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La 'Settecentesca' opera di Richard Strauss incontra pieno successo al Teatro Verdi di Trieste

Arianna tra il buffo e il commovente

servizio di Rossana Poletti

Pubblicato il 18 Febbraio 2024

20240218_Ts_00_AriannaANasso_SimoneSchneider_phFabioParenzanTRIESTE - Teatro Lirico “Giuseppe Verdi”.  Ci è voluto Richard Strauss e la sua Arianna a Nasso per far comprendere quanto poco interessasse a certi ricchi la realizzazione di uno spettacolo, quanto poco comprendessero le dinamiche che stanno attorno e dentro la preparazione di un lavoro teatrale.
«Pago e voglio quello che voglio, anche se quello che voglio è una cosa impossibile.»
«Non mai l’avrei dovuto permettere! Né tu, giammai, avresti dovuto permettere ch’io lo permettessi! Come osasti trarmi in questo turpe mondo? Me, qui!… Me!...Lascia ch’io geli, languisca, m’impietri nel mio!» grida il compositore al maestro di musica nel prologo dell’opera, quando il maggiordomo (Peter Harl) interviene durante la preparazione dei due spettacoli commissionati, un’opera seria e una commedia brillante, affermando che il tempo stringe tra la cena e i fuochi d’artificio e che di due eventi ne dovrà uscire uno solo. «La pantomima danzante non si darà né come epilogo né come prologo, sì bene contemporaneamente all’opera tragica Arianna» afferma l’uomo, unica voce recitante.
E non deve essere stato caso sporadico quello che fantasiosamente racconta il librettista Hugo von Hofmannsthal, quando lo stesso regista dell’attuale produzione, Paul Curran, riferisce di essersi trovato in diverse occasioni simili.
Resta il fatto che Ariadne auf Naxos, attualmente in scena al Teatro Verdi di Trieste, è una mirabile sintesi di mondi teatrali diversi, sottesi da musica così raffinatamente cangiante nelle diverse situazioni: romanticamente wagneriana e straordinariamente moderna. E così ad una prima parte (il prologo, scoppiettante) che ricorda certa operetta più che opera buffa, segue l’opera più seria e a tratti monotona, che non manca anche qui di spunti divertenti nella regia di Curran, ripresa a Trieste da Oscar Cecchi. Richard Strauss sceglie una compagine cameristica per questo suo lavoro, in omaggio al Settecento viennese, arricchito da strumenti novecenteschi: trombone, diverse percussioni, pianoforte, arpe, celesta e harmonium, come sottolinea il direttore musicale Enrico Calesso, che dirige con grande maestria l’Orchestra del Teatro Verdi. In scena due primedonne che rappresentano i due mondi diversi: Arianna l’opera seria, Zerbinetta a capo della compagine di ballerini e commedianti.

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Simone Schneider, nel ruolo di Arianna, domina la seconda parte con una bella voce, di grande estensione negli acuti, una presenza scenica che regge egregiamente la situazione quando, attorno a lei, la masnada di maschere fanno le loro incursioni in scena, scombinando la serietà del momento di invocazione alla morte di lei.
Liudmila Lokaichuk, nei panni di Zerbinetta, incanta il pubblico con la sua capacità di scherzare, recitare in musica la sua parte, complessa perché dissacrante della noiosità dell’opera drammatica, ma allo stesso tempo esaltante l’amore. La sua aria "Großmächtige Prinzessin" accoglie un fragoroso e caldo applauso del pubblico, estasiato dalla sua splendida interpretazione.
Anche il Compositore, che spadroneggia nel prologo, interpretato dal mezzosoprano Sophie Haagen, ha proposto un’ottima prova sia attoriale che canora, così anche il Maestro di musica di Marcello Rosiello. Meno brillante Heiko Börner (Bacco), una voce un po’ debole, soprattutto nel confronto con l’Arianna del soprano Schneider.
Brillanti e divertenti il quartetto delle maschere, come altrettanto il terzetto delle dame di Arianna: il Brighella di Christian Collia, l’Arlecchino di Gurgen Baveyan, Scaramuccio (Mathias Frey) e Truffaldino (Vladimir Sazdovski); la Najade di Olga Dyadiv, Echo di Chiara Notarnicola e Driade (Eleonora Vacchi). E ancora Il Maestro di ballo (Andrea Galli), un Lacchè (Francesco Samuele Venuti) e Un ufficiale (Gianluca Sorrentino).
Le scene sono imponenti. Il fondo di un palazzo animato da un via vai di gente strana nel prologo, i resti di un tempio greco nell’atto dell’opera seria, il tutto condito da un insieme di costumi che vanno dalla sontuosità della parte “mitologica” agli abiti sgargianti e vistosamente moderni del prologo: la rappresentazione di un mondo di artisti ‘oltre’ - scelta registica che ancor più rende il confronto delle due realtà, quella drammatica e quella brillante - che si devono integrare; ovviamente un’integrazione impossibile, coronata dal costume bianco da ballerina con un enorme cuore rosso sul petto di Zerbinetta.
Prima dell’inizio i camerieri vestiti di bianco del signore, che con gli ospiti dovrebbe assistere ai due spettacoli, sono in platea ad accogliere il pubblico, il Parruccaio (Dario Giorgelè), una macchietta, rincorre le signore per sistemare loro i capelli. Si entra così nella musica di Strauss.

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Non mancheremo di notare che proprio da quest’opera nacque l’espressione "piantare in asso", ma come il finale dimostra, quando Bacco salva Arianna dal suo desiderio di morte e, facendola innamorare di nuovo, la porterà nell’Olimpo, che essere piantati in asso talvolta può essere un bene, preludendo a nuove esperienze positive.
Zerbinetta in tutta l’opera ripete che alla morte succede ben altro «Vuoi tu scommettere? Le appare un bel giovine dai neri occhi profondi…» e la premonizione accadrà.
Questo allestimento nasce dalla coproduzione tra la Fondazione del Comunale di Bologna con la Fenice di Venezia e il Verdi di Trieste. Le scene sono di Gary McCann e il disegno-luci di Howard Hudson.
(la recensione si riferisce alla recita di venerdì 16 febbraio 2024)

Crediti fotografici: Fabio Parenzan per il Teatro Verdi di Trieste
Nella miniatura in alto: il soprano Simone Schneider (Arianna)
Sott, in sequenza, fotoservizio di Parenzan su Ariadne auf Naxos in scena al Verdi di Trieste






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