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Il Teatro del Giglio di Lucca ha inaugurato con l'opera pių rappresentata di Giacomo Puccini |
Una Bohčme minimalista |
servizio di Simone Tomei |
Pubblicato il 21 Ottobre 2023 |
LUCCA - La Bohème di Giacomo Puccini, comunque la si voglia interpretare, è una storia di morte già dal primo atto. La spensieratezza dei quattro spiantati giovani parigini ha il sapore amaro della povertà, delle ristrettezze e di una vita vissuta tra donnine allegre e un po’ d’amor in cui l’instabilità delle relazioni e degli affetti diventa un elemento quasi distintivo. Il Teatro del Giglio di Lucca in occasione dell’inaugurazione della stagione lirica 2023-2024 e alle porte con l’anno del centenario dalla morte del compositore cittadino, propone un allestimento della regista Cristina Muti Mazzavillani e che ha la sua genesi otto anni or sono al Ravenna Festival, col quale è stato coprodotto. Nella sua ideazione scenica gli aspetti suddetti vengono colti appieno ed il risultato visivo volge verso colori piuttosto scuri, scenografie scarne che cedono il posto a rappresentazioni video - visual designer David Loom e video programmer Davide Broccoli - dai toni cupi e tendenzialmente decadenti anche grazie alle luci di Vincent Longuemare. La famosa stufa del primo atto in cui si bruceranno le pagine del romanzo di Rodolfo per cercare di resistere ai morsi del gelo, cede il posto ad un piano rialzato - in cui è incastonato un braciere - che nel quarto atto diventerà il letto di morte di Mimì; ci sono inoltre due tavoli in arte povera, alcune suppellettili culinarie e poco altro. Poco fastoso anche il secondo quadro seppur contrastante con il primo almeno per i costumi; Manuela Monti li ha pensati per i protagonisti in uno stile atemporale, mentre il popolo della piazza intorno al Café Momus, risulta più vicino al sapore del tempo della vicenda. Le interazioni tra i protagonisti sono molto funzionali alla scena e risulta un’ottima scelta quella di far vestire i panni di Parpignol ad un bravo attore senza voce Ivan Merlo facendo cantare le sue poche note ad un artista in proscenio. La neve diventa protagonista degli ultimi due quadri ed il bianco candore nella fredda mattina parigina viene traslato con le immagini video dentro la soffitta nell’epilogo del dramma creando un unicum davvero suggestivo tra i due momenti, quasi a significare che non vi sia interruzione temporale.
La lettura orchestrale del M° Nicola Paszkowski alla guida dell’Orchestra Giovanile Luigi Cherubini, trova la non sempre facile quadra del cerchio; gioca su sonorità mai invadenti e asseconda le voci con encomiabile cura. Il suono è nitido, i tempi sempre appropriati e sa alternare le baldanze musicali con accorati momenti introspettivi e lirici. Il terzo quadro - forse il più bello di tutta l’opera - assume colori, toni e sapori davvero unici ed ogni nota sembra ricamare con dovizia il canto dei solisti. Seguendo l’ordine del libretto inizio la disamina delle voci proprio dalla principale figura femminile: Mimì. Vittoria Magnarello al momento non ha nulla del personaggio almeno sotto il profilo vocale. La sua emissione è anodina, la linea di canto poco curata e si percepisce che il ruolo non è ancora completamente nelle sue corde; manca ancora esperienza e, forse, un maggior perfezionamento vocale per raggiungere un risultato per lo meno accettabile. Inoltre la scelta della regista di comunicare al pubblico, durante gli applausi, che il giovane soprano era la seconda volta che saliva sul palcoscenico, mi è sembrata più una excusatio non petita che un elogio all’artista. Meglio Alessia Pintossi nel ruolo della frizzante Musetta; non le mancano certo verve e spigliatezza ed il canto è piuttosto ben curato e preciso. Nei panni di Rodolfo il tenore Adolfo Scotto di Luzio mette in luce un timbro di ottima fattura e buone intenzioni interpretative ma nonostante un fraseggio ben cesellato ed un buon nitore vocale, sono emersi talvolta alcuni momenti di fatica nell’acuto dell’aria "Che gelida manina" e nel terzo atto alla fine del grande duetto. Un Marcello di pregevole lignaggio quello di Alessio Arduini dotato di ottimo squillo e facilità nel gestire il suo rigo musicale; accanto a questo si è potuta ammirare una spigliata prestanza scenica. Ben a fuoco anche gli altri due compagni di soffitta; lo Schaunard di Clemente Antonio Dallotti interagisce con sicurezza nelle frasi a lui attribuite e Luca Dall’Amico è un Colline talvolta ilare e ironico, ma sa commuovere nell’aria "Vecchia Zimarra". Fabio Baruzzi è un Benoit molto caratterizzato anche per una “muta” vocale che lo rende ancora più grottesco e ridicolo. Graziano Dalla Valle vesti i panni di un Alcindoro piuttosto buffo, ma non macchiettistico e conclude rassegnato il secondo quadro seduto con aria sconsolata. Interpreta altresì egregiamente il ruolo di Sergente dei doganieri. Ottimo l’apporto del coro del Teatro Municipale di Piacenza preparato e diretto dal M° Corrado Casati come pure quello delle voci bianche del Teatro del Giglio e della Cappella Santa Cecilia sotto la guida del M° Lorenzo Corsaro.
Di grande effetto la Filarmonica "Giacomo Puccini" di Nozzano (Lucca) diretta dal M° Nicola D’Arrigo a suggellare la ritirata alla fine del secondo quadro. Applausi incondizionati per tutti al termine della recita da parte di un pubblico piuttosto folto. (La recensione si riferisce alla serata di venerdì 20 ottobre 2023)
Crediti fotografici: Ufficio stampa del Teatro del Giglio di Lucca Nella miniatura in alto: la protagonista Vittoria Magnarello (Mimì) Al centro in sequenza: l'attore e mimo Ivan Merlo (Parpignol); Vittoria Magnarello con Adolfo Scotto di Luzio (Rodolfo); ancora Vittoria Magnarello nel secondo quadro; scena della soffitta dal primo quadro Sotto in sequenza: i "monelli" della Bohème; Alessia Pintossi (Musetta) e Alessio Arduini (Marcello); ancora Vittoria Magnarello con Adolfo Scotto di Luzio nel quarto quadro In fondo: i saluti finali di tutto il cast
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