Pubblicato il 02 Luglio 2024
Il lavoro di Giacomo Puccini andato in scena al Regio di Torino č preda d'un originale regia
Trittico omogeneizzato da Kratzer servizio di Simone Tomei

20240702_To_00_Trittico_PinchasSteinbergTORINO - La stagione lirica 2023/2024 del Teatro Regio chiude i battenti con un ulteriore omaggio a Giacomo Puccini mettendo in scena Il Trittico. Un’opera, anzi tre, nelle quali si snocciolano eventi e situazioni assai dissimili tra loro; una eterogeneità che spesso stimola la fantasia di molti registi alla ricerca di un filo conduttore che possa armonizzare una visione completa così come concepita dal compositore.
Di idee - talvolta bislacche, talvolta geniali - ne è pieno il Teatro d’opera; detto ciò personalmente credo che si possano trovare delle similitudini tematiche nei tre atti unici: si pensi alla morte, si pensi all’amore (nelle sue molteplici forme), alla scaltrezza e, perché no, alla fede, nella sua più ampia accezione.
Questi sono solo alcuni anelli di congiunzione che potrebbero rappresentare un fil rouge tra le tre partiture, ma oltre ad un elemento che le “uniformi” si può andare oltre, alla ricerca cioè di qualcosa che le “intrecci” con l’intento di trovare rimandi - più o meno veritieri ed opportuni - tra le eterogenee situazioni e personaggi.
Ecco quindi che l’idea registica partorita da Tobias Kratzer (già presentata con molti mal di pancia nel Théâtre Royal de la Monnaie di Bruxelles) volge in questa direzione. Ludivine Petit riprende la regia di Tobias Kratzer, Rainer Sellmaier firma scene e costumi, ripresi da Clara Hertel, Bern Purkrabek ha creato le luci, riprese per l’occasione da Gianni Bertoli, i video sono di Manuel Braun, Jonas Dahl e Janic Bebi sono collaboratori ai video, Matthias Piro è assistente alla regia video.
Dunque, cosa c’entra Michele del Tabarro, con l’amore tra Rinuccio e Lauretta dello Schicchi?
Cosa lega le vicende del convento, dove è reclusa Suor Angelica, alle passioni erotiche di Giorgetta e Luigi del Tabarro?
Cosa accomuna il testamento di Buoso Donati del Gianni Schicchi con lo strazio della scelta estrema di Suor Angelica?

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Ad una mente normale apparentemente nulla, ma Kratzer ha voluto realizzare queste “consonanze” - o forse meglio dire forzature - con piccoli accorgimenti atti ad armonizzare visivamente i tre atti unici mediante rimandi azzardati all’interno delle varie drammaturgie.
Il meno probabile, quello in Tabarro - anche perché è la prima opera ad andare in scena - è consistito nel mostrare un piccolo filmato rappresentate il finale del Gianni Schicchi con le effusioni dei due giovani innamorati, proprio mentre Michele medita sulla sua disperazione per l’amore ormai svanito di Giorgetta.
Suor Angelica, o meglio le suore del convento, si troveranno invece alle prese con una sorta di “fumetto proibito” in cui risultano facilmente riconoscibili i personaggi ed i colori del Tabarro.
Infine nell’atto comico dello Schicchi, Buoso Donati ancora vivo sta ascoltando il vinile del finale di Suor Angelica e nell’estasi del momento cambia il testamento già redatto e lo nasconde proprio dentro la custodia del disco; ecco quindi che subito dopo è colpito da infarto fulminante e muore.
Questa è in sintesi la descrizione di quanto il regista tedesco ha messo in scena, e se l’idea può essere anche originale - ma a mio avviso troppo azzardata - la realizzazione scenica è stata alquanto deludente con l’eccezione in parte, dell’atto centrale di Suor Angelica.
La struttura del Tabarro ci porta in una Parigi moderna: la scena è suddivisa in quattro sezioni come una pagina a fumetti, dominano il bianco e il nero cuciti da un cielo rosso sangue. Il titolo dell’opera compare come elemento scenico in alto a sinistra ed è scritto in lettere cremisi come il fumetto cui il regista si è ispirato: Parigi è come Sin City, la graphic novel e il relativo film noir di Frank Miller e Robert Rodriguez.
Come già accennavo, meglio senza dubbio Suor Angelica: non esiste quasi scenografia ed il palcoscenico è costantemente riempito da un video in bianco e nero che, in maniera didascalica, illustra i vari momenti dell’opera con i titoli che appaiono come nel libretto. Lo spettatore è quindi guidato passo passo nel comprendere quello che i cantanti interpretano, ma anche qui ci sono forzature e stravaganze che minano l’ardita idea originaria. In scena troviamo rappresentati fantomatici disturbi alimentari delle converse - le vediamo ingozzarsi di pringles e nutella e poi vomitare nei lavandini dei bagni - oppure i “pruriti sessuali” di due sorelle mentre di nascosto leggono il già succitato “fumetto proibito” (unico elemento a colori del video) immaginando di trovarsi immerse in quelle passioni amorose. La rivista viene quindi scoperta dalla Suora Zelatrice e bruciata nel fuoco di un camino cui seguirà un incendio che distruggerà l’intero convento e dal fumo che si spande nell’atmosfera apparirà il “miracolo” descritto dal librettista Forzano.

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Infine Gianni Schicchi che viene rappresentato come se i protagonisti fossero dentro un reality show con tanto di pubblico su gradinate disposte sul palcoscenico che applaude o interagisce con gli artisti grazie a suggerimenti di assistenti di studio. Anche qui il fine primo - quello del rimando tra i tre momenti operistici - è tendenzialmente vanificato da scelte di dubbio gusto: oltre l’idea grottesca del reality, una vasca idromassaggio scende dall’alto e in essa i parenti sguazzano in costume da bagno, il tutto poi, è intriso di una comicità troppo forzata, ai limiti del ridicolo.
Fino a qui il “visto” scenico-registico, ora passiamo al “sentito”.
A calcare il palcoscenico un artista di grande levatura professionale ed umana ha dato vita ai personaggi di Michele (Tabarro) e Gianni Schicchi: Roberto Frontali: in entrambi i ruoli ha saputo evidenziare con cura ogni aspetto peculiare del loro carattere sottolineando ogni sfumatura del rigo musicale. In Michele la voce tornita e salda si è sviluppata con un canto sempre ben centrato, intonazione perfetta e fraseggio encomiabile; ciò gli ha permesso di enfatizzare gli accenti più melanconici con quella dose di sofferenza necessaria per poi esplodere con “ira funesta” nella grande aria che prelude al gesto finale. Nello Schicchi la parola scenica diventa protagonista e l’aderenza della voce al testo rende ogni frase perfettamente intellegibile, scaltramente cinica e garbatamente sorniona e canzonatoria.
Elena Stikhina, impegnata anch’essa nel doppio ruolo di Giorgetta e Suor Angelica, ha mostrato un’alternanza di risultati. Nel primo la voce sembra adattarsi poco al personaggio e manca di quella “polpa” necessaria per spiccare in maniera convincente: gli acuti sono piuttosto deboli ed anche la zona centrale non risulta pienamente a fuoco. Meglio senza dubbio nel secondo ruolo che richiede un canto più spianato in cui sa far emergere un buon legato; manca anche qui però il trasporto necessario a rendere le emozioni e le intenzioni in modo convincente e sentito.
Il Luigi di Samuele Simoncini è denso di sfumature e accenti sempre appropriati, gli acuti sono ben piazzati e la necessaria irruenza del focoso amante del Tabarro si percepisce grazie ad un canto sonoro e ben proiettato.
Brilla come uno smeraldo in un “solitario” la figura della Zia Principessa di Suor Angelica interpretata da Anna Maria Chiuri: la sua “manifestazione” sul maxischermo - conoscendo l’indole della nobildonna - è pietrificante. Lo sguardo, le movenze, i piccoli movimenti del viso la rendono indubbiamente credibile e poi, la voce! Il colore scuro, quasi demoniaco, abbraccia tutta la sala; ogni parola è scolpita e diventa una coltellata per la nipote suora, ma anche per noi che ascoltiamo estasiati.
Lo stuolo dei personaggi di fianco non è comunque da meno.
Seguendo l’ordine di apparizione Roberto Covatta si rivela prima un bravissimo Tinca e successivamente un convincente Gherardo. Il tutto grazie ad un’emissione precisa, sempre ben a fuoco e pregna di intenzioni.
Gianfranco Montresor (prima Talpa e poi Simone) sa ben mettere in luce un canto a servizio della parola che rende i due personaggi estremamente convincenti.
Annunziata Vestri regala inizialmente una figura della Frugola estremamente sciantosa, vocalmente centrata e mai sconveniente, per poi trasformarsi nell’arcigna Suora Zelatrice cui è affidata la disciplina del convento.

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Completano il cast del Tabarro Lucrezia Drei e Matteo Mezzaro (Giovani amanti) - entrambi avranno un ruolo di rilievo nel Gianni Schicchi - e i solisti del Regio Ensemble Enrico Maria Piazza (Venditore di canzoni) e Irina Bogdanova (Voce di sopranino).
In Suor Angelica merita evidenziare la precisione e cura vocale di Monica Bacelli (La Badessa) citando con encomio tutte le altre: Tineke Van Ingelgem (La suora infermiera e La maestra delle novizie), Lucrezia Drei (Suor Genovieffa), Annelies Kerstens (Suor Osmina), Emma Posman (Una novizia e Prima conversa), le soliste del Regio Ensemble Ksenia Chubunova (Suor Dolcina e Seconda conversa) e Irina Bogdanova (Prima sorella cercatrice). Nel ruolo di Seconda sorella cercatrice e Seconda suora Lyudmyla Porvatova, Prima suora Jang Eun Young e Terza suora Laura Lanfranchi.
L’ilarità ed il divertimento che scaturiscono in Gianni Schicchi trovano un validissimo appoggio nell’interpretazione di due artisti già nominati in precedenza: Lucrezia Drei è una convincente Lauretta che intona un “Oh mio babbino caro” cesellato di sfumature e Matteo Mezzaro (Rinuccio) mostra un canto sicuro e tornito di accenti più che convincenti.
È sempre un piacere vedere in scena l’ottuagenaria Elena Zilio (Zita) che, seppur vocalmente offra un piacevole sonoro declamato (intonato e denso di nitore), scenicamente è una vera leonessa da palcoscenico che non teme le avventate scelte registiche.
Encomi per gli altri personaggi di fianco: Irina Bogdanova (Nella), Tyler Zimmerman (Betto di Signa), Andres Cascante (Marco) Tineke Van Ingelgem (La Ciesca), Roberto Accurso (Maestro Spinelloccio e Ser Amantio di Nicolao), Marco Sportelli nel ruolo di Pinellino calzolaio, Roberto Calamo è Guccio tintore e Ludovico Longo è il piccolo Gherardino, Riccardo Mattiotto è bravo attore nel ruolo muto di Buoso Donati.
Il M° Pinchas Steinberg, alla guida degli ispirati complessi musicali del Teatro Regio, delinea con precisione i differenti caratteri delle tre partiture andando a cogliere gli aspetti più reconditi e facendone emergere sonorità e intenzioni. Nella piccola introduzione del Tabarro evidenzia con precisione la melanconia del “suono” della Senna, per poi addentare con vigore i momenti più drammatici. In Suor Angelica il colore diventa più rarefatto ed il languore personale della protagonista si fa pienamente musica. Nel Gianni Schicchi brillano le genialate pucciniane ed ogni struttura musicale riesce a snocciolare in maniera sublime l’intesa con il palcoscenico.
Il Coro diretto dal M° Ulisse Trabacchin, esegue puntualmente gli interventi ad esso affidati; ottimo anche il Coro di voci bianche preparato dal M° Claudio Fenoglio.
Pubblico non troppo numeroso, ma sonoramente plaudente per tutti
(La recensione di riferisce alla recita di domenica 30 giugno 2024).

Crediti fotografici: Daniele Ratti per il Teatro Regio di Torino
Nella miniatura in alto: il direttore Pinchas Steinberg
Sotto, in sequenza: panoramiche su Il tabarro, Suor Angelica e Gianni Schicchi





Pubblicato il 18 Giugno 2024
In scena il capolavoro buffo di Rossini realizzato dall'Accademia dell?Opera Carlo Felice
Il Barbiere dei giovani servizio di Simone Tomei

20240618_Ge_00_IlBarbiereDiSiviglia_GiancarloAndrettaGENOVA - La stagione operistica del Teatro Carlo Felice di Genova chiude i battenti con l'attesa rappresentazione di Il barbiere di Siviglia di Gioachino Rossini in una produzione datata 2005 del Teatro del Maggio Fiorentino. Non sono nuovo nella visione di questo allestimento scenico che vede la firma registica e dell’impianto scenico di Damiano Michieletto, (ripresa a Genova da Andrea Bernard), costumi di Carla Teti, luci di Luciano Novelli.
Ho già scritto in passato il mio pensiero in merito a questa “mascherata” e rimando il lettore all’articolo fiorentino che potete leggere qui (8 settembre 2015). Cito solo dal comunicato stampa le idee espresse dallo stesso Michieletto che, ora come allora, non sono riuscite a convincermi: «È una produzione incentrata sugli stilemi della commedia dell’arte, della quale riprendo le maschere, che diventano i personaggi (immaginando ad esempio Don Bartolo come Pantalone, Figaro come Arlecchino, Rosina come Colombina). Nei costumi non c’è niente che si riferisca esplicitamente alle maschere, il riferimento è piuttosto nell’impostazione del gioco teatrale, nel registro. Il tono è volutamente naïf, mi sono concentrato sulle dinamiche teatrali con un linguaggio semplice. Lo spettacolo va alla radice e punta alla comicità, non vuole veicolare messaggi ma trasmettere il ritmo drammatico e dargli forza con un gioco di interpretazione non scontato e con una messa in scena molto semplice
Questa volta oltre ad un generale fastidio nel percepire una presenza troppo marcata di elementi inutili e disturbanti è sopraggiunta anche la noia - condivisa con altri spettatori - che, se non fosse stato per la musica, sarebbe rimasto l’unico ricordo di questo pomeriggio musicale.

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E come dicevo, la musica è stata eccellentemente servita dal M° Giancarlo Andretta alla guida dell’Orchestra del Teatro Carlo Felice.
Nelle sue note di direzione il M° Andretta ha dimostrato attenzione e amore particolari per il cigno di Pesaro: «... Riaprire la partitura del Barbiere di Siviglia e tornare a studiare Rossini con assoluta cura e sempre nuovo amore è un momento di vera “salute”, come tornare dal dottore per un’efficace cura di pulizia direttoriale. Ora sta accadendo per questa produzione dell’Opera Carlo Felice Genova in cui due ottimi cast di giovani cantanti dell'Accademia dell'Opera preparano il loro debutto nel Barbiere di Siviglia. Insieme ai giovani artisti ci siamo posti l'obiettivo di evitare qualunque routine, abitudini e consuetudini che non arrivano da Rossini e che certamente non lo avrebbero reso felice. Sappiamo che bisogna prepararsi come se fosse per la première del 20 febbraio 1816. Siamo ora nel vivo delle prove, e siamo fiduciosi di far sorridere il Maestro Rossini che da Lassù ci controlla, per creare e donare ore di pura gioia musicale e teatrale
E così abbiamo ascoltato una lettura asciutta, essenziale, con precise agogiche interpretative coerenti con lo spirito rossiniano. Avendo a disposizione cantanti preparati, ma ancora “in erba”, non ha fatto mai mancare il sostegno necessario con il gesto e con tempi appropriati, creando un’intesa sana e virtuosa tra buca e palcoscenico.
Come accennato in questo contesto, la compagnia di canto era formata dagli allievi che hanno frequentato l’Accademia di alto perfezionamento e inserimento professionale per cantanti lirici dell’Opera Carlo Felice, nell’ambito di un progetto finalizzato sia alla formazione dei giovani talenti della lirica - sotto la direzione artistica di Francesco Meli, il coordinamento di Serena Gamberoni e la direzione musicale di Davide Cavalli - sia al loro effettivo debutto.
Senza dubbio tutti gli interpreti hanno mostrato una buona preparazione scenica affrontando le bizzarrie registiche con verve e scaltrezza.
Vocalmente si rendono però necessari alcuni distinguo.
Carlo Sgura è un Figaro spigliato e baldanzoso che non teme il ruolo, anzi è talvolta temerario e paga questa audacia con la restituzione di un canto non sempre curato e con alcuni affanni negli acuti; la voce è di buona fattura, ma Figaro è Figaro e richiede un tantino in più di maturità vocale che non dubito possa arrivare con il tempo.
Anche la Rosina di Greta Carlino sconta poca dimestichezza con il ruolo e con il palcoscenico restituendo un personaggio poco conforme alla sua natura scaltra e viperina. La voce non straborda e nelle agilità spesso il suono si impasta.

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Paolo Nevi è un interessante Conte di Almaviva la cui voce gode di squillo argentino che arriva in sala in maniera nitida e cristallina; come il suo Maestro di Accademia tende talvolta a gigionare sulle note impervie con risultati non sempre corretti e talvolta fuori stile.
Voce interessante quella di Gianpiero Delle Grazie nei panni di un convincente Don Bartolo, a mio avviso il migliore in campo. Il timbro bass-baritonale non fatica ad emergere ed ho notato nel canto una particolare cura dell’emissione, un fraseggio curato e una padronanza piena del ruolo.
Anche Davide Sabatino (Don Basilio) non è stato da meno seppur la sua voce, a mio avviso, sia più tendente al baritono che non al basso; unica pecca la puntata non propriamente opportuna - comunque ben riuscita - in acuto nel finale dell’aria.
Ottima la Berta di Gabriella Ingenito; voce potente, intenzioni ottime e grande scena attoriale.§
Ernesto de Nittis è un corretto Fiorello e Angelo Parisi emerge nella piccola parte di Un Ufficiale.

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Il Coro con le sole sezioni maschili preparato e diretto dal M° Claudio Marino Moretti - relegato in buca per non disturbare le fantasie registiche - ha assolto il suo dovere con precisione.
Bravi i mimi che hanno coadiuvato la scena e dopo il piroettare di palloncini giganti sul finale dell’opera il pubblico genovese tributa ovazioni per tutti.

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In conclusione cito un pensiero del Presidente ad interim della Regione Liguria Alessandro Piana quale sintesi di una fortunata stagione teatrale: «... una Stagione lirica intensa quella dell’Opera Carlo Felice Genova, con scelte capaci di osare unite a grandi classici, come dimostrano compiutamente l'apertura e la chiusura.  L'inaugurazione del 13 ottobre scorso con A Midsummer Night’s Dream di Benjamin Britten ha saputo stupire, mentre la chiusura di questi giorni attira il pubblico con un titolo notissimo di Rossini e con i talenti dell'Accademia di alto perfezionamento e inserimento professionale per cantanti lirici dell’Opera Carlo Felice. Non ci poteva essere elemento migliore per dare l’idea di uno sguardo proteso al futuro, ai prossimi eventi che verranno così come ai nomi di domani. Una scelta premiante e dall’alto valore simbolico, molto importante per Genova e per tutta la Liguria
Mi unisco alle gratificanti parole di Piana e concordo con la grande professionalità e lungimiranza del Sovrintendente Claudio Orazi e del direttore artistico Pierangelo Conte.
In attea di conoscere i titoli della futura stagione, come corrispondente vorrei ringraziare la Sovrintendenza - in particolare la Sig.ra Delfina Figus - per la gentile e calorosa accoglienza che l’ha sempre contraddistinta.
Alle prossime avventure nella “Superba”.
(La recensione di riferisce alla recita di domenica 16 giugno 2024)

Crediti fotografici: Ufficio stampa del Teatro Carlo Felice di Genova
Nella miniatura in alto: il direttore Giancarlo Andretta
Sotto: Paolo Nevi (Conte d'Almaviva) e Greta Carlino (Rosina)
Al centro in sequenza: Greta Carlino e Carlo Sgura (Figaro); Angelo Parisi (Un Ufficiale); ancora Greta Carlino; Gianpiero Delle Grazie (Don Bartolo)
In fondo: panoramica sui costumi e saluti finali del cast





Pubblicato il 25 Maggio 2024
L'opera di Verdi pensata per i teatri inglesi č andata in scena al Carlo Felice di Genova
Il Corsaro piace servizio di Simone Tomei

20240525_Ge_00_IlCorsaro_FrancescoMeliGENOVA - Prosegue con successo e volge al termine la stagione lirica del Teatro Carlo Felice di Genova: nel penultimo appuntamento con il suo pubblico mette in scena il melodramma verdiano in tre atti Il Corsaro su libretto di Francesco Maria Piave, tratto dall’omonimo poema “The Corsair” di Lord Byron. La sua prima rappresentazione fu a Trieste al Teatro Grande il 25 ottobre 1848, ma il compositore stesso non fu mai soddisfatto di questa partitura.
C’è una frase nella cabaletta del terzo atto che ben si attaglia alla visione dello stesso Verdi di quest’opera: «Sia l’istante maledetto che dal foco ei ti salvava
L’idea del soggetto venne proprio dall’editore Francesco Lucca - probabilmente per una ripicca contro Ricordi - con il quale Verdi firmò il contratto per i diritti su tre opere, una della quali da rappresentarsi a Londra. A quanto pare Lucca fu il primo ad istituire il sistema, in seguito adottato da Ricordi, in base al quale la commissione partiva dall'editore, che poi di conseguenza si assumeva l'onere di farla rappresentare in modo adeguato.
In un teatro inglese un soggetto inglese: fu questo il ragionamento di Verdi in base al quale egli propose per l'Opera londinese il poema byroniano "The Corsair". L'editore Lucca dubitava forse dell'effetto che su un pubblico britannico avrebbe potuto produrre un'opera italiana derivata da un classico letterario di casa; sua moglie Giovannina suggerì invece l'episodio di Ariodante dall' "Orlando Furioso", il quale dopo tutto si svolgeva in Scozia - anche se si tratta di una Scozia che chiunque tra i suoi figli farebbe fatica a riconoscere! Peraltro Verdi rispose picche: «... io faccio o il Corsaro o niente. Le sue ragioni non m'han fatto che parere più bello questo soggetto
Altri eventi distolsero l’autore da questo titolo e lo stesso Francesco Maria Piave, non sentendo più parlare del "Corsaro", immaginò che Verdi avesse perso ogni interesse per questo soggetto e gli chiese la restituzione del libretto al fine di utilizzarlo per qualche commissione. Ma Verdi come tutta risposta gli consigliò di farsi curare il cervello: «Ma che? Sei diventato matto o il sei per diventare! Che io ti ceda il Corsaro? ... Quel Corsaro che ho vagheggiato tanto, che mi costa tanti pensieri, e che tu stesso hai verseggiato con più cura del solito?... »

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Nonostante la prima triestina con una compagnia di canto eccezionale - Gaetano Fraschini, il tenore preferito di Verdi, nel ruolo del protagonista; Marianna Barbieri-Nini, la prima Lady Macbeth, nella parte di Gulnara; il Pascià Seid era impersonato da Achille De Bassini - Verdi non era presente e il campanilismo locale diede ostile accoglienza all’opera. Anche in altri teatri questa partitura non suscitò troppo entusiasmo e lo stesso Verdi non dimostrò in seguito grande attaccamento a quest'opera e, quando apprese che si intendeva rappresentarla a Napoli, reagì in modo scoraggiante.
Tornando alla rappresentazione genovese, questa produzione ci conduce nel mondo dei corsari e dei loro antagonisti in maniera equilibrata e precisa. Lamberto Puggelli (regista) sembra voler immergere questo capolavoro in un romanzo di Emilio Salgari con un protagonista molto simile a Sandokan, eroe della Malesia. Il mare, le vele, talora spiegate, talora raccolte, scandiscono con precisione i vari momenti dell’opera. Anche i colori diventano didascalia e si alternano tra il rosso, giallo oro ed un tenue grigio.

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Fanno da corredo alla visione i sontuosi costumi di Vera Marzot, le scene di Marco Capuana e le luci di Maurizio Montobbio.
Ottima la preparazione delle scene duellanti che vengono ben preparate dal maestro d’armi Renzo Musumeci Greco.
Nel cast il ruolo del corsaro Corrado è interpretato dal tenore genovese Francesco Meli che, in un ruolo non troppo acuto come questo, riesce a trovare la quadra per quanto riguarda accenti ben piazzati e fraseggio da manuale.
Buono il contributo di Irina Lungu nel breve ma impegnativo ruolo di Medora. A lei spetta la pagina più nota dell’opera "Non so le tetre immagini", l’aria che apre la seconda scena del primo atto, dove però l’interprete ha poco “osato” lasciando il posto ad una delicatezza sin troppo rassegnata e ad un’emissione remissiva che rifletteva la mestizia della sua apparizione. È risultata decisamente più energica e con timbro più audace nella scena finale.
Olga Maslova affronta bene la parte di Gulnara; la scrittura è tendenzialmente ingrata, ma risolta con suono nitido, agilità ben snocciolate restituendo un canto sempre ben centrato e sicuro.
Quale pascià Seid, Mario Cassi appare molto in forma e combattivo nelle scivolose pagine del neghittoso personaggio; se l'aria "Cento leggiadre vergini" non è musicalmente accattivante, ma dall’interprete affrontata comunque con bravura, il successivo duetto con Gulnara dipinge con efficacia una falsa soavità che esplode poi nel furore, e ciò in modo squisitamente verdiano; ed è proprio in questo frangente che la voce del Cassi si è messa in gran risalto.
Pregevoli i personaggi di fianco: Adriano Gramigni (Giovanni), Saverio Fiore (Selimo), Giuliano Petouchoff (Un eunuco), Matteo Michi (Uno schiavo). Ottima anche la prova del Coro del Teatro Carlo Felice di Genova preparato e diretto dal M° Claudio Marino Moretti.

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Nella fossa dell’orchestra il M° Renato Palumbo ha saputo trovare i giusti accenti restituendo con intensità le suggestioni strumentali. I tempi sono cavalcati sempre con piglio sicuro e fiero, l’intesa con il palcoscenico non cede mai di un millimetro e nel terzo atto, in cui possiamo apprezzare le note migliori del compositore, dà il meglio di sé regalando un suono elegiaco e corroborante.
Il pubblico decreta con sonori applausi il successo di tutto il cast.
(La recensione si riferisce alla recita del 24 maggio 2024)

Crediti fotografici: Ufficio stampa del Teatro Carlo Felice di Genova
Nella miniatura in alto: il tenore Francesco Meli (il corsaro Corrado)
Sotto in sequenza: Olga Maslova (Gulnara); Francesco Meli; Irina Lungu (Medora); Mario Cassi (Pascià Said)
Al centro e in fondo: tre panoramiche su costumi e allestimento






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Vocale
Donne nelle arie di Puccini
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20240924_Fe_00_DonneNelleArieDiPuccini_NicolettaContiFERRARA - Il Teatro Comunale "Claudio Abbado" ha inaugurato il Festival di danza contemporanea con una prima esecuzione mondiale dello spettacolo Puccini's Opera - Voci di donne realizzato dalla coreografa e regista Monica Casadei con la sua Compagnia Artemis Danza di Parma.
Nell'ambito della giornata dedicata a
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Opera dal Nord-Est
Quattro serata in Arena
servizio di Simone Tomei FREE

20240903_Vr_00_Aida_AnnaPirozzi_phEnneviFotoVERONA - Ho partecipato al Festival areniano 2024 a Verona sul concludersi della stagione e qui vi racconto le mie quattro serate trascorse nell’anfiteatro scaligero: nella prima serata ho assistito all'intramontabile Aida di Giuseppe Verdi; la seconda serata mi ha coinvolto nella Tosca di Giacomo Puccini; poi Il barbiere di Siviglia di Gioachino
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Opera dal Nord-Est
Le repliche di Carmen, Tosca, Aida
servizio di Nicola Barsanti FREE

20240814_Vr_00_Carmen_LeonardoSini_phEnneviFotoVERONA - Gli anni passano ma l’emozione resta, tornare in arena desta sempre meraviglia e dopo 101 edizioni di questo festival la magia dell’opera continua incessantemente a nutrire l’anima del suo fedele pubblico. Diamo qui conto con un unico e ampio servizio delle recite di Carmen, Tosca e Aida nell’anfiteatro veronese
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Echi dal Territorio
Quintetto Frangiorama e i cantautori
servizio di Edoardo Farina FREE

20240807_Sirolo_00_QuintettoFrangiorama_FabiaBuglioniSIROLO-NUMANA (AN) - Estate, tempo di concerti all’aperto, al di fuori anche dalla realtà invernale del quotidiano e chiusi i teatri comunali per ferie, le varie associazioni concertistiche dalle sale museali, ci si sposta nei chiostri o nelle piazzette romantiche delle più belle località della riviera o dei borghi antichi della nostra Penisola. Le ampie
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Echi dal Territorio
I percorsi di Bal'danza
servizio di Edoardo Farina FREE

20240731_Fe_00_Baldanza_RomanoValentiniFERRARA - Si è conclusa la prima parte della programmazione concertistica 2023-2024 curata dall’Associazione culturale Bal’danza svoltasi tra le cornici più prestigiose della città di Ferrara, ove ad apertura della stagione precedente già dal febbraio 2023 è stato proposto l’appuntamento inaugurale del 19 con l’orchestra “La Toscanini Next”in
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Opera dal Centro-Nord
Il buon Barbiere di Kang
servizio di Nicola Barsanti FREE

20240721_Fi_00_IlBarbiereDiSiviglia_HaeKang_phMicheleBorzoniFIRENZE - La Cavea del Teatro del Maggio si accende, avvolta dalle suggestive luci della magica Firenze. Basta salire qualche gradino per essere accolti da uno straordinario panorama della città: da sinistra verso destra sembra possibile toccare con un dito la cupola del Brunelleschi, il campanile di Giotto e il Palazzo della Signoria. Il numeroso
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