Pubblicato il 17 Aprile 2025
L'opera pių 'sofferta' di Richard Strauss miete un meritato successo nel Teatro Carlo Felice
Danae di rara opulenza servizio di Simone Tomei

20250417_Ge_00_DieLiebeDerDanae_AngelaMeadeGENOVA - In un panorama operistico spesso dominato da titoli consolidati, emerge con prepotente originalità la produzione di Die Liebe der Danae, Op. 83 di Richard Strauss al Teatro Carlo Felice di Genova. Quest'opera, lungi dall'essere un mero reperto archeologico, si rivela un'esplorazione complessa e affascinante delle dicotomie umane, incastonata in una partitura di rara opulenza.
Die Liebe der Danae invita a una riflessione sul contesto storico della sua creazione. Composta durante gli anni bui della Seconda Guerra Mondiale, l'opera può essere interpretata come una fuga dalla realtà, un rifugio in un mondo mitico di bellezza e armonia. Tuttavia, sarebbe riduttivo considerarla solo un'evasione. Strauss, pur immergendosi nel mito, affronta temi universali come la ricerca della felicità e il conflitto tra desiderio e rinuncia. La rarità esecutiva dell'opera, dovuta in parte alle notevoli esigenze vocali e alla complessità della messa in scena, non fa che accrescerne il fascino, rendendo ogni rappresentazione un'occasione preziosa per riscoprire un tesoro nascosto del repertorio operistico del Novecento.
Richard Strauss concepisce "Danae" in un periodo storico di profonda crisi, segnato dal crepuscolo degli ideali bellici che gettava un'ombra cupa sul panorama culturale europeo; in questo contesto, l'opera si configura come una riflessione metatestuale sul potere salvifico dell'arte stessa. Il mito di Danae, fecondata dalla pioggia aurea di Zeus, diviene un topos attraverso cui il compositore indaga la natura ambivalente del desiderio, la caducità della potenza e la resilienza dello spirito umano di fronte alle avversità. L'impianto musicale, sontuoso e raffinato, si articola in un tessuto orchestrale denso di suggestioni timbriche, in cui l'oro del desiderio si contrappone dialetticamente alla cenere della disillusione.
La genesi dell'opera, segnata da una travagliata elaborazione del libretto, costituisce un elemento di indubbio fascino. L'originaria concezione di Hugo von Hofmannsthal, intrisa di una verve satirica memore di Luciano di Samosata, subisce una metamorfosi significativa attraverso l'intervento di Joseph Gregor e la supervisione occulta di Clemens Krauss. Questo processo compositivo stratificato conferisce all'opera una profondità semantica ulteriore, in cui la tensione tra l'elemento buffo e la sottostante tragicità esistenziale si risolve in un equilibrio instabile e fecondo. "Danae" emerge così come un'opera che rifugge le facili categorizzazioni di genere, oscillando tra la vis comica e la riflessione filosofica sul fluire inesorabile del tempo.

20250417_Ge_01_DieLiebeDerDanae_Facebook

L'orchestrazione straussiana si distingue per la sua straordinaria potenza espressiva. L'orchestra non si limita ad accompagnare le voci, ma diventa un vero e proprio protagonista drammatico, un'entità viva e pulsante che respira con i personaggi e amplifica le loro emozioni. Gli archi, con il loro fraseggio sinuoso e vibrante, evocano la fragilità emotiva dei personaggi, delineando le loro paure, le loro speranze e i loro conflitti interiori con una delicatezza e una precisione quasi palpabili. I legni, con le loro timbriche iridescenti, che spaziano dal flauto etereo al clarinetto malinconico, suggeriscono le seduzioni ingannevoli del desiderio, le promesse illusorie e le trappole nascoste dietro l'apparenza. Gli ottoni, con i loro squilli maestosi e crepuscolari, che risuonano come il tuono di un dio o il lamento di una potenza in declino, incarnano la potenza divina e la sua ineluttabile decadenza, la consapevolezza della propria mortalità e la nostalgia per un'eternità perduta. Il celebre interludio del Goldregen, con le sue cascate scintillanti di suoni, è un esempio lampante della capacità di Strauss di trasfigurare la materia sonora in pura emozione, in un'ebbrezza timbrica che trascende la semplice descrizione e si fa pura esperienza sensoriale, un'immersione in un mondo di bellezza abbagliante e fugace.
In questo contesto di ricchezza e complessità, merita una menzione particolare la direzione del M° Michael Zlabinger, musicista austriaco di indubbio talento. La sua interpretazione equilibrata, che dimostra una profonda conoscenza della partitura e una sensibilità raffinata per le sfumature dinamiche e timbriche, esalta ogni colore ed emozione della partitura, rivelando una profonda comprensione della complessità emotiva e musicale dell'opera e guidando l'orchestra con mano sicura e ispirata attraverso il labirinto delle passioni umane e delle vicissitudini divine. L'equilibrio tra palcoscenico e golfo mistico è stato eccellente, e la mano sicura del direttore non ha mai fatto mancare il suo appoggio e la sua figura di guida.
Impeccabile il coro, molto impegnato in quest’opera come sempre ben preparato dal M° Claudio Marino Moretti che ha saputo esaltare gli impeti straussiani. Un plauso di encomio va anche ai danzatori Daniele Bracciale, Luca Cappai, Simone Cristofori e Giuseppe Sanniu ed al Balletto Fondazione Formazione Danza e Spettacolo "For Dance" ETS, che si sono distinti per precisione, grazia ed eleganza nelle suggestive coreografie curate da Carmine De Amicis.
In questo contesto, il cast ha dato prova di grande impegno, con risultati nel complesso notevoli. Lo Jupiter di Scott Hendricks ha dominato la scena con una presenza magnetica che ha reso il suo Giove credibile, persino toccante nella sua umanità disillusa. La sua vocalità si è distinta per un’ottima proiezione in acuto, sebbene nella zona grave si siano percepite occasionali carenze in volume e rotondità. Nonostante ciò, il personaggio ha acquisito corpo grazie a una recitazione solida e a un fraseggio incisivo.
Di grande pregio è stata la prova di John Matthew Myers nei panni di Mida: il timbro soave e il fraseggio raffinato hanno restituito un personaggio vibrante, umanissimo, colto nel pieno del suo conflitto morale. Myers ha saputo equilibrare forza espressiva e delicatezza, offrendo una lettura intima e coerente del ruolo.

20250417_Ge_02_DieLiebeDerDanae_scena 20250417_Ge_03_DieLiebeDerDanae_scena

20250417_Ge_04_DieLiebeDerDanae_scena 20250417_Ge_05_DieLiebeDerDanae_scena

20250417_Ge_06_DieLiebeDerDanae_295x39420250417_Ge_07_DieLiebeDerDanae_295x39420250417_Ge_08_DieLiebeDerDanae_295x394

Angela Meade, nel ruolo di Danae, ha confermato la sua statura vocale. L'intonazione impeccabile, la morbidezza del canto, le messa di voce scolpite con eleganza e l'omogeneità su tutta l'estensione testimoniano un controllo tecnico di altissimo livello. Tuttavia, a fronte di una vocalità pressoché ineccepibile, è mancata una piena immedesimazione scenica: il personaggio non è emerso con la profondità richiesta, e l'interpretazione, per quanto impeccabile sotto il profilo musicale, ha finito per assumere i tratti di un'esecuzione in forma di concerto, priva dell’afflato teatrale che il ruolo esige. Un'occasione parzialmente mancata per un’artista di tale levatura che avrebbe potuto completare il quadro con una più marcata espressività scenica.
Il Merkur di Timothy Oliver ha rappresentato un’autentica ventata di brio: spigliato, divertente, misurato nella caricatura, ha saputo unire precisione vocale e talento attoriale, risultando una delle presenze più godibili della serata.
Tuomas Katajala nel ruolo di Pollux ha colpito per l’emissione nitida e cristallina, unita a una dizione impeccabile, mentre Valentina Farcas, nei panni di Xanthe, ha offerto un’interpretazione elegante e controllata, con acuti ben centrati e un duetto del primo atto di grande equilibrio.
Eccellente anche il quartetto dei re – Albert Memeti, Eamonn Mulhall, Nicolas Legoux e John Paul Huckle – che ha dimostrato coesione e qualità vocale, così come di ottimo livello sono risultate le prove di Anna Graf (Semele), Agnieszka Adamczak (Europa), Hagar Sharvit (Alcmene) e Valentina Stadler (Leda) tutte scenicamente ben caratterizzate e vocalmente solide. Infine Eine Stimme era Valeria Saladino.
La produzione genovese si distingue per la lettura registica di Laurence Dale che innerva la vicenda mitologica di suggestioni metatestuali e riferimenti storico-culturali precisi. La presenza di Strauss stesso, ora spettatore partecipe, ora deus ex machina che guida i destini dei personaggi, conferisce all'allestimento un'ulteriore dimensione di complessità. In questa visione, il compositore non è una figura lontana, relegata al passato, ma è evocato in scena, presente come fantasma e coscienza: un mimo nei suoi abiti borghesi, seduto in un palco accanto alla moglie Pauline, poi in piedi accanto ai personaggi, quasi li dirigesse, o danzasse con loro una malinconica partitura interiore. Quel valzer, che ritorna sottopelle nella partitura come un respiro familiare, è il cuore segreto di tutta l’opera: la nostalgia di Richard Strauss per un mondo perduto, la sua fede nella bellezza come ultimo rifugio.
La scelta di ambientare l'azione nel 1944, anno cruciale segnato dall'attentato a Hitler e dalla chiusura dei teatri, aggiunge un livello di lettura metadrammatico che interroga il ruolo dell'arte in un contesto storico segnato dalla violenza e dalla barbarie: in questo modo, l'opera non è più solo una narrazione mitologica, ma diventa anche un documento storico, una testimonianza del potere dell'arte di resistere e di sopravvivere anche nei momenti più bui della storia umana.
Il terzo atto è un’epifania struggente: un filmato d’epoca mostra il vero Strauss alla direzione, poi altre immagini quotidiane, private ci conducono fino alla villa di Garmisch, rifugio alpestre e domestico del compositore che diventa tempio dell'ultima arte. È un colpo di teatro che commuove e dà senso all’intera visione, come se l’autore stesso fosse l’ultimo spettatore della sua opera. La celebre frase pronunciata da Strauss in occasione della prova generale, «... con la speranza di rivederci in un mondo migliore ...», risuona non solo come un auspicio personale, ma anche come un monito profetico e un'affermazione di fede nel potere rigeneratore della musica e nella sua capacità di offrire speranza e consolazione in tempi di crisi.

20250417_Ge_10_DieLiebeDerDanae_445x445 20250417_Ge_09_DieLiebeDerDanae_445x445 

Lo spettacolo, pur non esente da elementi di ambiguità interpretativa, si distingue per la sua indubbia qualità. La fusione sapiente di epoche stilistiche diverse, la ricercatezza dei costumi, l'uso suggestivo delle luci e l'efficace sfruttamento dello spazio scenico concorrono a creare un'esperienza visiva di grande impatto emotivo. Ogni dettaglio scenico, ogni scelta cromatica, ogni movimento degli attori è intriso di significato - talvolta chiaro, talaltra meno - e contribuisce a creare un'atmosfera sospesa tra sogno e realtà, tra mito e storia. La dramaturgie dell'opera, lungi dall'essere tradita da scelte registiche arbitrarie, viene valorizzata in tutta la sua complessità, evidenziando come la visione straussiana di un amore capace di trionfare sulla potenza e sulla ricchezza trovi una propria puntuale risonanza nel contesto storico e culturale in cui l'opera è stata concepita.
Questa rappresentazione, la prima italiana della versione originale con complessi artistici italiani (edizione utilizzata: Schott Music, Mainz), ha visto impegnati inoltre lo scenografo e costumista Gary McCann e John Bishop a curare le luci, contribuendo in modo significativo all'impatto visivo e all'atmosfera complessiva dello spettacolo.
Nonostante le avverse condizioni atmosferiche, il calore della musica ha pervaso il teatro, riscaldando cuori e animi. Al termine della rappresentazione, il pubblico ha tributato un'ovazione corale e sentita a tutti gli artisti, con un particolare tributo di plauso al direttore d'orchestra, a suggello di una serata indimenticabile.
(La recensione si riferisce alla recita di mercoledì 16 aprile 2025)

20250417_Ge_11_DieLiebeDerDanae_saluti

Crediti fotografici: Ufficio stampa del Teatro Carlo Felice di Genova
Nella miniatura in alto: il soprano Angela Meade  (Danae)
Sotto, in sequenza: profili e panoramiche su
Die Liebe der Danae Op. 83
di Richard Strauss
In fondo: i saluti del cast e del direttore
Michael Zlabinger a fine recita





Pubblicato il 08 Aprile 2025
L'illuminotecnica nella produzione torinese dell'opera di Chajkovskij gioca un ruolo... registico
Dama scolpita dalla luce servizio di Simone Tomei

20250408_To_00_LaDamaDiPicche_MichailPirogov_phMattiaGaidoTORINO - Il Teatro Regio ha riportato in scena La dama di picche di Pëtr Il'ič Chajkovskij, in una nuova coproduzione con la Deutsche Oper di Berlino. L'opera si è rivelata un'autentica descente aux enfers, un'immersione nelle zone più oscure e tormentate dell'animo umano. L'allestimento, ideato da Graham Vick e portato a termine con sensibilità da Sam Brown, ha ampliato la portata del lavoro del predecessore, offrendo un'esplorazione lucida e spietata delle ossessioni che ci consumano.
Fin dalle prime scene lo spettatore viene proiettato in un'atmosfera onirica e perturbante. Dimenticata la solita San Pietroburgo da cartolina, quello che si dispiega davanti agli occhi dello spettatore è un paesaggio mentale claustrofobico, dominato da colori innaturali e da una pervasiva sensazione di straniamento. Persino il Giardino d'estate, tradizionalmente cuore pulsante della vita sociale, appare qui trasfigurato in un simulacro, allegoria di una realtà interiore distorta e inquietante.
In questo contesto, Hermann, figura già di per sé marginale ed esclusa, diviene l'emblema di una solitudine abissale: Chajkovskij sembra suggerire che l'inferno è soprattutto la solitudine dell'uomo di fronte al proprio destino.
Le scene ed i costumi di Stuart Nunn si distinguono per una notevole coerenza visiva e per la ricchezza di dettagli simbolici che arricchiscono la narrazione. La scena fonde con audacia elementi di un presente alienato, fatto di geometrie fredde e luci al neon, con reminiscenze di un Settecento decadente, quasi rococò, ma filtrato attraverso una lente distorta e a tratti grottesca.

20250408_To_01c_LaDamaDiPicche_MichailPirogov_phMattiaGaido20250408_To_02_LaDamaDiPicche_ZarinaAbaeva_phMattiaGaido20250408_To_03_LaDamaDiPicche_JenniferLarmore_phMattiaGaido

20250408_To_04_LaDamaDiPicche_Facebook_phMattiaGaido 

I bambini-soldato, automi in miniatura nel primo quadro, incarnano una feroce critica all'indottrinamento e all'omologazione, prefigurando l'emarginazione e la disumanizzazione del protagonista. Le fotografie di Liza, moltiplicate ossessivamente come in un museo privato, diventano la rappresentazione tangibile di un amore che da passione si trasforma in morboso possesso, in una vera e propria ossessione totalizzante. Il suicidio di Liza si configura come un momento di teatro puro, una scena di struggente intensità che si imprime indelebilmente nella memoria dello spettatore. La drammatica sequenza, articolata su diversi livelli spaziali – la banchina, il ponte, le scalinate – sottolinea la distanza incolmabile tra i due protagonisti, prigionieri di mondi interiori inconciliabili. Hermann, ormai completamente consumato dalla sua ossessione per il gioco e per il feticcio delle carte, è sordo al richiamo dell'amore, mentre Liza, intrappolata in un destino tragico, cerca invano una redenzione impossibile, un modo per sfuggire al tragico fato che incombe su di lei. Se l'impianto registico si distingue per la sua indubbia forza espressiva, non tutto però convince pienamente: il ballo in maschera, trasformato in un'orgia esplicita, rischia di appesantire un momento già di per sé potente. Qui il Settecento pop, evocato attraverso eccentriche parrucche e luci stroboscopiche, suggerisce efficacemente il delirio collettivo, ma l'esplicita rappresentazione della sessualità introduce una nota di pesantezza - ai limiti di una volgarità non necessaria - che incrina parzialmente l'equilibrio complessivo. Si tratta, tuttavia, di una concessione isolata in un disegno registico che si distingue per lucidità e compattezza.

20250408_To_05_LaDamaDiPicche_Ballo900x421_phMattiaGaido

20250408_To_09_LaDamaDiPicche_Scena900x563_phMattiaGaido

Un plauso particolare merita il lavoro di Linus Fellbom sul fronte illuminotecnico. La luce, in questo allestimento, non è un semplice elemento scenografico, ma diviene un vero e proprio linguaggio emotivo che isola, scolpisce e divide. È la luce a separare inesorabilmente Hermann dalla festosa vitalità della società che lo circonda, a moltiplicare l'immagine della Contessa, rendendola una presenza ossessiva e pervasiva.
In questo modo, la regia si fa acuta indagine dell'inconscio, con tutte le sue reincarnazioni, le sue proiezioni e i suoi inquietanti ritorni. La forza di questo allestimento, a mio avviso, risiede nella sua capacità di essere fedele non alla lettera, ma allo spirito più profondo dell'opera chajkovskijana.
La dama di picche non è semplicemente una storia gotica o un'opera di un compositore sull'orlo di una crisi nervosa, è una tragedia simbolista che anticipa temi cruciali come l'alienazione dell'individuo nella società moderna, la dipendenza patologica e la paura dell'irrilevanza. È la storia di un uomo che tenta di piegare il caso al proprio volere e che viene inesorabilmente travolto dalla necessità.
Le tre carte, inizialmente percepite come promessa di potere e ricchezza, si trasformano ben presto in uno strumento di dannazione.
La Contessa – madre, amante, regina, spettro – incarna la figura ineluttabile del destino.
E la musica struggente e appassionata di Čajkovskij ci accompagna in questo viaggio nel cuore della tenebra.
Al termine della rappresentazione lo spettatore è pervaso da un senso di vertigine e di vuoto. Hermann, immobile nella sua rovina, è l'immagine desolante che ci portiamo via dal teatro: un uomo che ha perso tutto e che, in fondo, non ha mai posseduto nulla di veramente significativo. Diventiamo quindi testimoni impotenti di questa tragedia, ci scopriamo inquieti e turbati nel profondo, toccati da un'opera che non offre facili consolazioni ma che ci costringe a confrontarci con le nostre fragilità e le nostre paure più recondite.
La dama di picche è un esempio emblematico della straordinaria capacità di Chajkovskij di fondere in modo originale tradizione e innovazione. Accanto a evidenti richiami al classicismo mozartiano, che si manifestano soprattutto nelle scene di corte e nei balli, emergono soluzioni armoniche di grande audacia e una scrittura orchestrale densa e poliedrica. L'uso sapiente dei leitmotiv per rappresentare i tormenti interiori di Hermann e l'ineluttabilità del destino si rivela particolarmente efficace: il tema della Contessa, ad esempio, ritorna ciclicamente, sottolineando la presenza costante e opprimente della sua figura nella psiche del protagonista, quasi un'ossessione che lo divora dall'interno.
Sul podio il giovane maestro Valentin Uryupin si conferma direttore d'orchestra di razza, guidando l'Orchestra e il Coro del Teatro Regio di Torino con una lettura appassionata e rigorosa della partitura chajkovskijana. Uryupin si dimostra interprete raffinato e profondo, capace di accendere la miccia emotiva della partitura, esplorando ogni anfratto e rivelando sonorità particolari e preziose. La sua direzione non si limita a una corretta esecuzione ma scava nei meandri della composizione, evidenziando la modernità di un'opera che, pur radicata nella tradizione, sperimenta audacemente con il linguaggio musicale. L'agogica, sempre appropriata, asseconda con naturalezza le tensioni drammatiche e i momenti di lirismo struggente, conferendo alla narrazione un ritmo incalzante e coinvolgente. L'equilibrio che Uryupin instaura tra le diverse sezioni orchestrali è mirabile: gli archi vibranti, i fiati incisivi e le percussioni pulsanti concorrono a creare un tessuto sonoro ricco di sfumature cangianti, che sostiene e amplifica le voci dei cantanti esaltandone le qualità espressive.
Anche il coro, preparato con grande precisione dal M° Ulisse Trabacchin, si inserisce perfettamente in questo affresco musicale, contribuendo con la sua potenza espressiva a delineare il senso di fatalità ineluttabile che incombe sui protagonisti. Ottimo anche il coro delle voci bianche preparato e diretto dal M° Claudio Fenoglio.

20250408_To_06_LaDamaDiPicche_Panoramica900x408_phMattiaGaido

20250408_To_07_LaDamaDiPicche_JenniferLarmoreMichailPirogov_phMattiaGaido

 

Nel ruolo di Hermann il tenore Michail Pirogov offre un'interpretazione intensa e tormentata, dando voce alle ossessioni del personaggio con una vocalità potente e ricca di sfumature espressive. Pirogov non si limita a cantare il ruolo ma lo vive visceralmente, trasmettendo al pubblico ogni sfumatura del proprio tormento interiore. La sua voce, ricca di armonici e di una potenza che sembra non conoscere limiti, è capace di passare dal lirismo più struggente a esplosioni di rabbia e disperazione con una naturalezza disarmante. Delinea con precisione la parabola discendente del protagonista, dalla passione amorosa e dalla speranza di una vita migliore alla follia autodistruttiva e alla consapevolezza del fallimento. Ogni gesto, ogni sguardo, ogni inflessione della voce contribuisce a costruire un ritratto di un uomo dilaniato dalle proprie contraddizioni, schiacciato da un destino ineluttabile. Il suo Hermann non è solo un folle ma un essere umano complesso e tragico, capace di suscitare nello spettatore ora pietà, ora repulsione, ma sempre un profondo coinvolgimento emotivo conferendo al personaggio una statura tragica di grande impatto emotivo.
Zarina Abaeva, nei panni di Liza, incarna con grazia e sensibilità la fragilità e l'innocenza della giovane donna, divisa tra amore e senso del dovere. Se la sua vocalità, a mio avviso, non è ancora del tutto matura per affrontare appieno le sfumature più drammatiche del ruolo, l’Abaeva sa risolvere comunque con grande professionalità i passaggi più intensi e drammatici, dimostrando musicalità ed intonazione impeccabili. La sua interpretazione attoriale di contro rivela una notevole maturità artistica, che le consente di delineare con efficacia il tormento interiore del personaggio e la sua struggente umanità.
Lungi dall'essere la decrepita figura descritta dal libretto, la Contessa di Jennifer Larmore si rivela una vera diva cinematografica. L'intuizione registica, che la dipinge come un incrocio tra Ute Lemper e Marlene Dietrich, esalta la sua presenza scenica. La Larmore, con la sua voce scura e piena, dal timbro inconfondibile, potente e sostenuto, cesella ogni sfumatura del personaggio. Si percepisce in ogni gesto e sguardo l'eco di un passato glorioso, di una bellezza che ha sedotto e dominato, e che ora, nel crepuscolo della vita, si trasforma in un'arma di seduzione e potere. La Larmore incarna i capricci di una gran dama annoiata. Non è solo la voce a sedurre, ma l'intera presenza scenica: il portamento altero, lo sguardo intenso e penetrante, l'arte di ammaliare con un gesto, un sorriso, una parola sussurrata. In questa Contessa il declino fisico è trasceso da una forza interiore indomita che la rende ancora più pericolosa e affascinante.
Accanto alla triade dei protagonisti il resto del cast non è da meno. Il baritono Elchin Azizov conferisce al Conte Tomskij  un'eleganza vigorosa e una presenza scenica incisiva. Il Conte Tomskij è un personaggio chiave nell'economia dell'opera, non solo per il suo ruolo di confidente e consigliere del protagonista ma anche per la sua capacità di incarnare l'aristocrazia russa del tempo. Azizov, con la sua presenza scenica imponente e la sua voce ricca di sfumature, riesce a delineare un ritratto complesso e affascinante di questo nobile. La sua eleganza non è solo esteriore, fatta di gesti raffinati e portamento altero, ma anche interiore, frutto di una profonda consapevolezza del proprio status e del proprio ruolo nella società. La sua interpretazione sottolinea come Tomskij sia, in fondo, l'antitesi di Hermann: un uomo perfettamente integrato nel suo mondo, sicuro di sé e del proprio fascino, ma anche capace di una certa qual spietatezza e di un cinismo disincantato.
Vladimir Stoyanov, nel ruolo del Principe Eleckij, tratteggia un personaggio dall'eleganza malinconica, lasciando trasparire la purezza del suo amore per Liza. In questo contesto, è doveroso sottolineare come Stoyanov gestisca il ruolo con una vocalità sempre a fuoco, grande eleganza di fraseggio, legato impeccabile e intonazione perfetta, qualità che contribuiscono a delineare un ritratto di nobiltà d'animo e di sincero affetto.
Il mezzosoprano Deniz Uzun offre una performance raffinata nel ruolo di Polina, amica di Liza, impreziosendo la scena con il suo timbro vellutato e la sua musicalità espressiva.

20250408_To_08_LaDamaDiPicche_Panoramica900x301_phMattiaGaido

Completano efficacemente la compagnia di canto Ksenia Chubunova (la Governante), Alexey Dolgov (Chekalinskij), Joseph Dahdah (Chaplickij e il Maestro di cerimonie), Irina Bogdanova (Maša), Vladimir Sazdovski (Surin), Viktor Shevchenko (Narumov) e Luca Degrandi (la voce bianca del Piccolo comandante), tutti allineati su un livello di eccellenza che testimonia la cura e l'attenzione dedicate alla realizzazione di questa produzione.
Teatro gremito in ogni ordine e grado; applausi sentiti per tutti.
(La recensione si riferisce alla recita di domenica 6 aprile 2025)

Crediti fotografici: Mattia Gaido per il Teatro Regio di Torino
Nella miniatura in alto: il tenore Michail Pirogov (Hermann)
A centro, in sequenza: ancora Michail Pirogov; Zarina Abaeva (Liza); Jennifer Larmore (Contessa); scena con i tre protagonisti principali
Sotto, in sequenza: panoramiche sui più significativi quadri della Dama di picche di Chajkovskij e sulle luci dell'allestimento torinese curate da Linus Fellbom





Pubblicato il 10 Febbraio 2025
L'opera capolavoro di Umberto Giordano e Luigi Illica trionfa anche a Genova
Uno Chénier dalla travolgente energia servizio di Simone Tomei

20250210_Ge_00_AndreaChenier_FabioSartoriGENOVA - Uno spettacolo che coniuga eleganza e incisività visiva, nitidezza narrativa e varietà stilistica: Andrea Chénier di Umberto Giordano al Teatro Carlo Felice si conferma un trionfo senza riserve.  La regia di Pier Francesco Maestrini, già apprezzata nei prestigiosi allestimenti di Bologna e Monte-Carlo, si distingue per la sua fedeltà alla drammaturgia del libretto di Luigi Illica e per l’abile sfruttamento delle risorse sceniche. L’imponente lavoro di Nicolás Boni per le scenografie e le proiezioni, unito ai raffinati costumi di Stefania Scaraggi, crea un impianto visivo di straordinaria potenza espressiva.
La cornice dorata del primo atto introduce lo spettatore nel fasto dell’Ancien Régime, prima che il tumulto della Rivoluzione francese trasformi il palcoscenico in un susseguirsi di affreschi dinamici e travolgenti, fino all’epilogo segnato dall’incombente sagoma della ghigliottina. L’utilizzo del green screen, come dichiarato dallo stesso Maestrini, ha permesso una fusione magistrale tra videoproiezioni e azione scenica, restituendo con vivida immediatezza l’atmosfera di tensione e terrore della Parigi rivoluzionaria. Il risultato è quello di un’esperienza teatrale immersiva, capace di coinvolgere il pubblico con immagini di forte impatto e una regia che esalta, senza sovraccaricare, il dramma musicale di Umberto Giordano.

20250210_Ge_01_AndreaChenier_facebook

20250210_Ge_03_AndreaChenier_Danze

Sotto la direzione esperta del M° Donato Renzetti, l'Orchestra del Teatro Carlo Felice ha offerto una performance impeccabile, caratterizzata da una coesione straordinaria e da una sonorità avvolgente che ha saputo dialogare perfettamente con il palcoscenico. Renzetti ha messo in risalto la ricchezza timbrica della partitura, mantenendo un delicato equilibrio tra le sezioni orchestrali e sostenendo con grande sensibilità le voci dei solisti. La sua lettura ha reso giustizia alla drammaticità e alla bellezza di Andrea Chénier, riuscendo a trasmettere l’energia travolgente e l’impeto rivoluzionario che pervadono l’opera, senza mai sacrificare la precisione e la raffinatezza. L’insieme orchestrale ha creato un impasto sonoro ricco e dinamico, valorizzando ogni sfumatura musicale e ogni colore timbrico, e offrendo al pubblico un'esecuzione solida e coinvolgente che ha esaltato pienamente la potenza emotiva di questo capolavoro verista.
Il Coro del Teatro Carlo Felice, preparato con la consueta cura da Claudio Marino Moretti, ha dato prova di straordinaria compattezza e partecipazione scenica. La sua presenza ha arricchito il tessuto drammatico dell’allestimento, con interventi calibrati e una resa vocale di grande impatto.

20250210_Ge_02_AndreaChenier_FabioSartori

20250210_Ge_04_AndreaChenier_Panoramica

Nel ruolo eponimo, Fabio Sartori ha offerto una performance vocalmente solida e autorevole conquistando il pubblico con un timbro limpido e ben proiettato, una linea vocale pulita e una tecnica salda. Dalla celebre Un dì all’azzurro spazio a Come un bel dì di maggio, ha affrontato la partitura con sicurezza e naturalezza, sostenuto da un registro acuto brillante e da uno squillo nitido e penetrante. La voce, omogenea su tutta l’estensione, ha mantenuto fluidità e controllo per l’intera durata dell’opera. Musicalità e intenzioni interpretative hanno trovato il giusto equilibrio, grazie a un fraseggio sempre accurato. 
Il soprano Valentina Boi, chiamata a sostituire all’ultimo momento Maria José Siri, indisposta, ha vestito i panni di Maddalena di Coigny con determinazione e autorevolezza, mettendo in luce una voce dal timbro caldo e avvolgente, una tecnica solida e un’eccellente omogeneità tra registri. Dopo un inizio giustamente prudente, ha rapidamente conquistato il palcoscenico, esprimendo con intensità il dramma del personaggio.
La sua esecuzione di La mamma morta è stata uno dei momenti più alti della serata, con una linea di canto scolpita e un controllo impeccabile dell’emissione.
Il duetto finale tra Andrea Chénier e Maddalena di Coigny si è rivelato un momento di straordinaria intensità emotiva. I due artisti hanno saputo infondere in questa scena una potenza drammatica unica, con una sinergia vocale perfetta che ha unito le loro voci in un abbraccio appassionato e struggente. La limpidezza e la forza del timbro di Sartori, combinata con la calda espressività della Boi, hanno reso il duetto un’apoteosi di emozione e poesia, con ogni nota e gesto che trasmettevano la forza dell’amore tra i due innamorati.
Stefano Meo ha vestito i panni di Carlo Gérard con autorevolezza, trasmettendo in maniera efficace la complessità di un personaggio intrappolato tra servitù e ribellione, ambizione e integrità morale. La sua interpretazione è stata intensa, volta a valorizzare le sfumature psicologiche del personaggio grazie ad una voce salda e ad una resa scenica introspettiva. Nel primo atto l'aria Son sessant'anni è stata eseguita con una profonda intenzionalità e autorità che ne hanno catturato l'essenza drammatica. Il fraseggio scolpito e l'intenzione emotiva hanno reso il personaggio di Gérard particolarmente vivido. Il culmine della sua performance è stato il celebre Nemico della Patria?!, eseguito con una straordinaria autorità e precisione. La sua interpretazione ha messo in evidenza una padronanza tecnica e una spiccata sensibilità che è stata poi mantenuta nel drammatico duetto con Maddalena.

20250210_Ge_05_AndreaChenier_ScenaDelProcesso

20250210_Ge_06_AndreaChenier_ScenaDelProcesso

Questa produzione si è distinta anche per la straordinaria qualità - salvo alcuni distinguo - dei personaggi di fianco: Manuela Custer, nel ruolo di Madelon, ha conferito al personaggio profondità e dolenza uniche. Accanto a lei, Cristina Melis ha brillato nel ruolo della Mulatta Bersi, con una vocalità incisiva e una personalità scenica di grande impatto. La sua interpretazione, intensa e vibrante, ha dato vita a un personaggio tanto misterioso quanto affascinante, riuscendo a rendere al meglio le  sue contraddizioni e sfaccettature. Siranush Khachatryan, nel ruolo della Contessa di Coigny, ha avuto una performance deludente, con una voce poco incisiva e spesso incerta, priva della necessaria forza per il ruolo, mentre Nicolò Ceriani ha interpretato Roucher con voce tonante, giuste intenzioni ed eccellente presenza scenica. Matteo Peirone (Fléville), Marco Camastra (Fouquier Tinville), Luciano Roberti (Mathieu) hanno reso i loro personaggi con grande professionalità, dando vitalità e dinamismo alle rispettive figure.
Le interpretazioni di Didier Pieri (Un Incredibile), Gianluca Sorrentino (L’abate), Franco Rios Castro (Il maestro di casa), Angelo Parisi (Dumas) e Andrea Porta (Schmidt) sono state altrettanto apprezzate, arricchendo l’opera con sfumature e dettagli significativi. In particolare Didier Pieri ha messo in luce una voce nitida, caratterizzata da un’emissione chiara e cristallina, che ha saputo conferire al suo personaggio una bellezza vocale e un’ottima precisione tecnica.
A completare il successo dell’allestimento, i giovani danzatori della Fondazione “For Dance” ETS, diretti da Silvia Giordano, hanno saputo portare una nuova energia sul palco. La coreografia, dinamica e perfettamente integrata con la musica e l’azione scenica, ha aggiunto una dimensione visiva intensa, con movimenti che hanno saputo enfatizzare l’intensità drammatica e la bellezza musicale dell’opera. Successo entusiasta per tutti.
(La recensione si riferisce alla recita di domenica  9 febbraio 2025)

Crediti fotografici: Ufficio stampa del Teatro Carlo Felice di Genova
Nella miniatura in alto: il tenore Fabio Sartori (Andrea Chénier)
Sotto, in sequenza, panoramiche sull'allestimento: le danze in casa della Contessa di Coigny, l'incendio della rivoluzione, il processo a Chénier






< Torna indietro

Dal Nord-Ovest Dal Nord-Est Dal Centro-Nord Dal Centro e Sud Dalle Isole Dall' Estero


Parliamone
L'elisir col bis della lagrima
intervento di Athos Tromboni FREE

20250329_Ro_00_LElisirDAmore_GerardoFelisatti_phNicolaBoschettiROVIGO - La provincia, si dice, potrebbe salvare il mondo dell'Opera. E riproporre il ritorno ad una teatralizzazione del genere fuori da psicodrammi inventati e fughe oniristiche dentro la provocazione, ridonando alla drammaturgia di un genere da museo (l'Opera, appunto, genere da museo ma vivente e vivace) la propria incontestabile significanza. La provincia, si dice, rappresenta la stragrande maggioranza del popolo dei melomani - chi considerasse dispregiativo questo sostantivo (melomani), oppure termine offensivo, o anche attributo di una categoria di "care salme" invaghite di acuti svettanti oltre il do di petto, è preda di sussieghi irritanti - e per questa verità statistica si può dire che la provincia è il campione rappresentativo dell'universo: se ciò è vero (ed è vero), il Teatro Sociale di Rovigo o il Luglio Musicale Trapanese, così come il Teatro Sociale di Como o il Teatro Pergolesi di Jesi, e tanti altri piccoli teatri, analizzati nella reazione del pubblico ad un allestimento operistico, valgono quanto i grandi templi della lirica italiani e stranieri
...prosegui la lettura

VideoCopertina
La Euyo prende residenza a Ferrara e Roma

Non compare il video?

Hai accettato la politica dei cookies? Controlla il banner informativo in cima alla pagina!

Classica
Saccon Génot ritorno a Ferrara
servizio di Athos Tromboni FREE

20250420_Fe_00_ChristianJosephSacconFERRARA - Pubblico come sempre numeroso nel salone d'onore del Circolo Negozianti in Palazzo Roverella, ieri, vigilia di Pasqua, per il secondo concerto cameristico promosso dal Comitato per i Grandi Maestri fondato e diretto da Gianluca La Villa. Dopo i saluti del presidente del sodalizio, Paolo Orsatti, sono entrati i due cameristi già conosciuti e
...prosegui la lettura

Opera dal Nord-Ovest
Danae di rara opulenza
servizio di Simone Tomei FREE

20250417_Ge_00_DieLiebeDerDanae_AngelaMeadeGENOVA - In un panorama operistico spesso dominato da titoli consolidati, emerge con prepotente originalità la produzione di Die Liebe der Danae, Op. 83 di Richard Strauss al Teatro Carlo Felice di Genova. Quest'opera, lungi dall'essere un mero reperto archeologico, si rivela un'esplorazione complessa e affascinante delle dicotomie umane, incastonata
...prosegui la lettura

Opera dal Nord-Ovest
Dama scolpita dalla luce
servizio di Simone Tomei FREE

20250408_To_00_LaDamaDiPicche_MichailPirogov_phMattiaGaidoTORINO - Il Teatro Regio ha riportato in scena La dama di picche di Pëtr Il'ič Chajkovskij, in una nuova coproduzione con la Deutsche Oper di Berlino. L'opera si è rivelata un'autentica descente aux enfers, un'immersione nelle zone più oscure e tormentate dell'animo umano. L'allestimento, ideato da Graham Vick e portato a termine con
...prosegui la lettura

Nuove Musiche
Conti Cavuoto Santini il trio
servizio di Athos Tromboni FREE

20250406_Fe_00_ConcertiAlRidotto_ClaudioConti_phGliAmiciDellaMusicaUncalmFERRARA - Ferrara Musica al Ridotto è una rassegna "parallela" e si affianca alla programmazione maggiore di quella Ferrara Musica fondata da Claudio Abbado nel 1989. La rassegna maggiore ha il pregio di proporre i grandi interpreti (solisti, direttori, orchestre) in un cartellone che mira alto; la rassegna "parallela" si assume invece il compito di valorizzare
...prosegui la lettura

Personaggi
Ferrara e Vivaldi connubio in musica
redatto da Edoardo Farina FREE

20250401_Fe_00_FedericoMariaSardelli_PersonaggiÈ il quarto anno consecutivo che il maestro Federico Maria Sardelli è presente nel cartellone musicale del Teatro Comunale "Claudio Abbado" di Ferrara. Questa volta ha proposto al pubblico estense una Serenata a tre che è praticamente una pagina dimenticata del catalogo del "Prete Rosso".
Sardelli è direttore d'orchestra, compositore,
...prosegui la lettura

Vocale
Serenata d'amore torna a cantare
servizio di Athos Tromboni FREE

20250331_Fe_00_SerenataDAmore-FedericoMariaSardelli_phMarcoCaselliNirmalFERRARA - La prima esecuzione assoluta in tempi moderni di una pagina musicale molto bella di Antonio Vivaldi, la Serenata a tre RV 690, ha richiamato nel Teatro Comunale "Claudio Abbado" un buon numero di spettatori ed estimatori della musica del "prete rosso", tanto da registrare praticamente il tutto esaurito. Ancora una volta il majeuta è
...prosegui la lettura

Classica
Il ritorno dei Cardelli
servizio di Athos Tromboni FREE

20250330_Fe_00_MatteoCardelliGiacomoCardelli_phGliAmiciDellaMusicaNetFERRARA - Il ritorno dei Cardelli. Sembra quasi il titolo di una saga, e tale parrebbe se si considerasse la regolarità con cui da un paio di lustri i recital solististici di Matteo (pianoforte) o di Giacomo (violoncello), nonché i concerti in Duo, fanno registrare una loro presenza nelle rassegne cameristiche di Ferrara. Stavolta, per gli appuntamenti dei
...prosegui la lettura

Nuove Musiche
Lo Specchio di Dioniso
servizio di Edoardo Farina FREE

20250325_Fe_00_LoSpecchioDiDioniso_AlbertoCaprioli_phGBortolaniFERRARA - Continua la ricca programmazione del Teatro Comunale “Claudio Abbado” luogo simbolo della tradizione culturale locale, nell’ambito della Stagione Opera & Danza 2024-2025 con in scena il decimo appuntamento dei quattordici previsti, Lo Specchio di Dioniso - Risonanze polifoniche erranti venerdì 21 marzo 2025 (replicatosi nella serata successiva)
...prosegui la lettura

Opera dal Nord-Est
Elektra nella Repubblica di Weimar
servizio di Simone Tomei FREE

20250323_Vr_00_Elektra_scena_111x111_phEnneviFotoVERONA – Nei fermenti intellettuali dei primi anni del Novecento, quando le teorie di Sigmund Freud e gli studi sull'isteria e sull'inconscio scuotevano le fondamenta del pensiero occidentale, il mito degli Atridi subì una profonda umanizzazione; il letterato e poeta Hugo von Hofmannsthal, reinterpretando la leggenda mitologica in chiave
...prosegui la lettura

Opera dal Centro-Nord
Norma da manuale
servizio di Simone Tomei FREE

20250318_Fi_00_Norma_JessicaPratt_phMicheleMonastaFIRENZE - Dopo oltre quarantacinque anni di assenza, Norma torna a Firenze in un allestimento che non si limita a celebrare il capolavoro di Vincenzo Bellini, ma lo reinterpreta con una chiave scenica e musicale di forte impatto. La regia di Andrea De Rosa e la direzione del M° Michele Spotti plasmano uno spettacolo che, pur rispettando la tradizione
...prosegui la lettura

Vocale
Chansons e Canzonette un viaggio raffinato
servizio di Simone Tomei FREE

20250311_Ge_00_ChansonECanzonette_PaolaGardina_phMarcelloOrselliGENOVA - La domenica mattina può trasformarsi in un’oasi di rigenerazione, un momento in cui ricaricare le energie prima di affrontare una nuova settimana. Così è stato domenica 9 marzo 2025, quando il Primo Foyer del Teatro Carlo Felice di Genova ha accolto il pubblico per un raffinato appuntamento di musica da camera dal titolo
...prosegui la lettura

Classica
Musiciennes pronipoti delle veneziane
servizio di Athos Tromboni FREE

20250307_Fe_00_LesMusiciensDuConcert_JordiSavall-AlfiaBakieva_phMarcoCaselliNirmalFERRARA - Se a un gruppo di ottime musiciste si unisce una straordinaria violinista, il gioco è fatto: Jordi Savall, il direttore filologo specialista nella musica antica, non lesina mai sorprese (ogni volta che l'abbiamo ascoltato a Ferrara e in altri teatri o festival d'altre città, è sempre stato... sorprendente) anche stavolta non ha mancato di stupire:
...prosegui la lettura

Eventi
Bologna Festival programmi divulgativi
servizio di Athos Tromboni FREE

20250304_Bo_00_BolognaFestival-ProgettiDivulgativi_MaddalenaDaLiscaBOLOGNA - Presentato oggi nelle sale più bohèmienne che rustiche della Birreria Popolare della città felsinea il programma divulgativo di Bologna Festival, titolare anche del prestigioso calendario che va sotto il nome «Libera la musica» (i concerti di questa sezione del Festival fanno perno sulla presenza di "Grandi interpreti" che per il 2025 vedranno
...prosegui la lettura

Opera dal Nord-Est
Vecchio Barbiere sempre nuovo
servizio di Nicola Barsanti FREE

20250222_Ve_00_IlBarbiereDiSiviglia_RenatoPalumboVENEZIA - Tornare al Teatro La Fenice per assistere a Il Barbiere di Siviglia di Gioachino Rossini in un’atmosfera gioiosa come solo il Carnevale di Venezia sa offrire, è un’emozione unica. Il pubblico, avvolto dalla magia della festa, accoglie con entusiasmo questa produzione che si conferma ancora una volta un successo. La regia tradizionale di
...prosegui la lettura

Opera dal Centro-Nord
L'orgiastico Rigoletto secondo Livermore
servizio di Nicola Barsanti FREE

20250221_Fi_00_Rigoletto_DanielLuisVicente_phMicheleMonastaFIRENZE - Il Rigoletto messo in scena da Davide Livermore al Teatro del Maggio Musicale Fiorentino prende vita in un contesto scenico marcato da toni goliardici e, in alcuni momenti, quasi orgiastici. Al centro della scena, un letto monumentale diventa il fulcro attorno al quale si muove il Duca di Mantova, circondato da donne seminude che lo venerano,
...prosegui la lettura

Opera dal Nord-Ovest
Uno Chénier dalla travolgente energia
servizio di Simone Tomei FREE

20250210_Ge_00_AndreaChenier_FabioSartoriGENOVA - Uno spettacolo che coniuga eleganza e incisività visiva, nitidezza narrativa e varietà stilistica: Andrea Chénier di Umberto Giordano al Teatro Carlo Felice si conferma un trionfo senza riserve.  La regia di Pier Francesco Maestrini, già apprezzata nei prestigiosi allestimenti di Bologna e Monte-Carlo, si distingue per la sua fedeltà alla
...prosegui la lettura

Ballo and Bello
Giselle comme ci comme įa
servizio di Athos Tromboni FREE

20250122_Fe_00_Giselle_JeanCoralliFERRARA - Il Russian Classical Ballet diretto da Evgeniya Bespalova ha recentemente portato in Italia Giselle, uno dei capolavori più amati del repertorio romantico: le diverse città italiane toccate prima di Ferrara sono state Lecce, Catanzaro e Avezzano. Si tratta di un balletto in due atti, con musiche di Adolphe-Charles Adam (e Ludwig Minkus,
...prosegui la lettura

Opera dal Nord-Ovest
La Moreno grande Traviata
servizio di Simone Tomei FREE

20250120_Ge_00_LaTraviata_CarolinaLopezMorenoGENOVA - Continua a riscuotere un grande successo di pubblico la stagione operistica del Teatro Carlo Felice con il quarto titolo in cartellone che rappresenta uno dei capolavori assoluti del repertorio lirico, nonché l’opera più rappresentata al mondo: La Traviata di Giuseppe Verdi.
Inserire Traviata in stagione si è rivelata una
...prosegui la lettura

Opera dal Nord-Est
Ratto un po' in tedesco un po' in italiano
servizio di Rossana Poletti FREE

20250119_Ts_00_IlRattoDalSerraglio_BeatriceVeneziTRIESTE - Teatro Lirico “Giuseppe Verdi”. Ci sono innumerevoli questioni storiche ne Il Ratto del Serraglio (Die Entführung aus dem Serail) di Wolfgang Amadeus Mozart, in scena al Teatro Verdi di Trieste. C’è la questione del Turco. Soggetto di moda al tempo, perché la paura che fino a qualche tempo prima le invasioni ottomane avevano ingenerato
...prosegui la lettura

Opera dal Centro-Nord
Chénier un poeta al tempo del Terrore
servizio di Simone Tomei FREE

20250118_Lu_00_AndreaChenier_AndreaCigniLUCCA - Al Teatro del Giglio "Giacomo Puccini" è andato in scena il capolavoro di Umberto Giordano Andrea Chénier un dramma che intreccia amore, ideali e morte. Ambientata nella Parigi rivoluzionaria tra il 1789 e gli anni del Terrore, l’opera racconta la struggente storia d’amore tra Maddalena di Coigny, una giovane aristocratica caduta in disgrazia
...prosegui la lettura


Questo sito supporta PayPal per le transazioni con carte di credito.


Gli Amici della Musica giornale on-line dell'Uncalm
Via San Giacomo 15 - 44122 Ferrara (Italy)
direttore Athos Tromboni - webmaster byST
contatti: redazione@gliamicidellamusica.it - cell. +39 347 4456462
Il giornale č iscritto al ROC (Legge 249/1997) al numero 2310