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Di respiro ambizioso ma dagli esiti altalenanti il 48° Festival della Valle d'Itria primo dell'era Schwarz

Tappe dell'opera: il Barocco e il Settecento

servizio di Giuliano Danieli

Pubblicato il 29 Luglio 2022

20220729_ValleDItria_00_EkaterinaProtsenko_phClarissaLapollaMARTINA FRANCA (TA), 21-27 luglio 2022 – Per la prima edizione del Festival della Valle d’Itria sotto la sua egida, il direttore artistico Sebastian F. Schwarz ha selezionato cinque titoli rari o inediti in grado di rappresentare alcune delle tappe fondamentali della storia dell’opera, dal Seicento ai giorni nostri. Questa scelta asseconda con giusto rispetto le logiche decennali di una rassegna che da sempre ha posto al proprio centro la riscoperta di capolavori dimenticati del belcanto, del Settecento e del Barocco, senza disdegnare il Novecento e i linguaggi della contemporaneità.
Forse si sarebbe potuto trovare un filo conduttore più originale e arricchire la rassegna con un maggior numero di eventi musicali collaterali (quest’anno inferiori rispetto alle stagioni pre-covid), ma certamente il percorso delineato da Schwarz denota una vorace curiosità e una volontà di rivolgersi a un pubblico dai gusti potenzialmente assai eterogenei.

Francesco Cavalli
IL XERSE
(recensione della recita del 25 luglio 2022)
Cominciamo dunque dal titolo rappresentativo del Barocco: Il Xerse di Francesco Cavalli, composto a metà Seicento su fortunato libretto di Nicolò Minato. Le attese per questa proposta, sulla carta assai promettente, sono state in parte deluse. In primo luogo, per alcune incongruenze che hanno caratterizzato l’intera operazione. Da un lato si è insistito sul rigore filologico alla base della riscoperta de Il Xerse – si è utilizzata una nuova edizione critica a cura di Sara Elisa Stangalino e Hendrik Schulze, e si è proclamata l’importanza di “emanciparsi da interventi abusivi” volti ad addomesticare il linguaggio della musica barocca – dall’altro si sono operate scelte esecutive assai discutibili che, contraddicendo gli assunti di cui sopra, hanno infine compromesso un’appropriata e scorrevole fruizione dello spettacolo.

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Al netto della bellezza e varietà di molti momenti (ad esempio il lamento di Xerse “Lasciatemi morir stelle spietate”), una delle sfide poste dall’opera al pubblico contemporaneo risiede certamente nella sua lunghezza. Di qui l’avvertita necessità di operare numerosi tagli.
Il problema, però, è che essi hanno reso l’opera assai confusa e schizofrenica, anziché snellirla. È necessario del tempo per ambientarsi nell’ingarbugliato universo de Il Xerse, che vede una lunga serie di amori (non) corrisposti, travisamenti, gelosie e travestimenti: le mutilazioni apportate alla partitura non garantiscono un passo adeguato alla comprensione del tutto, né permettono di cogliere appieno i rapporti di causa-effetto che governano gli eventi rappresentati.
A ciò si aggiunga la scelta del direttore Federico Maria Sardelli (alla testa dell’Orchestra Barocca Modo Antiquo) di imprimere a gran parte dell’opera tempi estremamente sostenuti, che non sempre hanno agevolato i cantanti nel compito di valorizzare gli espressivi recitativi di cui Il Xerse si compone.
Ciò nonostante, alcuni membri del cast vocale hanno dato ottima prova di sé. In primis Carlo Vistoli nel ruolo del protagonista: interprete sensibile e pienamente padrone del proprio strumento, che tratteggia sin dall’iniziale “Ombra mai fu” un Xerse delicato, a tratti etereo. Molto bene anche Ekaterina Protsenko (Amastre) e Gaia Petrone (Arsamene): la prima esibisce una voce argentina che però è in grado di trascolorare verso una toccante disperazione in “Morirò: volete più?”; la seconda ha un bel timbro scuro e affronta con risolutezza anche i passaggi più impervi.
Assai meno controllate le voci di Carolina Lippo (Romilda) e Dioklea Hoxha (Adelanta), talvolta difettose sul piano dell’intonazione ed eccessivamente irruente anche nei momenti di maggiore intimità, come il bel lamento di Adelanta “Dammi, Amor, la libertà”.
Fra le parti buffe, spicca Nicolò Donini nelle vesti di Aristone, ruolo non semplice che obbliga a toccare note assai gravi. Bene anche Aco Bišćević come Elviro, mentre Carlo Allemano (Ariodate) appare affaticato, soprattutto nella seconda parte della serata. Il ruolo di Periarco, infine, è affidato al giovane Nicolò Balducci, la cui voce cristallina ed estremamente versatile rimane subito impressa in chi ascolta, nonostante il personaggio appaia poche volte nel corso dell’opera.
Lo spettacolo di Leo Muscato è visivamente appagante, grazie anche ai riusciti costumi di Giovanna Fiorentini e alle scene orientaleggianti di Andrea Belli ben illuminate da Alessandro Carletti. Tuttavia la lettura de Il Xerse offerta da questa regia rende il tutto eccessivamente macchiettistico, fatto aggravato da alcune trovate francamente fastidiose, come il congelamento dell’azione durante tutti gli a parte (davvero numerosissimi nel libretto di Minato) preceduto da fastidiosi battiti di mani.
Nonostante i limiti dello spettacolo, un pubblico abbastanza numeroso pare apprezzare sinceramente questa nuova produzione. Rimaniamo però dell’idea che un revival de Il Xerse più ragionato avrebbe potuto fornire all’opera un miglior viatico per future rappresentazioni.

 

20220729_ValleDItria_05_ScuolaDeGelosi_DanilaGrassi_phClarissaLapollaAntonio Salieri
LA SCUOLA DE’ GELOSI
(recensione della recita del 27 luglio 2022)
Da quando ha portato per la prima volta La scuola de’ gelosi sulle scene del Theater an der Wien, Sebastian Schwarz ha cercato di garantire al dramma giocoso di Salieri un posto più sicuro nel repertorio lirico odierno. Ecco quindi che, dopo una prima ripresa al Teatro Regio di Torino, Schwarz ha scelto di proporre questo titolo anche a Martina Franca, come opera rappresentativa del diciottesimo secolo.
La drammaturgia incalzante e i molti pezzi d’assieme rendono La scuola de’ gelosi un’opera assai godibile.
Certo non si tratta di un titolo semplicissimo sul piano musicale, e forse affidarne l’esecuzione ai giovani allievi dell’Accademia del Belcanto “Rodolfo Celletti” e all’ensemble strumentale del Conservatorio di Musica “Nino Rota” di Monopoli è una scelta un po’ ardita.
Tuttavia la sfida è accolta dagli interpreti con genuina motivazione, e la lettura che ne risulta è frizzante e piacevole. Dispiace che non si sia optato, per un lavoro dalla carica fortemente teatrale, per uno spettacolo in forma scenica: sarebbe bastato poco per realizzarlo, come dimostra il fatto che i cantanti dell’Accademia sono riusciti a dinamizzare efficacemente la prevista esecuzione concertistica tramite gesti e una manciata di accessori improvvisati.
Gran parte del merito della riuscita esecuzione de La scuola de’ gelosi va attribuito alla direttrice Danila Grassi, che asseconda le doti dei singoli interpreti e li incoraggia a superare al meglio i comprensibili limiti imposti dalla loro ancora giovane età. Grassi dirige con piglio energico, imprimendo all’esecuzione tempi e dinamiche funzionali ad una riuscita più che soddisfacente dello spettacolo.

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Fra i cantanti convincono in particolare Matteo Mancini (Blasio), Carmine Giordano (Lumaca) e la squillante Rocio Faus (Ernestina).
La rappresentazione è coronata da un buon successo in un Teatro Verdi sold out. Si spera che l’esito della serata incoraggi il direttore artistico del Festival a continuare sulla strada compiuta, magari fornendo alle prossime iniziative degli Allievi dell’Accademia “Rodolfo Celletti” i mezzi per una performance in forma scenica.

Crediti fotografici: Clarissa Lapolla per il Festival della Valle d’Itria di Martina Franca (Ta)
Nella miniatura in alto: l’ottima Ekaterina Protsenko (Amastre) in Il Xerse di Francesco Cavalli
Sotto in sequenza: Carlo Vistoli (Amastre) con Gaia Petrone (Arsamene); ancora Vistoli durante una delle sue arie; Dioklea Hoxha (Adelanta)
Al centro: bella istantanea di Clarissa Lapolla su una scena d’assieme di Il Xerse
Nella minatura al centro: la direttrice Danila Grassi
Sotto: gli allievi del Accademia “Rodolfo Celletti” impegnati in La scuola de’ gelosi di Antonio Salieri






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