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L'opera della maturitā di Pietro Mascagni soddisfa pienamente il pubblico del Goldoni

Piccolo Marat di lusso

servizio di Simone Tomei

Pubblicato il 12 Dicembre 2021

20211212_Li_00_IlPiccoloMarat_ValentinaBoiLIVORNO - Il Teatro Goldoni di Livorno in occasione del centenario mette in scena Il piccolo Marat di Pietro Mascagni; la prima rappresentazione, avvenuta il 2 maggio 1921 al Teatro Costanzi di Roma, fu salutata da un enorme successo di pubblico, addirittura superiore a quello colto quasi trent’anni prima nello stesso Teatro dal giovanissimo compositore livornese con Cavalleria rusticana.
Un’occasione, quindi, unica per avvicinarsi ad un’opera della piena maturità artistica del compositore livornese, pervasa da una tale energia tra azione e musica da fargli dire che era «... l’inno della sua coscienza.»
Il soggetto affronta un criminale episodio avvenuto negli anni del Terrore, in piena Rivoluzione francese, che però, con i suoi protagonisti principali, resta confinata sullo sfondo di una vicenda complessa e truce, ma molto più umana e personale: l’amore di un giovane figlio per la madre che sa di essere in estremo pericolo di vita e che decide di fare di tutto per salvarla; ancora l’amore, ma tra i due protagonisti per antonomasia - il tenore ed il soprano, il piccolo Marat e Mariella - che si fanno forza per ribellarsi alla crudeltà dello spietato persecutore dei prigionieri politici, condannati a morte senza processo (l’Orco); la coscienza umana e civile che non volge lo sguardo da un’altra parte rispetto alla ferocia, ma si ribella ed adopera per farla cessare (i ruoli del Carpentiere e del Soldato).
«Un’opera complessa e straordinaria, stile da grand opéra con impiego di numerosi solisti, masse orchestrali e corali, pervasa da una disperazione surreale che espressa dalla musica  arriva come una spada dritta al cuore – affermano il direttore d’orchestra e la regista – che trafigge fin dalle prime battute con un sentimento di coscienza collettiva, ed immerge lo spettatore nella sofferta ma appassionata narrativa di una battaglia verso la luce attraverso le tenebre.»
Un forte anelito di giustizia e libertà pervade questo lavoro di Mascagni, con tanto di lieto fine e riscatto dalla tirannide, per una storia che oggi diremmo trattata con taglio cinematografico, per l’incredibile e modernissima concezione del rapporto tra musica ed azione scenica che la caratterizza.
L’allestimento scenico è stato curato dalla regista Sarah Schinasi coadiuvata per scene e costumi da William Orlandi, light designer Christian Rivero e assistente ai costumi Maria Vittoria Benedetti.
Una scena ed una regia funzionali al dramma; e intorno ad un grande ponte che sovrasta la scena ruota tutta l’azione scenica. Le grandi masse impegnate - artisti del coro e solisti - intrecciano le loro vicende in un ambiente sostanzialmente lugubre e tetro proprio per esaltare il clima di terrore succitato. È emblematica una frase di Vicotr Hugo che proprio la regista ha messo a cappello delle sue note nel libretto di sala: «Se scrivessi la storia della  Rivoluzione… parlerei di tutti i crimini dei rivoluzionari, solamente di quelli che sono colpevoli… ma non solamente uno scritto sulla Rivoluzione, ma sulla lealtà degli uomini verso i valori.»
Questi crimini e questa perdita di lealtà verso gli altri uomini sono ben tradotti dalla figura dell’Orco interpretato magistralmente dal basso Andrea Silvestrelli. Un uomo sadico, gretto, messo ben in luce dal solista con una voce salda, solida, truce, e a tratti violenta; quello che colpisce ed impressiona sono proprio il volume ben dosato in tutta la sua interpretazione e l’estensione che non teme gli acuti più violenti così come come le profondità più abissali: in essi si sprigionano sontuosi armonici e grande padronanza del ruolo.

20211212_Li_01_IlPiccoloMarat_duetto

La giovane Mariella trova nel soprano livornese Valentina Boi una elegiaca interpretazione che, seppur nella mancanza di melodie suadenti e armoniose - ad eccezione del duetto con il tenore -, è risolta in un elegante declamato con finezza vocale, trasporto emotivo e salda tecnica.
Ottima prestazione anche quella del tenore Samuele Simoncini nel title rôle; la parte è impervia, faticosa e snervante per la voce, ma il tenore senese non ha mai concesso spazio al cedimento, anzi ha saputo giostrarsi nelle emozioni del personaggio con dinamiche ricercate; la parte richiede in alcuni punti un’emissione quasi straziata confermando il pensiero dei più sulla capacità mascagnana di scrivere per i cantanti. Unico momento veramente lirico è il grande duetto del secondo atto nel quale i due interpreti hanno dato modo di mettere in luce un’intesa quasi paradisiaca.
Si fa notare poi, con uno squillo argentino, il baritono Stefano Marchisio nei panni di Un soldato; la sua grande scena invettiva contro l’Orco esalta la brillantezza del timbro ed un’intonazione perfetta.
Il grande baritono Alberto Mastromarino - uomo di teatro navigato - incarna appieno i sentimenti de Il Carpentiere; ogni gesto, ogni frase è accompagnata sempre dalle giuste intenzioni che trasudano di esperienza e grande partecipazione.
Silvia Pantani - La mamma - mette in luce una vocalità nitida e sempre consona al piccolo ruolo attribuito che emerge proprio per la pacatezza delle frasi che il compositore le ha affidato.
Corretti tutti gli altri personaggi di contorno che di seguito cito: La spia Alessandro Martinello, Il ladro Pedro Carrillo, La tigre  Michele Pierleoni, Il capitano dei “Marats” Carlo Morini, Il portatore d’ordini Luis Javier Jiménez García, Prima voce Marco Mustaro, Seconda voce Simone Rebola ed Il Vescovo Paolo Morelli.

20211212_Li_02_IlPiccoloMarat_scena

20211212_Li_03_IlPiccoloMarat_facebook

Un lustro il Coro del Teatro Goldoni di Livorno preparato e diretto dal M° Maurizio Preziosi. Sin dalla grande pagina iniziale ha saputo mettere offrire una solida preparazione che ha dimostrato sia nelle parti proprie che in quelle più concertanti. Ottimi anche gli interventi fuori scena - chiari, sono e nitidi - che hanno saputo ben attagliarsi al discorso drammaturgico.
Note meno felici per la direzione orchestrale - gli strumentisti sono quelli dell’ORT - affidata al M° Mario Menicagli che sembra aver mostrato più attenzione alla buca che non al palcoscenico. Ho notato più una frettolosa necessità di arrivare in fondo che una cura verso i cantanti spesso soverchiati da sonorità troppo marcate; anche quei rari momenti più lirici hanno spesso perso la loro peculiarità; una poca cura del particolare ha reso l’esecuzione complessiva piuttosto piatta e monocolore.
Il piccolo Marat è un’opera complessa; lo è dal punto di vista tematico, troppo frettolosamente etichettata da alcuni come opera “reazionaria”; lo è per lo stile da grand opéra con conseguente impiego di numerosi solisti, masse orchestrali e corali e lo è, soprattutto, per una difficoltà musicale percepibile sin dal primo ascolto. Una grande operazione di cultura, quindi, della quale il Teatro livornese può andare fiero; mettere in scena un’opera così articolata non è cosa da poco e che a farlo sia una realtà di “tradizione” è un grande cammeo di cui tenere memoria.
(La recensione si riferisce alla recita del 10 dicembre 2021)

Crediti fotografici: Ufficio stampa Teatro Goldoni di Livorno
Nella miniatura in alto: il soprano Valentina Boi (Mariella)
Al centro e sotto: foto di scena di Il piccolo Marat






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