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A Ravenna l'opera pių celebre di Umberto Giordano in un allestimento tradizionale assai efficace |
Chénier una maestosa costruzione storica |
servizio di Attilia Tartagni |
Pubblicato il 12 Marzo 2019 |
RAVENNA - Venerdì 8 e domenica 10 marzo 2019 nel Teatro Alighieri il sipario sull’opera Andrea Chénier si è aperto su un palazzo della nobiltà parigina in un clima festoso superficiale e fatuo, in quella che Carlo Gérard, insofferente alla sua condizione di servo dei ricchi Coigny, definisce “…l’odiata casa dorata, immagine di un mondo incipriato e vano”. Quelle mura patrizie verranno presto depredate di ogni arredo e letteralmente scorticate per fare spazio al Tribunale del Popolo della Rivoluzione e del Terzo Stato, il nuovo potere costituito dal volgo armato e il grande quadro bucolico verrà sostituito da quello celebrativo della rivolta. Andrea Chénier, libretto di Luigi Illica, musica di Umberto Giordano, dramma storico in quattro quadri che debuttò alla Scala di Milano il 28 marzo 1896, concentra in poco più di due ore la rivolta di popolo che annullò i privilegi della nobiltà aprendo la strada alla borghesia, la nascente classe sociale. Con quanto dolore, con quante vittime innocenti? Testo e musica non lasciano dubbi sui costi umani e sociali e sulle tante ingiustizie perpetrate per antichi rancori o per denunce infondate. Il regista Nicola Berloffa, uno dei giovani registi più promettenti del momento, realizza questa dolente metafora con le scene di Justin Arienti e i costumi di Edoardo Russo, utilizzando mezzi tradizionali (neanche una proiezione) e valorizzando con sapienza e creatività una drammaturgia che contiene già tutto: poesia di ottimo livello, passione delusa, amore sublime, ideali rivoluzionari traditi, esaltazione dell’onore e della patria, valori trascendenti che porteranno gli amanti senza futuro al patibolo, Andrea Chénier condannato ingiustamente e Maddalena Coigny a sostituirsi a una giovane madre per condividerne la sorte. Se il melodramma è fra gli autentici patrimoni culturali italiani, dopo questa coproduzione fra i teatri di Ravenna, Modena, Reggio Emilia, Piacenza, Parma e la francese Opéra di Toulon applautissima in entrambe le rappresentazioni, sono più che mai convinta che gli studenti delle scuole medie e superiori dovrebbero assistervi, così come avviene per i film di particolare interesse artistico, per immergersi in periodo storico non soltanto con i lumi della ragione ma anche emotivamente attraverso il dramma dei protagonisti, riflettendo sul fatto che vittime e carnefici non sono sempre necessariamente su sponde distinte e contrapposte. Eppure quell’evento cambiò il corso della storia, regalando al mondo “liberté, egalité, fraternitè” , fondamento delle moderne democrazie. La musica del ventinovenne Giordano è stupefacente nella sua strumentalmente sapiente tinta di fondo in cui si aprono squarci di emozione e di profonda incisività attraverso le poche arie. Il M° Giovanni Di Stefano, alla guida dell’Orchestra Regionale dell’Emilia-Romagna, ha irradiato luce sonora tanto su queste importanti strade maestre quanto su ogni singolo minimo passaggio, a sottolineare stati d’animo o entrate in scena di personaggi, come nel primo quadro, quando l’ingresso del vecchio servo Gérard, osservato malinconicamente dal figlio, è scandito da un motivo di struggente tenerezza. Poi a spezzare il clima bucolico e infiorettato della festa aristocratica interviene l’improvviso “Un dì all’azzurro spazio….” appassionatamente scandito dal tenore Samuele Simoncini.
Chénier con la sua sensibilità artistica coglie le contraddizioni di una realtà sociale in procinto di implodere. I bei versi di Illica, aperti con un omaggio alla bellezza consolatoria della natura spesso evocata nell’opera, aprono spaccati di una miseria incommensurabile che la nobiltà si ostina a non vedere e di cui ha ribrezzo, ignara che il suo mondo dorato è prossimo alla fine. Sarà proprio il lungimirante Chénier, per amore dell’aristocratica Maddalena, a pagare il prezzo più alto di quel sovvertimento che farà emergere figure nuove e inquietanti come l’”Incredibile” (tenore Alfonso Zamputo), dedito allo spionaggio e le “Meravigliose” che fanno mercimonio di sé mentre dalla ghigliottina rotolano non solo le teste degli aborriti aristocratici ma anche quelle di perseguitati politici e di presunti traditori. Vede con lucidità Carlo Gérard sotto lo smalto arrogante degli “autoelettisi” quando, stanco di firmare ingiustificate condanne a morte, dichiara: “Sono ancora servo, ho soltanto mutato padrone…” nella formidabile aria “Nemico della patria”. Una lezione amara tante volte impartita dalla storia e mai appresa veramente. Le tribolazioni degli aristocratici perseguitati stanno tutte nell’unica meravigliosa aria cantata da Maddalena Coigny “La mamma morta” preceduta da uno struggente assolo di violoncello: salvata dal corpo della madre che le ha fatto da scudo, ha visto crollare insieme alla casa bruciata tutto il suo mondo, rimanendo sola e impreparata in una realtà ignota e ostile. Il soprano Saioa Hernàndez, già Odabella nell’”Attila” di Verdi alla Scala di Milano, ne ha fatto una narrazione di stupefacente energia, una tempesta emotiva che non ha lasciato nessuno indifferente fra il pubblico. “Sento moltissimo questo ruolo, anche se sto già preparando la Lady nel Macbeth che porterò a Dresda e poi a Parma” ha dichiarato il soprano che ha una voce ferma e flautata, solida come uno strumento a cui la sua compiuta personalità artistica dona emozionanti vibrazioni. E’ una Maddalena convincente nella disperazione e nell’amore, unica energia salvifica mentre intorno incombono e si moltiplicano le meschinerie (gli spioni, i rancori popolari) ma anche le straordinarie generosità, come quella della ex serva Bersi, interpretata dalla brava Nozomi Kato, che per proteggerla si prostituisce. C’è anche il sacrificio dell’anziana Maddelon prossima alla morte (l’efficace Antonella Colaianni) che consegna l’ultimo nipote fanciullo rimastole alla Rivoluzione.
Tutto in quest’opera, i tanti personaggi in scena, le dinamiche, i dialoghi e i singoli simbolici episodi concorrono a definire una maestosa costruzione storica e umana sul potere che passa di mano, ma non perde i suoi connotati oppressivi. Applauditissimo il baritono Ernesto Petti per l’aria “Nemico della patria”, un grido di dolore per gli ideali traditi e un’invocazione di pace che annulli ogni differenza e ogni conflitto, sempre di stringente attualità. Pertinente e centrale anche il ruolo del Coro Lirico Terre Verdiane preparato da Stefano Calò: non ci sono per esso brani caratterizzanti, ma c’è tanto popolo in scena in un allestimento da non perdere per vari motivi: per comprendere meglio la poetica del quasi dimenticato Giordano, perché è titanico mettere in scena tante voci e tanti elementi, perché è raro che un regista riesca a essere originale senza stravolgere l’opera, perché l’evocazione del periodo storico c’è tutta, perché è difficile trovare un cast canoro di qualità e in reciproco equilibrio come questo, meritatamente applaudito in corso d’opera e dalla stand ovation finale.
Crediti fotografici: Ufficio stampa Teatro Alighieri di Ravenna Nella miniatura in alto: il direttore Giovanni Di Stefano
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Il Turco conquista Rovigo
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Jazz Pop Rock Etno
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Jazz e altro allo Spirito
redatto da Athos Tromboni FREE
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servizio di Athos Tromboni FREE
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Jazz Pop Rock Etno
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Jazz Club Ferrara 45 concerti
redatto da Athos Tromboni FREE
FERRARA - Dal 26 gennaio 2024, prende il via al Torrione San Giovanni la seconda parte della 25.ma stagione di Ferrara in Jazz. Grandi nomi del jazz internazionale e largo spazio ai giovani, per complessivi 45 concerti accompagnati da eventi culturali collaterali, realizzati con il contributo del Ministero della Cultura, Regione Emilia-Romagna, Comune
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GENOVA – Prosegue con successo la stagione del Teatro Carlo Felice grazie ad una bellissima produzione dell’opera “nipponica” di Giacomo Pucccini, Madama Butterfly. Il contesto scenico-registico firmato da Alvis Hermanis si sviluppa in uno spettacolo sostanzialmente classico e iconografico dove l’immagine stereotipata del Giappone
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LIVORNO - Torna a distanza di 50 anni di assenza al Teatro Goldoni e 27 anni dopo la sua ultima apparizione nella città di Livorno (ma fu al Teatro La Gran Guardia) Il trovatore, uno dei titoli più amati di Giuseppe Verdi. Un ritorno tanto atteso che non convince, pertanto inferiore alle aspettative. Gli anelli deboli di questa produzione riguardano
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Un Barbiere un po' cosė...
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Opera dal Nord-Est
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servizio di Athos Tromboni FREE
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Eventi
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Ecco la stagione 2024 del Filarmonico
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VERONA - Teatro Filarmonico: dal 21 gennaio al 31 dicembre 2024, sono in programma 5 opere e 10 concerti sinfonici, con grandi interpreti internazionali. Attesissimo il ritorno del balletto, in scena anche nella sera di San Silvestro. Sarà - inoltre - l’anno delle prime assolute e dei grandi omaggi: il 2024 porterà sul palcoscenico del Filarmonico
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