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Applaudita produzione della celebre opera di Umberto Giordano ottimamente diretta da Carminati

Chénier lo spirito dell'Umanitā

servizio di Rossana Poletti

Pubblicato il 19 Maggio 2019

190520_Ts_00_AndreaChenier_KristianBenedikt TRIESTE - Teatro Verdi. Va in scena in questi giorni e fino al 26 maggio 2019 al Teatro Verdi di Trieste l’Andrea Chénier di Umberto Giordano. «Questo titolo viene definito generalmente come una grande storia d’amore. Nella mia visione la ricerca della libertà e della conoscenza unita alla forza della parola daranno come risultato amori e amicizie senza fine». Queste sono le parole con cui la regista, Sarah Schinasi, illustra in sintesi la sua personale interpretazione dell’opera. Nella realtà Giordano e Luigi Illica, che scrisse il libretto, traendolo dalla biografia del poeta francese Andrea Chénier, pongono la loro attenzione sulla povertà, sull’ingiustizia, temi cari al Verismo, genere letterario e musicale che domina la scena di fine Ottocento. L’opera punta i riflettori sulle tante luci ed ombre della Rivoluzione francese. Lo fa raccontando una struggente storia d’amore e morte. Meridionale come il verista Verga, Umberto Giordano è colpito dai tanti lati oscuri che fanno ombra ad un movimento che pose fine al dominio di una nobiltà fiacca, improduttiva e parassita, dapprima in Francia per poi diffondersi universalmente.
Se nella rivoluzione, sotto il segno dell’Illuminismo, “Liberté, Égalité, Fraternité” sono i principi che ispirano ad un profondo cambiamento sociale, il potere e la sua gestione diventano infatti con Robespierre il regime del terrore: il vedere cioè nemici e oppositori ovunque, la cui eliminazione si fa ossessione fanatica.

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Nella prima scena dell’opera si raccontano le ingiustizie che indussero il popolo alla rivolta. L’interno è quello di una casa nobiliare, si riceve in uno stucchevole rituale di danze, salamelecchi ed inchini. Gérard è il figlio di un servitore anziano, che alle soglie della morte è costretto a lavorare. Si definisce con furore “progenie di servi”; la padrona di casa, la Contessa di Coigny, fa un’affermazione assai rivelatrice di un’ottusa mentalità, che non contribuì a salvare la sua stirpe dalla ghigliottina. Afferma la donna «Ah quel Gérard! L’ha rovinato il leggere! Credetemi. Fu l’Enciclopedia! Ed io che tutti i giorni facevo l’elemosina…», la frase è la conseguenza dell’irruzione in casa di un gruppuscolo di affamati.
«E’ sua Grandezza la Misera» aveva detto Gérard con soddisfazione. Ritroviamo poi il servitore, fattosi cittadino, nel bel mezzo della rivoluzione ormai conclusa, a colloquio con una delle tante spie che osservano i traditori del popolo, coloro che, appartenendo a fazioni diverse della rivoluzione, sono considerati una minaccia per il nuovo ordine statale, e i nobili che si sono salvati, magari cambiando identità e mescolandosi tra la folla. E’ questo il caso di Maddalena, figlia della Contessa di Coigny, salvatasi dal rogo della sua casa, aiutata dalla fedele Bersi, che si prostituirà per far sopravvivere entrambe. Maddalena incontra Chénier, si innamorano perdutamente, purtroppo però quest’ultimo è caduto in disgrazia, Robespierre lo vuole morto.
Gérard è anch’egli da sempre preso dalla donna, da quando crebbero assieme nella casa, ora può averla e questo lo porterà a duellare con il poeta. Ferito, non lo tradirà, chiedendogli di salvare la giovane. Una denuncia successiva al tribunale del popolo farà arrestare Chénier e a quel punto non ci sarà più nulla da fare. Maddalena sceglierà di sostituirsi segretamente ad una nobile mandata a morte pur di restare con il suo amato.
«Questo capolavoro - ha dichiarato il maestro Fabrizio Maria Carminati - incarna lo spirito dei più alti ideali dell’Umanità, posti in musica dalla grande esperienza musical teatrale di Umberto Giordano. Ho sempre correlato la raffinatezza musicale dell'Andrea Chénier all’emozionante visione dei quadri di Bruegel dove la visione dei minimi dettagli è al centro dell’attenzione con un’ininterrotta continuità. L’elenco dei molteplici personaggi della trama dell’opera - ha concluso Carminati - evidenzia un preciso spaccato della società del tempo in cui è ambientata la vicenda. La Rivoluzione Francese, madre dei più eclatanti sconvolgimenti storici Europei, è delineata dai due fratelli d’arte, Giordano e Illica, con una giustezza e perfezione molto rare.»
La musica di Giordano è “un fiume in piena”, così la definisce Carminati, che dirige egregiamente l’orchestra attraverso la partitura diversamente piena di colori e ombre, in sintonia con la narrazione.
Vero protagonista in scena è Gérard, interpretato da Devid Cecconi, che suscita un entusiasmo colmo di applausi da parte del pubblico. Il personaggio di Carlo Gérard è ispirato al rivoluzionario Jean-Lambert Tallien, divenuto al tempo ministro delle finanze; incarna i sentimenti dell’intera opera, il bene e il male, l’amore ma anche la spietatezza con cui, denunciandolo, condannerà a morte il poeta. Dotato di una naturale vena poetica nella voce il baritono toscano affronta con disinvoltura e potenza, con forza e sofferenza il suo monologo del terzo quadro, Nemico della patria?!, nel quale racconta di essere rimasto un servo, del nobile padrone prima e di una rivoluzione ora, per la quale ha smarrito il “sognato destino”.
Il Chénier del tenore Kristian Benedikt è apprezzabile soprattutto nel primo quadro, la sua voce esprime la giusta passione per un ruolo che racconta di ideali, di arte, di un grande amore e della sua conclusione tragica.
Il terzo personaggio è Maddalena, che il soprano Svetla Vassileva interpreta con proprietà sia nella parte della nobile civettuola, sia in quella successiva della fuggitiva donna innamorata.

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Tutti i protagonisti “minori” dell’opera si rivelano capaci di rendere vocalmente e scenicamente il personaggio rappresentato: dalla Madelon di Isabel De Paoli alla Contessa di Coigny di Anna Evtekhova, e poi ancora  Albane Carrère (La mulatta Bersi), Francesco Musinu (Roucher), Saverio Pugliese (Un Incredibile e L’abate poeta), Gianni Giuga (Pietro Fléville e Il sanculotto Mathieu), Giuliano Pelizon (Schmidt e ll Maestro di casa), Giovanni Palumbo (Fouquier Tinville) e Francesco Paccorini (Dumas).
Le scene di William Orlandi raccontano di un’architettura neoclassica che si muove per dar spazio agli ambienti diversi dei quattro quadri. I cambi scena rallentano musica ed azione, ma sembrano inevitabili.
Sfarzosi i costumi del primo quadro di Jesus Ruiz, raccontano di una nobiltà che non bada a spese, mentre il popolo straccione fa la fame. La contrapposizione è ben evidenziata. La regista, Sarah Schinasi, è stata scelta per questa coproduzione internazionale con il Teatro Opera SNG di Maribor (Slovenia), è agevolata come sempre dal coro del Verdi, diretto da Francesca Tosi, capace di calarsi nei tanti ruoli e momenti che l’opera richiede.

Crediti fotografici: Ufficio stampa Teatro Verdi Trieste
Nella miniatura in alto: il tenore Kristian Benedikt (Andrea Chénier)






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