Pubblicato il 14 Ottobre 2025
La regia anno 2010 di Michieletto ripresa a Genova 15 anni dopo fu una provocazione ora no
Don Giovanni claustrofobico servizio di Simone Tomei

20251014_Ge_00_DonGiovanni_ConstantinTrinksGENOVA - C’è qualcosa di emblematico nel vedere il Don Giovanni di W.A. Mozart intrappolato in un labirinto di pareti rotanti; forse è il destino stesso di certe regie nate come provocazione e finite per diventare autocitazione. Al Teatro Carlo Felice di Genova, l’allestimento firmato da Damiano Michieletto (produzione della Fenice di Venezia datata 2010, con scene di Paolo Fantin e costumi di Carla Teti) qui ripresa da Elisabetta Acella approda come inaugurazione di stagione e si presenta, più che come una lettura dell’opera mozartiana, come il suo meticoloso smontaggio. Tutto ruota, letteralmente, ma senza mai procedere davvero: un moto perpetuo della forma che lascia a terra la sostanza.
Il risultato è un Don Giovanni claustrofobico, chiuso in un labirinto di stanze identiche, dove i personaggi sembrano rincorrersi senza sapere perché, e il dramma mozartiano - con il suo geniale equilibrio di eros e colpa, ironia e tragedia - si perde in un’estetica di grigio cerebrale. Un’idea che al tempo forse poteva apparire audace; oggi suona come un esperimento esausto, privo di tensione teatrale e di respiro vitale. E se il celebre libertino è “una macchina lanciata verso l’autodistruzione”, come diceva lo stesso Michieletto, qui quella macchina sembra aver già terminato la corsa: si aggira in tondo, senza freni e senza meta, lasciando dietro di sé non rovine romantiche, ma un insistente senso di stanchezza.
Le scene di Paolo Fantin, con i loro pannelli rotanti e le stanze tutte uguali, diventano l’immagine più eloquente di questo spaesamento. Un Ikea metafisico, dove i personaggi si muovono come clienti smarriti dopo l’orario di chiusura. Nessuna finestra, nessun orizzonte, nessun respiro: solo corridoi che si inseguono in un moto circolare, fino a trasformare la vertigine mozartiana in monotonia. L’idea di una “giostra” scenica simbolo della corsa interiore di Don Giovanni verso il baratro, si svuota presto di senso, diventando un meccanismo che gira a vuoto.
A questo universo visivo, già di per sé asfittico, si aggiunge la neutralità cromatica dei costumi di Carla Teti, che annulla ogni gerarchia sociale e cancella la tensione dinamica tra servo e padrone, tra eros e colpa, che costituisce l’anima stessa dell’opera. Tutti, dal libertino al contadino, sembrano provenire dallo stesso reparto outlet della tragedia esistenziale: un mondo livido, dove la passione si è spenta e resta solo il rumore di fondo del disincanto. In questa “fiera del grigio”, il colore scompare insieme al senso del contrasto, e il teatro perde una delle sue più potenti armi: la differenza.
Il paradosso più grande è che Michieletto, a parole, aveva colto l’essenza del mito. Parlava di un Don Giovanni incapace di fermarsi, “una macchina lanciata a folle velocità verso l'autodistruzione”.

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Eppure, la sua messinscena tradisce questa tensione: più che una corsa folle verso l’abisso, ciò che vediamo è un girare a vuoto in un parcheggio desolato, dove il “fascino malato” di cui teorizzava il regista si perde nella ripetitività del gesto scenico. Ciò che sulla carta suonava come un’analisi acuta della vertigine libertina, in scena si traduce in immobilità: non una corsa, ma un moto bloccato, una reiterazione.
Se il Don Giovanni di Mozart è un corpo che brucia di desiderio e si consuma nell’eccesso, quello di Michieletto è un automa che vaga senza scopo, prigioniero di un simbolismo che non esplode mai in vera azione. Il fascino della rovina lascia così il posto all’inerzia di un esperimento mentale, dove l’idea prende il sopravvento sull’emozione. La regia, invece di affondare nel magma delle passioni, si chiude in una gabbia fin troppo concettuale. Laddove Mozart intreccia il comico e il tragico, il sacro e il profano, qui tutto si riduce a una linea piatta, a un tono unico di cupa introspezione. I personaggi non dialogano davvero: si sfiorano, si parlano addosso, talvolta si ignorano. Il gioco teatrale si smarrisce in trovate che pretendono di sorprendere ma finiscono per confondere. Frasi spostate, versi rivolti a chi non è più in scena, un libretto manipolato con troppa disinvoltura: Zerlina che canta “Vedrai carino” a Don Giovanni invece che a Masetto, Elvira che ritrova le proprie lettere nel catalogo di Leporello, e la cena finale, privata della statua del Commendatore, trasformata in un rituale erotico di dubbio gusto.

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Il problema non è la provocazione in sé, ma la sua mancanza di direzione. Se il genio di Mozart sapeva creare un perfetto equilibrio di tensioni morali e teatrali, in questo allestimento domina un disordine sterile, un accumulo di gesti privi di direzione. L’eros si riduce a un sesso da bordello, ripetitivo e svuotato, la violenza smarrisce la forza tragica e la comicità si dissolve. Tutto procede in modo meccanico e prevedibile, e ciò che avrebbe dovuto suscitare scandalo scivola nel puro manierismo.
Nonostante la regia di Michieletto lasci la sensazione di un ingranaggio che si ripete su sé stesso, il versante musicale e vocale ha offerto, nelle due serate dell’11 e del 12 ottobre, un quadro più variegato e a tratti decisamente più vivo. Il doppio cast ha infatti consentito di misurare sfumature e personalità diverse, rivelando quanto l’opera di Mozart possa cambiare pelle a seconda di chi la abita.
Ecco le impressioni sui due cast.

Recita dell’11 ottobre 2025
In questa serata, il Don Giovanni di Gurgen Baveyan si è distinto per un’interpretazione misurata, mai sopra le righe, fondata su una vocalità controllata e calibrata. La sua voce, non particolarmente potente, è stata tuttavia ben gestita e sempre proiettata con cura, a vantaggio di una resa scenica convincente, più riflessiva che impetuosa, ma coerente nella costruzione di un libertino sottile, quasi introspettivo.
A fronte di questa eleganza un po’ trattenuta, la Donna Anna di Irina Dubrovskaya ha convinto meno: la voce, di timbro piuttosto anodino e limitata duttilità, non ha restituito appieno la complessità del personaggio. Nelle agilità è apparsa in difficoltà e il suo canto ha mancato di quella tensione drammatica che dovrebbe sorreggere la figura di Anna tra dolore e sete di giustizia.
Ben più interessante è stato invece il Don Ottavio di David Ferri Durà, autentica rivelazione della serata: voce ben timbrata, fraseggio elegante, e una musicalità che ha reso entrambe le arie con tocco morbido e grande padronanza tecnica, fondendo lirismo e dignità cavalleresca.
Jennifer Holloway, nei panni di Donna Elvira, ha offerto una vocalità importante e ben impostata, tecnicamente sicura, sempre corretta e intonata, ma ancorata a un registro interpretativo piuttosto uniforme, tutto giocato su un forte-fortissimo continuo che finiva col limitare la varietà espressiva. L’Elvira ne è uscita nobile ma poco sfaccettata, priva di quelle venature di tenerezza e follia che rendono il personaggio così affascinante.
Meno a fuoco Bruno Taddia come Leporello: un’interpretazione che ha ceduto spesso alla caricatura, con un eccesso di gestualità e un fraseggio sovraccarico, non privo di una fastidiosa balbuzie che nulla aggiungeva alla comicità del servo. Le note gravi, inoltre, risultavano poco sonore, e la resa complessiva finiva col tradire la finezza mozartiana in favore di un registro da farsa.

Recita del 12 ottobre 2025
La sera dopo il testimone è passato a Simone Alberghini, che ha delineato un Don Giovanni di ben altra pasta: autentico phisique du rôle, elegante e spavaldo senza mai scadere nel manierismo. La voce, ampia e ben proiettata, ha mostrato sicurezza e padronanza in ogni registro, con inflessioni sapientemente cesellate e una costante attenzione al fraseggio e alla parola scenica. È stato un libertino raffinato e consapevole, capace di coniugare la sensualità con l’ironia, la forza con la misura.
Al suo fianco, Desirée Rancatore ha offerto una Donna Anna in grande forma: la parte vocale è stata affrontata con controllo e freschezza, sostenuta da un suono nitido e cristallino che ha dato risalto tanto alle agilità quanto alle sezioni più drammatiche. Interessante anche la sua caratterizzazione scenica, che ha saputo unire la fragilità iniziale a un’energia più consapevole e intensa nel finale.

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Meno convincente invece Ian Koziara nel ruolo di Don Ottavio: voce potente ma non sempre a fuoco, con un’emissione forzata e l’uso insistito di un falsetto un po’ troppo costruito che appiattiva la linea melodica, tradendo una certa inadeguatezza rispetto alla purezza richiesta dal ruolo.
Altra prova tra le più riuscite della serata, quella di Monica Zanettin come Donna Elvira: la sua è stata un’interpretazione eccellente per partecipazione emotiva e padronanza vocale. La Zanettin ha saputo fondere intensità e misura, fraseggio curato e grande istinto scenico, offrendo un ritratto istrionico ma coerente, capace di oscillare tra ira e compassione con disarmante naturalezza.
Giulio Mastrototaro, nel ruolo di Leporello, si è distinto per eleganza e misura. Lungi dal cercare l’effetto facile, ha tratteggiato un servo ironico ma mai volgare o macchiettistico, dal timbro morbido e omogeneo, e dal fraseggio attento, ricco di sfumature. Un’interpretazione raffinata, che ha restituito tutta la complessità del personaggio, sempre in bilico tra complicità e disincanto.

Interpreti di entrambe le recite
Comune ad entrambe le serate, Mattia Denti ha dato vita a un Commendatore di straordinario impatto: voce possente, duttile e perfettamente proiettata, con dizione chiara e parola sempre intelligibile. La sua presenza scenica ha conferito al personaggio un’autorevolezza magnetica e l’intervento finale, dominato da un suono pieno e penetrante, ha coronato entrambe le recite con una potenza drammatica rara.
Anche Alex Martini nel ruolo di Masetto, ha mostrato una vocalità nitida e ben impostata, curando con precisione parola scenica e intonazione al fine di costruire un personaggio credibile, genuino e incisivo nella sua semplicità.
Infine, Chiara Maria Fiorani come Zerlina ha convinto per freschezza e naturalezza: voce argentina, fraseggio agile, musicalità spontanea e grazia scenica, che hanno restituito alla giovane sposina una presenza vivace e autentica, capace di coniugare malizia e dolcezza con disinvoltura.

Direttore, Orchestra e Coro
La guida musicale del M° Constantin Trinks ha firmato una concertazione lucida e densamente pensata, in cui la cura del dettaglio è riuscita a prevalere sulla ricerca dell’effetto. Fin dalle prime battute dell’ouverture si è percepita la volontà di conferire all’opera una tinta drammatica più marcata, quasi a voler riequilibrare il peso del “dramma giocoso” verso la sua componente tragica e morale.
Trinks ha costruito un disegno sonoro in cui il senso del teatro e quello della misura si fondono con grande consapevolezza: tempi ampi, agogiche ben controllate e un’attenzione costante alla relazione tra buca e palcoscenico.
Particolarmente apprezzabile la sua scelta di porre in risalto i momenti in cui le voci si intrecciano in canone o in contrappunto, restituendo alla partitura mozartiana quella trasparenza architettonica che le è propria, ma anche la delicatezza del piano e del pianissimo, qui trattati con un respiro cameristico di grande raffinatezza. La sua lettura non è stata mai puramente “decorativa”, bensì tesa a svelare la sostanza drammatica di Don Giovanni: un affresco di passioni e colpe, luci e ombre, in cui l’orchestra non accompagna, ma dialoga, partecipa, commenta e anticipa.
Trinks sembra privilegiare le pagine scritte in tonalità minore, restituendo loro un senso di ineluttabilità che inchioda la vicenda alla sua dimensione tragica: la leggerezza del gioco mozartiano diventa così veicolo di un presagio di rovina.

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L’Orchestra del Teatro Carlo Felice ha risposto con compattezza e suono levigato, mettendo in luce tanto la nitidezza dei legni quanto la pastosità degli archi, ben bilanciati e sempre duttili nel seguire i moti del gesto direttoriale. L’equilibrio dinamico è rimasto costante anche nelle sezioni più animate, e la buca ha saputo respirare insieme alle voci, mai coprendole, anzi valorizzandole con un tessuto orchestrale denso ma trasparente.
Il Coro, preparato dal M° Claudio Marino Moretti, ha affrontato la prova con grande solidità, distinguendosi per precisione, coesione e qualità timbrica. Efficace tanto nella resa scenica dell’opera completa quanto nelle sezioni fuori campo del finale affidate alle sole voci maschili, ha mostrato una notevole compattezza. Nel celebre episodio delle “furie” la fusione delle voci e l’equilibrio delle sezioni hanno generato una tensione di intensità quasi sovrannaturale.
Il pubblico non troppo numeroso in entrambe le recite ha comunque gradito elargendo applausi sentiti per tutti.
(La recensione si riferisce alle recite dell’11 e 12 ottobre 2025)

Crediti fotografici: Marcello Orselli per il Teatro Carlo Felice di Genova
Nella miniatura in alto: il direttore Constantin Trinks
Al centro, in sequenza: Bruno Taddia (Leporello) e Gurgen Baveyan (Don Giovanni); Mattia Denti (il Commendatore); Irina Dubrovskaya (Donna Anna); Chiara Maria Fiorani (Zerlina) e Alex Martini (Masetto); David Ferri Durà (Don Ottavio); Jennifer Holloway (Donna Elvira) con Bruno Taddia; panoramica su Alex Martini, Gurgen Baveyan e Chiara Maria Fiorani
Sotto, in sequenza: Ian Koziara (Don Ottavio) con Desirée Rancatore (Donna Anna); Simone Alberghini (Don Giovanni) con Giulio Mastrototaro (Leporello)
In fondo: panoramica con Giulio Mastrototaro, Simone Alberghini, Monica Zanettin (Donna Elvira) e Desirée Rancatore





Pubblicato il 26 Maggio 2025
La regia di Emilio Sagi ripresa da Nuria Castejón trionfa ancora al Teatro Carlo Felice di Genova
Carmen delle parole e delle note servizio di Simone Tomei

20250526_Ge_00_Carmen_AnnalisaStroppaGENOVA – Con Carmen di Georges Bizet, l’Opera Carlo Felice di Genova ha proseguito la sua Stagione Lirica 2024-2025 mandando in scena l’ottavo titolo in cartellone. Opéra-comique in quattro atti, su libretto di Henri Meilhac e Ludovic Halévy tratto dalla novella di Prosper Mérimée, Carmen è tra i titoli più celebri e popolari dell’intero repertorio lirico, tanto da rischiare, a volte, di essere data per scontata.
Eppure, dietro la sua apparente familiarità, si cela un’opera complessa, innovativa e tutt’altro che "di routine", che ha saputo travolgere la tradizione dell’Opéra-Comique francese per spingersi verso un nuovo teatro musicale, impregnato di passione, realismo e un taglio psicologico acuto e modernissimo.
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Composta tra il 1874 e il 1875 e inizialmente accolta con tiepidezza, Carmen fu oggetto di continui ripensamenti da parte del suo autore che arrivò a sostituire le sezioni parlate tipiche del genere con recitativi, in vista della rappresentazione viennese del 1877, versione oggi più comunemente eseguita. Il successo planetario giunse proprio da Vienna e da allora l’opera non ha mai smesso di affascinare interpreti, pubblico e studiosi. Dietro la vicenda della zingara seduttrice, donna libera e insubordinata, si muove una partitura raffinata, gravida di tensioni armoniche, orchestrazioni inventive, temi memorabili e un senso drammatico sempre incalzante. Il linguaggio di Bizet, spesso considerato “disturbante” per la sua rude franchezza, si avvicina in più punti alle innovazioni di Verdi, al cromatismo wagneriano e persino ai fermenti del futuro verismo.
Opera-problema, come è stata definita, Carmen vive di contrasti: tra tradizione e rottura, seduzione e morte, libertà e destino. A renderla tanto attuale quanto ardua da interpretare è proprio la sua ambiguità. Per questo motivo ogni nuovo allestimento rappresenta una sfida, tanto per la regia quanto per la concertazione e l’impostazione vocale.
La regia firmata da Emilio Sagi - qui ripresa con coerenza e sensibilità da Nuria Castejón - si fonda su un'idea chiara ed efficace: restituire alla protagonista la sua dimensione più autentica, quella di una donna che vive e muore per la propria libertà. “Libera è nata e libera morrà!”, come sottolinea lo stesso Sagi, non è solo una battuta chiave del libretto ma il vero centro etico ed estetico dell’opera.

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A un primo sguardo l’impianto registico può apparire semplice, perfino convenzionale, con un allestimento che si muove nel solco della tradizione. Tuttavia è proprio in questa apparente essenzialità che si cela l’aspetto più innovativo della regia: l’estrema attenzione ai gesti, agli sguardi, alle dinamiche relazionali tra i personaggi, sempre aderenti al dettato testuale e alla forza evocativa della musica. Ogni scena sembra nascere organicamente dalle parole e dalle note, in un intreccio serrato tra recitazione e canto che conferisce autenticità e spessore ai protagonisti. L'epilogo ne è l'esempio più emblematico: Don José, lungi dall’essere il classico assassino accecato dalla gelosia, appare come un uomo svuotato, incapace perfino di compiere il gesto estremo, mentre Carmen, ferma e fiera, quasi si consegna alla morte pur di non rinunciare alla propria libertà.
È un finale di grande potenza simbolica che capovolge l’impostazione melodrammatica tradizionale, facendo emergere un'interpretazione lucida e moderna del conflitto fra libertà e possesso.
Questa visione prende forma attraverso un allestimento scenico nitido e funzionale firmato da Daniel Bianco, in cui l’ambientazione andalusa non è un semplice sfondo decorativo ma un vero elemento drammaturgico. Le architetture sobrie, i colori caldi della terra di Spagna e gli spazi mobili evocano una Siviglia verosimile e viva, che conserva la purezza e la teatralità del folklore senza mai cedere al pittoresco oleografico. I costumi di Renata Schussheim contribuiscono a questo equilibrio: vivaci e curati nel dettaglio, vestono i personaggi senza tempo, mescolando suggestioni tradizionali e tocchi moderni, rendendo riconoscibili i ruoli (militari, contrabbandieri, toreri) e al contempo esaltando le caratteristiche individuali, soprattutto quelle della protagonista che sfoggia abiti che ne sottolineano la sensualità e l’alterità, senza mai ridurla a una caricatura di se stessa.

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Fondamentale in questa lettura visiva è anche il ruolo della danza. Le coreografie di Nuria Castejón, spesso integrate all’azione drammatica e non relegate a intermezzo decorativo, rafforzano il legame fra musica e movimento, restituendo l’energia pulsante della cultura andalusa e il clima “festante” che contrasta in modo tagliente con la tragedia incombente. La Plaza de Toros finale diventa così lo spazio simbolico in cui si consuma il duello fatale fra Carmen e Don José: uno scontro tra mondi inconciliabili, tra un’idea assoluta di libertà e una visione possessiva dell’amore. Completano il disegno visivo le luci di Eduardo Bravo, pensate per scolpire lo spazio scenico e accompagnare con efficacia la tensione drammatica.
Sul versante musicale, il M° Donato Renzetti si è confermato ancora una volta un musicista di grande esperienza e sensibilità, capace di guidare l’Orchestra del Teatro Carlo Felice con un gesto al tempo stesso enfatico e carismatico. La sua lettura ha esaltato ogni dettaglio della complessa partitura bizetiana, mettendo in luce l’incredibile varietà di registri emotivi e timbrici che la attraversano. Ha mostrato profonda comprensione dell’evoluzione interna alla scrittura di Bizet, capace di trasformare l’opéra-comique in qualcosa di radicalmente nuovo, denso di colore e dramma. La sua direzione ha sotteso con intelligenza l’arco narrativo dell’opera, costruendo tensioni e distensioni con mano sicura e conferendo respiro teatrale anche ai momenti più lirici. L’orchestra ha risposto con duttilità e precisione, restituendo con cura l’alternanza tra sonorità sgargianti e brillanti - come nella sinfonia, nell’ingresso dei toreri o nelle danze gitane - e i passaggi più sobri, introspettivi, dove emerge la tragedia umana.
Il Coro del Teatro Carlo Felice, guidato con precisione e sensibilità dal M° Claudio Marino Moretti, si è distinto per grande musicalità, compattezza timbrica e un impatto scenico coinvolgente, perfettamente in linea con l’intensità drammatica della partitura. La capacità di passare con disinvoltura dai momenti più solenni a quelli più vivaci, mantenendo sempre chiarezza nell’articolazione e coerenza espressiva, ha dato ulteriore profondità all’insieme. Non meno significativa la prova delle voci bianche, preparate dal M° Gino Tanasini, che ha saputo farsi apprezzare per precisione, freschezza e naturalezza interpretativa, regalando momenti gioiosi e contribuendo a costruire un suggestivo contrasto timbrico con il coro degli adulti.

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Ma adesso veniamo ai due cast seguiti per necessità di giudizio critico:

Carmen - Recita del 23 maggio 2025
La protagonista Annalisa Stroppa ha delineato una Carmen corretta ma poco incisiva, penalizzata da un’emissione che raramente si espande in sala e da una presenza scenica che fatica a restituire appieno la carica sensuale e la complessità psicologica della sigaraia sivigliana. Pur mostrando una lodevole precisione musicale e un’intonazione sempre salda, la sua interpretazione rimane piuttosto evanescente, priva di quel magnetismo vocale e scenico che dovrebbe caratterizzare uno dei ruoli più iconici del repertorio francese.
Francesco Meli
ha interpretato un Don José appassionato e tormentato, mettendo a frutto il suo timbro naturalmente suadente e un fraseggio elegante. Tuttavia l'uso frequente di mezzevoci e falsetti ha teso a snaturare l'impeto drammatico del personaggio, rendendolo meno credibile sul piano teatrale. Gli acuti sono risultati talvolta forzati e non sempre fermi, segno di una certa fatica nei passaggi di maggior tensione.
Luca Tittoto
, nei panni di Escamillo, ha affrontato un ruolo ai limiti della sua vocalità: la sua voce di basso, nobile e ben armonizzata, mostra qualche segno di tensione nella zona acuta, gestita comunque con intelligenza e mestiere. Di contro la zona grave è salda, sonora e perfettamente timbrata, offrendo un ritratto credibile del celebre torero, anche sul piano scenico.
Giuliana Gianfaldoni
, annunciata indisposta nel ruolo di Micaëla, merita una sospensione del giudizio, come correttezza impone in queste circostanze.
Ottime le prove dei personaggi di fianco: Vittoriana De Amicis (Frasquita) e Alessandra Della Croce (Mercédès) si sono distinte per precisione ritmica, intonazione impeccabile e notevole affiatamento nei momenti d’assieme, offrendo una lettura vivace e musicalmente centrata dei loro ruoli.
A queste si sono ben integrati Armando Gabba (Le Dancaïre) e Saverio Fiore (Le Remendado), entrambi efficaci sia sul piano vocale che scenico, contribuendo a una resa d’insieme compatta e teatralmente coesa.
Luca Dall’Amico
, nel ruolo di Zuniga, ha messo in mostra una voce autorevole, ben proiettata e timbricamente omogenea, sempre centrato e sicuro nell’intonazione. Chiude il cast un ottimo Paolo Ingrasciotta (Moralès), che ha impreziosito un ruolo secondario con dizione nitida, timbro curato ed eleganza interpretativa.

20250526_Ge_12_Carmen_CaterinaPivaCarmen - Recita del 24 maggio 2025
Caterina Piva si è distinta come una sopraffina artista che ha conquistato il pubblico con una Carmen intensa e vibrante. La sua vocalità brunita, dal timbro seducente e malizioso, si è unita a una presenza scenica matura e magnetica. La voce non ha faticato ad oltrepassare la buca orchestrale, grazie a una eccellente proiezione ed una dizione molto curata e attenta. La sua interpretazione ha saputo coniugare perfettamente sensualità, forza e vulnerabilità, conferendo al personaggio una dimensione autentica e profondamente umana. La capacità di modulare il fraseggio di questa interprete, con sensibilità e incisività, ha reso memorabili i momenti chiave, dalla celebre Habanera fino all’ultimo, drammatico atto.
Il tenore Amadi Lagha ha incarnato un Don José di grande spessore, riuscendo a trasmettere la trasformazione tormentata del personaggio con intensità e verità. La sua vocalità calda e potente si è unita a un fraseggio raffinato, che ha saputo mantenere un perfetto equilibrio tra passione e fragilità. Particolarmente toccante è stata la sua interpretazione dell'aria La fleur que tu m'avais jetée, eseguita con una combinazione di possenza vocale e dolcezza espressiva, che ha saputo rendere palpabile la complessità emotiva propria del personaggio. La sua performance ha conferito all’opera una tensione drammatica palpabile, sostenuta da un controllo impeccabile della linea vocale e da un’ottima dizione.
Abramo Rosalen è un Escamillo sicuro e carismatico, con una presenza scenica autorevole e un timbro vigoroso e brillante. Per voci imponenti di basso come la sua il ruolo è al limite, ma la bravura sta proprio nell'affrontare le note più impervie in maniera intelligente. La sua interpretazione ha dato forza e fascino al ruolo del torero, soprattutto nei momenti più solenni come la celebre aria Votre toast, eseguita con precisione e vigore.

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Infine Angela Nisi ha portato una Micaëla delicata e sentita. La sua interpretazione è riuscita a infondere al personaggio un’innocenza e una dolcezza autentiche e commoventi, particolarmente evidenti nell'esecuzione dell'aria Je dis que rien ne m’épouvante dove ha saputo bilanciare una passione contenuta con una tenerezza struggente, dipingendo il ritratto di una donna forte nella sua vulnerabilità. La linea vocale, sempre chiara e ben proiettata, ha sostenuto un’espressività sobria ma profondamente efficace, rendendo la sua presenza un prezioso contrappeso emotivo all'interno della complessa economia drammatica dell’opera.
Due recite, due sold out e pubblico - formato anche da tanti giovani - in delirio.

Crediti fotografici: Ufficio stampa del Teatro Carlo Felice di Genova
Nella miniatura in alto: Annalisa Stroppa (Carmen)
Sotto a destra: il direttore Donato Renzetti
Sotto al centro: Annalisa Stroppa e Francesco Meli (Don José) nella recita del 23 maggio; Amadi Lagha (Don José) e Caterina Piva (Carmen) nella recita del 24 maggio
Al centro in sequenza: Annalisa Stroppa; Giuliana Gianfaldoni (Micaëla) con Francesco Meli; Luca Tittoto (Escamillo); Francesco Meli con Armando Gabba (Le Dancaïre) e Saverio Fiore (
Le Remendado
)
Al centro: i bambini del Coro di voci bianche
Nella miniatura al centro: Caterina Piva (Carmen);
Sotto, in sequenza: Caterina Piva; Abramo Rosalen (Escamillo) con Caterina Piva; Angela Nisi (Micaëla); Amadi Lagha con Angela Nisi





Pubblicato il 17 Aprile 2025
L'opera pių 'sofferta' di Richard Strauss miete un meritato successo nel Teatro Carlo Felice
Danae di rara opulenza servizio di Simone Tomei

20250417_Ge_00_DieLiebeDerDanae_AngelaMeadeGENOVA - In un panorama operistico spesso dominato da titoli consolidati, emerge con prepotente originalità la produzione di Die Liebe der Danae, Op. 83 di Richard Strauss al Teatro Carlo Felice di Genova. Quest'opera, lungi dall'essere un mero reperto archeologico, si rivela un'esplorazione complessa e affascinante delle dicotomie umane, incastonata in una partitura di rara opulenza.
Die Liebe der Danae invita a una riflessione sul contesto storico della sua creazione. Composta durante gli anni bui della Seconda Guerra Mondiale, l'opera può essere interpretata come una fuga dalla realtà, un rifugio in un mondo mitico di bellezza e armonia. Tuttavia, sarebbe riduttivo considerarla solo un'evasione. Strauss, pur immergendosi nel mito, affronta temi universali come la ricerca della felicità e il conflitto tra desiderio e rinuncia. La rarità esecutiva dell'opera, dovuta in parte alle notevoli esigenze vocali e alla complessità della messa in scena, non fa che accrescerne il fascino, rendendo ogni rappresentazione un'occasione preziosa per riscoprire un tesoro nascosto del repertorio operistico del Novecento.
Richard Strauss concepisce "Danae" in un periodo storico di profonda crisi, segnato dal crepuscolo degli ideali bellici che gettava un'ombra cupa sul panorama culturale europeo; in questo contesto, l'opera si configura come una riflessione metatestuale sul potere salvifico dell'arte stessa. Il mito di Danae, fecondata dalla pioggia aurea di Zeus, diviene un topos attraverso cui il compositore indaga la natura ambivalente del desiderio, la caducità della potenza e la resilienza dello spirito umano di fronte alle avversità. L'impianto musicale, sontuoso e raffinato, si articola in un tessuto orchestrale denso di suggestioni timbriche, in cui l'oro del desiderio si contrappone dialetticamente alla cenere della disillusione.
La genesi dell'opera, segnata da una travagliata elaborazione del libretto, costituisce un elemento di indubbio fascino. L'originaria concezione di Hugo von Hofmannsthal, intrisa di una verve satirica memore di Luciano di Samosata, subisce una metamorfosi significativa attraverso l'intervento di Joseph Gregor e la supervisione occulta di Clemens Krauss. Questo processo compositivo stratificato conferisce all'opera una profondità semantica ulteriore, in cui la tensione tra l'elemento buffo e la sottostante tragicità esistenziale si risolve in un equilibrio instabile e fecondo. "Danae" emerge così come un'opera che rifugge le facili categorizzazioni di genere, oscillando tra la vis comica e la riflessione filosofica sul fluire inesorabile del tempo.

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L'orchestrazione straussiana si distingue per la sua straordinaria potenza espressiva. L'orchestra non si limita ad accompagnare le voci, ma diventa un vero e proprio protagonista drammatico, un'entità viva e pulsante che respira con i personaggi e amplifica le loro emozioni. Gli archi, con il loro fraseggio sinuoso e vibrante, evocano la fragilità emotiva dei personaggi, delineando le loro paure, le loro speranze e i loro conflitti interiori con una delicatezza e una precisione quasi palpabili. I legni, con le loro timbriche iridescenti, che spaziano dal flauto etereo al clarinetto malinconico, suggeriscono le seduzioni ingannevoli del desiderio, le promesse illusorie e le trappole nascoste dietro l'apparenza. Gli ottoni, con i loro squilli maestosi e crepuscolari, che risuonano come il tuono di un dio o il lamento di una potenza in declino, incarnano la potenza divina e la sua ineluttabile decadenza, la consapevolezza della propria mortalità e la nostalgia per un'eternità perduta. Il celebre interludio del Goldregen, con le sue cascate scintillanti di suoni, è un esempio lampante della capacità di Strauss di trasfigurare la materia sonora in pura emozione, in un'ebbrezza timbrica che trascende la semplice descrizione e si fa pura esperienza sensoriale, un'immersione in un mondo di bellezza abbagliante e fugace.
In questo contesto di ricchezza e complessità, merita una menzione particolare la direzione del M° Michael Zlabinger, musicista austriaco di indubbio talento. La sua interpretazione equilibrata, che dimostra una profonda conoscenza della partitura e una sensibilità raffinata per le sfumature dinamiche e timbriche, esalta ogni colore ed emozione della partitura, rivelando una profonda comprensione della complessità emotiva e musicale dell'opera e guidando l'orchestra con mano sicura e ispirata attraverso il labirinto delle passioni umane e delle vicissitudini divine. L'equilibrio tra palcoscenico e golfo mistico è stato eccellente, e la mano sicura del direttore non ha mai fatto mancare il suo appoggio e la sua figura di guida.
Impeccabile il coro, molto impegnato in quest’opera come sempre ben preparato dal M° Claudio Marino Moretti che ha saputo esaltare gli impeti straussiani. Un plauso di encomio va anche ai danzatori Daniele Bracciale, Luca Cappai, Simone Cristofori e Giuseppe Sanniu ed al Balletto Fondazione Formazione Danza e Spettacolo "For Dance" ETS, che si sono distinti per precisione, grazia ed eleganza nelle suggestive coreografie curate da Carmine De Amicis.
In questo contesto, il cast ha dato prova di grande impegno, con risultati nel complesso notevoli. Lo Jupiter di Scott Hendricks ha dominato la scena con una presenza magnetica che ha reso il suo Giove credibile, persino toccante nella sua umanità disillusa. La sua vocalità si è distinta per un’ottima proiezione in acuto, sebbene nella zona grave si siano percepite occasionali carenze in volume e rotondità. Nonostante ciò, il personaggio ha acquisito corpo grazie a una recitazione solida e a un fraseggio incisivo.
Di grande pregio è stata la prova di John Matthew Myers nei panni di Mida: il timbro soave e il fraseggio raffinato hanno restituito un personaggio vibrante, umanissimo, colto nel pieno del suo conflitto morale. Myers ha saputo equilibrare forza espressiva e delicatezza, offrendo una lettura intima e coerente del ruolo.

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Angela Meade, nel ruolo di Danae, ha confermato la sua statura vocale. L'intonazione impeccabile, la morbidezza del canto, le messa di voce scolpite con eleganza e l'omogeneità su tutta l'estensione testimoniano un controllo tecnico di altissimo livello. Tuttavia, a fronte di una vocalità pressoché ineccepibile, è mancata una piena immedesimazione scenica: il personaggio non è emerso con la profondità richiesta, e l'interpretazione, per quanto impeccabile sotto il profilo musicale, ha finito per assumere i tratti di un'esecuzione in forma di concerto, priva dell’afflato teatrale che il ruolo esige. Un'occasione parzialmente mancata per un’artista di tale levatura che avrebbe potuto completare il quadro con una più marcata espressività scenica.
Il Merkur di Timothy Oliver ha rappresentato un’autentica ventata di brio: spigliato, divertente, misurato nella caricatura, ha saputo unire precisione vocale e talento attoriale, risultando una delle presenze più godibili della serata.
Tuomas Katajala nel ruolo di Pollux ha colpito per l’emissione nitida e cristallina, unita a una dizione impeccabile, mentre Valentina Farcas, nei panni di Xanthe, ha offerto un’interpretazione elegante e controllata, con acuti ben centrati e un duetto del primo atto di grande equilibrio.
Eccellente anche il quartetto dei re – Albert Memeti, Eamonn Mulhall, Nicolas Legoux e John Paul Huckle – che ha dimostrato coesione e qualità vocale, così come di ottimo livello sono risultate le prove di Anna Graf (Semele), Agnieszka Adamczak (Europa), Hagar Sharvit (Alcmene) e Valentina Stadler (Leda) tutte scenicamente ben caratterizzate e vocalmente solide. Infine Eine Stimme era Valeria Saladino.
La produzione genovese si distingue per la lettura registica di Laurence Dale che innerva la vicenda mitologica di suggestioni metatestuali e riferimenti storico-culturali precisi. La presenza di Strauss stesso, ora spettatore partecipe, ora deus ex machina che guida i destini dei personaggi, conferisce all'allestimento un'ulteriore dimensione di complessità. In questa visione, il compositore non è una figura lontana, relegata al passato, ma è evocato in scena, presente come fantasma e coscienza: un mimo nei suoi abiti borghesi, seduto in un palco accanto alla moglie Pauline, poi in piedi accanto ai personaggi, quasi li dirigesse, o danzasse con loro una malinconica partitura interiore. Quel valzer, che ritorna sottopelle nella partitura come un respiro familiare, è il cuore segreto di tutta l’opera: la nostalgia di Richard Strauss per un mondo perduto, la sua fede nella bellezza come ultimo rifugio.
La scelta di ambientare l'azione nel 1944, anno cruciale segnato dall'attentato a Hitler e dalla chiusura dei teatri, aggiunge un livello di lettura metadrammatico che interroga il ruolo dell'arte in un contesto storico segnato dalla violenza e dalla barbarie: in questo modo, l'opera non è più solo una narrazione mitologica, ma diventa anche un documento storico, una testimonianza del potere dell'arte di resistere e di sopravvivere anche nei momenti più bui della storia umana.
Il terzo atto è un’epifania struggente: un filmato d’epoca mostra il vero Strauss alla direzione, poi altre immagini quotidiane, private ci conducono fino alla villa di Garmisch, rifugio alpestre e domestico del compositore che diventa tempio dell'ultima arte. È un colpo di teatro che commuove e dà senso all’intera visione, come se l’autore stesso fosse l’ultimo spettatore della sua opera. La celebre frase pronunciata da Strauss in occasione della prova generale, «... con la speranza di rivederci in un mondo migliore ...», risuona non solo come un auspicio personale, ma anche come un monito profetico e un'affermazione di fede nel potere rigeneratore della musica e nella sua capacità di offrire speranza e consolazione in tempi di crisi.

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Lo spettacolo, pur non esente da elementi di ambiguità interpretativa, si distingue per la sua indubbia qualità. La fusione sapiente di epoche stilistiche diverse, la ricercatezza dei costumi, l'uso suggestivo delle luci e l'efficace sfruttamento dello spazio scenico concorrono a creare un'esperienza visiva di grande impatto emotivo. Ogni dettaglio scenico, ogni scelta cromatica, ogni movimento degli attori è intriso di significato - talvolta chiaro, talaltra meno - e contribuisce a creare un'atmosfera sospesa tra sogno e realtà, tra mito e storia. La dramaturgie dell'opera, lungi dall'essere tradita da scelte registiche arbitrarie, viene valorizzata in tutta la sua complessità, evidenziando come la visione straussiana di un amore capace di trionfare sulla potenza e sulla ricchezza trovi una propria puntuale risonanza nel contesto storico e culturale in cui l'opera è stata concepita.
Questa rappresentazione, la prima italiana della versione originale con complessi artistici italiani (edizione utilizzata: Schott Music, Mainz), ha visto impegnati inoltre lo scenografo e costumista Gary McCann e John Bishop a curare le luci, contribuendo in modo significativo all'impatto visivo e all'atmosfera complessiva dello spettacolo.
Nonostante le avverse condizioni atmosferiche, il calore della musica ha pervaso il teatro, riscaldando cuori e animi. Al termine della rappresentazione, il pubblico ha tributato un'ovazione corale e sentita a tutti gli artisti, con un particolare tributo di plauso al direttore d'orchestra, a suggello di una serata indimenticabile.
(La recensione si riferisce alla recita di mercoledì 16 aprile 2025)

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Crediti fotografici: Ufficio stampa del Teatro Carlo Felice di Genova
Nella miniatura in alto: il soprano Angela Meade  (Danae)
Sotto, in sequenza: profili e panoramiche su
Die Liebe der Danae Op. 83
di Richard Strauss
In fondo: i saluti del cast e del direttore
Michael Zlabinger a fine recita






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Parliamone
Otello l'incoerenza č di scena
intervento di Simone Tomei FREE

20251007_Pr_00_Otello_Parliamone_YusifEyvazov_phRobertoRicciPARMA - Esiste un patto segreto, antico e nobilissimo, tra il palcoscenico e la platea. È un atto di fede: lo spettatore si affida alla visione degli artisti, promettendo in cambio sospensione dell'incredulità e apertura del cuore. Aprire il sipario sull' Otello al Teatro Regio di Parma, nel cuore del Festival Verdi 2025, avrebbe dovuto significare rinnovare questo patto, immergendosi nel gorgo della più compiuta tragedia shakespeariana in musica. E, in effetti, la partitura di Verdi ha mantenuto fede al suo compito: un fiume in piena, potente e inesorabile, che dal golfo mistico ha continuato a scorrere, travolgente e commovente. Il problema, ahimè, è sorto quando ho alzato gli occhi perché ciò che si vedeva apparteneva a un altro pianeta drammaturgico, a un universo visivo che con il fiume verdiano dialogava poco o punto.
Le note di regia di Federico Tiezzi, un denso manifesto intriso di Freud, Welles, Dostoevskij e Pasolini, promettevano una discesa negli inferi della psiche.
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VideoCopertina
La Euyo prende residenza a Ferrara e Roma

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Opera dal Nord-Ovest
Don Giovanni claustrofobico
servizio di Simone Tomei FREE

20251014_Ge_00_DonGiovanni_ConstantinTrinksGENOVA - C’è qualcosa di emblematico nel vedere il Don Giovanni di W.A. Mozart intrappolato in un labirinto di pareti rotanti; forse è il destino stesso di certe regie nate come provocazione e finite per diventare autocitazione. Al Teatro Carlo Felice di Genova, l’allestimento firmato da Damiano Michieletto (produzione della Fenice di Venezia datata
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Classica
Gibboni e Mariotti bella accoppiata
servizio di Athos Tromboni FREE

20251008_00_Fe_Concerto_GiuseppeGibboniMicheleMariotti_Gibboni_phMarcoCaselliNirmalFERRARA - Brahms presentato (le sue Sinfonie), Brahms eseguito (la Sinfonia n.4): così si è aperta lunedì 6 ottobre la stagione 2025/2026 di Ferrara Musica nel Teatro Comunale "Claudio Abbado", dopo l'anteprima del 14 settembre scorso dell'Ensemble Nova Ars Cantandi presso la Pinacoteca Nazionale di Palazzo Diamanti. Per approfondire la
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Jazz Pop Rock Etno
Ferrara in Jazz primo week-end
servizio di Athos Tromboni FREE

20251006_Fe_00_FerraraInJazz_PietroBittoloBonFERRARA - Il 3 ottobre scorso il Jazz Club Ferrara ha dato avvio alla prima parte dei concerti della nuova stagione "Ferrara in Jazz" che si svolgerà ogni fine settimana (il venerdì, il sabato e la domenica) fino al 21 dicembre 2025. L'appuntamento d'apertura, nel Torrione San Giovanni, ha visto in pedana il sassofonista Piero Bittolo Bon con Alessandro
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Eventi
Partenza con le canzoni di Guccini
servizio di Francesco Franchella FREE

20251004_Fe_00_GruppoDei10_FrancescoGucciniFERRARA - Alla volta dei primi freddi (o freschi) settembrini, il mondo si divide: chi si dà già ai pranzi autunnali vestendosi come se fosse il 1° di gennaio; chi ogni weekend, nostalgico del caldo, chiede al coniuge di fare “l’ultima” gita al mare; chi guarda in continuazione le mail, per sapere quando inizieranno le prime serate della stagione
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Personaggi
Porto in scena le parole che non scrisse
servizio di Ludovica Zambelli FREE

20250927_Fe_00_IntervistaAlessioBoni_OmaggioAPucciniDiEliosLippiFERRARA - Al Teatro Abbado andrà in scena lo spettacolo Concerto a due per Puccini, con Alessio Boni e Alessandro Quarta, regia di Boni stesso e Francesco Niccolini ("prima" lunedì 29 settembre, replica sabato 30 settembre 2025 ore 20,30); è uno spettacolo con  parole e musica, che si incontrano per restituire la complessità di un compositore che
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Echi dal Territorio
Ferrara in Jazz si parte!
redatto da Athos Tromboni FREE

20250926_Fe_00_FerraraInJazz2025-2026_FedericoDAnneoFERRARA - È giunta alla 27.esima edizione la stagione del Jazz Club Ferrara, presso il Torrione San Giovanni di via Rampari di Belfiore incrocio di via Porta Mare: a partire da venerdì 3 ottobre 2025, proprio il Torrione riapre le porte di Ferrara in Jazz con il programma della prima parte di stagione (ottobre-dicembre 2025), dove sono in calendario
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Classica
Saccon-Genot e fanno tre
servizio di Athos Tromboni FREE

20250925_Fe_00_ConcertoSacconGenotPerLuigiCostatoFERRARA - Il Comitato per i Grandi Maestri fondato e presieduto da Gianluca La Villa ha organizzato un concerto cameristico a Palazzo Roverella, sede del Circolo Negozianti di Ferrara, in memoria del prof. Luigi Costato: protagonisti del concerto sono stati due musicisti già noti e molto apprezzati nella città estense, il violinista Christian Joseph
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Ballo and Bello
Ecco le Stanze della Danza
FREE

20250924_Ro_00_LeStanzeDellaDanza_ClaudioRondaROVIGO - Per due giorni, sabato 27 e domenica 28 settembre 2025, Rovigo diventa una finestra sul panorama della danza contemporanea. È stato presentato il 19 settembre scorso allo spazio Fs del Censer, in conferenza stampa, la prima edizione del festival Le stanze della Danza, un itinerario di performance che si inaugurerà alle ore 17,00 di
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Opera dal Centro-Nord
Una perla i Pescatori di perle
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20250923_Fi_00_IPescatoriDiPerle_JavierCamarena_phMicheleMonastaFIRENZE - La perfezione, si sa, non è di questo mondo. Eppure l’arte, nei suoi momenti più ispirati, ci consente di sfiorarne il mistero, in quella rara alchimia che fa dialogare la forza arcana della musica, la purezza del canto e la poesia della scena. È questa, precisamente, la sensazione che ho provato uscendo dal Teatro del Maggio Musicale
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Pagina Aperta
Un luogo dove il cuore rimane giovane
redatto da Athos Tromboni FREE

20250920_Ro_00_Stagione2025-2026_ValeriaCittadinROVIGO - La platea del Teatro Sociale per la prima volta si è trasferita in piazza Giuseppe Garibaldi: l’evento dal titolo Sotto il cielo di Rovigo – Cult dove il cuore rimane giovane, a cura della regista Anna Cuocolo, ha voluto essere un incontro speciale della autorità locali e del management del teatro con il pubblico, per celebrare insieme a tutta la città,
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Echi dal Territorio
Lucca nuova stagione d'Opera
redatto da Simone Tomei FREE

20250918_Lu_00_StagioneOpera2025-2026_AngelaMiaPisanoLUCCA - È stata presentata il 17 settembre 2025, nel Ridotto del Teatro del Giglio "Giacomo Puccini", la Stagione lirica 2025-2026 della quale vi portiamo a conoscenza attraverso il comunicato stampa dell’ente lucchese. La Stagione Lirica del Teatro del Giglio "Giacomo Puccini" si presenta, per il 2025-2026, come un’autentica celebrazione del
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Vocale
Concerto degli allievi di Magiera
FREE

20250917_Fe_00_ConcertoStagioneLiricaEDanza2025-2026_LeoneMagieraFERRARA - La presentazione della Stagione di Opera & Danza 2025/2026 del Teatro Comunale "Claudio Abbado" - avvenuta nella mattinata di martedì 16 settembre - ha avuto il suo epilogo alle ore 20,00 con un concerto lirico nel Ridotto del teatro, dove si sono esibiti i giovani allievi del corso di perfezionamento tenuto dal maestro Leone Magiera
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Eventi
Ferrara nuova stagione d'Opera e Danza
redatto da Athos Tromboni FREE

20250916_Fe_00_StagioneLiricaEDanza2025-2026_StefanoRanzani_phAlfredoTabocchiniFERRARA - Un "Concerto a due per Puccini" e dodici spettacoli di opera, danza, musical, sono la dote della Stagione d'Opera & Danza 2025/2026 del Teatro Comunale "Claudio Abbado" che si aprirà il prossimo 29 settembre per concludersi il 24 maggio del prossimo anno.

La conferenza-stampa
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Opera dal Centro-Nord
L'amico Fritz fra sostenitori e detrattori
servizio di Simone Tomei FREE

20250915_Li_00_LAmicoFritz_BengisuYamanKoyuncuLIVORNO - Dopo l’esplosione dirompente del successo di Cavalleria rusticana (1890), Pietro Mascagni si trovò davanti a una sfida tutt’altro che semplice: dimostrare di non essere l’autore “di un’opera sola”, consacrato dalla fortuna di un libretto tratto da Verga. Ed è in questo clima che nacque L’amico Fritz, andato in scena per la prima volta al
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Personaggi
Cantami o Diva gli intrighi...
intervista a cura di Athos Tromboni FREE

20250915_Personaggi_00_MassimoCrispi_CantamiODivaMassimo Crispi è un tenore particolare, ribelle per molte cose e dal repertorio quanto mai vario. Vive una parte dell'anno a Palermo e l'altra parte dell'anno a Firenze. Vario - si diceva - il suo repertorio, ma varia è anche la sua maniera di essere artista. Da sempre ha infatti coltivato la scrittura, in ogni campo, e, oggi, non frequentando più
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Echi dal Territorio
Frescobaldi Day a Palazzo Schifanoia
FREE

20250914_Fe_00_FrescobaldiDay_MarinaDeLisoFERRARA - Marina De Liso, mezzosoprano e docente di musica antica nel Conservatorio "Girolamo Frescobaldi" nonché coordinatrice del "Concentus Musicus Fe' Antica"  ha presentato ieri nella bella e confortevole sala pubblica di Palazzo Schifanoia il primo concerto della stagione 2025/26 di Ferrara Musica: quest'anno l'associazione concertistica
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Vocale
Dalla romanza alla canzone napoletana
servizio di Simone Tomei FREE

20250913_00_PonteAMoriano_Concerto_AntonioCiprianiPONTE A MORIANO (LU) - La serata del 12 settembre 2025 al Teatro Idelfonso Nieri di Ponte a Moriano si è chiusa l’edizione di "Un Teatro Sempre Aperto", confermando ancora una volta la qualità e la coerenza di una rassegna che, pur in assenza della storica sala cittadina del Teatro del Giglio, ha saputo mantenere viva la propria presenza sul
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Opera dall Estero
Una Traviata trasposta nel Novecento
servizio di Ramón Jacques FREE

20250910_00_Bogota_LaTraviata_JuliaMuzychenko_phJuanDiegoCastilloBOGOTÀ (Colombia) - 24 agosto 2025, Teatro Mayor Julio Mario Santo Domingo.
In occasione della quindicesima stagione del Teatro Mayor Julio Mario Santo Domingo, attualmente il palcoscenico più importante della Colombia, si è tenuta una nuova rappresentazione di La traviata. L’opera,
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Opera dal Centro-Nord
Ode a Leopardi e Medium prova generale
servizio di Simone Tomei FREE

20250901_Li_00_OdeALeopardi_Mascagni Festival2025LIVORNO – In un Mascagni Festival sempre più attento al dialogo fra memoria storica e ricerca espressiva, la serata del dittico Ode a Leopardi di Pietro Mascagni e The Medium di Gian Carlo Menotti, presentata agli Hangar Creativi, ha offerto un accostamento insolito ma fecondo tra due poetiche distanti eppure unite dalla tensione verso il mistero
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Eventi
ROF bilancio 2025 e programma 2026
redatto da Athos Tromboni FREE

20250901_Ps_00_ROF-Bilancio2025Programma2026PESARO - A Pesaro si dichiarano soddisfatti per i risultati non solo artistici del Rossini Opera Festival 2025. Ecco qui sotto, in sintesi, la valutazioni che illustrano sommariamente gli obiettivi raggiunti e anche le anticipazioni per l'edizione 2026.

I numeri che contano
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Opera dal Centro-Nord
Manon Lescaut fra le sculture blu
servizio di Simone Tomei FREE

20250831_TorreDelLago_00_ManonLescaut_MariaJoseSiri_phGiorgioAndreuccettiTORRE DEL LAGO (LU) - Il 71° Festival Puccini si avvia alla conclusione con l’ultimo debutto operistico della stagione in una serata di fine agosto molto suggestiva: Manon Lescaut è tornata al Gran Teatro sulle sponde del Massaciuccoli nella produzione di Igor Mitoraj del 2003, ripresa con cura nella regia di Daniele De Plano, scene di Luca Pizzi
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Classica
SummerFest grande musica da camera
servizio di Ramón Jacques FREE

20250831_00_SanDiego_SummerFest2025_ReneFleming_phKenJacquesSAN DIEGO (USA) - SummerFest 2025, The Baker-Baum Concert Hall. Il festival di musica da camera SummerFest, che si tiene ogni estate a San Diego, California dal 1986 ed è organizzato dall'associazione musicale locale La Jolla Musical Society (LJMS), è diventato un appuntamento imperdibile per gli amanti della musica cameristica (nel sud
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Vocale
Giovane Scuola al Mascagni Festival
servizio di Simone Tomei FREE

20250929_Li_00_ GalaVerismo_FestivalMascagni_PietroMascagniLIVORNO - Il Mascagni Festival 2025, nell’anno dell’ottantesimo della scomparsa del compositore, si conferma laboratorio vivo di idee più che semplice contenitore di eventi: una geografia del suono disseminata tra Livorno, la provincia e luoghi simbolici d’Italia e del mondo, capace di intrecciare concerti, opere, letture sceniche e creazioni originali
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Opera dal Centro-Nord
Sepe una delicata Butterfly
servizio di Nicola Barsanti FREE

20250825_00_TorreDelLago_MadamaButterfly_AntoninoFogliani_phGiorgioAndreuccettiTORRE DEL LAGO (LU) – Diamo conto ai nostri lettori della replica del quarto titolo in cartellone nell’ambito del 71° Festival Puccini: Madama Butterfly. Per regia, scene e costumi rimandiamo alla recensione della prima rappresentazione che potete consultare qui .
La principale differenza rispetto al debutto riguarda il ruolo
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Eventi
Turandot e le altre
redatto da Athos Tromboni FREE

20250824_TorreDelLago_00_FestivalPuccini2026_TurandotiELeAltre_DisegnoDiEliosLippiTORRE DEL LAGO (LU) -  Questa volta si parte in largo anticipo: è ormai definitivo - infatti - il programma della 72.esima edizione del Festival Puccini di Torre del Lago (Viareggio) che si svolgerà nel Gran Teatro all’aperto sul Lago di Massaciuccoli nell’estate 2026 e che era stato anticipato nella conferenza stampa dello scorso maggio dal presidente
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Opera dal Centro-Nord
Alina Tkachuk la rivelazione
servizio di Nicola Barsanti FREE

202516_TorreDelLago_00_Turandot_AlinTkachukTORRE DEL LAGO (LU) - La rappresentazione di Turandot al Gran Teatro Giacomo Puccini, nell’ambito del 71° Festival Puccini, propone una lettura scenica affidata alla regia di Alfonso Signorini, la cui impronta visiva rimanda all’articolo della prima rappresentazione che potete trovare qui. L’allestimento conferma la forza visiva e simbolica dell’opera, ma
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Opera dal Nord-Est
Rigoletto, Nabucco e Aida
servizio di Nicola Barsanti FREE

20250814_Vr_00_Rigoletto_phEnneviFotoVERONA - L’anfiteatro Arena, con i suoi duemila anni di storia e le gradinate che custodiscono memoria e suggestione, si conferma il più imponente palcoscenico a cielo aperto dedicato all’opera lirica. Ogni estate l’antico anfiteatro romano si trasforma in una cassa armonica naturale, dove le note dei grandi compositori si fondono con l’energia collettiva
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Opera dal Centro-Nord
Butterfly e la simbologia degli alberi
servizio di Simone Tomei FREE

20250809_TorreDelLago_00_MadamaButterfly_MariaAgresta_phGiorgioAndreuccettiTORRE DEL LAGO (LU) - Madama Butterfly di Giacomo Puccini è il quarto titolo a susseguirsi sul palcoscenico del Festival Puccini di quest’anno. Per la sua 71ª edizione, la rassegna ha affidato la regia a Manu Lalli, che propone una lettura capace di andare oltre la mera rappresentazione scenica, trasformando il linguaggio visivo e simbolico in un elemento
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Opera dal Centro-Nord
La bohčme disegnata da Scola
servizio di Simone Tomei FREE

20250808_TorreDelLago_00_LaBoheme_CarloRaffaelli_phGiorgioAndreuccetti.JPGTORRE DEL LAGO (LU) - Tra i capolavori pucciniani La Bohème occupa un posto di privilegio per la sua capacità di fondere realismo e poesia, leggerezza giovanile e dramma struggente. Dal debutto del 1º febbraio 1896 al Teatro Regio di Torino, sotto la bacchetta di un giovane Arturo Toscanini, questo dramma lirico in quattro quadri - tratto dalle
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Jazz Pop Rock Etno
Ferrara Film Orchestra e la bacchetta di Ambra
servizio di Athos Tromboni FREE

20250803_00_GiardinoPerTutti_FerraraFilmOrchestra_CristinaColettiFERRARA - La prima serata della rassegna Giardino per tutti organizzata ai piedi del grattacielo dal Comune di Ferrara con la collaborazione del Teatro Comunale "Claudio Abbado", dentro il Parco Coletta, ha fatto l'en-plein. Era in pedana la Ferrara Film Orchestra capitanata dalla bacchetta di Ambra Bianchi
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Opera dal Centro-Nord
Buratto bel debutto in Tosca
servizio di Simone Tomei FREE

20250802_TorreDelLago_00_Tosca_EleonoraBuratto_phGiorgioAndreuccettiTORRE DEL LAGO PUCCINI (LU) - Nel terzo fine settimana del 71° Festival Puccini di Torre del Lago, la seconda recita di Tosca ha riproposto uno degli allestimenti più attesi di questa edizione. La produzione, firmata da Alfonso Signorini in veste di regista e costumista, si è presentata con una veste visiva marcatamente simbolica, ricca di richiami
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Opera dal Nord-Est
Nabucco Carmen La traviata
servizio di Angela Bosetto FREE

20250731_Vr_00_Nabucco_StefanoPodaVERONA – Anna Netrebko, Anita Rachvelishvili e Rosa Feola, ovvero Abigaille, Carmen e Violetta Valéry. Sono loro le tre grazie musicali che, dal 17 al 19 luglio 2025, hanno acceso l’Arena, rendendo ciascuna rappresentazione meritevole di grande interesse in virtù della propria peculiarità. Per il soprano russo si trattava del debutto italiano come figlia
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Jazz Pop Rock Etno
Verdi e il jazz un dialogo
servizio di Simone Tomei FREE

20250727_Fabbiano_00_ValtidoneFestival_AlessandroBertozziFABBIANO, Borgonovo Val Tidone (PC) - Nella serata di sabato 26 luglio 2025, un angolo a me ancora misconosciuto della Val Tidone, la suggestiva piazzetta di Fabbiano, frazione di Borgonovo Val Tidone, si è trasformato in un crocevia di sublime audacia musicale. Il Valtidone Festival, giunto alla sua 27ª edizione e promosso dalla
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Opera dal Centro-Nord
Ecco la Bohčme che ti aspetti
servizio di Athos Tromboni FREE

20250720_TorreDelLago_00_LaBoheme_PierGiorgioMorandi_phGiorgioAndreuccettiTORRE DEL LAGO PUCCINI (LU) - Un po' meno pubblico per La bohème rispetto alla Tosca della sera precedente, nel Gran Teatro all'aperto sul Lago di Massaciuccoli. Comunque una buona presenza (diciamo a spanne, oltre 2 mila spettatori?) per un ritorno, quello della regia "cinematografica" di Ettore Scola del 2014 ripresa da
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Opera dal Centro-Nord
Un magico Elisir
servizio di Simone Tomei FREE

20250716_Fi_00_LElisirDAmore_AntonioMandrrillo_phMicheleMonastaFIRENZE - L'elisir d'amore di Gaetano Donizetti è un capolavoro senza tempo che, a quasi due secoli dalla sua prima rappresentazione, continua a incantare e commuovere. Definito "melodramma giocoso", fonde mirabilmente la profondità patetica con l'arguzia dell'opera buffa italiana, creando una "commedia agrodolce" capace di strappare
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Echi dal Territorio
79 anni di emozioni
redatto da Athos Tromboni FREE

20250715_Spoleto_00_Stagione2025_AntonioAgostini_phRomboniDalleLucheSPOLETO (PG) - Partirà il 7 agosto 2025 per concludersi il 24 settembre la nuova Stagione lirica del Teatro Lirico Sperimentale "A. Belli" giunta al lodevole traguardo della 79.ma edizione. Gli spettacoli, oltre che nella città spoletina, andranno in scena anche nei principali teatri dell'Umbria: «79 anni di emozioni, una stagione da vivere!» è lo slogan
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