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Una dissertazione sul falso e viceversa l'opera in un atto di A.F. Di Stefano su libretto di G. Micheli

The Fake's digress realtā contemporanea

servizio di Carlo Grandi

Pubblicato il 22 Agosto 2021

20210822_Lu_00_TheFakeSDigres_AntonioFerdinandoDiStefano.JPGLUCCA - Nei primi giorni di luglio, caratterizzati dalla ripresa delle attività artistiche e musicali grazie al calo dei contagi Covid-19, abbiamo avuto il piacere di assistere nella splendida cornice del Teatro del Giglio di Lucca, ad una delle serate del MITO festival di Lucca Chamber opera 2020-21, dedicato alla messa in scena di nuove opere scritte da compositori contemporanei: in questo ambito il 7 luglio 2021 al teatro del Giglio di Lucca abbiamo potuto vedere l’opera di Antonio Ferdinando Di Stefano, The Fake’s digress- “autentica dissertazione sul falso e  viceversa” per soprano, pianoforte clarinetto e live elettronics.
L’autore, che ha avuto modo di studiare con importanti compositori quali Fabio De Sanctis e Fabio Vacchi ha presentato una piccola opera, buffa, leggera e ben calibrata che ha affrontato un delicatissimo tema oggi sempre più attuale; il falso nelle sue accezioni più estese, comprese le fake news. L’intero progetto teatrale, concepito da Antonio Ferdinando Di Stefano, si è avvalso di Gabriele Micheli (già vincitore nel 2020 del premio “Valerio Valoriani” ) per il libretto e della regia di  Girolamo Deraco che ha curato anche la scenografia.
L’opera, concepita come atto unico, ha messo in scena un soprano (Maria Elena Romanazzi) e due strumentisti (il clarinettista Emanuele Gaggini e il pianista Giovanni Vitali, coadiuvati dal live elettronics di Alberto Gatti) per raccontare una vicenda, che in apparenza semplice, ha messo in rilievo vizi e deformazioni della comunicazione quotidiana a tutti i livelli.
Un’esperta valutatrice di documenti ed opere d’arte (interpretata da Maria Elena Romanazzi), dopo una stancante giornata di lavoro si trova alle prese, una volta rientrata a casa con il suo fardello di documenti ma anche di vita quotidiana (la spesa alimentare), e affronta il caso di un cliente che le ha recapitato un piccolo documento comprato e pagato una cifra spropositata ad un mercato dell’antiquariato (forse di Lucca?); il documento, vero o falso che fosse, ha rappresentato il pretesto, per riflettere circa il ruolo di  lunedì 26 luglio 2021 coloro i quali sono impegnati ad analizzare (fatti, documenti, situazioni) ed  esprimere giudizi, sia per ragioni di tipo professionale (magistrati, medici, esperti di una disciplina, docenti…) che perché immersi nei social media come  “leoni da tastiera”, giudicando, valutando, esprimendo giudizi, sentenziando  spesso senza avere la cognizione di causa oppure perché parte di un sistema  dedicato alla creazione di una “controinformazione” trasversale atta a colpire ovunque e chiunque.
Il documento, la cui veridicità rimane in sospeso fino alla fine, è una chiara metafora  del mondo dell’informazione-disinformazione; uno spazio nel quale anche il singolo  soggetto diventa protagonista, (incosciente?), laddove sostiene notizie, opinioni, pareri, positivi-negativi, denigratori-distruttivi, calunniosi-veritieri che fungono da  trampolino ideale per il caos mediatico, virus nefasto capace di diffondersi nel  tessuto sociale persino nelle amicizie e negli affetti.
Il compositore ha pertanto usato  un modo solo in apparenza leggero per trattare un argomento spinoso e molto  attuale. In tal senso la video proiezione, pienamente integrata con la storia si è  rivelata suggestiva ed inquietante, per i rimandi precisi e subliminali proposti, contrappuntando in maniera dissacrante e acuta tutta l’opera.

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Maria Elena Romanazzi ha  interpretato in modo leggero e vivace la protagonista della storia (con i suoi tratti grotteschi, parodistici e paranoici) alle prese con il proprio ruolo sociale, un po’ rigido e noioso, stretto e soffocante come il vestito ridicolo che indossava. Una donna che  desidera fuggire da una vita affettiva carente rappresentata solamente da una telefonata (divertente la scelta del telefono-cocomero ma poco evidenziata nello spazio scenico) con un misterioso personaggio (lo struggente “valzer del sì”) ,  mettendo in luce tutte le fragilità umane, specialmente delle figure chiamate a ruoli  di rilievo nella società. Una vita che si muove tra realtà (un lavoro asfissiante) e  desiderio (l’amore) nella quale il ricordo dell’infanzia, leggera e spensierata (simbolicamente espresso da una altalena che scende magicamente dall’alto e con la quale neanche riesce più a giocare) è l’unico momento di evasione, di rottura e  dunque di fuga.
Come in una serie di scatole cinesi, anche lo stile musicale scelto dall’autore ha  pienamente sviluppato questa idea di fondo. Uno stile musicale eclettico e  poliedrico che tra elementi parodistici e simbolici riesce, senza cadere nella  citazione sterile, a disegnare “nuances” che si sviluppano su piani stilistici  complementari. L’espressionismo tedesco (come nell’introduzione al clarinetto  solista, “sospesa” e “lunare”) e l’impressionismo francese; il recitativo finto ’700  mozartiano e il funky-jazz (la ritmica ed incalzante aria “reproduction, counterfeit, copy, fake” è il centro di gravità dell’opera nel quale si illumina il “mistero” del falso  non solamente relativo al documento ); ed ancora il “jingle" stile finto quiz televisivo (quando la protagonista coinvolge il direttamente il pubblico in un gioco di  grotteschi indovinelli) e l’aria finale (lirica e potente) che si svela come imitazione  parodistica (un falso voluto) dello stile Puccini.
Solamente nelle ultime fasi dell’opera verrà svelato e proiettato nello schermo il contenuto del documento in questione; una lettera manoscritta e firmata da Giacomo Puccini per gli auguri del 1899 agli  amici lucchesi dal titolo “Cacca di Lucca è sempre senza pecca”. Un divertente  sonetto goliardico che il grande compositore lucchese dedicò alla sua città di  origine. Una acuta, sarcastica e irriverente stoccata che ha voluto mettere alla berlina quei lucchesi (ma, diciamolo, anche quei cittadini di tutto il mondo) che si ostinano a promuovere e sostenere le loro presunte “verità” anche se di inqualificabile origine.

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Giovanni Vitali al pianoforte e Emanuele Gaggini al clarinetto hanno saputo dare ritmo e vivacità ad una partitura ricca di sfumature, originale e contemporanea. La regia e le luci avrebbero potuto in effetti rendere più decisi i contrasti stilistici della musica, che sembra scritta per esaltare i movimenti e le  azioni della protagonista e gli aspetti grotteschi del personaggio e che invece sono  apparsi in alcuni punti solo accennati e non sempre valorizzati da rendere tutta la  forza di una partitura leggera ma al tempo stesso esplosiva e dissacrante.

Crediti fotografici: Ufficio stampa del Teatro del Giglio di Lucca
Nella miniatura in alto: il compositore Antonio Ferdinando Di Stefano
Al centro: una panoramica sullo spettacolo
Sotto: i saluti finali dei protagonisti di The Fake’s digress






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