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Ferrara Musica fa il pienone di pubblico per il concerto del pianista-direttore ungherese

La Chamber of Europe e sir Schiff

servizio di Edoardo Farina

Pubblicato il 03 Giugno 2024

20240603_Fe_00_ChamberOrchestraOfEurope-AndrasSchiff_phMarcoCaselliNirmalFERRARA - Preceduto dall’interessante lezione-conferenza tenutasi presso la sala del Ridotto del Teatro a cura del musicologo Giorgio Pestelli in presenza del Direttore artistico di Ferrara Musica Renzo Restagno che ne ha introdotto il programma e le caratteristiche storiografiche del concerto nel pomeriggio antecedente, il penultimo appuntamento della ricca stagione di Ferrara Musica 2023 – 2024 ha visto sabato 1° giugno 2024 sul palco del Teatro Comunale “Claudio Abbado” di Ferrara il ritorno della Chamber Orchestra of Europe, per un attesissimo evento ove Sir András Schiff è stato impegnato nel doppio ruolo sia di solista che direttore. Tra i musicisti più annoverati al mondo, di nazionalità ungherese ma naturalizzato britannico, fa parte dell’Olimpo dei grandi pianisti in attività, incentrando le sue esecuzioni monografiche sui capolavori di Bach, Mozart, Beethoven e Schubert osannate regolarmente dalla critica, ma soprattutto da un pubblico sempre più vasto di appassionati. Il culmine di questa popolarità lo ha raggiunto dal 2006 con l'esecuzione dal vivo delle 32 Sonate per pianoforte di Beethoven in una lunga serie di concerti in Europa e negli Stati Uniti. Nel 2022 è stato nominato uno dei “più importanti interpreti di Bach del nostro tempo” ricevendone la Medaglia Bach della Città di Lipsia, mentre nel 2023 è stato riconosciuto “artista essenziale che ha contribuito alla storia del festival” dal Festival di Salisburgo. Prima orchestra residente di Ferrara Musica, fondata su impulso di Abbado, la Chamber Orchestra of Europe è stata definita dalla BBC e dal Daily Telegraph come «... la migliore orchestra da camera del mondo», formata da musicisti provenienti da tutto il continente europeo. Si è imposta sulle scene internazionali come uno dei più importanti e versatili ensemble contemporanei avendo mantenuto uno stretto rapporto con Ferrara, ritornando regolarmente durante le varie tournée internazionali.

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In apertura di serata, il Primo Concerto di Johannes Brahms (1833-1897) del quale ne sono state eseguite le Variazioni su un tema di Haydn op. 56 che, scritte nel 1873, appaiono come un’eloquente testimonianza della crescente padronanza del compositore di Amburgo di una tecnica non appartenente agli stilemi comuni in quanto basate su una melodia sempre più abbellita; si pongono piuttosto come le cosiddette variazioni di “carattere” che astraggono alcuni piccoli aspetti creando una serie di meditazioni e sviluppi rapsodici in cui la melodia spesso non è facilmente rintracciabile. Otto di esse, anticipate e concluse dal Tema e il Finale entrambi in Andante rappresentano una principale caratteristica di questo lavoro, che lo rende non solo singolare nella sua produzione ma anche una rarità nella musica del suo tempo per il fatto di essere un gruppo di stesure destinate all’orchestra e non a un singolo strumento.
Brahms preparò quasi contemporaneamente la versione orchestrale e quella per due pianoforti delle Variazioni, assegnando il numero d’Opus 56a alla prima e 56b alla seconda stendendone prima la versione per due pianoforti per trascrivere immediatamente dopo le stesse per formazione sinfonica, ma il fatto che nel numero d’opus abbia dato la precedenza a quest’ultima lascia intuire che il lavoro avesse preso forma con una sonorità evidentemente molto più ampia.
Si è proseguito con la Sinfonia Concertante op. 84 di Franz Joseph Haydn (1732-1809), scritta nei soli tempi Allegro e Andante, diretta dal primo violino Lorenza Borrani nel ruolo di maestro concertatore, dotata di grande tecnica e attacchi perfetti alternando l’archetto medesimo alla compostezza della bacchetta nel giusto dinamismo e dalla gestualità ineccepibile, supportata dalla straordinaria interpretazione di Olivier Stankiewicz (oboe), Rie Koyama (fagotto) e Richard Lester (violoncello) in qualità di solisti.
Imprevedibile e capricciosa ma disposta in una perfetta architettura, la Sinfonia nacque per i concerti organizzati dal violinista e impresario Johann Peter Salomon a Londra riscuotendo un successo notevole fin dalla prima esecuzione, al punto da essere riprogrammata altre due volte nella stessa stagione. Il merito era senz’altro dell’abile scrittura di Haydn, ma anche della brillantezza degli esecutori, cui vengono affidati splendidi interventi solistici, in particolare allo stesso violino, come afferma ancora lo storico della musica Oreste Bossini: «... Haydn, a differenza di Mozart e Beethoven, fu un buon pianista ma non un virtuoso della tastiera. La sua arte, di conseguenza, ha trovato strade migliori per esprimersi che i lavori per un singolo strumento, soprattutto nella musica per orchestra e in quella da camera nelle sue varie combinazioni strumentali. La particolare sensibilità richiesta dal concerto solistico era in qualche modo estranea al suo carattere, che privilegiava una retorica più complessa rispetto al mero antagonismo tra il singolo strumento e l’orchestra. Malgrado ciò, Haydn padroneggiava bene anche la scrittura concertante, come dimostrano i numerosi passi solistici sparsi nelle Sinfonie scritte per il pubblico londinese.»
Termine della seconda parte con il Concerto n. 1 in Re minore per pianoforte e orchestra op.15 ancora di Brahms dalla solida struttura e grandiosità d'impianto; diviso in quattro tempi Maestoso Adagio Rondò, Allegro non troppo, è classificato tra i più rappresentativi dopo la produzione beethoveniana, pagina giovanile dalla gestazione lunga e faticosa: completato nel 1859 dopo quattro anni di ripensamenti, fu eseguito per la prima volta ad Hannover, con lo stesso Brahms in veste di solista e sul podio l’amico Joseph Joachim, che dopo la scomparsa di Schumann era diventato il primo consigliere del compositore.

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«Neppure la critica accolse bene il lavoro e le cose non migliorarono nemmeno dopo la seconda esecuzione a Lipsia pochi giorni dopo, il 27 gennaio. La monumentalità e il respiro sinfonico del Concerto, infatti, non si erano più sentiti in un concerto solistico dai tempi dell’Imperatore di Beethoven, ma allo stesso tempo il pianoforte evitava quasi del tutto, a dispetto delle notevolissime difficoltà tecniche, quegli effetti esteriori e di bravura che erano caratteristici di ogni forma concertante precedente, comprese quelle non certo volgari e superficiali di Mendelssohn e dello stesso Schumann. In altre parole, il Concerto sembrava fuori da qualunque convenzione del suo tempo, e per molti era semplicemente un lavoro bizzarro di un giovane compositore sopravvalutato. L’originalità, però, non era tanto il frutto di un disegno preciso, quanto il risultato della sua lunga e tortuosa storia compositiva, iniziata nei primi mesi del 1854» sostiene nuovamente Bossini.
Grande chiarezza ed espressività in tutte le forme preposte, supportate da un entusiasmo davvero coinvolgente, la “Chamber” ha dato decisamente il meglio di sé sotto la compostezza e maestosità di Schiff, dalla semplice manualità libera e senza essere in possesso della partitura, attraverso un modo di approcciarsi esplicito come se dovesse semplicemente fornire delle “conferme” ai musicisti assolutamente in grado di gestire l’intera orchestrazione in maniera del tutto autonoma. Mimica anche impassibile e distaccata, concedendo un’univoca interpretazione dell’esecuzione però intensa ed energica calibrando ogni dettaglio appropriato per dare spazio correttamente anche alle singole parti solistiche. Dal modo di porsi avvolgente dal carattere e senso paterno, oserei dire quasi “imperiale” e assai rassicurante come se i componenti, fossero costituiti tutti da una grande famiglia conoscendoli bene uno a uno, è riuscito a rendere partecipe il pubblico in un solare senso di serenità tralasciando il tono nervoso e quasi minaccioso trasmesso da alcuni direttori d’orchestra nel senso dell’eventuale timore dell’imperfezione.
Chiusura di sipario con gli affettuosi abbracci tra gli orchestrali, come da loro innata e insolita consuetudine, dopo l’unico bis non annunciato ove Schiff ha voluto omaggiarci da solista al pianoforte della Fantasia Cromatica e fuga in Do minore BWV 903 di Bach, riscuotendo calorosissimo apprezzamento da parte del pubblico numeroso accorso in sala.
(il servizio si riferisce al concerto di sabato 1 giugno 2024)

Crediti fotografici: Marco Caselli Nirmal per Ferrara Musica - Teatro Comunale "Claudio Abbado"
Nella miniatura in alto: il pianista-direttore András Schiff
Sotto: alcuni momenti del concerto della Chamber Orchestra of Europe con Schiff sul podio e al pianoforte e Lorenza Borrani violino di spalla






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