Pubblicato il 10 Luglio 2022
Andato in scena con notevole successo di pubblico il musical Something Rotten
Qualcosa di marcio Shakespeare! servizio di Athos Tromboni

20220710_Fe_00_QualcosaDiMarcio_RiccardoRossiniFERRARA – Trionfo di pubblico nel Teatro Comunale “Claudio Abbado” per il musical Qualcosa di Marcio (Something Rotten), libretto di Karey Kirkpatrick e John O’Farrell, musica di Wayne Kirkpatrick, in scena per la prima europea proprio sul palcoscenico di Ferrara con tre rappresentazioni: la sera di sabato 9 luglio 2022 e due repliche oggi, domenica 10 luglio (ore 16 e 21).
Lo spettacolo, prodotto da BSMT Productions in collaborazione con la Fondazione Teatro Comunale di Ferrara, si è avvalso della regia di Mauro Simone, la direzione musicale di Shawna Farrell, le coreografie di Gillian Bruce e l’orchestra dal vivo diretta da Maria Galantino.
Le traduzioni dei testi delle canzoni e del libretto sono a cura di Franco Travaglio; ad interpretare le vicende dei fratelli Bottom e dell’iconico Shakespeare sono stati i giovani artisti della BSMT, l’Accademia di Musical di Bologna diretta da Shawna Farrell.
Si è trattato di uno spettacolo divertente. scritto da Karey Kirkpatrick e John O’Farrell con le musiche originali di Wayne Kirkpatrick, che ha debuttato a Broadway nel 2015 e che non aveva mai attraversato l’Oceano, fino a domenica 9 luglio 2022. Qualcosa di marcio è una storia geniale perché gli intrecci delle opere shakespeariane, che fanno da sfondo al racconto, si mescolano con le dinamiche della vita dei due fratelli scrittori.
Ecco la trama: nel 1590 i fratelli Nick e Nigel Bottom cercano disperatamente di scrivere una commedia di successo, ma sono perseguitati da continui insuccessi per la concorrenza di quella rock star rinascimentale nota come "Il Bardo", niente di meno che William Shakespeare. Nick, disperato, chiede aiuto ad un indovino locale, nipote del famoso profeta Nostradamus, il quale predice che il futuro del teatro prevede il canto, la danza e la recitazione; per questo i due fratelli Nick e Nigel decidono di scrivere il primo musical in assoluto della storia della musica. Ma tra l’eccitazione del successo e la volontà di battere sul tempo il famoso Shakespeare, i due si ritrovano a portare in scena un musical che si rivela un terribile flop e che li porterà in esilio fino in America dove potranno esportare questo nuovo e deleterio genere teatrale; e là - in America – il musical avrà successo, ma… nel futuro, come predetto dal nipote di Nostradamus.
Qualcosa di marcio è davvero stravagante, energico, ma soprattutto divertente, con numeri cantati e ballati travolgenti.

 

20220710_Fe_01_QualcosaDiMarcio_ShawnaFarrellDirettriceVocale20220710_Fe_02_QualcosaDiMarcio_MauroSimoneRegista20220710_Fe_03_QualcosaDiMarcio_GillianBruceCoreografa

 

Mauro Simone, che firma la regia, ha deciso di lavorare su due diversi piani di ascolto. Il musical, infatti, è ambientato nel 1590 e gli autori hanno preso spunto da tutte le opere scritte da Shakespeare, per esempio nella scelta dei nomi dei protagonisti, mescolando epoche diverse e anticipando temi che il drammaturgo inglese scriverà solo più avanti; nello stesso tempo ci sarà il vissuto quotidiano dei due fratelli Nick e Nigel Bottom.
Per legare insieme i due piani, il regista ha deciso di ambientare lo spettacolo al Globe Theatre, che verrà utilizzato sia come punto di riferimento per far capire al pubblico l’epoca storica rinascimentale londinese, sia come luogo di ambientazione per tutte le scene d’interni, solo pochi elementi scenici caratterizzeranno i diversi ambienti dei personaggi, proprio come avviene anche oggi negli allestimenti del Globe.
Si tratta dunque di “teatro nel teatro”: da una parte gli attori che declamano le battute sul palco e dall’altra la vita reale dei personaggi.
Dal punto di vista musicale, Shawna Farrell ha lavorato su più fronti musicali: Qualcosa di marcio è ricchissimo di generi, spazia dal canto tradizionale del menestrello che apre il racconto, al rap e fino al pop rock, senza tralasciare i grandi temi romantici come nel duetto I Love the way con melodie accattivanti accompagnate dal suono degli archi e i grandi cori tipici del musical alla Schönberg e Boublil. Tutto il musical è divertente, leggero, prende in giro se stesso con un gran pot-pourri musicale godibile, delizioso e spettacolare.
il susseguirsi di numeri musicali uno dietro l’altro rende lo spettacolo, anche dal punto di visto del ballo e della danza (coreografie di Gillian Bruce) molto ricco e pieno di energia con gli attori impegnati in grandi esibizioni Broadway-style e con diversi numeri di tip tap. Tutto è mescolato con spirito e intelligenza con un’incredibile varietà di citazioni che rendono il musical applauditissimo dal pubblico ferrarese.
Molto bravi e molto ben preparati tutti a cominciare dagli interpreti principali: Dario Napolitano (Nick Bottom), Marco Di Santo (Nigel Bottom), Riccardo Rossini (William Shakespeare), Vittoria Sardo (Bea), Alice Borghetti (Porzia) e Damiano Spitaleri (Nostradamus). Ma il plauso va esteso all’intera compagnia, un’altra quarantina di artisti suddivisi fra attori, cantanti e ballerini: tutti questi hanno ottimamente lavorato insieme agli interpreti principali.
Belli e ricchi di fantasia i costumi realizzati da Silvia Cerpolini e Fabio Cicolani; applausi anche per lo staff tecnico: direttore di scena Alessandro Di Giulio, disegno fonico di Tommaso Macchi, disegno luci di Emanuele Agliati.
(La recensione si riferisce allo spettacolo di sabato 9 luglio 2022)

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Crediti fotografici: Ufficio stampa BSMT Productions
Nella miniatura in alto: Riccardo Rossini (Shakespeare)
Al centro in sequenza: la direttrice musicale Shawna Farrell, il regista Mauro Simone e la coreografa Gillian Bruce
Sotto: i tre protagonisti maschili principali, Riccardo Rossini (Shakespeare), Dario Napolitano (Nick Bottom) e
Mirco Di Santo (Nigel Bottom), 





Pubblicato il 02 Gennaio 2022
L'operetta pių celebre e rappresentata di Franz Lehár miete successo anche nel tempio della lirica
Vedova per due cast servizio di Simone Tomei

20220102_Ge_00_LaVedovaAllegra_FrancescoAlibertiGENOVA - La Vedova allegra nasce da un sodalizio fortunato tra il compositore Franz Lehár ed i librettisti Vicktor Léon e Leo Stein; la sua genesi fu piuttosto travagliata nonostante sia diventata poi il titolo dei record nel suo genere. Come narra Pino Nugnes «… ebbe tuttavia una gestazione che definire «difficile» può apparire un eufemismo. Lo stesso Lehár riuscì ad aggiudicarsi lo spartito (che altri volevano affidare al più navigato Heuberger) facendo ascoltare al telefono il refrain del duetto "Hop là, hop là" al librettista Victor Leon. Karczag, direttore del Theater an der Wien, era così sicuro del fiasco di questa nuova creazione che arrivò ad offrire duemilacinquecento fiorini purché Lehár la ritirasse, prima ancora della première. Messa in scena con scene e costumi già utilizzati in precedenti operette, La vedova allegra fu tradotta in venticinque lingue, dettando moda nella storia del teatro e del costume
Sin dal suo affermarsi, questo genere musicale si è sempre più identificato come un «… luogo mentale, via via occupando in modo vicario uno spazio lasciato vacante nel corso del XIX secolo dalla progressiva espulsione del comico dalla musica di rango, e soprattutto dal teatro musicale di nobili origini. Nell'epoca idealistica e romantica, dominata da una rappresentazione essenzialmente tragica della realtà, viene così a confluire nell'operetta, e nei generi affini di teatro leggero, un mondo di umori rimasti orfani, la satira, l'umorismo, l'ironia, lo scherzo, la caricatura, ma anche di mezzitoni come il tragicomico, il semi-serio, il quasi patetico, il demi-larmoyant, che l'idealismo relega su un piano di minorità artistica e morale. Ma questa medietas estetica, a metà fra il nobile e il plebeo, fra l'autentico e il kitsch, offre all'operetta una possibilità di 'giocare con il linguaggio', di mescolare i livelli, di coniugare l'aulico con il volgare così da stendere su tutto un velo di ambiguità e generare costantemente il sospetto di un doppio senso. È appunto la natura particolare di questo rapporto col linguaggio, il quale implica distacco e consapevolezza del gioco e sospende ogni eccesso di immedesimazione - a costituire il filtro attraverso cui l'operetta tende a 'riscrivere' la realtà, a farne la parodia, sia quella corrosiva alla Offenbach sia quella indulgente e velata di Lehár. L'operetta, come è stato talvolta osservato, non è, in fondo, che un'opera comica che non si prende troppo sul serio.» (Andrea Lanza, Operetta, musa ironica e gentile).
Il Teatro Carlo Felice di Genova nell’allestimento andato in scena proprio a cavallo tra il 2021 e 2022 sembra essersi ispirato a questo concetto innovativo con il quale si identifica questo genere musicale trasportandoci con eleganza e leggerezza in un ambiente parigino giocoso, festante, ironico e talvolta scaltro.
Deus ex machina è stato proprio il regista Luca Micheletti che si è occupato anche di rivedere il libretto in italiano proveniente da una traduzione ormai consolidata - ancorché variata e adattata alle situazioni dei vari momenti in cui veniva rappresentata -, sia per quello che riguarda i dialoghi, sia per i numeri musicali. In merito a tale operazione letterale e ritmica lo stesso Micheletti coadiuvato dalla moglie Elisa Balbo afferma: «… abbiamo così pensato, com’è costume che ciclicamente avvenga per le operette, ad una nuova versione ritmica italiana, firmata da me e da Elisa Balbo. In essa conserviamo alcune traduzioni celebri di numeri ormai entrati nell’inconscio collettivo (da tace il labbro” a “è scabroso le donne studiar…”), ma ritraduciamo ex novo tutto il resto, ricostruendo nella nostra lingua il sistema metrico e ritmico dell’originale, restaurando spesso anche il testo musicale corrottosi nel tempo con ladattarvi parole forzate. Ogni grande classico, del resto, si perpetua attraverso la somma delle sue varianti: e lo spettacolo ne terrà conto non solo dal punto di vista drammaturgico, ma anche teatrale, omaggiando e citando, con ironia e levità, più dun secolo di rappresentazioni. Perché La Vedova allegra non è solo unoperetta, ma un sistema teatrale a sé stante, scintillante, autoironico e appena venato duna sublime malinconia

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Le scene ed i costumi di Leila Fteita hanno regalato atmosfere scintillanti che imperniandosi sull’idea drammaturgica si sono alternati tra “giri di valzer”, quale simbolo di un’epoca, ed “Teatro” quale scintillante rifugio fuori dal mondo che ci circonda. Ecco allora che una tavola rotonda imbandita ruota sulle prime battute dello spettacolo, una giostra sfolgorante di colori appare sul palcoscenico al secondo atto per poi sprofondare nei fondali del teatro ruotando su se stessa quasi a voler imitare proprio il giro di valzer. Tante sono le sfaccettature che si sono volute creare con lo scopo di regalare due ore di puro piacere ed ognuna di esse ha colpito nel segno. Il progetto luci di Luciano Novelli realizzate suggestivamente da Fabrizio Ballini hanno completato la realizzazione dell’allestimento.
Anche la conduzione di Asher Fisch non ha mancato l’obiettivo che si era prefisso: queste le sue parole: «… la morbidezza del suono, una certa rilassatezza tipicamente viennese è quanto, dai miei anni alla Volksoper di Vienna, porto nel cuore e cerco di trasmettere ogni qual volta la dirigo, per poter ricreare quello che doveva essere il suono originale del lavoro. Uno spirito sornione, che faccia da pendant” alla comicità irresistibile del suo testo: è questo il lato che amo sfoderare per contribuire a fare affiorare il sorriso sul volto del pubblico che, immancabilmente, la Vedova allegra sa regalare
Ecco dunque che gli aggettivi brillante, colorata, vellutata, passionale, languida e romantica possono trovare albergo in un commento di sintesi per una bacchetta che non ha mai tradito il palcoscenico, anzi, lo ha esaltato con un accompagnamento sempre consono e attento.
Un plauso particolare deve essere rivolto a Fabrizio Angelini che ha costruito delle coreografie molto gradevoli e pertinenti, bene eseguite dal corpo di ballo de Les Grisettes, Michela Delle Chiaie, Ginevra Grossi, Erika Marinello, Marta Melchiorre, Matilde Pellegri, Monica Ruggeri e dei Danzatori, Samuel Moretti, Giovanni Ernani Di Tizio, Tiziano Edini, Robert Ediogu, Matteo Francia, Andrea Spata.
Ottima la prova del Coro preparato e diretto al M° Francesco Aliberti come pure i professori d’orchestra del Carlo Felice che hanno vibrato in armonia con la bacchetta. Veniamo ai cast delle due recite seguite.

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Recita del 31 dicembre 2021 (primo cast)
Nei panni del Conte Danilo Danilowitsch  troviamo un superlativo Luca Micheletti che mette in campo doti attoriali e canore da manuale; il suo personaggio è volitivo, scaltro, sornione, a tratti ilare e la vocalità che lo accompagna non tradisce ogni intenzione caratteriale. L’entrata sull’auto d’epoca è esilarante, le note scorrono fiere e spavalde sempre ben a fuoco e la gestualità è ricca di cure e particolari che non passano inosservati.
Meno centrata l’Hanna Glawari di Elisa Balbo che soffre alquanto nella zona più centrale del rigo musicale dove fraseggio e potenza di suono di perdono sovente nel suono orchestrale. Delicata e ben interpretata invece la famosa aria della Vilja dove l’emissione trova maggiore sicurezza ed il fascino delle scene della festa pontevedrina incorniciano un quadro molto gradevole.
Spigliata, ma alquanto oca negli atteggiamenti – cosa che ritegno non sia –, la Valancienne di Francesca Benitez; se scenicamente – probabilmente per le scelte registiche – il personaggio non mi ha molto convinto, vocalmente trova il suo riscatto con brillantezza di suono ed elegante fraseggio; al suo fianco un Camillo de Rossilion interpretato da Pietro Adaini che pur ben calato nel ruolo si esprime vocalmente con suoni talvolta un po’ forzati e non perfettamente centrati. Ottimo senza se e senza ma tutto il resto del cast canoro: il Barone Mirko Zeta  Filippo Morace, il Visconte de Cascada  Claudio Ottino, Raoul de St. Brioche  Manuel Pierattelli. Kromow  Giuseppe Palasciano, Olga  Francesca Zaira Tripaldi, Bogdanowitsch  Luigi Maria Barilone, Sylviane Kamelia Kader, Pritschitsch Alessandro Busi, Praskowia  Letizia Bertoldi, Zozo  Federica Sardella.
Indiscusse le doti attoriali di Ciro Masella nei panni di un esilarante Njegus il quale si trova pienamente a suo agio tra ventagli, paillettes e spiritose gag; non da  meno è stata la prova del Maître Chez Maxim interpretato dall’attore Valter Schiavone che ha recitato un monologo intenso e commovente… da manuale.
Al termine applausi scroscianti per tutti in attesa dei festeggiamenti del capodanno.

Recita del 1 gennaio 2022 (cast alternativo)
L’assenza improvvisa del collaudato Ciro Masella nei panni di Njegus ha fatto sì che Valter Schiavone – avvisato poche ore prima della recita – sia accorso in sostituzione dell’indisposto. Coraggio da leone e bravura indiscussa hanno salvato la data e, nonostante qualche battuta saltata qualche piccolo rallentamento narrativo, la recita è non ha perso nulla del suo fascino e della sua piacevolezza.
Cambio anche per i protagonisti principali.

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Valentina Mastrangelo offre una prova maiuscola nei panni del title rôle; eleganza, fascino e vocalità omogenea fanno da cornice ad un’interpretazione davvero elegante; sensualità, languidezza ed un pizzico di civetteria si incastonano in un’emissione vocale che sa interpretare le varie sfaccettature del personaggio.
Michele Patti è un Conte Danilo Danilowitsch abbastanza corretto, ma non trova sempre nella vocalità il suo pieno riscatto: sa ammaliare attorialmente e convince nella zona più centrale della voce lasciando qualche dubbio negli acuti che spesso risultano appannati e poco luminosi.
Elegante e graziosa – anche se più marcatamente oca dell’interprete del giorno precedente – la Valancienne di Luisa Kurtz che sa gestire bene il fiato e con eleganza vocale interpreta in modo piacevole il simpatico personaggio.
Ottimo Emanuele d’Arguanno nei panni del Conte di Rossillon; i suoi acuti brillano, il colore è di pregio e la scena del Pavillon ha assunto un fascino davvero sublime. Quale Maître Chez Maxim un bravo Francesco Martucci sostituisce il previsto Valter Schiavone.
Dopo i bagordi dei festeggiamenti notturni il pubblico del teatro ha dimostrato con vigore il suo contento cosi da farci incamminare nel nuovo anno con tutti gli auspici che ognuno di noi ha nel cuore e con la piacevolezza di aver potuto gustare un’ottima produzione teatrale sotto ogni punto di vista.

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Crediti fotografici: Ufficio stampa del Teatro Carlo Felice di Genova
Nella miniatura in alto: il direttore Francesco Aliberti
Sotto in sequenza: immagini del primo e del secondo cast durante le due recite genovesi





Pubblicato il 26 Luglio 2021
Ottiene un meritato successo l'allestimeto dell'operetta di Franz Lehár sul palcoscenico del Verdi
Una Vedova che rinverdisce la tradizione servizio di Rossana Poletti

20210726_Ts_00_LaVedovaAllegra_AndreaBinettiTRIESTE, Teatro Verdi - Era il 27 febbraio del 1907 e al Teatro Filodrammatico di Trieste andava in scena la prima italiana di “La Vedova allegra”, l’operetta di Franz Lehár che ha avuto più successo in assoluto al mondo. Che a quel tempo Trieste fosse italiana nello spirito è vero, ma in quel momento era ancora il porto principale dell’Impero austro-ungarico e resterà tale fino alla fine del primo conflitto mondiale nel 1918, quando avverrà il cosiddetto “ribalton”, il passaggio al Regno d’Italia, portandosi dietro una catastrofe economica pesante e la fine di un ruolo internazionale che la città mai più riconquisterà. A Trieste convivevano, e lo fanno tuttora, molti gruppi etnici, tra cui numerosi i popoli slavi. In quegli anni nell’Impero si preannunciavano i primi segnali che condurranno poi alle guerre dei Balcani.
L’Operetta era stata fortemente contrastata a Costantinopoli e Trieste non fu da meno, con un doppio motivo: lo sfregio di Lehár al Montenegro, con la parodia del Pontevedro dalle casse vuote, e l’affronto all’Italia la cui regina Elena, veniva proprio da quel paese. All’inizio della rappresentazione volarono dal loggione biglietti contro il compositore viennese e ci furono strascichi sui giornali della città. Ma questa è storia ormai. Inalterata resta la passione per questa operetta, che racconta più di altre un mondo scomparso, decadente, delle diplomazie di un’Europa che a breve si frantumerà.
L’operetta è genere musicale controverso, che ha avuto molti detrattori, ma come alleato sempre e comunque il popolo, suo principale estimatore: oggi escluso inevitabilmente dalla sua fruizione al Verdi di Trieste per il costo dei biglietti non proprio popolare. La forza del pluridecennale festival, che si svolse nelle estati triestine, stava proprio in questo suo rivolgersi a tutti e le folle accorrevano a frotte, formando lunghissime file ai botteghini, fino a che non lo si fece più e la macchina si ruppe.
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Dei protagonisti in scena al Verdi di Trieste in questa edizione (23-27 luglio 2021), quelli che “funzionano” di più, che meglio interpretano lo spirito appunto, sono proprio coloro che la “macchina” la conoscono bene: il direttore Christopher Franklin e l’Orchestra del teatro, perfettamente a loro agio, e Andrea Binetti, che dell’operetta ha fatto il suo mestiere, il suo vessillo, la sua passione e vita.  Franklin gioca con l’orchestra, la fa entrare perfettamente in sintonia con la storia, aggiunge spunti musicali imposti dalla regia che cerca altrove stimoli di modernità. Ma la modernità è tutta lì in quell’interpretazione leggera, brillante, divertente del Niegus di Binetti, nella sua omosessualità senza cadute di stile, vezzosa e seria allo stesso tempo. E’ vero che l’operetta va ricondotta ad un linguaggio più moderno, rivisitata con intelligenza, ma anche con sobrietà per non cadere nel ridicolo e grottesco, talvolta visto proprio nel personaggio di Niegus qui al Verdi di Trieste, e per non dare ragione proprio a quei detrattori che vorrebbero cancellare questo genere di spettacolo dalle programmazioni dei teatri.
Nel complesso il gruppo in scena è ottimo, belle voci, e buona anche la parte recitata, che nell’operetta è molto presente e che richiede tempi di preparazione più lunghi.
Hanna Glawari è interpretata da Valentina Mastrangelo, bella come dev’essere la protagonista, un’affascinante ricca vedova che tutti corteggiano per l’avvenenza e soprattutto per i soldi. La sua voce ottiene un lungo e prolungato applauso per l’Aria della Vilja, che canta da un’altalena con le luminarie come nelle feste di paese.
Danilo Danilowitsch è Gianluca Terranova, non proprio un dandy viennese, più un godereccio romano, efficace però nel ruolo. L’altra coppia, Valencienne (Giulia Della Peruta) e Camille De Rossillon (Oreste Cosimo), ha belle voci ed è particolarmente applaudita dal pubblico.
Tra i comprimari, ma anche qui traspare la conoscenza del genere, Marzia Postogna interpreta una terribile Praskowia, che agita una frusta intimorendo tutti i presenti con sadica freddezza. E poi ci sono Clemente Antonio Daliotti (Barone Mirko Zeta), Andrea Schifaudo, (Raoul De Saint-Brioche), Filippo Fontana (Visconte Cascada), Gianluca Sorrentino (Bogdanowitsch), Federica Giansanti (Sulviane), Alessandro Busi (Kromov), Paola Francesca Natale (Olga) e Luca Gallo (Pritschitsch).
Lo spettacolo si infiamma con le scene delle feste e dei balli, nei costumi bellissimi della tradizione slava. Il corpo di ballo del Lviv National Academic Opera and Ballet Theatre fa la differenza, anche nella scena del famoso valzer, come eterea, agile ed elegante si presenta in occasioni più diverse la ballerina solista Cler Bosco, chiamata a fare da jolly delle situazioni. Un plauso particolare va dato al disegno luci dello spettacolo.
La regia è di Oscar Cecchi, le scene di Paolo Vitale, le coreografie di Serhiy Nayenko, e maestro del coro è Francesca Tosi. Il coro è come sempre ottimo, purtroppo costretto dalle norme anticovid alla immobilità in scena, problema questo che impedisce a tutta l’operetta quella fluidità necessaria per un suo completo apprezzamento.

Crediti fotografici: Uffico stampa Teatro Verdi Trieste
Nella miniatura in alto: Andrea Binetti
Sotto: una foto di scena dell'operetta andata in scena al Verdi di Trieste






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Abbiamo la Turandot dei prossimi 20 anni
intervento di Athos Tromboni FREE

20230916_Spoleto_00_Turandot_phRiccardoSpinellaSPOLETO – Il Teatro Lirico Sperimentale “A.Belli” ha messo in scena la Turandot di Giacomo Puccini come ultima opera della sua stagione lirica. Due le note salienti da mettere in rilievo: la prima, che l’allestimento ha scelto il finale di Luciano Berio rispetto a quello tradizionale di Franco Alfano; e la seconda, che nel ruolo della Principessa di Ghiaccio - la sera del 15 settembre al Teatro Nuovo - ha cantato la giovane Suada Gjergji e con essa il mondo del melodramma ha trovato la Turandot dei prossimi 15 – 20 anni, poi diremo perché.
Ma partiamo dalla prima nota saliente: il finale di Berio. È talmente bello musicalmente che meriterebbe di essere “espunto” dall’opera per costituire un brano a sé, di Puccini-Berio se proprio lo si dovesse cointestare. Fior di musicologi hanno spiegato e scritto perché Berio abbia rispettato più di Alfano gli appunti lasciati da Puccini morto prima di concludere l’opera.
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La Euyo prende residenza a Ferrara e Roma

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Pigmalione cattura l'attenzione
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Echi dal Territorio
Girolamo Frescobaldi fa 440
servizio di Edoardo Farina FREE

20231010_Fe_00_FrancescoCorti_phDoutreFERRARA - Dopo il prestigioso concerto di Riccardo Muti con l’Orchestra Giovanile “Luigi Cherubini” - che ne ha chiuso la stagione 2022/2023 - Ferrara Musica ha aperto quella successiva 2023/2024 con un’anteprima: è stata la straordinaria inaugurazione estiva del cartellone, il 13 settembre, con il clavicembalista Francesco Corti, presso
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Opera dal Centro-Nord
Una Fedora di gran lusso
servizio di Simone Tomei FREE

20231009_Pc_00_Fedora_AldoSisilloPIACENZA - Umberto Giordano rimase folgorato sia da Victorien Sardou - drammaturgo francese -  sia da Sarah Bernhardt quando nel 1889 ebbe modo di assistere al Teatro Bellini di Napoli alla rappresentazione di "Fedora". Alla richiesta di Giordano al commediografo francese di poter musicare il suo capolavoro, la risposta sembra sia stata «Si
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Echi dal Territorio
Archos Quartet suona D'Ambrosio
nota di Gianluca La Villa FREE

20231009_To_00_ArchosQuartet_AlfredoDAmbrosioTORINO - Infine giunse a Torino, nella bella sala ricca di spettatori di Palazzo Barolo, domenica 8 ottobre 2023 alle 17, il debutto torinese sia del Quartetto Archos sia della bella pagina di Alfredo D'Ambrosio per il suo Quartetto in Do minore op.42: un debutto in Italia, può dirsi, per questo Quartetto op.42 dato che la sua ultima esecuzione
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Opera dal Centro-Nord
Lombardi coinvolgenti con bella regia
servizio di Simone Tomei FREE

_20231008_Pr_00_LombardiAllaPrimaCrociata_MichelePertusiPARMA - Bianco e nero sono due facce della stessa medaglia e ne assumono  significati antitetici: bene e male, buoni e cattivi, vincitori e vinti e così via... È in questo modo che il regista Pier Luigi Pizzi - curatore di regia, scene, costumi e video - ha inteso mettere in scena al Festival Verdi di Parma I Lombardi alla prima crociata, opera giovanile
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Vocale
Commovente Nabucco a Fidenza
servizio di Simone Tomei FREE

20231007_Fidenza_00_Nabucco_GiampaoloBisantiFIDENZA (Pr) - Anche quest’anno il Festival Verdi esce dalle mura storiche del Teatro Regio di Parma e sposta alcune delle produzioni nei Comuni limitrofi della città nell’intento di coinvolgere altre realtà monumentali come il Teatro Magnani di Fidenza, un piccolo gioiello incastonato nella cittadina parmense che, nonostante l’esigua capienza, vanta
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Opera dal Centro-Nord
Trovatore non al top
servizio di Nicola Barsanti FREE

20230926_Pr_00_IlTrovatore_RiccardoMassi_phRobertoRicciPARMA - L’ennesima distorsione di uno dei massimi capolavori del Cigno di Busseto che in quest’occasione vede la prima rappresentazione di Il Trovatore nell’ambito del XXIII Festival Verdi di Parma potrebbe essere riassunta con due sentimenti: amarezza e delusione.
Se l’amarezza è dovuta ad una rappresentazione
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Opera dall Estero
La (R)evoluzione di Steve Jobs
servizio di Ramón Jacques FREE

20230925_00_LosAngeles_TheRevolutionOfSteveJobs_MasonBatesSAN FRANCISCO (USA), War Memorial Opera House, 22 settembre 2023. È stata finalmente presentata sul palcoscenico della San Francisco Opera la nuova opera The (R)evolution of Steve Jobs, un ambizioso progetto commissionato dai teatri americani di Santa Fe, Seattle e San Francisco, che ha avuto la sua prima assoluta nell'estate del 2017 al teatro
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Eventi
Il Torrione del jazz riparte
servizio di Athos Tromboni FREE

20230925_Fe_00_JazzClubFerrara_MarcoGulinelliFERRARA -  La 25.ma edizione della stagione del Jazz Club Ferrara si aprirà nel Torrione San Giovanni di Corso Porta Mare 112 venerdì 6 ottobre 2023 e si protrarrà fino al 30 aprile 2024. Oggi è stato reso noto dal presidente Federico D’Anneo e dal direttore artistico Francesco Bettini alla presenza dell’assessore alla Cultura del Comune di Ferrara, Marco Gulinelli
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Classica
Ottime voci per il Verdi sacro
servizio di Nicola Barsanti FREE

20230925_Pr_00_VerdiRequiem_OksanaLyniv_phRobertoRicciPARMA - Terrore e dubbio: i caratteri salienti della Messa da Requiem di Giuseppe Verdi.
La direzione di questo capolavoro sinfonico-corale è affidata al direttore ucraino Oksana Lyniv che nella prima parte, fino al terzetto Quid sum miser  trasmette ad hoc l’intensità drammatica della partitura, mentre assume un carattere meno intenso e quasi
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Jazz Pop Rock Etno
Ares Tavolazzi riceve il premio Tutte le Direzioni
redatto da Athos Tromboni FREE

20230923_Fe_00_TutteLeDirezioni_AresTavolazziVIGARANO MAINARDA (FE) - «Seduto in quel caffè io non pensavo a te e tutta la città…» è una parafrasi in questo caso; ma qui, questa, che è una delle più belle canzoni di Lucio Battisti e Mogol ci può stare, perché proprio il 29 settembre torna al Ristorante Spirito di Vigarano Mainarda la grande musica dal vivo: prende il via infatti la nuova stagione di
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Vocale
Ottimo recital di Lise Davidsen
servizio di Ramón Jacques FREE

20230920_00_LosAngeles_LiseDavidsen_phBenGibbsSANTA MONICA, California 17 settembre 2023 - Il giovane soprano norvegese Lise Davidsen ha debuttato a Los Angeles sul palco del Teatro Broadstage, situato nel sobborgo  di Santa Monica, il cui ciclo intitolato 'Celebrity Opera Recital Series' si è consolidato negli anni come tappa imprescindibile, quasi obbligata, per la presentazione,
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Pagina Aperta
La ricca stagione del Bonci
redatto da Edoardo Farina FREE

20230910_Cesena_00_TeatroBonci_ValterMalostiCESENA - Conferenza stampa del Teatro Comunale “Alessandro Bonci“ in data 7 settembre 2023: è stata definita la programmazione della stagione invernale 2023/2024 caratterizzata da un’ ampia scelta intesa come luogo di confronto, esplorazione e dialogo, ovvero filtro e racconto del nostro vivere, offrendo ancora una volta una visione
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