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La seconda cantica della Divina Commedia di Dante animata da Martinelli e dalla Montanari

Il Purgatorio dentro la cittā

servizio di Attilia Tartagni

Pubblicato il 09 Luglio 2019

190709_Ra_00_DivinaCommedia-Purgatorio_GianniPlazzi_phSilviaLelliRAVENNA - Partecipare alla Cantica del Purgatorio trasformata in teatro, nel cuore della città che accolse l’esilio di Dante Alighieri, da Marco Martinelli ed Ermanna Montanari, ideatori, registi e guide, è un’esperienza unica in grado di cambiare la percezione della realtà: è la terra di mezzo dove ci si monda dai peccati e si ricomincia, dove si supera il baratro senza fine dell’Inferno del 2017 e già si intravvede la strada che sale al Paradiso, luogo di benessere e di sublime bellezza spirituale dove questa inusuale compagnia teatrale, fatta di attori professionisti (pochi e nei ruoli giusti) e di circa 800 volontari, ci porterà nel 2021, anno delle celebrazioni del 700° anniversario della morte di Dante.
Chi partecipa al “viaggio in Purgatorio” è l’alter ego del pellegrino Dante in un luogo sconosciuto dove si imbatterà in personaggi reali, in quanto contemplati dai versi danteschi, e personaggi fittizi mutuati dall’universo letterario, filosofico, artistico della contemporaneità.
Una folla di figuranti e di attori, fra bambini-angeli, studenti di ogni età (non si smette mai di imparare e il Purgatorio è una scuola di virtù) e cantori, adolescenti, persone mature di ogni età, a cominciare dall’anziano Catone-ex bancario, ora attore a tempo pieno Gianni Plazzi che incontra Ermanna Montanari di fronte alla tomba di Dante. Qui inizia il viaggio in una città oggi irriconoscibile in cui il traffico è scomparso, sostituito da questa folla corposa itinerante che la attraversa a piedi, mescolata al popolo che sventola palme: una città fattasi improvvisamente sonora per le voci cristalline del coro Novello In…canto preparato dalla maestra di canto Elisabetta Agostini nei giardini pensili di Piazza S. Francesco e per un balcone in via Guaccimanni da cui si sprigiona un dolente canto solistico.

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Tante sono le sorprese che attendono i pellegrini alias Dante nella terra di mezzo che porta alla redenzione. C’è un cancello da attraversare posto in via di Roma, fra palazzi che il ravennate ha guardato spesso senza vedere. Con la benedizione dei bambini-angeli di nero vestiti si è introdotti in un luogo alieno, tramutato anche dall’influenza registica, ricavato nella tripla area dei cortili retrostanti il Teatro Rasi, l’Ospizio e l’Istituto Verdi. Parola di chi, come me, è nata a Ravenna e a Ravenna morirà, la sensazione è di navigare in un “altrove” che sta dietro la realtà percepibile da tutti, suggestionati dalla visione di azioni, dalla lettura di versi e dalla pronuncia di parole su cui riflettere.
Il primo sconvolgente incontro è con le donne vittime della violenza maschile, un tema, purtroppo, sempre di attualità. Con Pia Dei Tolomei (Mirella Mastronardi) tante donne uccise da mariti, figli, fratelli piangono la propria sorte con parole create da loro stesse, donne deluse nelle aspettative, umiliate e soppresse da chi hanno amato di più.
Altra tappa saliente è la scuola dove si imparano di nuovo sentimenti dimenticati per orgoglio, per smisurato arrivismo o per smania di potere. Ci sono poi, fra coloro che devono purgarsi, i superbi, gli invidiosi, gli iracondi e gli accidiosi, ci sono coloro che si sono salvati grazie a un pentimento tardivo come Manfredi (Roberto Magnani) e Bonconte di Montefeltro (Massimiliano Rossi) e ci sono gli avari configurati da Papa Adriano V (Alessandro Argnani) e Ugo Capeto (Luigi Dadina).
Alla fine di un percorso che si svela a poco poco, rimanendo tuttavia misterioso, ecco infine l’apertura alla speranza che annuncia la futura ascesa in Paradiso quando quattro adolescenti sfidano i grandi della terra per salvare il pianeta, nostro autentico e unico Paradiso: è il Coro di Matelda-Greta Thunberg, altro richiamo alla contemporaneità.
Questo l’impianto, per somme linee, qualcosa da condividere ogni sera fino al 14 luglio 2019 per gli attori del Teatro delle Albe e per gli 800 che hanno risposto alla chiamata pubblica, qualcosa da vivere una volta sola come scoperta e riflessione per i fruitori di questo teatro implementato da valori storici, spirituali, artistici e  soprattutto civili per il modo stesso in cui si realizza. Non ci sorprende che abbia riscosso tanto successo nella suggestiva cornice di Matera, dove è stato presentato in anteprima.
Per quanto mi riguarda, è la prima esperienza di teatro non subìto passivamente e, se non agito, partecipato, che creativamente interpreta un testo basilare della cultura italiana. Del resto che senso avrebbe avuto rileggere per l’ennesima volta la Divina Commedia, l’hanno già fatto meravigliosamente Albertazzi, Gassmann, Sermonti e Benigni e ci fu anche chi osò disintegrare il testo, come Carmelo Bene dal balcone sindacale in Piazza del Popolo.
Mio padre, che come tanti romagnoli più colti di quelli di oggi, conosceva l’Inferno a memoria e la Commedia a menadito, disgustato, avrebbe tirato giù dal balcone colui che osava trasformare un patrimonio insuperabile di versi e musicalità in una sequenza di singulti e vocalizzi privi di senso.
Qui siamo in un’altra dimensione, che innova e contemporaneamente recupera l’antica sacra rappresentazione medioevale alludendo anche al teatro di massa di Majakovskij in cui la città si trasforma in palcoscenico: così persone e habitat sono ugualmente coinvolte in una allegoria della vita che resta un punto fermo di cultura e di civiltà, a settecento anni dalla sua formulazione.
L’intento di Martinelli, che ha anche pubblicato il libro “Dante – Diventare grandi con la Divina Commedia” editore Ponte delle Grazie, era: «… Misurarci con quella poesia vertiginosa senza tradirla e senza rimanerne schiacciati
La mia opinione è che ci siano riusciti. Questa non è una pedissequa lettura, né tantomeno una fedele trasposizione in azioni teatrali, bensì una nuova creazione in un linguaggio antico rinnovato che porta le due guide Marco Martinelli ed Ermanna Montanari, trasformati a loro volta, verso la destinazione finale del 2021, all’apogeo del Paradiso.

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In questo affascinante percorso, le musiche di Luigi Ceccarelli sono come una colonna sonora resa angosciata e dolente da fragori lancinanti ma anche illuminata da aperture di serenità.
Le eseguono Giacomo Piermatti (contrabbasso), Vincenzo Core (chitarra ed elettronic) e con gli allievi della Scuola di Musica Elettronica e di Percussione del Conservatorio Statale di Musica Ottorino Respighi di Latina, con gli allievi della scuola di Percussione dello stesso conservatorio Statale di Musica Ottorino Respighi di Latina e con la partecipazione di Simone Marzocchi (tromba).
Regia del suono di Marco Olivieri, disegno luci di Fabio Sajiz, direzione tecnica di Enrico Isola e di Fagio, spazio scenico e costumi: allievi dell’Accademia di Belle Arti di Brera Milano, in una coproduzione Ravenna Festival/Teatro Alighieri e Fondazione Matera-Basilicata 2019.

Crediti fotografici: Silvia Lelli per Ravenna Festival
Nella miniatura in alto: l'attore Gianni Plazzi
Sotto: scene dal "Purgatorio" dentro la città






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