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L'opera di Verdi in forma di concerto ha svelato le proprie bellezze musicali grazie al direttore

Luisa Miller ricamata da Benini

servizio di Simone Tomei

Pubblicato il 17 Dicembre 2018

181217_MonteCarlo_00_AleksandraKurzak_phAlainHanelMONTE-CARLO - Ho sempre creduto che Luisa Miller sia uno dei titoli più belli di Giuseppe Verdi:  Kabale und Liebe di Friedrich von Schiller è il tema su cui Salvatore Cammarano elabora il libretto per il Cigno di Busseto che sarà rappresentato la prima volta al Teatro San Carlo di Napoli l’8 dicembre 1849. E io ritengo che la Luisa Miller sia davvero poco rappresentata, in proporzione alla grandiosità dello spartito. Nella mia storia di frequentatore di Teatro ne ricordo una visione all’età di venti anni e dopo diversi lustri ho potuto riassaporarne le emozioni vivide nella riproposizione in versione da concerto all’Auditorium Ranieri III,  sabato 15 dicembre 2018 quale secondo titolo della stagione dell’Opèra di Monte-Carlo; titolo che approda per la prima volta in terra monegasca.
Un’esecuzione dal punto di vista musicale di grande pregio che ha visto come elemento di spicco il M° Maurizio Benini a capo dell’Orchestra Filarmonica di Monte-Carlo; la sua direzione è stata pressoché perfetta - anche se la perfezione per taluni è qualcosa di astratto o addirittura soprannaturale - e ne è prova l’aver saputo trovare in ogni pagina i colori ed i sapori che ogni strumento può emettere con sopraffina emozione; ogni professore pennellava il quadro tirolese con sentimento e passione ed ogni gesto del concertatore era accolto con un senso di rispetto certosino quasi a volersi fondere con esso. Il M° Benini non solo ha reso viva la drammaturgia, ma dove non c’erano i grandi quadri d’assieme ha fatto scorrere la narrazione con una tale fluidità da rendere assolutamente godibile l’evolversi della storia, pur senza l’aiuto della scena. È stato come leggere un libro tutto d’un fiato riuscendo a cogliere in ogni frase quel senso profondo che dramma e musica hanno fuso in queste meravigliose pagine.
Nel ruolo del titolo Aleksandra Kurzak non è andata oltre una prova appena sufficiente; se nulla si può dire quanto ad intonazione e precisione musicale, quello che è mancato nella sua interpretazione è stata proprio  l’interpretazione stessa; nota dopo nota, riga dopo riga, il suo canto si è immolato sulla scelta di una precisione metronomica e nulla più; diventando orfano di passione, introiezione e sentimento; notevoli pure le difficoltà nell’affrontare le numerose agilità cui ha sopperito una direzione tendenzialmente incline ad assecondare queste mende vocali; se il centro  della voce risulta piuttosto corposo e sonoro in acuto, esso perde corpo e si assottiglia con un’emissione piuttosto fissa e povera di armonici.
Note poco positive anche per Roberto Alagna quale interprete del ruolo di Rodolfo; è palese che il personaggio non sia assolutamente adatto alla sua corda, per lo meno in questo momento; senza dubbio come ho avuto modo di esprimermi in altri contesti, la voce è baciata dal divino per quanto concerne bellezza di timbro, ma questa volta non è stato sufficiente. Ha giocato tutto il primo atto in difesa risparmiandosi e non trovando mai il coraggio di entrare appieno nel ruolo; nel concertato finale quasi non ha cantato cercando di mantenere le forze per l’impervio secondo atto; l’aria Quando le sere al placido è stata eseguita con eleganza e stile in cui l’ottimo legato ha saputo restituire quel sentimento profondo e intenso di cui il testo trasuda, ma la cabaletta è stata poi nota dolente e si è conclusa in notevole affanno; non meglio il terzo atto dove nel lungo duetto finale non si è mai notata una serenità ed una libertà interpretativa come avevo notato in altri contesti; il tutto si è concluso con un acuto finale strozzato e forzato che ha definitivamente decretato una serata - o un ruolo - decisamente fuori dalle sue potenzialità.
Afflati positivi arrivano dalla terna delle voci maschili più gravi.

181217_MonteCarlo_01_facebook_phAlainHanel

Senza ombra di dubbio il vero vincitore vocale del concerto è stato Artur Rucinski nel ruolo del padre Miller, credo fermamente che sia uno dei migliori baritoni al mondo in questo momento e la sua interpretazione ne è stata prova. Il suo canto brilla in fierezza, sicurezza, musicalità, eleganza, stile, personalità ed ogni frase, ogni parola trova la sua collocazione idonea per elargire un suono nitido, perfettamente a fuoco e screziato di mille sfumature; la sua aria del primo atto Sacra la scelta è di un consorte… ah! fu giusto il mio sospetto, ed in genere tutto il suo impegno canoro sono stati come la visione di una mostra pittorica in cui ogni nota ha dato colore ad una tela ed ogni frase diventava un quadro a sé stante che sempre più emozionalmente hanno riempito tutte le pareti della galleria conducendo ed immergendo il pubblico nell’intreccio tra parole e musica del melodramma.
Vitalij Kowaliov è stato un egregio Conte di Walter arrivato all’ultimo in sostituzione del previsto Adrian Sâmpetrean indisposto per malattia; la voce è roboante e rotonda e gode di ottima proiezione per saper tradurre in musica un ruolo tanto elegiaco quanto altero; Il mio sangue, la vita darei, aria che introduce il suo ingresso sulla scena è stata eseguita con molteplici colori che hanno delineato le intenzioni che scaturiscono dallo stato d’animo generato da un figlio che non vuol seguire i suoi voleri.
La figura più meschina e torbida dell’opera è quella di Wurm, Castellano di Walter, che ha trovato voce per mezzo del basso In-Sung Sim; la sua vocalità gode di spazi luminosi nella zona più acuta del rigo musicale e fa trovare altresì grande apprezzamento nei suoi topici momenti tra cui ricordo con piacere il duetto con Luisa e subito dopo quello con il Conte di Walter da cui emerge grande preparazione musicale e perfetta padronanza del ruolo.
A completamento del cast Ekaterina Sergueïeva nel ruolo di Federica con una solida vocalità contraltile ancorché fortemente votata ad un canto d’affondo e poco chiaro nella pronuncia; Antonella Colaianni nei panni di Laura elegante nello stile e nel fraseggio con una sicura emissione; Vincenzo Di Nocera interpretava Un Contadino con nitido e brillante squillo.
Grande elemento di cesello in una partitura così variegata e sfaccettata è stato il Coro dell’Opéra di Monte-Carlo, a cui si sono aggiunti gli allievi della FIPAC-Monaco, diretto e preparato dal M° Stefano Visconti; sempre ben calibrato negli interventi ha messo in campo una tempra verace e vivace nella grande pagina di apertura e nel finale primo per poi sapersi modulare con maestria negli altri interventi che hanno evidenziato la bravura di tutte le sezioni dell’ensemble musicale che gode di grande coesione ed amalgama vocali.
Un Auditorium non esaurito, ma decisamente affollato, ha reso omaggio agli interpreti votando il suo massimo “contento” all’indirizzo del baritono Artur Rucinski e del M° Maurizio Benini.

Crediti fotografici: Alain Hanel per il Teatro dell'Opéra di Monte-Carlo
Mella miniatura in alto: la protagonista Aleksandra Kurzak
Sotto: i saluti finali al termine dell'opera-concerto






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