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In prosa e in musica il lavoro tratto dal racconto di Henry James continua a inquietare il pubblico |
Giro di vite diversamente fatto |
servizio di Simone Tomei |
Pubblicato il 14 Ottobre 2024 |
GENOVA - Due teatri genovesi, il Nazionale ed il Carlo Felice, hanno avuto un’idea innovativa e affascinante per l’apertura della nuova stagione 2024-2025, proponendo un duplice spettacolo che unisce prosa e opera, presentato al Teatro Ivo Chiesa. È la prima volta in Italia che il pubblico può assistere a un dittico in cui viene messo in scena lo stesso testo, prima in versione teatrale e poi in forma operistica. Il romanzo scelto come fonte letteraria è The turn of the screw (Il giro di vite) di Henry James, scritto nel 1898, portato prima in prosa in tempi contemporanei con un adattamento di Carlo Sciaccaluga e poi trasposto in opera con la composizione di Benjamin Britten del 1954. Il giro di vite racconta la storia di una giovane istitutrice che accetta di prendersi cura di due piccoli orfani, Flora e Miles, lasciati a lei dal loro zio, sempre in viaggio e poco interessato alle loro necessità. C’è però una regola fondamentale: l'istitutrice non deve mai disturbare il padrone, qualunque sia la situazione. Ci troviamo nell’Inghilterra dell’Ottocento, nella tenuta di Bly, dove vivono i bambini e dove la ragazza incontra anche la governante, Mrs. Grose. Inizialmente, tutto sembra andare per il meglio finché una notte, mentre cammina nel giardino, l'istitutrice avvista un uomo sconosciuto sulla torre che la osserva senza muoversi e poi svanisce all'improvviso. Poco dopo scopre che anche una donna si aggira liberamente per la casa. Parlando con Mrs. Grose l'istitutrice apprende che si tratta dei fantasmi di Peter Quint, un ex servitore, e di Miss Jessel, la precedente istitutrice. Un oscuro segreto lega i bambini a questi spiriti: starà a lei rivelarlo e liberarli da una sorte funesta.

   

L’allestimento scenico, comune a entrambe le rappresentazioni, è curato dal regista Davide Livermore e dallo scenografo Manuel Zuriaga. La scenografia è caratterizzata da grandi pannelli mobili rivestiti da una carta da parati scura con motivi geometrici floreali, creando un ambiente essenziale ma potente, reso ancora più suggestivo dai movimenti scenici accuratamente studiati e dalle luci sapientemente disegnate da Antonio Castro. Nella rappresentazione in prosa queste luci creano ombre minacciose e figure spettrali che emergono all’improvviso dal buio, amplificando l’atmosfera inquietante. In questa prima visione colpisce soprattutto il ritmo serrato delle quinte mobili che costruiscono un crescendo di tensione, quasi come la “vite” del titolo che, girando, avvolge lo spettatore in un'atmosfera di turbamento. L’impostazione registica strizza l’occhio al genere horror, perfettamente sostenuto dalle musiche di Giua, che aggiungono un’ulteriore dimensione emozionale.

  
Qualche appunto agli interventi sonori di Edoardo Ambrosio, con i suoi effetti inquietanti che provengono da diversi angoli della sala: forse un livello più basso degli stessi in termini di decibel avrebbe sortito un effetto meno stordente e meno distraente. Infine i costumi, semplici ma attentamente studiati, sono opera di Marianna Fracasso e si integrano perfettamente nel quadro generale. Un quadro che riflette in parte l’originalità del romanzo sia per trasposizione letteraria sia per idee di messinscena. La lettura del romanzo originale infatti può indurre il lettore a liberare la fantasia, ma Livermore sembra averne "un po’ abusato", forse anche con l’idea che la trasposizione in melodramma sarebbe riuscita a dare quelle risposte rimaste inevase al termine della visione in prosa. Gli attori si distinguono per bravura e naturalezza. Linda Gennari, nel ruolo della Istitutrice, offre una performance straordinaria, riuscendo a rendere il personaggio fresco, vulnerabile, ma allo stesso tempo carico di sensualità e determinazione; sa modulare la voce in maniera egregia ed ogni parola esprime sempre compiutamente lo stato d’animo del momento. Gaia Aprea è altrettanto convincente, dando vita a una Mrs. Grose avvolta da un’aura di fin troppo mistero. Aleph Viola e Virginia Campolucci interpretano con grande intensità gli spiriti malvagi di Peter Quint e di Miss Jessel, mentre Luigi Bignone e Ludovica Iannetti incarnano con maestria i giovani Miles e Flora, portando in scena una sottile e inquietante follia. L’opera lirica di Britten, suddivisa in un prologo e due atti, segue la forma di un tema con quindici variazioni, eseguite da un ensemble di tredici strumenti che include archi, fiati, arpa, celesta, percussioni e pianoforte. La partitura, caratterizzata da una notevole varietà timbrica più che da linee melodiche, è stata resa con grande maestria dal direttore Riccardo Minasi e dall’Orchestra del Teatro Carlo Felice di Genova. Minasi ha saputo mettere in risalto le diverse sfumature sonore, alternando momenti lirici a passaggi più cupi e inquietanti, in cui la celesta ha avuto un ruolo di spicco per il suo tono etereo. Particolarmente efficace è stato anche l’uso del pianoforte solista nelle interpretazioni "mozartiane" del personaggio di Miles creando un’atmosfera intensamente da brivido. La musica di Britten, vivace e dinamica, mantiene alta la tensione grazie a continue combinazioni strumentali originali, portando lo spettatore dentro un crescendo di inquietudine. L’orchestra ha offerto una performance impeccabile, con un encomiabile lavoro solistico. La pianista, alternandosi tra celesta e pianoforte, e i fiati hanno contribuito in maniera essenziale agli effetti drammaturgici. Il cast affronta l'opera con notevole maestria, offrendo interpretazioni di grande qualità. Karen Gardeazabal, nel ruolo della Istitutrice, brilla per intensità e capacità espressiva, riuscendo a trasmettere con chiarezza e calore vocale i diversi sentimenti del personaggio. Al suo fianco, Polly Leech fornisce un ottimo supporto come Mrs. Grose, creando con la Gardeazabal un duetto carico di malinconia e ben equilibrato. Sul versante più oscuro, Valentino Buzza ha il compito di interpretare il demoniaco Peter Quint, e lo fa con una vocalità ampia e potente che conferisce al personaggio un fraseggio convincente. La sua interpretazione è ulteriormente valorizzata da un'inquietante presenza scenica, che ne accentua l’aspetto mefistofelico. Marianna Mappa, come Miss Jessel, sa essere efficacemente insinuante e inquietante. Tra i più giovani, Oliver Barlow nella difficile parte di Miles e Lucy Barlow (Flora) offrono un'interpretazione lodevole che culmina nel loro duetto in cui mettono in luce una sviluppata maturità artistica.



La platea numerosa ma non affollata ha reso omaggio a questa lodevole doppia apertura teatrale. (La recensione si riferisce alla recita di domenica 13 ottobre 2024)
Crediti fotografici: Federico Pitto per i teatri Nazionale e Carlo Felice di Genova Nella miniatura in alto: il soprano Karen Gardeazabal (Istitutrice) Sotto: le due interpreti della Istitutrice, l'attrice Linda Gennari e la cantante Karen Gardeazabal Al centro e sotto in sequenza: l'attrice Gaia Aprea (Mrs. Grose), Linda Gennari, la cantante Polly Leech (Mrs. Grose), Karen Gardeazabal; una serie di belle panoramiche negli scatti di Federico Pitto
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