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Confermata la sapienza teatrale e storico-evocativa di un regista quale Pier Luigi Pizzi

I Lombardi alla prima crociata

servizio di Angela Bosetto e Nicola Barsanti

Pubblicato il 16 Ottobre 2023

20231016_Pr_00_ILombardiAllaPrimaCrociata_MichelePertusi_phRobertoRicciPARMA - Nell’ottica di uno spettatore contemporaneo, I Lombardi alla prima crociata è (insieme alla sua versione francese, Jérusalem) il titolo verdiano forse più problematico da mettere in scena, dal momento che è impossibile ignorare due dati chiave: la nostra concezione delle Crociate è radicalmente cambiata (per quanto il libretto di Temistocle Solera offra alcune riflessioni in anticipo sui tempi) e Gerusalemme, città sacra per ebrei, cristiani e musulmani, continua a essere al centro di un conflitto insanabile, che si è da poco riacceso con ferocia sanguinaria.

20231016_Pr_04_ILombardiAllaPrimaCrociata_FrancescoLanzillottaNon stupisce quindi che l’allestimento della quarta opera di Giuseppe Verdi (designata dal Teatro Regio di Parma quale apertura e chiusura del Festival Verdi 2023) sia stato affidato all’inossidabile Pier Luigi Pizzi (autore di regia, scene, costumi e video), uno di quei nomi volti a garantire il classico spettacolo capace di accontentare più o meno tutti: né troppo all’avanguardia per i puristi (simbolismi immediati, proiezioni basilari, niente che possa essere etichettato come volgare o provocatorio), né troppo polveroso per i progressisti, dai costumi all’insegna del minimalismo all’impianto scenico con richiami all’arte contemporanea (Lucio Fontana in primis), senza tralasciare una certa vocazione all’astrazione simbolica. Insomma nulla per cui indignarsi (semmai si può chiedere se l’apparizione della Madonna in CGI sia effettivamente efficace oppure interrogare sul finale, in cui tutti smettono miracolosamente di soffrire per scambiare gesti di pace), ma nemmeno per cui esaltarsi (la ripetitività del mestiere è dietro l’angolo). Tuttavia, date le ragioni accennate all’inizio, la scelta di Pizzi (che, in un allestimento giocato tutto sul contrasto fra bianco e nero, riserva i pochi colori ai musulmani) è ben comprensibile.
Se nella sua visione Giselda viene presentata quasi come un’entità ieratica e aliena, Lidia Fridman (dotata di una voce assai peculiare e di un’indubbia teatralità) si vota a una caratterizzazione grintosa e militaresca, offrendo una performance che sembra più giocata nell’ottica di una futura Abigaille (se non all’ombra della recente Lady Macbeth) piuttosto che al servizio di un personaggio che dovrebbe emergere maggiormente nella dolcezza e nell’abbandono del belcanto.
Una certezza il Pagano di Michele Pertusi, al quale neppure un recente infortunio impedisce di sfoderare la consueta autorevolezza, arricchita da tutte quelle intense sfumature interpretative a cui il basso parmigiano ci ha generosamente abituato.
Spetta invece ad Antonio Corianò incarnare Arvino, che è sì il fratello “buono”, ma obbliga a un impegno scenico quasi costante senza nemmeno la gratificazione di un’aria solista memorabile: un compito che il tenore assolve con sicurezza e in onore all’austera nobiltà del ruolo.

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Complice una lucente esecuzione della celebre cavatina “La mia letizia infondere”, Antonio Poli si fa apprezzare da subito quale Oronte lirico e realmente innamorato.
Molto positiva anche la prova di Giulia Mazzola nei panni della contesa Viclinda, così come si fanno valere Luca Dall’Amico (insinuante Pirro) e Lorenzo Mazzucchelli (vigoroso Acciano). Dalle fila dell’Accademia Verdiana provengono, invece, i promettenti Galina Ovchinnikova (Sofia) e Zizhao Chen (Priore).
Non al massimo delle sue potenzialità il Coro del Teatro Regio (preparato dal M° Martino Faggiani), che, talvolta, fatica a risaltare come dovrebbe nelle parti più concitate dello spartito, complice una probabile stanchezza di fine festival.
Ottime, invece, le prestazioni della Filarmonica Arturo Toscanini, dell’Orchestra Giovanile della Via Emilia e dei solisti strumentali (su tutti la violinista Mihaela Costea, che esegue il proprio prezioso assolo sul palco), guidati con rigore ed eleganza da Francesco Lanzillotta. Nonostante le limitazioni fisiche dovute all’incidente dello scorso agosto, il Maestro si conferma una bacchetta sapiente e accorta, tanto al pieno servizio del canto quanto in grado di far emergere le parti sinfoniche dei Lombardi. Successo vivissimo di pubblico per tutti, in attesa di ritrovarsi al prossimo Festival Verdi per tornare a celebrare insieme il Cigno di Busseto.
(La recensione si riferisce all'ultima replica dei "Lombardi" in scena domenica 15 ottobre 2023)

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Crediti fotografici: Roberto Ricci per il Festival Verdi 2023 - Teatro Regio di Parma
Nella miniatura in alto: il basso Michele Pertusi (Pagano) ottimo interprete in tutte le recite
Sotto a destra: il maestro Francesco Lanzillotta
Al centro e sotto in sequenza: splendide panoramiche su scene, costumi e luci di I Lombardi alla prima crociata nell'allestimento del Festival Verdi 2023






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