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Esaltante successo dell'allestimento ferrarese ideato da Adrian Schvarzstein e guidato da Ovadia

Don Giovanni domatore tra le fiere

servizio di Athos Tromboni

Pubblicato il 04 Luglio 2022

20220704_Fe_00_DonGiovanni_AdrianSchvarzsteinFERRARA - Il Don Giovanni di Mozart ha debuttato al Teatro Comunale "Claudio Abbado" venerdì 1 luglio, 2022 con replica domenica 3 luglio. Entrambe le rappresentazioni hanno visto il teatro gremito fino al tutto esaurito. Il progetto partiva da lontano: affidare al maestro Leone Magiera il compito di selezionare e preparare giovani cantanti per la messa in scena del capolavoro di Wolfango Amade'.
Hanno aderito oltre 350 aspiranti e ne sono stati selezionati una quindicina, per i diversi ruoli di prima recita, replica e coperture eventuali. Anche perché già si prevedeva che quel Don Giovanni non si sarebbe esaurito a Ferrara, ma è destinato a girare... e infatti terminata felicemente la fatica ferrarese, a ottobre prossimo questo allestimento volerà a Daegu, in Corea del Sud, e sarà inserito nella prestigiosa rassegna della Daegu Opera House, sancendo la nuova collaborazione internazionale tra le due istituzioni teatrali, quella ferrarese e quella coreana. Così per la prima volta il Teatro Comunale "Claudio Abbado" raggiungerà l’Oriente con una propria produzione.
L'impegno che il maestro Magiera ha profuso è stato notevole, e così come un bravo allenatore sa armonizzare lo "spogliatoio" ai fini del risultato di gruppo (e non è ostaggio dei meriti individuali, anche se utili, a volte fondamentali), anche Magiera è riuscito a creare quello spirito di "squadra" che ha contribuito al successo di tutta l'operazione.
Si è trattato di un Don Giovanni in 'stile Mahler'  nel senso che volutamente è stato omesso il concertato finale, come faceva appunto il direttore-compositore viennese, facendo terminare l'opera dopo la scomparsa del dissoluto punito, trascinato nella voragine dell'inferno dal Commendatore, sua vittima.
L'idea registica di Adrian Schvarzstein messa in scena da Moni Ovadia è originale: il protagonista, Don Giovanni, è un domatore di tigri (nelle intenzioni drammaturgiche) di una compagnia circense itinerante, giunta a Ferrara. Ma in scena le fiere più aggressive sono le donne che lui seduce, non le tigri che non si vedono manco dipinte.

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Leporello è il clown, mentre il Commendatore è l’impresario del circo, non sempre ben visto dai suoi dipendenti. Nella compagnia lavorano Donna Anna, figlia del Commendatore, l’acrobata cavallerizza della compagnia, e Donna Elvira, la trapezista. Don Ottavio è l’addetto alla cassa e contabile del gruppo, Zerlina e Masetto gli operai. Anche il direttore d’orchestra e gli orchestrali fanno parte del gruppo di artisti giunti in città. Li unisce la vita nomade, nei carrozzoni di un circo degli inizi del Novecento, tra spostamenti di città in città, di paese in paese, alla ricerca di successive avventure in territori, non sempre accoglienti, in cui approdare.
In buca era l’Orchestra Città di Ferrara diretta dal maestro australiano Daniel Smith, pluripremiato musicista tra i più interessanti della scena musicale internazionale. I cantanti selezionati e coinvolti sono tutti al di sotto dei 35 anni, come era contemplato nel progetto di partenza. Il Coro del Teatro Comunale di Ferrara era diretto dal maestro Francesco Pinamonti.

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I costumi e la scenografia sono stati realizzati dalla costumista e scenografa tedesca Lilli Hartmann, le luci da Marco Cazzola, le coreografie da Jurate Sirvyte Rukstele.
Il cast della prima sera era formato da Guido Dazzini nel ruolo del titolo, Alessandro Agostinacchio (il Commendatore), Yulia Merkudinova (Donna Anna), Marta Lazzaro (Donna Elvira), Younggi Moses Do (Don Ottavio), Giulio Riccò (Leporello), Valerio Morelli (Masetto) e Gesua Gallifoco (Zerlina).
In scena anche una acrobata vera, Angela Francavilla, bravissima, impegnata in esercizi e contorsioni al corpo libero e alla fune.
Nella seconda serata sono subentrati Giovanni Luca Failla al posto di Dazzini (Don Giovanni), Lorenzo Martelli al posto di Moses Do (Don Ottavio) e Silvia Caliò al posto della Gallifoco (Zerlina). Confermato il resto del cast.
La messa in scena ideata da Schvarzstein e realizzata da Moni Ovadia, pur decontestualizzata rispetto all'ambientazione scritta dal librettista Lorenzo Da Ponte, non è stata invasiva come lo sono tante regie "moderne"... e tutto sommato ci può anche stare che il dramma giocoso del Burlador de Sevilla si svolga nell'hortus conclusus di un tendone e dentro qualche carrozzone, perché il circo non ha un'età temporale definita, i suoi costumi e le sue meraviglie sono quasi immutate nei secoli, quindi che fossero i tempi storici del Burlador o quelli odierni scanditi dalle nostre chat sui telefonini, l'immutevolezza ha giocato il ruolo di calmieratrice della trasgressione.
Detto questo, bisogna aggiungere che la recitazione (parleremo dopo del canto) è stata pregevole, ottimo lavoro di Ovadia sull'espressività e la mimica dei vari personaggi, con un'accentazione forse un po' esuberante nella caratterizzazione di Leporello, il clown, e di Donna Elvira, la trapezista: capriole a non finire per Leporello e furia incontenibile per Donna Elvira, più virago che pasionaria, più aggressiva che compassionata, e un po' sgradevole anche per quel brutto e goffo costume che le avevano assegnato (belli tutti gli altri costumi, per contro).
Per quanto riguarda il dinamismo sulla scena, ottime scelte di tempi e movimenti, sia dei personaggi principali, sia nel coinvolgimento del coro ai fini tattili e visivi, oltre che musicali. La recita si è svolta sia in palcoscenico che in platea, con il pubblico simpaticamente coinvolto in alcuni frammenti dello spettacolo.
La messa in scena cui abbiamo assistito (quella di domenica 3 luglio 2022) ha mostrato un eccellente Giovanni Luca Failla in Don Giovanni, voce ben tornita e carezzevole, ottimo fraseggio, sfumature in linea con le emozioni istantanee del personaggio (meraviglia, disprezzo, furore, galanteria, falsità, tutte agite con timbro giusto ed espressione appropriata).
Il colore scuro e profondo della vocalità di Alessandro Agostinacchio (il Commendatore) oltre la sua stazza fisica, gli garantiranno una lunga frequentazione del ruolo, ma sembra già pronto anche per un Sarastro (Mozart, Il flauto magico); e quando la voce scurirà ulteriormente prevediamo per lui tanti Sparafucile (del Rigoletto) e altrettanti Raimondo (Donizetti, Lucia di Lammermoor), così giusto per cercar di indovinare.
Di Yulia Merkudinova (Donna Anna) non possiamo che continuare a tessere le lodi, avendola già sentita e valutata positivamente in precedenza a Ferrara in altri spettacoli; anche per lei si prospetta una brillante carriera.
Marta Lazzaro (Donna Elvira) per tempra, vocalità, vis-drammatica è stata la sorpresa (per noi) della serata: mai un fuori-tempo, mai una stonatura, mai un'indecisione nonostante cantasse quasi sempre (per esigenze sceniche e registiche) con gli occhi tutt'altro che rivolti al direttore. La sicurezza scenica di questa cantante e la sua vocalità decisamente drammatica, sono i pregi da coltivare in carriera.
Ci è piaciuto moltissimo il tenore Lorenzo Martelli (Don Ottavio), chiaro, acuto e morbido, padrone di mezze tinte seducenti, mozartiano d'elezione e poi, nel prosieguo della carriera, chissà che non arrivi (se non c'è già arrivato) anche a un Duca di Mantova (sempre del Rigoletto) o a un Edgardo (sempre della Lucia).
Bravo anche Valerio Morelli (Masetto) e sbarazzina e pepata (soprattutto nelle movenze in scena e nella vivacità della mimica) Silvia Caliò.

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L'opera si anima fin dalla sinfonia, con l'entrata in scena di Giulio Riccò, una bestia da palcoscenico, che vestito da clown (Leporello - qui - è il pagliaccio del circo) sa essere ironico, atletico, acrobatico, supplichevole ruffiano e terrorizzato sia con l'appropriato gesto scenico, sia con la ricca e rotonda vocalità di basso cantante che egli si ritrova. Tutto sommato è proprio lui, Riccò/Leporello, il mattatore della serata, senza nulla togliere al merito di tutti gli altri. Riccò entra in scena subito, al primo accordo dell'orchestra, insieme ad Angela Francavilla: e mentre lui salta e smatteggia come un clown sovreccitato, la Francavilla comincia i suoi esercizi a terra, con contorsioni, passi di danza, spaccate... poi si inerpica sulla corda e a darle man forte nelle contorsioni, dopo alcuni assoli, arriva lui, Don Giovanni, che diventa il suo tutor per un'esibizione artistica di abilità tipicamente circense.
Infine l'orchestra, il coro, il direttore.
Quest'ultimo ha dato del Don Giovanni una lettura intensa, sgombra da preconcetti filologistici, incline alla tragedia, aspirante all'incipiente romanticismo musicale che Mozart aveva anticipato in molti suoi lavori: una direzione musicale degna di Mahler o - se vogliamo - del più romantico Don Giovanni del Novecento, quello diretto (poi passato in film, tuttora in commercio) da Wilhelm Furtwängler a Salisburgo nel 1956.
Già l'accordo di apertura della sinfonia, con quell'accento da tregenda esaltato dalla dinamica voluta dal direttore Smith, ha fatto presagire l'epilogo cupo del dramma che si chiude senza eseguire più la "morale" di quel concertato che traduce in "giocoso" il dramma. Poi tutte le dissonanze esaltate del pari, ai fini drammatici, perché è la disarmonia del peccato - o del peccatore - che nella lettura di Smith affiora fra l'armonia delle note. Ed infine la meticolosità con cui il direttore ha saputo equilibrare la voce dell'orchestra con quelle dei cantanti, senza mai coprirli, e comunque senza far mancare alla musica quella duttilità e udibilità che necessita per l'emozione di chi ascolta. Proprio bravo, non c'è che dire.

 

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Pregevole la prestazione dell'Orchestra Città di Ferrara e benissimo anche il Coro del Teatro Comunale "Claudio Abbado" preparato da Francesco Pinamonti.
Un trionfo di applausi per l'intero cast e staff, dopo le arie i duetti i concertati e soprattutto al termine della recita quando - tutti in scena e tutti per mano (escluso Moni Ovadia che vagava fra le quinte e non ha voluto entrare benché invitato a più riprese dalle due primedonne) - il pubblico ha chiamato più volte alla ribalta la compagnia anche a sipario chiuso.

Crediti fotografici: Marco Caselli Nirmal per il Teatro Comunale "Claudio Abbado" di Ferrara
Nella miniatura in alto: Adrian Schvarzstein ideatore della messinscena di Don Giovanni ambientata nel circo
Sotto in sequenza alcuni protagonisti della prima recita: Guido Dazzini (Don Giovanni) alle prese con l'acrobata Angela Francavilla; Gesua Gallifoco (Zerlina) con Valerio Morelli (Masetto); ancora la Gallifoco con Younggi Moses Do (Don Ottavio); Guido Dazzini con Giulio Riccò (Leporello)
Al centro: panoramiche di Marco Caselli Nirmal su allestimento e costumi
Sempre al centro in sequenza i protagonisti della prima integrati con quelli della seconda serata: Giovanni Luca Failla (Don Giovanni); Failla con il mandolinista in scena durante la serenata del secondo atto; ancora Failla con Marta Lazzaro (Donna Elvira); Yulia Merkudinova (Donna Anna) con Lorenzo Martelli (Don Ottavio); Silvia Caliò (Zerlina) con Valerio Morelli (Masetto); Valerio Morelli con Lorenzo Martelli; Giulio Riccò (Leporello) durante la sinfonia; Marta Lazzaro nel costume di trapezista; Yulia Merkudinova nel costume della primadonna figlia dell'impresario del circo;  Giulio Riccò con Giovanni Luca Failla; Alessandro Agostinacchio (il Commendatore); il direttore Daniel Smith
In fondo: una spaccata della acrobata Angela Francavilla; altre panoramiche di Marco Caselli Nirmal sullo spettacolo agito anche in platea






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