Michael Cavanagh, scomparso prematuramente lo scorso anno. Su commissione dell’Opera di San Francisco, Cavanagh ha ideato le messe in scena per la trilogia Mozart- Da Ponte, ispirandosi all’architettura coloniale americana della regione nord-occidentale degli Stati Uniti. Elemento principale, presente nelle tre le opere, era la facciata in marmo di una casa che si adatta ad ogni titolo. Cavanagh ha ambientato Le Nozze di Figaro durante la Rivoluzione Americana e Don Giovanni nello stesso luogo, ma in un futuro distopico. Così fan tutte è stata ambientata negli anni Trenta del XX secolo, presso il lussuoso Country Club Wolfbridge, di cui Don Alfonso è amministratore. I quattro personaggi principali ne sono membri e trascorrono il tempo praticando sport, nuotando, prendendo il sole e giocando a tennis e ping pong. Giardini opulenti, piscine e saloni fanno parte delle scenografie, con immagini di paesaggi e boschi sullo sfondo, o di tramonti e albe. Durante alcune scene, il sipario si abbassava e i personaggi rimanevano tra il proscenio e il sipario stesso, riflettendo e cantando le loro arie in modo intimo, mentre sul sipario si realizzavano proiezioni di disegni architettonici del club, o inviti a eventi. La creazione delle scenografie e delle proiezioni, presentate in anteprima a San Francisco nel 2021, è stata affidata a Erhard Horm; i costumi, eleganti e allusivi agli anni Trenta, con alcuni elementi stravaganti, come i cappotti indossati dagli strani giovani albanesi, sono stati creati da Constance Hoffmann; le luci, fondamentali in questo allestimento, sono state curate da Jane Cox.

La regia di Shawna Lacey si è basata sulle indicazioni di Cavanagh, che intendeva rappresentare una società reduce dalla grande depressione economica. La visione attoriale è diretta: i personaggi sono ritratti come inesperti, privilegiati, fiduciosi, ma anche problematici, incoscienti e isolati dal mondo circostante, interessati unicamente al materialismo e alle apparenze, che li spingono a scommettere, come in un gioco, generalizzando sul controllo del comportamento femminile. In sintesi, la regia è stata curata, suscitando interesse e riflessioni sui temi trattati e su altri ancora, senza tralasciare una dose di comicità, a volte azzeccata, altre volte eccessiva, e alludendo ai soliti cliché, alcuni già visti, da cui molti titoli come questo sembrano non potersi allontanare. Il coro ha dimostrato professionalità e partecipazione, intervenendo quando necessario e sul palco membri del club si sono esibiti in qualità di cantanti. Sul podio, il maestro James Conlon ha diretto con il suo consueto entusiasmo, precisione e attenzione alle voci. All’inizio dell’opera, il suono dell’orchestra si è presentato irregolare, con squilibri e ritardi, e una certa lentezza, ma si è via via risolto nel corso rappresentazione, avvicinandosi a quel suono orchestrale così caratteristico e riconoscibile delle opere di Mozart. Nel complesso, lo spettacolo ha lasciato molta soddisfazione al pubblico presente, nonostante la sua durata. (3 ore e mezza). (La recensione si riferisce alla recita di sabato 22 marzo 2025)
Crediti fotografici: Corey Weaver per la Los Angeles Opera Nella miniatura in alto: il direttore James Conlon Sotto: belle istantanee di Corey Weaver sui protagonisti e i costumi dell'allestimento di Così fan tutte andato in scena a Los Angeles
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Pubblicato il 21 Febbraio 2025
L'opera ingiustamente dimenticata di Samuel Barber voluta e diretta da Gianandrea Noseda
Vanessa ripresa a Washington
servizio di Ramón Jacques
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WASHINGTON D.C. USA, Keneddy Center Concert Hall - La produzione operistica del prolifico compositore americano Samuel Barber (1910-1981) risulta essere limitata a tre titoli, tra cui spicca Vanessa, opera in tre atti (originariamente quattro), opus 32, su libretto in lingua inglese di Gian Carlo Menotti (1911-2007), compositore, librettista e regista italoamericano, autore a sua volta di venticinque opere. Vanessa fu composta tra il 1956 e il 1958 e la sua prima mondiale avvenne il 15 gennaio 1958 al Metropolitan Opera di New York, sotto la direzione musicale di Dimitri Mitropolous, con la regia di Menotti e un cast che comprendeva il soprano Eleanor Steber nel ruolo del titolo, il mezzosoprano Rosalind Elias in quello di Erika, il contralto Regina Resnik in quello della baronessa, il tenore Nicolai Gedda in quello di Anatol e il baritono Giorgio Tozzi in quello del vecchio medico. Pur presentando una trama avvincente e una brillante orchestrazione che ne fa una vera e propria opera americana di grande spessore (e il Premio Pulitzer conferito a Samuel Barber per questa composizione), l’opera è stata inspiegabilmente dimenticata nel corso della sua storia, soprattutto negli Stati Uniti (dove la produzione dei compositori americani è generalmente apprezzata). Non essendo mai riuscita ad affermarsi in repertorio, le possibilità di assistere a una sua rappresentazione scenica risultano molto limitate. Anche la storia delle riprese successive alla prima rappresentazione è limitata, sebbene siano state effettuate alcune riprese sul palcoscenico della première. Il debutto europeo è avvenuto nel 1958, al Festival di Salisburgo. Oltre ad alcune notevoli produzioni dell’Opera Theatre of St Louis nel 1988, si ricordano la coproduzione realizzata tra Washington e la Dallas Opera nel 1995, e le recite più memorabili nelle quali Kiri Te Kanawa interpretava il ruolo principale all’Opéra de Monte-Carlo nel 2001 e sui palcoscenici del Washington National Opera e della Los Angeles Opera nel 2004, che segnarono il ritiro del soprano dalle scene. Vanessa è stata recentemente rappresentata al Glyndebourne Festival in Inghilterra nel 2018 e allo Spoleto Festival nella citta di Charlotte, Carolina del Sud (fondato da Gian Carlo Menotti) nel 2023, dove era già stata rappresentata nel 1978 sotto la direzione dello stesso Menotti. L’annuncio della programmazione dell’opera nel 2025, in versione da concerto, con la Washington Symphony Orchestra, ha suscitato grande interesse tra gli appassionati, tra cui l’autore di questa recensione, che non avevano mai avuto modo di assistere a questo titolo che unisce il libretto drammatico di Menotti, ambientato in un castello di un paese del Nord Europa nel 1905, alla scrittura musicale classica di SamuelBarber, ricca di melodie nello stile degli anni ’50, e che ricorda le colonne sonore dei film di Hitchcock. La trama di Vanessa narra la storia di tre generazioni di donne le cui vite sono state profondamente segnate dall’arrivo di un misterioso straniero; Vanessa, abbandonata vent’anni prima dal suo amante Anatol, vive isolata nella sua villa con la madre e la nipote Erika. La sua storia esplora la ricerca del desiderio e dell’amore eterno mentre le passioni si infiammano e i segreti vengono rivelati, e la musica si carica di intensità, trasmettendo sentimenti di desiderio, rimpianto e persino speranza. È doveroso ricordare che meno di ventiquattro ore prima del primo dei due concerti eseguiti dall’orchestra (la presente recensione si riferisce alla seconda esecuzione), si è verificato un tragico incidente aereo sul fiume Potomac, a pochi chilometri dal Kennedy Center, sede della sala concerti dell’orchestra. In omaggio a questo tragico evento, l’orchestra ha eseguito una commovente versione dell’ Adagio per archi, l’opera più celebre di Samuel Barber, indubbiamente un brano classico emblematico del XX secolo.

In considerazione della prevista distribuzione commerciale e digitale delle registrazioni dei concerti, si è inizialmente optato per un cast interamente statunitense di cantanti di fama. Tuttavia, a pochi giorni dall’inizio delle registrazioni, si sono verificati dei forfait: Sondra Ravanovsky si è ritirata dal progetto, venendo sostituita dal soprano Nicole Heaston, già interprete del ruolo di Vanessa al Festival di Spoleto del 2023. Inoltre, Matthew Polenzani, che aveva interpretato il ruolo nella prima rappresentazione, si è dovuto ritirare alla seconda, venendo sostituito all’ultimo momento dal tenore Ganson Salmon. Quest’ultimo ha offerto un’interpretazione degna di Anatol, il giovane che seduce sia Vanessa che Erika, considerando che è arrivato in sala poche ore prima e soprattutto la sua presenza è servita affinché la rappresentazione non venisse annullata per mancanza di un tenore che conoscesse il ruolo Nicole Heaston ha mostrato una voce sana e di medio peso, ed è stata più efficace nel registro più acuto che nei gravi, mostrando poca chiarezza di dizione, oltre ad essere vocalmente soverchiata dalla fitta orchestrazione, con un'interpretazione che in termini generali sembrava priva del delirio e dell'ossessione che definiscono il personaggio, sebbene si potessero ascoltare alcune arie note, generalmente eseguite in recital come: «Do not Utter a Word" e la più drammatica «Why most the Great sorrows come". La rappresentazione in forma di concerto comporta inevitabilmente dei compromessi rispetto all’opera originale: il palcoscenico vuoto e gli abiti da concerto non hanno consentito di ricreare pienamente l’atmosfera gotica di Vanessa, la cui storia si presta indubbiamente a una resa scenica completa. Il ruolo di Erika, cantato da J'Nai Bridges, sembra mettere in ombra quello della protagonista e, nonostante il mezzosoprano inizialmente abbia avuto difficoltà con la proiezione e il peso della sua voce, la sua interpretazione è cresciuta di intensità nel corso del concerto e la sua performance vocale ha acquisito spessore, drammaticità e intensità man mano che il suo personaggio si avvicinava allo sfortunato destino. Erano anche presenti due interpreti illustri ed esperti: il baritono Thomas Hampson, che ha interpretato il Vecchio dottore con chiarezza, buona proiezione, voce robusta e variegata dai colori baritonali, risultando anche divertente e spassoso nella parte del suo personaggio alcolizzato, oltre che emozionante in “Under the willlow tree” che evocava i suoi flirt passati; e il mezzosoprano Susan Graham, che ha interpretato il ruolo della Vecchia contessa, madre di Vanessa, con una performance notevole e una padronanza della parte cantata e della recitazione in inglese, caratterizzata da intenzione in ogni parola e nella attuazione scenica. A completare il cast con i loro positivi contributi vocali c'erano il baritono Jonathan Bryan nel ruolo del Maggiordomo e il baritono Samuel Weiser in quello del Valletto. Il Coro da Concerto dell'Università del Maryland ha dato un ottimo contributo nelle parti ad esso assegnate sotto la direzione di Jason Max Ferdinand. Questo coro è un partner abituale dell’ensemble musicale nelle opere che ne richiedono la presenza.

Gianandrea Noseda, direttore musicale dell'orchestra della capitale degli Stati Uniti il cui contratto è stato prorogato per qualche altra stagione, ideatore e promotore del recupero di Vanessa, considera quest’opera un titolo di rilievo nel panorama del teatro musicale. Alla guida della National Symphony Orchestra, ha proposto una lettura a tratti frenetica, caratterizzata da tempi accelerati e da una maggiore densità musicale, a scapito, talvolta, della resa vocale. Nonostante lo stile di direzione, a tratti istrionico e gestualmente accentuato, Noseda è riuscito in genere a valorizzare la brillantezza della partitura, come nel prezioso preludio al secondo atto. La partitura, ricca di sfumature, offre un’ampia varietà espressiva, spaziando dalla passione alla nostalgia, dalla calma a un certo terrore, per giungere al quintetto finale, punto culminante della serata. Si tratta indubbiamente di un’opera meritevole che può essere apprezzata e che deve uscire da quel limbo in cui è rimasta relegata per troppo tempo. (La recensione si riferisce alla serata di sabato 1 febbraio 2025)
Crediti fotografici: Scott Suchman per il Keneddy Center, Concert Hall, di Washington (Usa) Nella miniatura in alto: il direttore Gianandrea Noseda Sotto: alcuni momenti dell'opera Vanessa in concerto a Washington
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Pubblicato il 18 Novembre 2024
Los Angeles Opera ha proposto il titolo pucciniano nell'allestimento del Teatro Real di Madrid
Madama Butterfly ciak si gira
servizio di Ramón Jacques
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LOS ANGELES (USA), Dorothy Chandler Pavilion - Il mese di settembre segna l'inizio di quasi tutte le stagioni dei teatri d'opera americani, e la Los Angeles Opera, uno dei teatri più importanti del Paese, che propone un'interessante offerta di titoli, ha inaugurato il proprio ciclo con la già celebrata e apprezzata Madama Butterfly di Giacomo Puccini (1858-1924) nel momento in cui si avvicina l'epilogo e la conclusione dell'anno commemorativo del centenario della morte del celebre operista.
 Una domanda che si sente spesso è: perché continuiamo a ricorrere a un titolo visto e rivisto? E la risposta semplice è nella musica, e nella capacità del compositore di toccare le corde più profonde dell’anima di un pubblico che continua a chiederla, continua ad vederla e continua sempre a goderne. Qui sta la grandezza di un compositore che consciamente, o forse inconsciamente, ha creato un modo per far emergere i sentimenti e comunicarli al pubblico in teatro in ogni riproposta del titolo. Non ci sono dubbi su quanto detto sopra, e ogni rappresentazione a cui assisto, anche se si potrebbe sostenere che sia dovuta a una routine non necessaria, mi dimostra l'universalità dell'arte di Puccini che ottiene sempre lo stesso effetto sul pubblico del teatro, in ogni paese o città dove viene ascoltato. Ma è qui che inizia il lavoro dei teatri. Come proporre questo titolo con una visione rinnovata o con un'angolazione diversa? Il soggetto è già noto, il risultato può variare a seconda del cast, del regista e dell'orchestra; il problema sta nel modo di allestirlo, nel packaging, per dirla in modo colloquiale. Per questo l'Opera di Los Angeles ha cercato oltre i suoi confini per trovare una nuova produzione scovandola al Teatro Real di Madrid, anche se il concetto e l'idea non sono così nuovi e sono già stati visti altre volte, e cioè l'idea hollywoodiana che colloca l'azione e la trama in un film ambientato negli anni ’30 del secolo scorso. In genere si parla del concetto di teatro nel teatro, in questo sarebbe quello del cinema nel teatro. La recita si è svolta sul palco aperto, e prima dell’inizio il pubblico poteva osservare ciò che accadeva in palcoscenico, come la presenza di vecchie cineprese, il personale addetto alle riprese che si muoveva sistemando gli ultimi preparativi, i tecnici, i truccatori, la troupe e le comparse vestite con costumi d'epoca. Un dettaglio che mi è piaciuto, prima dell'inizio, è stato vedere il maaestro James Conlon salire sul palco e salutare il cameraman e il regista, come se fosse lui stesso a supervisionare la scena. Pochi minuti dopo Conlon è sceso dal palco e, dopo l'esecuzione dell'inno americano da parte dell'orchestra, usanza molto comune all'inizio di qualsiasi stagione musicale, sinfonica, operistica o anche sportiva, ha dato inizio allo spettacolo. Allo stesso modo, menzionerò che le scenografie erano costituite da un enorme cubo rotante, con enormi colonne e porte scorrevoli, che ogni volta giravano per cambiare la prospettiva scenica, senza elementi a vista e con una semplicità e un minimalismo alla giapponese. La scena si realizzava all'interno di quel cubo e di quelle colonne. Con toni scuri e dorati, si è visto un allestimento semplice ma attraente ed estetico. Sullo sfondo c'era uno schermo dove venivano trasmesse alcune immagini e proiezioni, come i cambiamenti di colore nel cielo. Scene e idee erano di Ezio Frigerio, con gli appropriati abiti d'epoca e orientali ben disegnati da Franca Squarciapino, e le luci concepite da Vinicio Cheli, e qui realizzate dal tecnico delle luci messicano Pablo Santiago. La regia era del regista uruguaiano-catalano Mario Gas, che ha avuto il merito di soffermarsi particolarmente sul personaggio di Cio Cio San, sulla sua evoluzione, sui suoi comportamenti, sulla sua drammaticità e disperazione che la portava quasi a livelli di follia, per la sofferenza che provava, così come per il suo disprezzo per la cultura giapponese a cui apparteneva adottando un modo di recitare e di vestire “alla americana”. La regia di Gas è stata diretta e fluida, piena di forza ed emozione e capace di catturare l’attenzione.

Un altro pregio era che le comparse e la troupe, incaricate della realizzazione del film, non sono mai intervenute sulla scena né l'hanno ostacolata, rimanendo ai lati, e sebbene fossero visibili al pubblico, non costituivano una distrazione, né lo erano le cineprese. Da notare infine il dettaglio che tutta l'opera poteva essere vista integralmente, comprese le scene all'interno del cubo scenico, in bianco e nero, sull'enorme schermo posto in alto, mentre in basso si potevano leggere i sottotitoli e le traduzioni. Lo spettacolo è stato visto da persone anche al di fuori del teatro, come ad esempio sul molo della vicina città di Santa Monica, dove si è radunata una folla che lo ha guardato come se fosse un film in bianco e nero. In sintesi, l’obiettivo di un teatro situato vicino a Hollywood e al mondo cinematografico è stata pienamente raggiunto, e rientra in una lunga lista di collaborazioni con gli studi cinematografici. Un esempio, tra gli altri, è stato il fortunato e celebrato Trittico di Puccini che qualche anno fa riuscì a far incontrare Woody Allen con William Friedkin, il regista del film L'Esorcista. Dal punto di vista vocale e del disimpegno attoriale, l'attenzione si è concentrata sull'interpretazione del soprano coreano Karah Son nel ruolo di Cio Cio San, artista che ho scoperto cantare lo stesso personaggio a metà dello scorso anno a San Francisco, e anche se è prematuro parlare prevedendo il futuro di un artista - la sua padronanza del ruolo era totale nella recitazione e nel canto - si può affermare che quello di Butterfly è già un suo cavallo di battaglia, visto il numero di teatri in cui lo ha cantato. Quel che si è visto sul palco a proposito della Son è stato sorprendente, ammirevole e convincente. Il livello di drammaticità che ha dato alla sua caratterizzazione l'ha resa una donna, o una giovane donna come indica il ruolo, determinata, inequivocabile, che esprimeva il dramma, l'emozione e la sensibilità necessarie. La sua voce era ampia e aveva brio, colore e metallo. Ma il suo canto non si basa solo sulle note della partitura, perché le ha saputo trasmettere sfumature, chiarezza, una toccante fragilità, con la dolcezza dei pianissimo quasi sussurrati e commoventi, che poi è il modo appropriato per cantare questo ruolo. Ha sorpreso per la sua presenza scenica e per la fragorosa standing ovation che ha ricevuto alla fine, ricompensa minima per il suo lavoro.


Al suo fianco c’era la Suzuki del mezzosoprano coreano Hyona Kim, che si alternava anche a San Francisco con la Son, e per la sua recitazione perentoria e la sua prestazione vocale ha fatto risaltare il personaggio di Suzuki, che di solito è un personaggio sullo sfondo; e forse sono state proprio le recite dei due ruoli sostenute a San Francisco il motivo per cui Los Angeles le ha ingaggiate entrambe. Molto bravo il Pinkerton del tenore Jonathan Tetelman che, al suo debutto locale come protagonista; questo tenore ha mostrato ottima presenza e attitudine in palco. La sua voce era robusta, energica, omogenea, con un fraseggio elegante, e ha commosso per lo splendido uso del registro più acuto. Michael Sumuel, baritono americano di carriera in ascesa, nel ruolo del console Sharpless, ha mostrato buone qualità vocali, ha una voce importante e vigorosa, anche se nei movimenti e nell'aspetto scenico sembrava un po' rigido e distaccato dalla storia. Un cantante che sicuramente maturerà e il cui nome sarà sentito più spesso. Attivo e malizioso era il Goro del tenore Rodell Aure Rosell, così come determinato è stato il basso Wei Wu nei panni dello Zio Bonzo. Il resto del cast era composto da cantanti appartenenti al programma dei giovani artisti del teatro, i quali hanno contribuito con il proprio impegno: il soprano Gabrielle Turgeon nel ruolo di Kate Pinkerton, il basso baritono brasiliano Vinícius Costa nel ruolo di Commissario imperiale, il baritono Hyungjin Son nel ruolo del Principe Yamadori, il baritono Ryan Wolfe come Cancelliere ufficiale e il bambino Enzo Ma come Dolore. Il Coro dell'Opera di Los Angeles, diretto dal Maestro Jeremy Frank, si è dimostrato molto professionale e sicuro di sé, soprattutto nel "Coro a bocca chiusa" cantato da entrambi i lati del palco. È difficile immaginare che dopo vent'anni alla direzione musicale del teatro, James Conlon lascerà l'incarico alla fine della prossima stagione: l'esperto maestro americano ha lasciato la propria impronta su questa orchestra che interpreta ogni partitura con entusiasmo contagioso, passione e spirito, attenzione ai dettagli e una profonda ricerca delle sfumature orchestrali e musicali. Il contributo dato dal Maestro Conlon al teatro di Los Angeles sarà difficile da dimenticare. (La recensione si riferisce alla recita di sabato 21 settembre 2024 )
Crediti fotografici: Cory Weaver / Los Angeles Opera Nella miniatura in alto e a destra: il soprano Karah Son (Cio Cio San) Al centro: foto di scena della Madama butterfly "cinematografica" Sotto: ancora Karah Son con il tenore Jonathan Tetelman (Pinkerton)
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Parliamone
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L'elisir col bis della lagrima
intervento di Athos Tromboni FREE
ROVIGO - La provincia, si dice, potrebbe salvare il mondo dell'Opera. E riproporre il ritorno ad una teatralizzazione del genere fuori da psicodrammi inventati e fughe oniristiche dentro la provocazione, ridonando alla drammaturgia di un genere da museo (l'Opera, appunto, genere da museo ma vivente e vivace) la propria incontestabile significanza. La provincia, si dice, rappresenta la stragrande maggioranza del popolo dei melomani - chi considerasse dispregiativo questo sostantivo (melomani), oppure termine offensivo, o anche attributo di una categoria di "care salme" invaghite di acuti svettanti oltre il do di petto, è preda di sussieghi irritanti - e per questa verità statistica si può dire che la provincia è il campione rappresentativo dell'universo: se ciò è vero (ed è vero), il Teatro Sociale di Rovigo o il Luglio Musicale Trapanese, così come il Teatro Sociale di Como o il Teatro Pergolesi di Jesi, e tanti altri piccoli teatri, analizzati nella reazione del pubblico ad un allestimento operistico, valgono quanto i grandi templi della lirica italiani e stranieri
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Parla Leone Magiera
redatto da Athos Tromboni FREE
FERRARA - Quasi duecento giovani cantanti lirici provenienti da tutto il mondo stanno partecipando, in più giorni, alle audizioni presso il Teatro Comunale "Claudio Abbado" di Ferrara per le nuove produzioni liriche rossiniane di La Cenerentola e Il barbiere di Siviglia, in programma nelle prossime stagioni d'Opera del teatro ferrarese. Vogliono mettere
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Opera dall Estero
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Cosė fan tutte alti e bassi
servizio di Ramón Jacques FREE
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Saccon Génot ritorno a Ferrara
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FERRARA - Pubblico come sempre numeroso nel salone d'onore del Circolo Negozianti in Palazzo Roverella, ieri, vigilia di Pasqua, per il secondo concerto cameristico promosso dal Comitato per i Grandi Maestri fondato e diretto da Gianluca La Villa. Dopo i saluti del presidente del sodalizio, Paolo Orsatti, sono entrati i due cameristi già conosciuti e
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GENOVA - In un panorama operistico spesso dominato da titoli consolidati, emerge con prepotente originalità la produzione di Die Liebe der Danae, Op. 83 di Richard Strauss al Teatro Carlo Felice di Genova. Quest'opera, lungi dall'essere un mero reperto archeologico, si rivela un'esplorazione complessa e affascinante delle dicotomie umane, incastonata
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TORINO - Il Teatro Regio ha riportato in scena La dama di picche di Pëtr Il'ič Chajkovskij, in una nuova coproduzione con la Deutsche Oper di Berlino. L'opera si è rivelata un'autentica descente aux enfers, un'immersione nelle zone più oscure e tormentate dell'animo umano. L'allestimento, ideato da Graham Vick e portato a termine con
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FERRARA - Ferrara Musica al Ridotto è una rassegna "parallela" e si affianca alla programmazione maggiore di quella Ferrara Musica fondata da Claudio Abbado nel 1989. La rassegna maggiore ha il pregio di proporre i grandi interpreti (solisti, direttori, orchestre) in un cartellone che mira alto; la rassegna "parallela" si assume invece il compito di valorizzare
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Ferrara e Vivaldi connubio in musica
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È il quarto anno consecutivo che il maestro Federico Maria Sardelli è presente nel cartellone musicale del Teatro Comunale "Claudio Abbado" di Ferrara. Questa volta ha proposto al pubblico estense una Serenata a tre che è praticamente una pagina dimenticata del catalogo del "Prete Rosso". Sardelli è direttore d'orchestra, compositore,
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FERRARA - La prima esecuzione assoluta in tempi moderni di una pagina musicale molto bella di Antonio Vivaldi, la Serenata a tre RV 690, ha richiamato nel Teatro Comunale "Claudio Abbado" un buon numero di spettatori ed estimatori della musica del "prete rosso", tanto da registrare praticamente il tutto esaurito. Ancora una volta il majeuta è
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Chansons e Canzonette un viaggio raffinato
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Musiciennes pronipoti delle veneziane
servizio di Athos Tromboni FREE
FERRARA - Se a un gruppo di ottime musiciste si unisce una straordinaria violinista, il gioco è fatto: Jordi Savall, il direttore filologo specialista nella musica antica, non lesina mai sorprese (ogni volta che l'abbiamo ascoltato a Ferrara e in altri teatri o festival d'altre città, è sempre stato... sorprendente) anche stavolta non ha mancato di stupire:
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Eventi
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Bologna Festival programmi divulgativi
servizio di Athos Tromboni FREE
BOLOGNA - Presentato oggi nelle sale più bohèmienne che rustiche della Birreria Popolare della città felsinea il programma divulgativo di Bologna Festival, titolare anche del prestigioso calendario che va sotto il nome «Libera la musica» (i concerti di questa sezione del Festival fanno perno sulla presenza di "Grandi interpreti" che per il 2025 vedranno
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Opera dal Nord-Est
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Vecchio Barbiere sempre nuovo
servizio di Nicola Barsanti FREE
VENEZIA - Tornare al Teatro La Fenice per assistere a Il Barbiere di Siviglia di Gioachino Rossini in un’atmosfera gioiosa come solo il Carnevale di Venezia sa offrire, è un’emozione unica. Il pubblico, avvolto dalla magia della festa, accoglie con entusiasmo questa produzione che si conferma ancora una volta un successo. La regia tradizionale di
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Opera dall Estero
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Vanessa ripresa a Washington
servizio di Ramón Jacques FREE
WASHINGTON D.C. USA, Keneddy Center Concert Hall - La produzione operistica del prolifico compositore americano Samuel Barber (1910-1981) risulta essere limitata a tre titoli, tra cui spicca Vanessa, opera in tre atti (originariamente quattro), opus 32, su libretto in lingua inglese di Gian Carlo Menotti (1911-2007), compositore, librettista e regista
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Opera dal Centro-Nord
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L'orgiastico Rigoletto secondo Livermore
servizio di Nicola Barsanti FREE
FIRENZE - Il Rigoletto messo in scena da Davide Livermore al Teatro del Maggio Musicale Fiorentino prende vita in un contesto scenico marcato da toni goliardici e, in alcuni momenti, quasi orgiastici. Al centro della scena, un letto monumentale diventa il fulcro attorno al quale si muove il Duca di Mantova, circondato da donne seminude che lo venerano,
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Opera dal Nord-Ovest
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Uno Chénier dalla travolgente energia
servizio di Simone Tomei FREE
GENOVA - Uno spettacolo che coniuga eleganza e incisività visiva, nitidezza narrativa e varietà stilistica: Andrea Chénier di Umberto Giordano al Teatro Carlo Felice si conferma un trionfo senza riserve. La regia di Pier Francesco Maestrini, già apprezzata nei prestigiosi allestimenti di Bologna e Monte-Carlo, si distingue per la sua fedeltà alla
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Ballo and Bello
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Giselle comme ci comme įa
servizio di Athos Tromboni FREE
FERRARA - Il Russian Classical Ballet diretto da Evgeniya Bespalova ha recentemente portato in Italia Giselle, uno dei capolavori più amati del repertorio romantico: le diverse città italiane toccate prima di Ferrara sono state Lecce, Catanzaro e Avezzano. Si tratta di un balletto in due atti, con musiche di Adolphe-Charles Adam (e Ludwig Minkus,
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