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L'opera di Gioachino Rossini ha onorato degnamente il 150° voluto dal Teatro di Pisa |
Mosč in Egitto grande spettacolo |
servizio di Simone Tomei |
Pubblicato il 11 Novembre 2018 |
PISA - “Rossini 150” anche al Teatro Verdi che ha scelto il titolo del Mosè in Egitto per dare il via alla stagione lirica 2018-2019 anche se in realtà un primo abbrivio si era già consumato con l’allestimento di The Beggar’s Opera, ballad-opera di John Gay e Johann Christoph Pepusch. Si celebra dunque anche in riva d’Arno un omaggio al Cigno di Pesaro con uno dei componimenti più affascinanti e densi di pagine di grande afflato e di sopraffina eleganza. L'azione tragico-sacra, Mosè in Egitto, di Rossini andò in scena la prima volta al Teatro San Carlo di Napoli il 5 marzo 1818, con una compagnia di canto che presentava tre fra i più grandi cantanti dell'epoca: Isabella Colbran nella parte di Elcia, Andrea Nozzari in quella di Osiride, e Michele Benedetti in quella di Mosè. Il raffinato pubblico napoletano ammirò l'opera nella sua forma originale, tranne il breve atto finale con la scena del passaggio del Mar Rosso. Sembra che quell'allestimento abbia suscitato ululati di derisione, e neanche la musica di Rossini valse a salvare l'opera dal fiasco. Quasi esattamente un anno più tardi, il 7 marzo 1819, Rossini presentò l'opera davanti allo stesso pubblico, con due cambiamenti: il taglio dell'aria di Amaltea nel secondo atto e la revisione completa del terzo. Con la sua nuova conclusione, che comprendeva la preghiera "Dal tuo stellato soglio", destinata a divenire una delle più popolari composizioni di Rossini, il lavoro venne rappresentato nei teatri di tutt'Europa. Benché sia possibile speculare sui contenuti del terzo atto originale sulla base del libretto stampato nel 1818, nessuna partitura musicale è giunta fino a noi. Nel 1827 Rossini rielaborò nuovamente in modo significativo l'intera opera. Con il titolo Moise et Pharaon ou Le passage de la Mer Rouge (presto divenuto noto semplicemente con il titolo più breve di Moise), il lavoro venne rappresentato con grande successo il 26 marzo 1827 all'Opéra di Parigi. (Tratto da La Magia dell’opera). Possiamo dunque parlare del Mosè al plurale in quanto ha conosciuto almeno quattro differenti stesure, ovvero: Mosè in Egitto, azione tragico-sacra in tre atti su libretto di Andrea Leone Tottola, andata in scena nel Real Teatro San Carlo di Napoli il 5 marzo 1818; Mosè in Egitto, azione tragico-sacra in tre atti su libretto di Andrea Leone Tottola, andata in scena nel Real Teatro San Carlo di Napoli il 7 marzo 1819; Moïse et Pharaon, opéra en quatre actes su libretto di Luigi Balocchi e Etienne de Jouy, andata in scena a Parigi, al Teatro dell’Accademia Reale di Musica, il 26 marzo 1827; Mosè, melodramma sacro in quattro atti su libretto di Luigi Balocchi e Etienne de Jouy tradotto in italiano da Calisto Bassi, andato in scena al Teatro San Carlo di Napoli il 23 marzo 1829. Il Teatro pisano ha messo in scena il componimento rossiniano avvalendosi della regia di Lorenzo Maria Mucci assistito da Marika Petrizzelli con scene e costumi di Josè Yaque con Valentina Bressan e disegno luci di Michele Della Mea; semplice, lineare, chiara e nitida la messinscena che non ha goduto probabilmente di notevoli sforzi finanziari in quanto votata alla semplicità e al minimalismo; a volte è importante saper fare anche con poco e le intenzioni registiche si sono ben innestate in questa realizzazione piuttosto laconica, ma al tempo stesso illuminante e didascalica al punto giusto per rendere omaggio al libretto di Andrea Leone Tottola. Semplici e calmi i movimenti scenici che alternano la presenza dei solisti, del coro e delle comparse sulla scena; i personaggi sono ben distinti da un punto di vista dei costumi per la loro qualificazione tra oppressi ed oppressori, debitamente eleganti e signorili quelli faraonici a contrasto con l’umiltà e la povertà di quelli ebrei. Un quadro quasi fiammingo con uso sapiente delle luci che hanno restituito con dovizia di emozioni i vari numeri dell’opera.
Un cast eterogeneo con punte di eccellenza, intense maturazioni, tanta buona volontà e per finire una discreta dose di incoscienza per affrontare taluni ruoli, ma proseguiamo nell’ordine che ho indicato. Senza dubbio Silvia Della Benetta nel ruolo di Amaltea è stata la migliore della serata, dimostrando di essere una cantante che sta eccellendo in virtù di una solida vocalità che si estrinseca grazie a precisa intonazione, capacità di gestione del fiato e quindi del suono e una saggia musicalità; non ha perso un colpo per dimostrare la bravura nei veementi accenti come nelle note più suadenti. In netta ascesa anche Alessandro Abis nel ruolo del Faraone; ho sentito tempo fa questo giovane interprete e ne sono rimasto affascinato sia per il gusto sopraffino nel canto sia per l’intensità ed il timbro che virano verso un segno più che positivo; ritengo che il ruolo del Faraone sia impervio non solo per l’aria lunga ed estenuante, ma per tutta la ieraticità del personaggio che non concede mai tregua: proprio per questo ho notato in quella serata pisana un pochino di “acerbità” vocale che nulla toglie alla bravura e alla professionalità dell’artista, ma viste le potenzialità avrei preferito vedere affrontato questo ruolo fra qualche anno con un pizzico di maggior consapevolezza. Nulla da dire su correttezza musicale, ma forse è mancato proprio quel quid in più richiesto per cotanta impegnativa musica. Interessante e colmo di potenzialità anche Matteo Roma nei panni del fedele Aronne; la sua voce libra nell’aria con facilità e la gestione delle dinamiche è sempre precisa e densa di sfumature.
Andando sulla scia della buona volontà non posso dire di non aver apprezzato l’impegno di Ruzil Gatin nel ruolo di Osiride che non ha mancato di far emergere la sua vocalità che gode di uno squillo davvero argenteo ed un timbro gradevole e sincero; anche qui la pecca più grande si può riscontrare nell’immaturità musicale che rende l’esecuzione corretta da un punto di vista prettamente musicale, ma difetta di un riscontro interpretativo profondo e introiettato. Idem per l’Elcia di Natalia Gavrilan le cui note ben curate nell’emissione e nella dizione si sono spesso rivelate ben cantate, ma poco partecipate. Note del tutto negative per il title rôle impersonato dal basso Federico Sacchi; purtroppo la vocalità che ci ha regalato non è stata per niente adatta a disegnare un personaggio tanto ieratico quanto elegiaco; il suono è costantemente indiretto e ingoiato e non trova mai la via di fuga per restituire note e colori verso la platea; l’interpretazione è sovente faticosa e vanifica ogni riga musicale che perde di forma e di sostanza con palesi mende ritmiche e di intonazione; purtroppo una scelta sbagliata che come dicevo poc’anzi vira verso l’incoscienza. Completavano degnamente il cast un bravo Marco Mustaro nel ruolo dell’infido Mambre e l’Amenofi di Ilaria Ribezzi si è rivelata un’ottima componente vocale e scenica.
Bella prestazione anche del Coro Ars Lyrica diretto dal M° Marco Bargagna che ha dimostrato grande preparazione ed ottima amalgama vocale suscitando intense emozioni nella pagina conclusiva del terzo atto Dal tuo stellato soglio. La bacchetta del M° Francesco Pasqualetti alla guida dell’Orchestra della Toscana è stata molto attenta a trovare la quadra orchestrale e un po’ meno accorta con il palcoscenico lasciando talvolta gli interpreti nell’incertezza dell’attacco; qualche scollatura non è mancata, ma questa volta, rispetto ad altri ascolti, vi è stata meno irruenza e più controllo delle dinamiche sì da non sopraffare costantemente il palcoscenico. Un teatro degnamente riempito ha fatto da cornice ad una serata in cui il vero protagonista è stato proprio il grande Gioachino Rossini che… seppur nato per l’opera buffa…, come egli dice, ha composto grandi pagine che non possiamo definire semplicemente serie, ma bensì “divine”. (La recensione si riferisce alla recita di venerdì 9 novembre 2018).
Crediti fotografici: Imaginarium Creative Studio per il Teatro di Pisa Nella miniatura in alto: il direttore Francesco Pasqualetti Sotto in sequenza: Silvia Della Benetta (Amaltea) e Alessandro Abis (Faraone); Natalia Gavrilan (Elcia), Ilaria Ribezzi (Amenofi), Federico Sacchi (Mosè) Al centro: Marco Mustaro (Mambre), ancora Abis (Faraone), Ruzil Gatin (Osiride) In fondo: ancora Sacchi (Mosè) con Matteo Roma (Aronne)
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