Pubblicato il 20 Aprile 2025
Nel secondo concerto a Palazzo Roverella si conferma l'eccellenza del Duo violino-pianoforte
Saccon Génot ritorno a Ferrara servizio di Athos Tromboni

20250420_Fe_00_ChristianJosephSacconFERRARA - Pubblico come sempre numeroso nel salone d'onore del Circolo Negozianti in Palazzo Roverella, ieri, vigilia di Pasqua, per il secondo concerto cameristico promosso dal Comitato per i Grandi Maestri fondato e diretto da Gianluca La Villa. Dopo i saluti del presidente del sodalizio, Paolo Orsatti, sono entrati i due cameristi già conosciuti e apprezzati a Ferrara:  il violinista Christian Joseph Saccon e il pianista Massimiliano Génot. E si è trattato di un ritorno, perché il Duo, aveva fatto la sua ultima apparizione nella città estense il 10 gennaio scorso dove in un applauditissimo concerto, sempre a Palazzo Roverella, aveva eseguito musiche di Josef Slavik e Robert Schumann, ottenendo un lusinghiero successo di pubblico.
Nel concerto di ieri pomeriggio Saccon e Génot hanno presentato la Sonata in Si minore di Amanda Maier, da loro presentata a Lucca, nel 2022 in prima esecuzione assoluta per l'Italia: e anche per Ferrara sarà una prima volta, perché mai era stata eseguita dal vivo nella città estense.
Alla rarità della Sonata della Maier sarà abbinata invece una nota composizione per violino e pianoforte  di Ludwig van Beethoven, la Sonata in Do minore n.7 op.30 n.2.
Prima di dare voce all'archetto, Saccon ha parlato di Amanda Maier e della Sonata che il Duo si apprestava ad eseguire: nata nel 1853 nella contea di Scania (Svezia), Amanda Maier è stata la prima donna a diplomarsi, non ancora ventenne, in Direzione Musicale all'Accademia Reale di Musica di Stoccolma. Fu poi una brillante violinista del secondo Ottocento, affermandosi a livello europeo come solista; nel frattempo compose le sue sonate e un concerto per violino e orchestra; e fu prodiga di consigli dati allo stesso Johannes Brahms che si accingeva a comporre le sue tre celebri sonate per violino e pianoforte.
La Maier morì di tubercolosi all'età di 41 anni, ma smise di fare concerti molto prima, perché divenendo mamma preferì dedicarsi alla famiglia e ai figli. Nella sua Sonata in Si minore in 3 movimenti (Allegro-Andantino-Allegro molto vivace), pubblicata nel 1878, c'è in pieno il mondo di Johannes Brahms filtrato però da una consumata e diretta esperienza di solista di violino.

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Molto più conosciuta è la seconda sonata per violino e pianoforte obbligato in programma, la Numero 7 op.30 n.2  di Ludwig van Beethoven (1779-1827) nei tempi Allegro con brio-Adagio cantabile-Scherzo. Allegro; Trio-Finale. Allegro. Da sempre pagina di riferimento per le formazioni cameristiche di violino e pianoforte, venne scritta da Beethoven nel 1802 e dedicata ad Alessandro I zar di tutte le Russe, che non dimostrò grande apprezzamento per la dedica, al punto che detto zar pagò il lavoro a Beethoven soltanto nel 1815, sotto pressione della zarina, ammiratrice del compositore, quando Alessandro I si trovava a Vienna (città dove viveva Beethoven) per partecipare al famoso congresso che ripristinò l'ordine assolutistico dei regnanti d'Europa dopo lo sconfitta definitiva di Napoleone Bonaparte. Il compenso versato dallo zar al compositore fu di 100 ducati e un anello d'oro.
Nell'anno della composizione l'udito di Beethoven peggiorò ulteriormente portandolo alla completa sordità. Lui nel 1802 aveva già scritto la Seconda Sinfonia e il Terzo concerto per pianoforte e non c'è dubbio che la tonalità di Do minore e il trattamento del suono mostrino caratteristiche del tutto peculiari, che segnano un marcato contrasto con la sua musica precedente: c'è qui una cupa e minacciosa energia, c'è vigore drammatico, c'è il superamento degli abituali schemi formali della musica di fine Settecento-inizio Ottocento, c'è l'orientamento verso un'articolazione quasi sinfonica. E c'è soprattutto un nuovo ruolo del violino, rispetto alla consuetudine: cioè la funzione concertante, quindi non una parte subordinata al pianoforte, ma alla pari, anzi spesso trainante come è il caso del primo e del quarto movimento. Insomma, una novità per il periodo.
L'esecuzione della Sonata della Maier dall'arco di Saccon ha tratto tutta la bellezza della pagina: questo violinista sa come addentrarsi nei suoni che si fanno imperativi anche verso l'accompagnamento della tastiera, ma sa poi sfumare delicatamente l'energia dentro il sentimento quando le note consentono il dialogo di melodie suadenti. Il numeroso pubblico ha seguito con curiosità e interesse, applaudendo impropriamente nei passaggi fra un movimento e l'altro: ma è una caratteristica ormai diventata maniera. Cioè chi frequenta i concerti da camera sa che si applaude solo al termine dei brani e non negli intertempi di passaggio; chi ha poca dimestichezza con la musica classica, invece, applaude quando sente la fine di un movimento soprattutto se chiosato da una cadenza.
Molto ben eseguita, poi, la Sonata op.30 n.2 di Beethoven dove si è capito che l'intesa fra Saccon e Génot conferma quanto scritto in sede critica per il precedente concerto del Duo a Palazzo Roverella: anche in questa impegnativa pagina - ieri come allora - i due esecutori hanno mostrato un invidiabile amalgama di intenti, ritmi e suoni, testimonianza del loro pregevole sodalizio artistico.

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L'apprezzamento del pubblico verso il Duo e gli interminabili applausi hanno generato ben due bis: il primo, una trascrizione per violino e pianoforte dal Lied per canto e pianoforte Widmung (Schumann) che fu un brano eseguitissimo dal virtuoso di violino Jascha Heifetz e da questi reso famoso al pari del Lied originale.
La seconda, sempre una trascrizione per violino e pianoforte a cura di Paul Kochanski, della mistica Pavane pour une infante defunte di Maurice Ravel.
Al termine del concerto, molti si sono complimentati con Saccon e Génot, intrettenutisi col pubblico; e altrettanti ringraziamenti sono andati anche a Gianluca La Villa per l'ennesimo bel concerto realizzato sotto l'egida del Comitato per i Grandi Maestri.
(La recensione si riferisce al concerto di sabato 19 aprile 2025)

Crediti fotografici: Fototeca gli Amici della Musica Uncalm
Nella miniatura in alto: il violinista Christian Joseph Saccon
Al centro: alcuni momenti del concerto
Sotto: foto ricordo con Saccon e Génot al termine del pomeriggio musicale





Pubblicato il 30 Marzo 2025
Tutto esaurito nell'atteso appuntamento domenicale di Ferrara Musica per i Concerti nel Ridotto
Il ritorno dei Cardelli servizio di Athos Tromboni

20250330_Fe_00_MatteoCardelliGiacomoCardelli_phGliAmiciDellaMusicaNetFERRARA - Il ritorno dei Cardelli. Sembra quasi il titolo di una saga, e tale parrebbe se si considerasse la regolarità con cui da un paio di lustri i recital solististici di Matteo (pianoforte) o di Giacomo (violoncello), nonché i concerti in Duo, fanno registrare una loro presenza nelle rassegne cameristiche di Ferrara. Stavolta, per gli appuntamenti dei Concerti nel Ridotto del Teatro Comunale "Claudio Abbado" realizzati da Ferrara Musica, il Duo Cardelli ha visto il tutto esaurito (come sempre) nelle belle sale del foyer al secondo piano del Teatro Abbado. Il ritorno dei Cardelli si è verificato dopo una pausa un po' più lunga del solito, visti gli impegni di lavoro dei due musicisti: il pianista (Matteo) è assistente nella classe di Filippo Gamba alla Musik Akademie di Basilea (Svizzera) nonché fondatore e direttore artistico della rassegna musicale "Ensemble Musik Festival"; il violoncellista (Giacomo) è il primo violoncello dell'orchestra del Teatro La Fenice di Venezia.
Il ritorno dei Cardelli a Ferrara (città di origine e d'elezione) ha consentito loro di presentare un programma per violoncello e pianoforte impaginato su Ludwig van Beethoven, Clara Schumann e Fryderyk Chopin, presentandosi anche come compositori e/o coautori (almeno di Clara Schumann) per la revisione di musiche nate per violino e pianoforte trascritte per violoncello e pianoforte.
Il primo brano in programma è stato quello di Beethoven: Sonata per violoncello e pianoforte op.5 n.2: scritta nella tonalità di Sol minore è caratterizzata da una sorta di "equa" alternanza tra i due strumenti.
Personalissima l'interpretazione del Duo Cardelli, manifestatasi fin dall' Adagio sostenuto ed espressivo del primo movimento dove l'esecuzione si è impreziosita di silenzi e pause fra una frase esposta e la successiva,  restituendo l'aura riflessiva del compositore, qui lontano dai risaputi contrasti che gli si riconoscono fra il destino che bussa alla porta e la rassegnazione che immalinconisce. E nella Sonata op.5 n.2 non si riscontra nessun accenno dialettico o di contrasto neanche nel Rondò, ma il rapporto tastiera/corde assume un atteggiamento colloquiale che il Duo ha ben espresso: all'ascolto non si poteva non ricordare che - pochi anni dopo -, Beethoven scriverà il famoso Testamento di Heiligenstadt  e nei suoi diari del 1802 confessava: ... «La realtà è che dopo aver lasciato la mia anima errare nella più cupa disperazione, troverò il modo per uscirne. Questa è stata la mia forza e questa è la forza che ogni uomo è capace di esprimere...»
Forse la Sonata per violoncello e pianoforte (accoppiamento strumentale per il quale il compositore di Bonn fu primo sperimentatore perché tale accoppiata non era in uso nel Settecento) è stata una delle ultime sue pause di serenità interiore, prima della presa di coscienza della sordità incombente e progressiva di cui fu vittima.
Comunque l'esecuzione dei Cardelli non è stata principalmente "spensierata" o "serena", perché il Duo ha saputo trarre significati espressivi coinvolgenti e commoventi, in piena correlazione con il famoso detto di Marc-Antoine Charpentier (musicista e filosofo vissuto a cavallo fra Seicento e Settecento) secondo cui la tonalità di Sol minore è tipica di atmosfere "serie e magnifiche".
Nel successivo step, il Duo Cardelli ha affrontato musiche di Clara Schumann: la moglie di Robert Schumann aveva scritto le proprie Tre romanze op.22 per violino e pianoforte, ma i Cardelli - qui revisori e compositori - le hanno trascritte per violoncello e pianoforte e in tal maniera le hanno eseguite.
Con la stessa pulizia di diteggiatura, con lo stesso imprinting di metodo, con le stesse intenzioni espresse nel precedente Beethoven, Matteo e Giacomo Cardelli hanno proposto una Clara Schumann in perfetto equilibrio fra il molto tranquillo  dell' Andante (dove sostanzialmente il violoncello concerta e il pianoforte contrappunta), l'esegesi romantica dell' Allegretto, e l'appassionato sostenuto del Leidenschaftlich schnell  del terzo tempo. Qui si pone un piccolo (marginale) interrogativo a proposito delle agogiche: perché i primi due movimenti sono annotati nella dizione italiana consueta e il terzo è invece annunciato in lingua tedesca? Non esiste, a nostra conoscenza, un chiarimento di natura musicologica, per cui ogni interpretazione è tanto arbitraria quanto pertinente: dunque il Leidenschatflich schnell  che potrebbe tradursi come "Appassionato veloce" è più significativo dell'aura romantica ottocentesca in cui su muoveva la Clara Schumann piuttosto che nelle codificate agogiche del Settecento. Anche qui, esecuzione esemplare del Duo Cardelli per amalgama e intenzioni interpretative.

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Infine Chopin con la Sonata per violoncello e pianoforte in Sol minore op.65, stessa tonalità della sonata di Beethoven e - dunque - stesso climax interpretativo pur nella sostanza più prossima alle sensibilità nuove della seconda metà dell'Ottocento: in Chopin i silenzi e le pause fra una frase esposta e la successiva assumevano, evolvendo il climax beethoveniano, verso un contenuto più languido anziché "serio e magnifico". Anche qui ottima l'intesa e l'amalgama del suono creato dai due fratelli Cardelli.
Tripudio di applausi al termine del concerto, per cui il Duo Cardelli ha dovuto concedere un paio di bis: il primo, un Lied di Gabriel Fauré per voce e pianoforte trascritto dai Cardelli per violoncello e pianoforte; poi la ripetizione del Leidenschatflich schnell  così come magnificamente eseguito anche in precedenza.
(la recensione si riferisce al concerto di domenica 30 marzo 2025)

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Crediti fotografici: Fototeca gli Amici della Musica Uncalm





Pubblicato il 07 Marzo 2025
Jordi Savall ha costituito un ensemble di sole donne emulando l'orchestra dell'Ospedale della Pietā
Musiciennes pronipoti delle veneziane servizio di Athos Tromboni

20250307_Fe_00_LesMusiciensDuConcert_JordiSavall-AlfiaBakieva_phMarcoCaselliNirmalFERRARA - Se a un gruppo di ottime musiciste si unisce una straordinaria violinista, il gioco è fatto: Jordi Savall, il direttore filologo specialista nella musica antica, non lesina mai sorprese (ogni volta che l'abbiamo ascoltato a Ferrara e in altri teatri o festival d'altre città, è sempre stato... sorprendente) anche stavolta non ha mancato di stupire: insieme all'ensemble "Les Musiciennes du Concert des Nations" (tutte donne) ha chiamato a suonare anche la violinista Alfia Bakieva: lui, il filologo, è tornato così a Ferrara dando vita a un ensemble tutto al femminile, ispirato alla leggendaria orchestra dell’Ospedale della Pietà di Venezia, epoca dove a dominare e trionfare era Antonio Vivaldi, forse più per la musica strumentale che per l'opera.
Il concerto, inserito nella programmazione di Ferrara Musica, ha presentato le celeberrime Quattro Stagioni e altre note opere del “Prete rosso” che visse e lavorò alla Pietà per circa quarant’anni, tra il 1704 e il 1740, e fu uno dei principali artefici dell’eccellenza della sua orchestra.
L'Ospedale della Pietà di Venezia era nato come orfanotrofio e poi è divenuto scuola di musica, affermandosi come importante istituzione alla quale venivano anche mandate bambine da varie parti d’Europa per imparare la musica. Alla fine del XVII secolo si contavano una trentina di allieve tra strumentiste e cantanti, che ogni giorno si esercitavano sotto la guida di grandi maestri e, in alcuni casi, collaboravano alla formazione delle altre ragazze.
Riferendosi alla leggendaria Orchestra dell’Ospedale della Pietà, Jordi Savall ha fondato "Les Musiciennes du Concert des Nations", con donne provenienti da diversi paesi, tra cui Inghilterra, Austria, Spagna, Francia, Ungheria, Polonia, Russia e Giappone. Il progetto ha portato anche alla registrazione di un doppio album dedicato a Le Quattro Stagioni, comprendendo inoltre altri quattro concerti di Vivaldi, eseguiti con strumenti d'epoca e un'interpretazione che riflette l'approccio storico-informato caro a Savall.

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A Ferrara il programma musicale si è aperto con l’esecuzione di Il Proteo, o sia Il Mondo al Rovescio" (RV 544), un concerto per violino, violoncello, archi e basso continuo in Fa maggiore: il titolo stesso suggerisce un gioco di inversioni e simmetrie, con un intreccio di parti in cui i ruoli degli strumenti solisti si scambiano, creando un effetto di sorpresa e dinamicità.
A seguire, è stato eseguito il Concerto in Re minore op.3, n.11 (RV 565), che fa parte della celebrata raccolta L’estro armonico, pubblicata ad Amsterdam nel 1711; questo Concerto op.3 n.11  per due violini, violoncello, archi e basso continuo è tra le più drammatiche ed energiche dell’opera, caratterizzata da un intenso dialogo tra i solisti e una struttura che alterna momenti di impeto e lirismo.
A chiudere la prima parte della serata è stato il Concerto in Si minore op.3 n.10 (RV 580), anch’esso tratto da L’estro armonico, scritto per quattro violini solisti, violoncello, archi e basso continuo. Qui il brano mette in risalto la straordinaria capacità di Vivaldi nel creare contrasti timbrici e dinamici, con una scrittura polifonica raffinata che conferisce grande brillantezza e varietà alla composizione.
Dopo l'intervallo l'esecuzione più attesa: Le Quattro Stagioni (1725), il capolavoro più celebre di Antonio Vivaldi e uno degli esempi più straordinari di musica a programma del periodo barocco. Questa raccolta di quattro concerti per violino, archi e basso continuo - La Primavera (RV 269), L’Estate (RV 315), L’Autunno (RV 293) e L’Inverno (RV 297) - descrive in musica i cambiamenti della natura e le emozioni umane legate al passare del tempo. Ogni concerto è accompagnato da un sonetto, probabilmente scritto dallo stesso Vivaldi, che ne illustra i dettagli narrativi e che in questa occasione è stato recitato dall’attrice Lucia Caponetto: il canto degli uccelli e il risveglio della natura in Primavera, le tempeste estive e la calura opprimente in Estate, la vendemmia e la festa contadina in Autunno, il gelo e il vento tagliente in Inverno. L'uso innovativo di effetti sonori, ritmi contrastanti e virtuosismi violinistici ha reso Le Quattro Stagioni un capolavoro senza tempo, ancora oggi amato e apprezzato in tutto il mondo.
Un notevole contributo al successo della serata è venuto indubbiamente dall'originalità dell'idea e dalla maestria di Savall nel dirigere l'ensemble, ma soprattutto da una straordinaria performance della solista Alfia Bakieva, pulita, impressionante nella tessitura di sussurri e impeti del diapason barocco, fantasiosa anche nella scelta delle agogiche, trascinatrice delle compagne di palco: insomma un ensemble e una solista che si sono rivelati una vera gioia per l'udito. Per cui va citata anche, per dovere e competenza, la prima violino delle "Musiciennes", l'impeccabile Catalina Reus che (sia detto) è parsa "seconda a nessuno".

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Grande ovazione del pubblico che gremiva il teatro e calorosa richiesta di bis: Savall ha offerto fuori programma il secondo movimento del Concerto in Si bemolle maggiore sempre di Vivaldi.
(la recensione si riferisce al concerto per Ferrara Musica di martedì 4 marzo 2025)

Crediti fotografici: Marco Caselli Nirmal
Nella miniatura in alto e sotto: il direttore filologo Jordi Savall
Al centro, in sequenza: la solista Alfia Bakieva, la primo violino Catalina Reus e l'intero ensemble in una bella panoramica di Marco Caselli Nirmal






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L'elisir col bis della lagrima
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