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Pubblicato il 18 Marzo 2024
La commedia musicale di Ermanno Wolf-Ferrari miete un bel successo nel Teatro Filarmonico
Nel Campielo xe bel quel che piase
servizio di Athos Tromboni
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VERONA - Fu così che per la prima volta in assoluto Il Campiello di Ermanno Wolf-Ferrari andò in scena nel Teatro Filarmonico di Verona. E fu così che alla "prima" venne accolto da un pubblico numeroso con molti minuti di applausi a fine recita e con vere ovazioni per alcuni protagonisti di quella commedia musicale. Chissà se le cronache del futuro, parlando del bel lavoro di Wolf-Ferrari, faranno citazioni simili a questa come testimonianza di un successo previsto ma (forse) non immaginato fino a quel punto. Il vostro cronista non è incline agli entusiasmi, eppure a fine recita la soddisfazione non era minore dello stesso entusiasmo. Finalmente una regia nel rispetto delle indicazioni del libretto (versificatore Mario Ghisalberti nel 1936, dall'omonimo Campiello di Carlo Goldoni) e una recita che fila spedita con i suoi momenti di euforia e di prosopopea popolana; e anche momenti (rari, introdotti dalla musica) di un commovente patetismo affidato alla melodia. In questo bell'allestimento del Teatro Filarmonico ci sono due piani narrativi: sul fronte il campiello come può essere desunto e riadattato dai bozzetti delle rappresentazioni di metà Novecento, quindi fedele alle indicazioni scenografiche del librettista. Sul fondale, invece, l'altro piano narrativo: dietro a siparietti che si muovono in orizzontale e in verticale aprendo un "finestra" sul muro per mostrare l'oltremuro, appare una Venezia via via trasformata dal tempo: transitano dapprima battelli e gondole evocando immagini e costumi del Settecento (maschere comprese), poi arrivano i battelli a vapore (uno con la bandiera italiana tricolore dell'avvenuto congiungimento all'Italia); poi poco dopo un altro bastimento con figuranti in smoking e crinoline che danzano il valzer della belle-epoque; poi le paratie del Mose che si alzano a proteggere la città dall'acqua alta; infine - all'ultima scena - la nave mostro da crociera per testimoniare che, sì, Venezia è diventata anche questo, un approdo da poter vedere sorseggiando un drink e discorrendo sulla tolda, mentre la nave mostro transita sul Canal Grande.
Se qualcosa di "moderno" e straniante dal libretto ci si vuol proprio vedere, ebbene è quel secondo piano narrativo che ce lo racconta. Ma è una "modernizzazione" fatta quasi sottovoce, per nulla disturbante, semplicemente evocativa; e soprattutto collocata in un fondale di palcoscenico che appare di tanto in tanto, quando si apre la finestra che mostra l'oltremuro del campiello (e l'oltreattualità del tempo). La recita vera (il campiello vero, non quello supposto da "transustanziazioni" parafilosofiche annunciatrici della società che sarà rispetto alla società che fu) si svolge nel primo piano ed è quello che cattura l'attenzione, non altro.
Ha ragione il regista Federico Bertolani quando scrive nelle sue note di sala: «... alla fine, nel triste addio della protagonista Gasparina al campiello, ci rendiamo conto che questo luogo sospeso nel tempo e nello spazio fa parte di una realtà ben più grande, dove il tempo scorre veloce e inesorabile dove la storia, quella con la S maiuscola, segue il suo corso senza che i nostri personaggi, impegnati nei loro riti e forti di un’antica saggezza, se ne accorgano.» Hanno contribuito fattivamente al bel risultato dell'allestimento anche Giulio Magnetto (scene), Manuel Pedretti (costumi) e Claudio Schmid (luci). Ma ha contribuito soprattutto (e sopra anche le nostre aspettative, forse pregiudiziali) la concertazione del veneziano - ma veronese d'adozione - Francesco Ommassini sul podio dell'Orchestra della Fondazione Arena. Ommassini ha guidato la recita, lo strumentale, il canto, con mano sicura, esaltando i bellissimi colori della musica di Wolf-Ferrari, inebriante sulle note del valzer e struggente nei momenti di malinconia e di commozione mostrati dalle giovani 'tose' (la Gnese, la Lucieta e la Gasparina) in attesa dei rispettivi matrimoni e per qualche attimo anche in preda alle languide ma rimediabili sofferenze dovute alla gelosia. Bella la caratterizzazione della Gasparina interpretata dal soprano Bianca Tognocchi, una fanciulla snob che riscopre il legame col natio campiello quando deve andarsene via, partire per Napoli al seguito del fidanzato Cavalier Astolfi; ma sono da apprezzare anche tutte le altre caratterizzazioni: il Cavalier Astolfi, nobile napoletano decaduto e gaudente, interpretato dal baritono Biagio Pizzuti; le coppie di giovani amanti, messe alla prova da gelosie e malintesi, composte da Sara Cortolezzis (Lucieta) e Gabriele Sagona (Anzoleto); e da Lara Lagni (Gnese) e Matteo Roma (Zorzeto). Il personaggio di Fabrizio dei Ritorti, il burbero zio di Gasparina, era affidato a Guido Loconsolo; e le tre vecchie donne del campiello erano portate in scena rispettivamente dai tenori Leonardo Cortellazzi (Dona Cate Panciana, madre di Lucieta) e Saverio Fiore (Dona Pasqua Polegana, madre di Gnese) e dal mezzosoprano Paola Gardina (Orsola, la fritolera, madre di Zorzeto) e Matteo Roma (Zorzeto). Tutti bravi, tutti vocalmente attrezzatissimi e molto "dentro" le rispettive parti come attori.
L'intervento del Coro della Fondazione Arena è previsto solo nella scena finale, ma si è fatto valere grazie alla perizia del maestro Roberto Gabbiani che lo dirige. Applausi scoscianti per tutti e ovazioni, come si diceva, all'apparire sul proscenio del maestro Ommassini. Repliche mercoledì 20 marzo (ore 19), venerdì 22 (ore 20) e domenica 24 (ore 15,30). (la recensione si riferisce alla recita di domenica 17 marzo 2024)
Crediti fotografici: Ennevi Foto per la Fondazione Arena di Verona - Teatro Filarmonico Nella miniatura in alto: il direttore Francesco Ommassini Sotto: Sara Cortellezzis (Lucieta) e Leonardo Cortellazzi (Dona Cate Panciana); Biagio Pizzuti (Cavalier Astolfi) e Lara Lagni (Gnese) Al centro in sequenza: Bianca Tognocchi (Gasparina) e Biagio Pizzuti; panoramica sul Campiello durante il brindisi; ancora Biagio Pizzuti con Guido Loconsolo (Fabrizio dei Ritorti) In fondo: scena della baruffa fra Dona Cate (Leonardo Cortellazzi) e Dona Pasqua (Saverio Fiore) e belle panoramiche di Ennevi Foto sull'allestimento
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Pubblicato il 18 Febbraio 2024
La 'Settecentesca' opera di Richard Strauss incontra pieno successo al Teatro Verdi di Trieste
Arianna tra il buffo e il commovente
servizio di Rossana Poletti
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TRIESTE - Teatro Lirico “Giuseppe Verdi”. Ci è voluto Richard Strauss e la sua Arianna a Nasso per far comprendere quanto poco interessasse a certi ricchi la realizzazione di uno spettacolo, quanto poco comprendessero le dinamiche che stanno attorno e dentro la preparazione di un lavoro teatrale. «Pago e voglio quello che voglio, anche se quello che voglio è una cosa impossibile.» «Non mai l’avrei dovuto permettere! Né tu, giammai, avresti dovuto permettere ch’io lo permettessi! Come osasti trarmi in questo turpe mondo? Me, qui!… Me!...Lascia ch’io geli, languisca, m’impietri nel mio!» grida il compositore al maestro di musica nel prologo dell’opera, quando il maggiordomo (Peter Harl) interviene durante la preparazione dei due spettacoli commissionati, un’opera seria e una commedia brillante, affermando che il tempo stringe tra la cena e i fuochi d’artificio e che di due eventi ne dovrà uscire uno solo. «La pantomima danzante non si darà né come epilogo né come prologo, sì bene contemporaneamente all’opera tragica Arianna» afferma l’uomo, unica voce recitante. E non deve essere stato caso sporadico quello che fantasiosamente racconta il librettista Hugo von Hofmannsthal, quando lo stesso regista dell’attuale produzione, Paul Curran, riferisce di essersi trovato in diverse occasioni simili. Resta il fatto che Ariadne auf Naxos, attualmente in scena al Teatro Verdi di Trieste, è una mirabile sintesi di mondi teatrali diversi, sottesi da musica così raffinatamente cangiante nelle diverse situazioni: romanticamente wagneriana e straordinariamente moderna. E così ad una prima parte (il prologo, scoppiettante) che ricorda certa operetta più che opera buffa, segue l’opera più seria e a tratti monotona, che non manca anche qui di spunti divertenti nella regia di Curran, ripresa a Trieste da Oscar Cecchi. Richard Strauss sceglie una compagine cameristica per questo suo lavoro, in omaggio al Settecento viennese, arricchito da strumenti novecenteschi: trombone, diverse percussioni, pianoforte, arpe, celesta e harmonium, come sottolinea il direttore musicale Enrico Calesso, che dirige con grande maestria l’Orchestra del Teatro Verdi. In scena due primedonne che rappresentano i due mondi diversi: Arianna l’opera seria, Zerbinetta a capo della compagine di ballerini e commedianti.
Simone Schneider, nel ruolo di Arianna, domina la seconda parte con una bella voce, di grande estensione negli acuti, una presenza scenica che regge egregiamente la situazione quando, attorno a lei, la masnada di maschere fanno le loro incursioni in scena, scombinando la serietà del momento di invocazione alla morte di lei. Liudmila Lokaichuk, nei panni di Zerbinetta, incanta il pubblico con la sua capacità di scherzare, recitare in musica la sua parte, complessa perché dissacrante della noiosità dell’opera drammatica, ma allo stesso tempo esaltante l’amore. La sua aria "Großmächtige Prinzessin" accoglie un fragoroso e caldo applauso del pubblico, estasiato dalla sua splendida interpretazione. Anche il Compositore, che spadroneggia nel prologo, interpretato dal mezzosoprano Sophie Haagen, ha proposto un’ottima prova sia attoriale che canora, così anche il Maestro di musica di Marcello Rosiello. Meno brillante Heiko Börner (Bacco), una voce un po’ debole, soprattutto nel confronto con l’Arianna del soprano Schneider. Brillanti e divertenti il quartetto delle maschere, come altrettanto il terzetto delle dame di Arianna: il Brighella di Christian Collia, l’Arlecchino di Gurgen Baveyan, Scaramuccio (Mathias Frey) e Truffaldino (Vladimir Sazdovski); la Najade di Olga Dyadiv, Echo di Chiara Notarnicola e Driade (Eleonora Vacchi). E ancora Il Maestro di ballo (Andrea Galli), un Lacchè (Francesco Samuele Venuti) e Un ufficiale (Gianluca Sorrentino). Le scene sono imponenti. Il fondo di un palazzo animato da un via vai di gente strana nel prologo, i resti di un tempio greco nell’atto dell’opera seria, il tutto condito da un insieme di costumi che vanno dalla sontuosità della parte “mitologica” agli abiti sgargianti e vistosamente moderni del prologo: la rappresentazione di un mondo di artisti ‘oltre’ - scelta registica che ancor più rende il confronto delle due realtà, quella drammatica e quella brillante - che si devono integrare; ovviamente un’integrazione impossibile, coronata dal costume bianco da ballerina con un enorme cuore rosso sul petto di Zerbinetta. Prima dell’inizio i camerieri vestiti di bianco del signore, che con gli ospiti dovrebbe assistere ai due spettacoli, sono in platea ad accogliere il pubblico, il Parruccaio (Dario Giorgelè), una macchietta, rincorre le signore per sistemare loro i capelli. Si entra così nella musica di Strauss.
Non mancheremo di notare che proprio da quest’opera nacque l’espressione "piantare in asso", ma come il finale dimostra, quando Bacco salva Arianna dal suo desiderio di morte e, facendola innamorare di nuovo, la porterà nell’Olimpo, che essere piantati in asso talvolta può essere un bene, preludendo a nuove esperienze positive. Zerbinetta in tutta l’opera ripete che alla morte succede ben altro «Vuoi tu scommettere? Le appare un bel giovine dai neri occhi profondi…» e la premonizione accadrà. Questo allestimento nasce dalla coproduzione tra la Fondazione del Comunale di Bologna con la Fenice di Venezia e il Verdi di Trieste. Le scene sono di Gary McCann e il disegno-luci di Howard Hudson. (la recensione si riferisce alla recita di venerdì 16 febbraio 2024)
Crediti fotografici: Fabio Parenzan per il Teatro Verdi di Trieste Nella miniatura in alto: il soprano Simone Schneider (Arianna) Sott, in sequenza, fotoservizio di Parenzan su Ariadne auf Naxos in scena al Verdi di Trieste
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Pubblicato il 09 Febbraio 2024
In scena alla Fenice di Venezia un allestimento storico curato dal bravo regista Bepi Morassi
Il Barbiere eccellente
servizio di Nicola Barsanti
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VENEZIA - Se pensiamo al fascino di un teatro risorto per più di una volta dalle proprie ceneri, e vi aggiungiamo la suggestione di esservi dentro nel vivo del carnevale della “Serenissima” non può venire in mente un gioiello della produzione rossiniana: Il barbiere di Siviglia. Ed è proprio a quest’opera che abbiamo assistito, la seconda in cartellone del Teatro La Fenice di Venezia. Ad essere riproposta è la bella regia tradizionale di Bepi Morassi, già andata in scena nel capoluogo veneto nel 2008, e come allora si conferma uno spettacolo piacevole, sorprendente e attuale, in quanto rivisto su alcuni movimenti di scena particolarmente aderenti alla trama musicale. A questo proposito vogliamo ricordare il divertente momento in cui Rosina, cantando l’aria dell’inutile precauzione procede all’indietro dal proscenio verso le braccia del suo odiato tutore, proprio come le terzine discendenti suonate dall’orchestra. Complici di questa curata e riuscita regia sono le scene e i bei costumi di Lauro Crisman e le luci di Andrea Benetello. Il cast risulta ben composto da elementi di degno interesse: il mezzosoprano Marina Comparato s’impone alla nostra visione come una scintillante Rosina e per una vocalità piacevolmente brunita, con belle screziature di colore; oltre che sorretta da un buon fraseggio che risolve senza difficoltà tutte le agilità del pentagramma rossiniano.
Nico Dermanin, dopo il recente debutto come Conte d’Almaviva al Teatro Regio di Torino si conferma nuovamente a proprio agio nel ruolo del nobile innamorato di Rosina. Il tenore maltese si fa valere per l’ottima emissione dei suoni, che si espandono luminosi senza perdere di volume, e il cui controllo dell'emissione gli consentono di dominare con sicurezza la parte: peccato però per il taglio di “Cessa di più resistere”, aria la quale sarebbe stata una bella prova per il bravo tenore. Bene la prestazione di Dermanin anche nei panni di Don Alonso,(Almaviva en-travesti). Il baritono pisano Alessandro Luongo, ripropone il suo collaudato Figaro, dando prova di padroneggiare il ruolo con sciolta condotta scenica e discreta musicalità, mettendo in mostra uno strumento ben proiettato e un fraseggio accurato, specialmente nella celebre cavatina "Largo al factotum". Omar Montanari, porta in scena un Don Bartolo un po’ goffo nei movimenti ma dotato di un timbro avvolgente e una vocalità piena e variegata negli armonici, tali da consentirgli di tratteggiare bene la parte. Francesco Milanese è un Don Basilio dall’ottima proiezione che coglie bene il momento della "Calunnia", interpretazione che gli è valsa un caloroso applauso. Quello che manca al basso è forse quel pizzico di malizia in più che avrebbe delineato meglio il temperamento pettegolo e indiscreto del personaggio. Completano ottimamente il cast la strepitosa Berta di Giovanna Donandini, attrice di raffinata bravura che arricchisce il personaggio con una personalità frizzante e con un bel timbro che spicca con ottimi acuti nei momenti corali; mentre William Corrò è Fiorello e Carlo Agostini Un ufficiale.
Giungendo all’aspetto riguardanti le masse, il coro è ben istruito dal bravo M° Alfonso Caiani, mentre sul podio troviamo il M° Renato Palumbo che dirige con assoluto rispetto per la partitura, sempre attento a dosare bene i volumi per consentire l'emersione della linea del canto. Interprete di rara bravura che insieme alla strepitosa performance dell’orchestra del Teatro La Fenice concludono una recita eccellente che trova pieno consenso nel pubblico presente in sala. (la recensione si riferisce alla recita di mercoledì 7 febbraio 2024)
Crediti fotografici: Roberto Moro per il Teatro La Fenice di Venezia Nella miniatura in alto: il regista Bepi Morassi Sotto, in sequenza: il maestro Renato Palumbo e belle panoramiche sull'allestimento
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Pubblicato il 23 Gennaio 2024
L'opera delle due nobildonne inglesi musicata da Gaetano Donizetti strappa meritati consensi a Trieste
Bolena e Seymur destino congiunto
servizio di Rossana Poletti
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TRIESTE – Teatro Verdi. Nell’ Anna Bolena di Gaetano Donizetti, in scena al Teatro Lirico Giuseppe Verdi di Trieste, primeggia la qualità del cast. Un gruppo di cantanti straordinari, che contribuiscono in modo determinante al buon esito della rappresentazione. Se si eccettua qualche piccola quasi impercettibile incertezza nel primo atto la prova delle due donne, Salome Jicia (Anna Bolena) e Laura Verrecchia (Jane Seymour), è eccellente nel rappresentare sentimenti, dubbi, sensi di colpa che la tragica storia impone. Il libretto di Felice Romani rende l’ambiguità delle scelte che entrambe compiono, Bolena ha sposato il re senza amore, per il desiderio di regnare, Seymour tradisce la regina per la stessa bramosia. Entrambe segnate da un destino che Enrico VIII destinò a tutte le sue mogli. Lo spettatore lo sa è questo pensiero non può non condizionare l’ascolto. Salome Jicia eccelle nel finale quando la follia ha ormai avuto il sopravvento su di lei per la sentenza di morte incipiente e, mentre attorno impera il frastuono della festa per le nozze del re con Seymour, intona «... Cielo: a miei lunghi spasimi concedi alfin riposo e questi estremi palpiti sian di speranza almen ...» infondendo all’aria la drammaticità scenica che il momento richiede. Il basso Riccardo Fassi supera la prova del ruolo difficile che Enrico VIII impone con equilibrio durante tutta l’opera. Gli acuti di Percy (Marco Ciaponi) mostrano una notevole agilità vocale del tenore, che sfodera un’ottima dizione. Anche Veta Pilipenko nei panni en travesti di Smeton riesce a rendere mirabilmente l’ingenuità del personaggio che rappresenta. Convincenti Nicolò Donini (Rochefort) e Andrea Schifaudo (Hervey). L’altro punto eccellente di questa prima dell’ Anna Bolena di Trieste è dato dalla prova dell’Orchestra, diretta con rigore e precisione dal maestro Francesco Ivan Ciampa.
La regia punta come già nella precedente produzione del 2012 sugli effetti visivi, sull’impianto scenico imponente, sulle trovate ad effetto e sui costumi filologicamente studiati. Impone al coro una posizione rigida, quasi da spettatore, che segue gli eventi con dolorosa presenza. Il trono e il letto: lo scontro tra ambizione e amore, tra sesso e potere su cui è incentrato il dramma. L’impianto scenico è basato su elementi girevoli che si sovrappongono a forma di croce. Una simbologia raffinata ed impressionante che percorre tutto lo spettacolo. Ci sono scene che lo rendono memorabile: il re e la regina a cavallo, lei d’argento e lui d’oro, prima della battuta di caccia al castello di Windsor, quando si svela l’orrido destino della donna. Il coro veste di nero, colore che era destinato al clero e agli uomini importanti, perché questo colore attiene al campo dell’etica dei comportamenti e della rappresentazione di sé sulla scena del mondo. Ed è a questa etica che il coro fa riferimento nelle sue apparizioni, avendo consapevolezza del male incipiente. I costumi sono sontuosi, ricchissimi, usciti in copia dall’iconografia che la storia ci ha consegnato del re e della sua corte. L’allestimento è dell’Arena di Verona, il medesimo del 2012 appunto, con qualche miglioramento di carattere tecnico nei cambi di scena.
La regia di Graham Vick, scomparso un paio d’anni fa, viene ripresa da Stefano Trespidi che afferma: «... La teatralità pura spiccherà fortissima nei costumi. L’epoca? E’ quella prevista dal libretto, resa però in uno stile molto teatrale. Non si può mica fare un Enrico VIII nazista.» (la recensione si riferisce alla recita di venerdì19 gennaio 2024)
Crediti fotografici: Fabio Parenzan per il Teatro Verdi di Trieste Nella miniatura in alto: Salome Jicia (Anna Bolena) Sotto, in sequenza: panoramiche su allestimento e costumi
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Pubblicato il 13 Gennaio 2024
In scena con successo la quarta opera di Giacomo Puccini nel Teatro Sociale di Rovigo
La Bohčme dei ponteggi
servizio di Athos Tromboni
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ROVIGO - Una Bohème senza lode e senza infamia. Così potrebbe definirsi l'allestimento dell'opera di Giacomo Puccini andata in scena al Teatro Sociale. Si tratta di una coproduzione del teatro di Rovigo con il Comune di Padova e il teatro "Mario Del Monaco" di Treviso. Una produzione tutta veneta, considerando la bacchetta affidata a Francesco Rosa sul podio dell'Orchestra di Padova e del Veneto (Coro Lirico Veneto guidato da Giuliano Fracasso e Coro di Voci bianche A.Li.Ve. istruito da Paolo Facincani) e la regia curata da Bepi Morassi. Partiamo da quest'ultimo: Morassi inventa un allestimento dove la soffitta dei bohèmien, il Quartiere latino di Parigi e i livelli superiori sono distribuiti su tre piani: a terra si svolgono il secondo e il terzo quadro, mentre gli altri due quadri sono prevalentemente cantati in posizione sopraelevata, sulla struttura del primo piano o sul praticabile (una sorta di pianerottolo) del terzo. La struttura è nient'altro che un ponteggio edile a bella vista; e, alla sinistra del pubblico, rampe di scale che vengono percorse (anzi, più corse che percorse) dai cantanti a seconda che l'azione si svolga sul primo, sul secondo o sul terzo piano. Non nascondiamo che un siffatto allestimento (ponteggio edile) incupito dal grigio dominante delle scene appena appena vivacizzate dal rosso carminio di qualche fondale, condiziona il racconto di questa storia d'amore e di litigi, offrendo il fiacco risultato di un "concerto in costume", più che una recita vera e propria, dati gli spazi delle impalcature. Insomma, è l'allestimento di una Bohème fredda più che sperimentale, provocatoria più che innovativa. Le scene e i costumi sono di Fabio Carpene, le luci di Jenny Cappelloni.
Francesco Rosa, dal podio, sembrava essersi adeguato a questo racconto freddo e grigio; e a capo della brava, bravissima Orchestra di Padova e del Veneto ha staccato tempi dilatati, soprattutto nelle arie e nei duetti del terzo e del quarto quadro, quelli più tristi per contenuto espressivo ed epilogo. Ottima la sua concertazione, chiaro e puntuale il suo gesto espressivo rivolto al palcoscenico, affidato al braccio e alla mano sinistra. I cantanti così guidati non hanno fatto fatica né negli attacchi, né nei momenti più intensi della partitura. Al di là del giudizio qui trascritto, che non manifesta entusiasmo per l'allestimento di Morassi, proprio la regia e la concertazione di Rosa hanno marcato significativamente la differenza qualitativa e professionale rispetto al cast: per il quale esprimiamo apprezzamento solo per la vocalità e la vivacità di Giulia Mazzola (nel ruolo di Musetta) che ha dato al personaggio l'aspetto di donna volitiva, un po' ribelle, un po' guascona e assai poco propensa alle frivolezze: insomma, la vocalità è quella di una Kundry del Parsifal (o di qualche altro personaggio femminile di Wagner) e ha svettato su tutti gli altri. Buona la prestazione di Caterina Marchesini (Mimì), un bel lirico puro dalla vocalità ben espressa in tutta l'estensione del rigo.
Meno entusiasmante la prestazione di Galeano Salas (Rodolfo): il ragazzo è dotato di uno squillo adamantino (ottima la sua accentazione con corona della "speranza" nella romanza del primo quadro "Che gelida manina") e di buoni centri; tuttavia il suo canto ci è parso limitato da un fraseggio abbastanza monotono, legato anche ad un impaccio scenico che non lo fa apparire personaggio spontaneo, ma personaggio forzatamente recitato (quanto è, di questo atteggiamento un po' forzato, colpa sua e quanto del regista dell'allestimento?..) Ottimo per contro lo Schaunard di William Hernandez (il più applaudito dal pubblico a fine recita, alla pari della Mazzola), mentre si sono districati bene nel ruolo anche Jorge Nelson Martinez (Marcello) e Alejandro Lopez Hernandez (Colline; la sua "Zimarra" ci è parsa intensa, partecipata, convincente). Bravi i comprimari Enrico Di Geronimo (Benoit/Alcindoro), Bruno Nogara (Parpignol) e Francesco Toso (Sergente dei doganieri). Bene il Coro Lirico Veneto diretto sotto la guida di Fracasso: il Coro, cantando, si è prestato ai numerosi passaggi in platea voluti dalla regia; e l'effetto sul pubblico non è mancato.
Ottimi i ragazzini e le ragazzine del Coro di voci bianche A.Li.Ve. Calorosa a fine recita l'accoglienza di un pubblico che stipava platea e gallerie del Teatro Sociale, con particolari ovazioni riservate alla Mazzola, a William Hernandez e a Francesco Rosa.
Crediti fotografici: Valentina Zanaga per il Teatro Sociale di Rovigo Nella miniatura in alto: il direttore Francesco Rosa Sotto, in sequenza: panoramica sull'allestimento e primi piani su protagonisti e costumi; morte di Mimì alla fine del Quarto quadro Al centro, in sequenza: Caterina Marchesini (Mimì); Galeano Salas (Rodolfo); Jorge Nelson Martinez (Marcello); Alejandro Lopez Hernandez (Colline); William Hernandez (Schaunard); Giulia Mazzola (Musetta) In fondo, in sequenza: i saluti finali del coro di Voci bianche A.Li.Ve. e quelli del cast a fine recita
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Pubblicato il 18 Dicembre 2023
Nel Teatro Filarmonico č stata allestita l'opera con le artistiche scene dipinte di Carmignani
Ballo in maschera suggestivo
servizio di Simone Tomei
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VERONA - Uno scorcio di stagione 2023 col botto quella del Teatro Filarmonico con la rappresentazione di Un ballo in maschera di Giuseppe Verdi: la regista Marina Bianchi firma un allestimento classico del Teatro Regio di Parma con le ritrovate scene del 1913, dipinte da Carmignani. Fondali e principali di carta, dallo straordinario effetto tridimensionale, recuperati da un vecchio baule e restaurati per riapparire in scena a distanza di oltre un secolo. Ebbi già modo di assistere a questa produzione proprio nel teatro parmense nel 2019, e rimando a quello scritto (qui) per ciò che concerne la parte visuale dello spettacolo. Non posso che rinnovarne oggi le impressioni positive dove ho respirato il sapore di un tempo perduto che, pur distante dalle moderne tecnologie scenotecniche, non toglie nulla all’economia della drammaturgia, anzi, ne sottolinea efficacemente aspetti didascalici. Ottima l’idea di esaltare con un video durante la sinfonia, le immagini dei momenti emozionanti del ritrovamento delle tele e l’artigianità delle sapienti mani restauratrici. La compagnia di canto è stata di tutto rispetto. Nel ruolo di Riccardo troviamo il tenore Luciano Ganci ispirato e nobile, con qualche incursione ilare nella scena dell’antro di Ulrica; la voce corre sicura e gli acuti sono ben piazzati e luminosi; il colore della voce ammanta le note della partitura con eleganza ed il duetto del secondo atto diventa una perla da incastonare in questo pomeriggio domenicale a Verona.
Ottimo sotto ogni punto di vista il Renato del baritono veronese Simone Piazzola; l’artista infonde nella parola scenica accenti sempre appropriati e inclini allo stato d’animo del momento. Se la prima aria è un modello di eleganza e di stile per fraseggio e intonazione, il momento drammatico del terzo atto si colora di dense sfumature sentimentali: si legge nel canto la dolenza dell’amico tradito, dell’amore creduto perduto e della delusione per la sua lealtà apparentemente non ricambiata. La voce brunita e salda esalta le melodie del rigo musicale rendendo questo momento uno dei più emozionanti dell’opera. Maria José Siri è un’Amelia particolarmente ispirata nel trasferire alla voce il dramma interiore che vive; le due arie sono eseguite con cesellata cura, con uniformità di timbro lungo tutta l’estensione vocale e il fraseggio pressoché immacolato. L’Ulrica di Anna Maria Chiuri non lascia spazio ad atteggiamenti bislacchi o inappropriati, ma si fregia di mostrarci un quadro scenico elegantemente misterioso e altero. La gestualità è sobria, ma efficace ed ogni parola affonda nelle note con efficace presa. La dote di questa artista è l’istrionicità vocale e lo ha dimostrato anche in questa occasione regalandoci un canto luminoso e nitido, con la “cupezza” del perfetto timbro mezzosopranile tanto da far impallidire nella scesa al difficile Sol sotto il rigo quando pronuncia la parola “silenzio”. Vezzoso, sfizioso, frizzante è l’Oscar di Enkeleda Kamani che ben si muove in scena quale alter ego di Renato con voce duttile e sempre brillantemente a fuoco. Ottimo senza se e senza ma il Silvano di Fabio Previati che possiede una voce voluminosa e nitida. La coppia Samuel e Tom rispettivamente interpretati da Romano Dal Zovo e Nicolò Donini centrano il bersaglio dei perfetti congiurati con precisi momenti di assieme. Completa il cast un altrettanto bravo Salvatore Schiano Di Cola nei panni di Un giudice e Servo di Amelia. L’orchestra del Teatro Filarmonico non pare particolarmente ispirata e - come già ebbi modo di notare quest’estate in Arena - particolarmente in difficoltà nella sezione degli ottoni che hanno spesso restituito un suono piuttosto esasperato. Il M° Francesco Ivan Ciampa alla guida dei complessi musicali ha mantenuto assai bene la quadra del cerchio dirigendo l’opera con efficace presa evidenziando, per quanto possibile, di esaltare i variegati momenti con agogiche appropriate e varietà di intenzioni, non sempre raccolte dagli strumentisti. Preciso il coro preparato e diretto dal M° Roberto Gabbani. Sala quasi sold out e recita dedicata, da parte di Fondazione Arena, alla prematura scomparsa del Maestro Julian Kovatchev, che come recita il volantino di sala: «… apprezzato da pubblico, critica e colleghi come artista e persona, per oltre 150 serate alla guida dei complessi artistici areniani, debuttò a Verona proprio nel 2002 dirigendo quest’opera.» (la recensione si riferisce alla recita del 17 dicembre 2023)
Crediti fotografici: Ennevi Foto per la Fondazione Arena di Verona - Teatro Filarmonico Nella miniatura in alto: il direttore Francesco Ivan Ciampa Sotto, in sequenza: panoramiche sull'allestimento del Ballo in Maschera in scena nel Teatro Filarmonico
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Il Turco conquista Rovigo
intervento di Athos Tromboni FREE
ROVIGO - Una sorta di "esegesi" aveva preceduto l'andata in scena di Il turco in Italia, libretto di Felice Romani musica di Gioachino Rossini; e l'interprete critico della verità rivelata era stato il regista Roberto Catalano che aveva comunicato in una nota di regia che «... la necessità è stata quella di intercettare nel ruolo di Fiorilla il tratto universale di un'umanità vittima di stimoli costanti, per cercare di dare al suo personaggio non l'eccezione dell'essere umano "guasto" che va aggiustato, ma quella di una vittima perfetta sulla cui fragilità è possibile lucrare. Ecco perché in questa drammaturgia il personaggio del Poeta (Prosdocimo, ndr) a caccia della sua storia "sfruttando" le vite degli altri, vestirà i panni di un creativo senza scrupoli ...» Ci sarà riuscito il regista, nel Teatro Sociale di Rovigo, a dimostrare questa sua "esegesi"? O tutto è rimasto sulla carta, come sua e personale testimonianza d'intenti e basta? Oggi, nelle regie cosiddette moderne, il capovolgimento del paradigma è ormai una costante
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Opera dal Nord-Est
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Nel Campielo xe bel quel che piase
servizio di Athos Tromboni FREE
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Eventi
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Vi presentiamo La Bohčme
servizio di Angela Bosetto FREE
VERONA – Dopo tredici anni di assenza è ufficialmente partito il conto alla rovescia: la prossima estate La Bohème di Giacomo Puccini tornerà in Arena durante il 101° Festival lirico; il capolavoro di Puccini verrà rappresentato il 19 e il 27 luglio 2024 con la direzione di Daniel Oren. Trattandosi di una nuova produzione di Fondazione Arena
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Il 35° nel segno della solidarietā
servizio di Athos Tromboni FREE
RAVENNA - il Teatro Alighieri era gremito di pubblico, giornalisti, operatori video e radio per la presentazione della 35.ma edizione di Ravenna Festival 2024, che si svolgerà dall’11 maggio al 9 luglio e farà registrare oltre 100 alzate di sipario; gli artisti coinvolti sono più di mille, dai grandi nomi della musica classica e del canto lirico, fino ad alcuni "menestrelli"
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Opera dall Estero
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Grande Das Rheingold in piccolo spazio
servizio di Ramón Jacques FREE
LOS ANGELES (USA) - La sala concerti Walt Disney Hall, sede dell’orchestra Los Angeles Philharmonic, è situata nel cuore della città e ha festeggiato nel 2023 i suoi vent'anni (è stata inaugurata il 23 ottobre 2003). E’ stata progettata e realizzata con la supervisione dal famoso architetto e designer canadese-americano Frank Gehry (1929)
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Opera dal Nord-Est
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Arianna tra il buffo e il commovente
servizio di Rossana Poletti FREE
TRIESTE - Teatro Lirico “Giuseppe Verdi”. Ci è voluto Richard Strauss e la sua Arianna a Nasso per far comprendere quanto poco interessasse a certi ricchi la realizzazione di uno spettacolo, quanto poco comprendessero le dinamiche che stanno attorno e dentro la preparazione di un lavoro teatrale. «Pago e voglio quello che
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Personaggi
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Incontro con Lorenzo Cutųli
servizio di Edoardo Farina FREE
FERRARA - Il 100° anniversario dalla morte di Giacomo Puccini rappresenta un’occasione per commemorare e ripercorrere la vita e la carriera di uno dei più grandi musicisti italiani. Le sue Opere, ancora oggi, continuano a essere rappresentate sui palcoscenici più prestigiosi del mondo, celebrando lo straordinario valore artistico delle composizioni
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Opera dal Nord-Est
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Il Barbiere eccellente
servizio di Nicola Barsanti FREE
VENEZIA - Se pensiamo al fascino di un teatro risorto per più di una volta dalle proprie ceneri, e vi aggiungiamo la suggestione di esservi dentro nel vivo del carnevale della “Serenissima” non può venire in mente un gioiello della produzione rossiniana: Il barbiere di Siviglia. Ed è proprio a quest’opera che abbiamo assistito, la seconda in cartellone
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Opera dal Centro-Nord
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Manon Lescaut e il gesto della Lyniv
servizio di Nicola Barsanti FREE
BOLOGNA - Il Teatro Comunale Nouveau inaugura la propria stagione operistica 2024 con il primo vero e proprio gioiello della produzione pucciniana: Manon Lescaut. Ottima scelta per onorare il centenario della morte del compositore lucchese, avvenuta il 29 novembre del 1924 a Bruxelles. La Manon Lescaut rappresenta per la carriera
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Echi dal Territorio
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Bologna Festival numero 43
redatto da Athos Tromboni FREE
BOLOGNA - La 43.esima edizione di Bologna Festival 2024, da marzo a novembre, presenta alcuni dei più interessanti direttori dell’odierna scena musicale quali Teodor Currentzis, per la prima volta a Bologna con la sua orchestra musicAeterna, Vladimir Jurowski con la Bayerisches Staatsorchester e Paavo Järvi con la Die Deutsche
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Jazz Pop Rock Etno
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Jazz e altro allo Spirito
redatto da Athos Tromboni FREE
FERRARA - Varato il calendario dei concerti "Tutte le Direzioni in Winter&Springtime 2024", organizzata da Il Gruppo dei 10 con qualche novità e collaborazione in più rispetto ai precedenti. La location è (quasi sempre) la stessa: il ristorante lo Spirito di Vigarano Mainarda (Ferrara), nell’intimo tepore delle sue suggestive sale, immerso nella
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Opera dal Centro-Nord
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La bohčme visual della Muti
servizio di Athos Tromboni FREE
FERRARA - Suggestivo l'allestimento di La bohème di Giacomo Puccini curato da Cristina Mazzavillani Muti per il Teatro Alighieri di Ravenna, approdato ieri sera al Comunale "Claudio Abbado" di Ferrara. Pubblico della grandi occasioni ("sold-out" si dice oggi, con un inglesismo ormai sostitutivo di "tutto esaurito" d'italiana fattura); pubblico
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Opera dal Nord-Ovest
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Don Pasquale allestimento storico
servizio di Nicola Barsanti FREE
TORINO - Il titolo designato per l’inaugurazione del cartellone d’opera 2024 del Teatro Regio di Torino è il Don Pasquale di Gaetano Donizetti. Qui riproposto nel fortunato allestimento della fine degli anni '90 del Novecento, firmato da uno dei maestri della drammaturgia musicale italiana: il regista, scrittore e giornalista Ugo Gregoretti, la cui regia
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Jazz Pop Rock Etno
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Jazz Club Ferrara 45 concerti
redatto da Athos Tromboni FREE
FERRARA - Dal 26 gennaio 2024, prende il via al Torrione San Giovanni la seconda parte della 25.ma stagione di Ferrara in Jazz. Grandi nomi del jazz internazionale e largo spazio ai giovani, per complessivi 45 concerti accompagnati da eventi culturali collaterali, realizzati con il contributo del Ministero della Cultura, Regione Emilia-Romagna, Comune
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Opera dal Nord-Est
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Bolena e Seymur destino congiunto
servizio di Rossana Poletti FREE
TRIESTE – Teatro Verdi. Nell’ Anna Bolena di Gaetano Donizetti, in scena al Teatro Lirico Giuseppe Verdi di Trieste, primeggia la qualità del cast. Un gruppo di cantanti straordinari, che contribuiscono in modo determinante al buon esito della rappresentazione. Se si eccettua qualche piccola quasi impercettibile incertezza nel primo atto la prova
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Opera dal Centro-Nord
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Un Trovatore cosė cosė
servizio di Nicola Barsanti FREE
LIVORNO - Torna a distanza di 50 anni di assenza al Teatro Goldoni e 27 anni dopo la sua ultima apparizione nella città di Livorno (ma fu al Teatro La Gran Guardia) Il trovatore, uno dei titoli più amati di Giuseppe Verdi. Un ritorno tanto atteso che non convince, pertanto inferiore alle aspettative. Gli anelli deboli di questa produzione riguardano
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Opera dal Centro-Nord
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Barbiere di Siviglia stratosferico
servizio di Nicola Barsanti FREE
PARMA - Il Teatro Regio di Parma inaugura il cartellone d’opera del 2024 con il fiore all’occhiello di Gioacchino Rossini: Il Barbiere di Siviglia. Com’è noto ai più, nel 1782 Giovanni Paisiello scrisse un’opera dallo stesso titolo e con lo stesso soggetto, da qui la decisione del maestro di Pesaro di intitolare la sua nuova composizione (almeno in un primo
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Opera dal Centro-Nord
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Un Barbiere un po' cosė...
servizio di Simone Tomei FREE
LUCCA - Il Barbiere di Siviglia di Gioachino Rossini si veste di attualità, attraverso una lettura piuttosto singolare, ma non del tutto dissonante dalle intenzioni musicali e librettistiche, nell’allestimento andato in scena al Teatro del Giglio di Lucca con la firma registica di Luigi De Angelis che ha curato anche scene e luci. In un condominio stile Le Courboisier
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Opera dal Nord-Est
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La Bohčme dei ponteggi
servizio di Athos Tromboni FREE
ROVIGO - Una Bohème senza lode e senza infamia. Così potrebbe definirsi l'allestimento dell'opera di Giacomo Puccini andata in scena al Teatro Sociale. Si tratta di una coproduzione del teatro di Rovigo con il Comune di Padova e il teatro "Mario Del Monaco" di Treviso. Una produzione tutta veneta, considerando la bacchetta affidata a Francesco Rosa
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Eventi
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Ecco la stagione 2024 del Filarmonico
redatto da Athos Tromboni FREE
VERONA - Teatro Filarmonico: dal 21 gennaio al 31 dicembre 2024, sono in programma 5 opere e 10 concerti sinfonici, con grandi interpreti internazionali. Attesissimo il ritorno del balletto, in scena anche nella sera di San Silvestro. Sarà - inoltre - l’anno delle prime assolute e dei grandi omaggi: il 2024 porterà sul palcoscenico del Filarmonico
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Opera dal Nord-Ovest
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... e il Coro fa 90!
servizio di Simone Tomei FREE
FIRENZE - Siamo a Passy e correva l’anno 1863: dopo aver finito di comporre il suo ultimo "péchés de veillesse" La Pétite Messe Solennelle, così il Gioachino Rossini infiorettava lo spartito musicale: «Bon Dieu - La voilà terminée cette pauvre petite Messe. Est-ce bien de la musique Sacrée que je viens de faire ou bien de la Sacrée Musique? J’etais né
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Opera dal Nord-Est
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Ballo in maschera suggestivo
servizio di Simone Tomei FREE
VERONA - Uno scorcio di stagione 2023 col botto quella del Teatro Filarmonico con la rappresentazione di Un ballo in maschera di Giuseppe Verdi: la regista Marina Bianchi firma un allestimento classico del Teatro Regio di Parma con le ritrovate scene del 1913, dipinte da Carmignani. Fondali e principali di carta, dallo straordinario effetto tridimensionale,
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