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Prodotti dal Teatro Regio di Parma l'atteso Gala Verdiano e poi il Macbeth in scena con successo |
Appunti dal Festival Verdi |
servizi di Angela Bosetto e Nicola Barsanti |
Pubblicato il 17 Ottobre 2024 |
PARMA - Era il 10 ottobre 1813 quando, alle Roncole di Busseto, Luigia Uttini diede alla luce Giuseppe Fortunino Francesco Verdi, colui che, citando Gabriele D’Annunzio, avrebbe dato voce alla speranza e ai lutti, pianto e amato per tutti. Tradizione vuole dunque che, nell’ambito del Festival Verdi di Parma e Busseto, il decimo giorno del decimo mese dell’anno sia dedicato alla celebrazione del compleanno del Maestro. Ma la simbologia del numero dieci non si ferma qui, visto che nella cronologia operistica verdiana corrisponde a Macbeth, proposto quest’anno nella rara versione francese del 1865. Per riascoltare il “Macbetto” in lingua italiana, invece, basterà aspettare il Festival 2025, dedicato al legame fra Verdi e Shakespeare e articolato sui tre titoli tratti dal Bardo, ossia Otello, Macbeth (edizione 1847) e Falstaff.
GALA VERDIANO – 10 ottobre 2024 servizio di Angela Bosetto Potere e Politica. Sono questi i temi su cui è stato costruito il Festival Verdi 2024: due ambiti di stringente attualità sul piano sociale e culturale che, a maggior ragione, divengono il fulcro del Gala che celebra il 211° compleanno del Cigno di Busseto. Non a caso, i titoli a cui il programma attinge sono I vespri siciliani (di cui viene proposta l’Ouverture), Ernani (con l’esecuzione del terzo atto, ovvero “La clemenza”), Simon Boccanegra (del quale si è scelto il finale Atto I) e Don Carlo, che conclude il concerto con l’Autodafé che segna anche la fine del terzo atto. Sul podio Francesco Lanzillotta che, (dopo l’applaudito debutto avvenuto lo scorso anno con I Lombardi alla prima crociata), torna a guidare l’Orchestra Filarmonica Toscanini in una felice serata che conferma quali siano i due poli del suo approccio alla concertazione verdiana: rigore e passione. Stakanovista del Festival 2024 (che lo ha ingaggiato sia come Macduff in Macbeth, sia come Foresto in Attila), Luciano Ganci non ha alcuna esitazione nel mettere il proprio timbro solare al servizio del bandito Ernani (nobilmente fiero l’attacco di "Io son conte, duca sono"), di Gabriele Adorno e di Don Carlo, esibendo quello smalto e quella lucentezza che esaltano l’idealismo romantico dei suddetti personaggi tenorili verdiani. Già allieva dell’Accademia Verdiana, Alessia Panza si impone per registro acuto, volume sopranile e ricchezza di armonici, delineando con cura Elvira ed Elisabetta di Valois, ma trovando il proprio apice interpretativo nel racconto di Amelia ("Nell’ora soave che all’estasi invita"). Impegnato anche nel ruolo di Attila a Fidenza, il basso Giorgi Manoshvili sfoggia una vocalità di bel colore e un accento di tutto rispetto, uniti a un carisma che, a dispetto della giovane età, lo rende credibile nei panni dei vecchi Silva e Jacopo Fiesco, nonché di Re Filippo II. In omaggio alla predilezione che Verdi riservava ai baritoni, sono ben tre gli artisti che si alternano nei ruoli principali riservati a questo tipo di vocalità: il misurato Vladimir Stoyanov (un Carlo V altero e malinconico, specialmente nell’aria "Oh de’ verd’anni miei"), il mattatore Luca Salsi (festeggiatissimo dal pubblico parmigiano, che ripaga con un magistrale Simon Boccanegra) e il promettente Lodovico Filippo Ravizza, chiamato a coprire gli interventi di Rodrigo nell’Autodafé.

Eugenio Maria Degiacomi si disimpegna onorevolmente come Jago e Paolo Albiani, affiancato dal Don Riccardo di Cristiano Olivieri e dal Pietro di Rocco Cavalluzzi. Positivi anche i contributi dell’Araldo di Anzor Pilia e della Voce dal cielo di Fan Zhou. A dispetto della posizione sul palco, nessuno può mettere in secondo piano l’amatissimo Coro del Teatro Regio di Parma (ottimamente preparato dal M° Martino Faggiani), che diviene protagonista grazie al celebre inno patriottico "Si ridesti il Leon di Castiglia" e al doppio coro dell’Autodafé ("«Spuntato ecco il dì d’esultanza" e "Il dì spuntò, dì del terrore"). Applausi torrenziali, tante richieste (purtroppo non esaudite) di bis e una certezza: di Giuseppe Verdi non se ne ha mai abbastanza.
MACBETH (Versione francese 1865) – 13 ottobre 2024 servizio di Angela Bosetto e Nicola Barsanti Dopo essere stata eseguita a Parma in forma di concerto nel settembre 2020 (protagonisti Ludovic Tezier e Silvia Dalla Benetta), la versione francese di Macbeth si guadagna la prima ripresa scenica in tempi moderni. Un’operazione decisamente interessante se si considera che, nella traduzione di Charles Louis Étienne Nuitter e Alexandre Beaumont, il libretto di Francesco Maria Piave perde parzialmente la propria dimensione viscerale e atavica in favore di una lettura cerebrale e politica. Più che ricreare passo per passo le intuizioni formidabili dell’opera verdiana, ai librettisti d’oltralpe interessa trasportare la tragedia di William Shakespeare all’interno della propria dimensione culturale e linguistica, complici un suono diverso e, a livello consonantico, più morbido. Se, invece, si vuole semplificare al massimo, oltre al leggero (e necessario) cambio di metrica, le modifiche che saltano subito all’occhio (e all’orecchio) sono due: l’inserimento del lungo ballabile all’interno del terzo atto e l’eliminazione del legame fra Lady Macbeth e il sovrannaturale.



Curiosamente, però, la regia di Pierre Audi mantiene la lettura della “strega suprema” (cit. Goethe), rendendo la consorte dell’usurpatore parte integrante del sabba e moltiplicandone la figura in tre streghe danzanti, le cui movenze (coreografate da Pim Vuelings) richiamano il rapporto turbolento con il marito e alla passata gravidanza (a cui il Bardo riserva l’enigmatica frase “Ho allattato e so quanto è tenero il bimbo che succhia”). Al netto di alcuni didascalismi (dalle sedie rotanti che alludono al “gioco del trono” all’uso del metateatro per rimarcare il fatto che “la vita non è che un’ombra che cammina, un povero attore che si pavoneggia e si agita su un palcoscenico per il tempo a lui assegnato”) e qualche insensatezza (tipo la presenza di Macbeth durante la cavatina della sua sposa, la bara che esce dalle stanze del Re già pronta per il funerale o l’inventata prigionia con tortura di Banquo e figlio), l’allestimento scorre nel segno di un cupo simbolismo, combinando le scene asettiche e geometriche di Michele Taborelli con i costumi atemporali di Robby Duiveman (che mescolano liberamente Ottocento e Novecento). Nella costruzione dell’atmosfera, giocano un ruolo cruciale sia le luci espressioniste di Jean Kalman e Marco Filibeck, sia la fisicità dei due protagonisti, che si rivela particolarmente azzeccata dal punto di vista dell’interazione scenica. Da una parte, abbiamo il roccioso e terreno Macbeth di Ernesto Petti, il cui vigore timbrico e la misura interpretativa restituiscono l’umano tormento del soldato che trionfa sul campo di battaglia, ma nulla può contro l’insidiosa seduzione del potere e della moglie. Dall’altra si staglia la flessuosa e serpentina Lidia Fridman, dotata di un fascino “alieno” e di una voce tanto florida quanto peculiare, capace di farsi aspra, tagliente e diabolica, quindi perfetta per Lady Macbeth. Grave e autorevole (come è d’uopo) il Banquo di Riccardo Fassi (la cui vicinanza d’età con Petti/Macbeth rende ancora più inaccettabile il tradimento subito), spavaldo e generoso il Macduff di Luciano Ganci (che la regia ammanta di una sottile ambiguità), ben centrato il Malcolm di David Astorga. Completavano il cast Natalia Gavrilan (la Comtesse), Rocco Cavalluzzi (il Medico), Eugenio Maria Deigiacomi (nel triplice ruolo di Servitore, Sicario e Primo spettro), Agata Pelosi e Alice Pellegrini (Secondo e Terzo fantasma). Senza nulla voler togliere ai membri maschili del Coro guidato da Martino Faggiani, diamo a Cesare quel che è di Cesare e alla streghe quello che è loro: bravissime. Come nel Macbeth francese allestito nel 2020, il podio spetta a Roberto Abbado, che proprio grazie all’incisione di quel concerto su disco ha vinto il Premio Speciale della Critica Musicale Franco Abbiati. La sua lettura si impone per la grande eleganza e teatralità, impreziosita dalla raffinatezza di dinamiche e colori. Successo vivissimo per tutti e continue chiamate alla ribalta da parte del pubblico entusiasta.

Crediti fotografici: Roberto Ricci per il Festival Verdi - Teatro Regio di Parma Nella miniatura in alto: un ritratto d'epoca di Giuseppe Verdi (autore anonimo) Sotto: il maestro Francesco Lanzillotta che ha diretto il Gala Verdiano e foto d'assieme solisti, orchestra, coro Al centro in sequenza: il maestro Roberto Abbado che ha diretto il Macbeth versione 1865; Lidia Fridman (Lady Macbeth) ed Ernesto Petti (Macbeth); panoramica su un assieme In fondo: altre panoramiche su due assiemi del Macbeth 1865 dato a Parma
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Rigoletto non solo per il teatro
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TORINO - Che cosa caratterizza una società inclusiva rispetto ad una società repressiva? La risposta la troviamo nel Costituzione della Repubblica Italiana. I padri fondatori della repubblica, dopo la vittoria della democrazia sul fascismo e nello spirito della volontà maggioritaria del popolo italiano che scelse la Repubblica al posto della Monarchia, quella volontà inclusiva la codificarono in un preciso mandato costituzionale: ogni essere umano che sia carcerato in Italia ha diritto ad un percorso di recupero rispetto alle vicende delittuose che lo hanno portato a delinquere e ad essere giudicato e condannato. È un principio costituzionale che questa testata giornalistica e tutti i collaboratori che la fanno vivere condividono senza se e senza ma. Per questo noi plaudiamo alla scelta del Teatro Regio di Torino e del suo management di agire nello spirito della Costituzione della Repubblica Italiana con l'iniziativa di cui parliamo qui: per la prima volta, il Teatro Regio di Torino va in scena all'interno di un penitenziario
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BOLOGNA - Presentato oggi nelle sale più bohèmienne che rustiche della Birreria Popolare della città felsinea il programma divulgativo di Bologna Festival, titolare anche del prestigioso calendario che va sotto il nome «Libera la musica» (i concerti di questa sezione del Festival fanno perno sulla presenza di "Grandi interpreti" che per il 2025 vedranno
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VENEZIA - Tornare al Teatro La Fenice per assistere a Il Barbiere di Siviglia di Gioachino Rossini in un’atmosfera gioiosa come solo il Carnevale di Venezia sa offrire, è un’emozione unica. Il pubblico, avvolto dalla magia della festa, accoglie con entusiasmo questa produzione che si conferma ancora una volta un successo. La regia tradizionale di
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L'orgiastico Rigoletto secondo Livermore
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FIRENZE - Il Rigoletto messo in scena da Davide Livermore al Teatro del Maggio Musicale Fiorentino prende vita in un contesto scenico marcato da toni goliardici e, in alcuni momenti, quasi orgiastici. Al centro della scena, un letto monumentale diventa il fulcro attorno al quale si muove il Duca di Mantova, circondato da donne seminude che lo venerano,
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GENOVA - Uno spettacolo che coniuga eleganza e incisività visiva, nitidezza narrativa e varietà stilistica: Andrea Chénier di Umberto Giordano al Teatro Carlo Felice si conferma un trionfo senza riserve. La regia di Pier Francesco Maestrini, già apprezzata nei prestigiosi allestimenti di Bologna e Monte-Carlo, si distingue per la sua fedeltà alla
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Giselle comme ci comme įa
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GENOVA - Continua a riscuotere un grande successo di pubblico la stagione operistica del Teatro Carlo Felice con il quarto titolo in cartellone che rappresenta uno dei capolavori assoluti del repertorio lirico, nonché l’opera più rappresentata al mondo: La Traviata di Giuseppe Verdi. Inserire Traviata in stagione si è rivelata una
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LUCCA - Al Teatro del Giglio "Giacomo Puccini" è andato in scena il capolavoro di Umberto Giordano Andrea Chénier un dramma che intreccia amore, ideali e morte. Ambientata nella Parigi rivoluzionaria tra il 1789 e gli anni del Terrore, l’opera racconta la struggente storia d’amore tra Maddalena di Coigny, una giovane aristocratica caduta in disgrazia
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Saccon Genot Slavėk una meraviglia
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Spotti tra Mendelssohn e Chajkovskij
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FIRENZE - La Sala Zubin Mehta ospita un concerto sinfonico di grande impatto emotivo e musicale, con il Coro e l’Orchestra del Maggio Musicale Fiorentino diretti dal M° Michele Spotti. Il programma accosta due opere di forte suggestione narrativa: Die erste Walpurgisnacht (ossia La notte di Walpurga) di Felix Mendelssohn Bartholdy e la Sinfonia n. 5
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MACERATA - Scambio di auguri e presentazione del nuovo management ieri mattina, lunedì 23 dicembre, nella Gran Sala Cesanelli dello Sferisterio a Macerata: il sindaco e presidente dell'Associazione, Sandro Parcaroli, ha accolto ufficialmente la nuova sovrintendente Lucia Chiatti e il nuovo direttore artistico Marco Vinco scelti per guidare
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